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VIII.
Chi nega l'influenza della primavera sull'amore non ha mai studiato la natura, e vivendo in un mondo artificiale non ha mai sentito il profumo delle prime mammole rifiorire nel suo cuore le aspirazioni alla suprema felicità. Colui che schiude il suo cuore nella stagione del gelo, ha vissuto certamente nell'atmosfera artificiale delle conversazioni, dei balli e dei teatri, e come una pianta esotica in serra calda ha fiorito precocemente per effetto dei caloriferi. Ma nel libero regno delle montagne, dei campi e dei mari, gli animali e i vegetali sono soggetti agli stessi fenomeni, dipendono dagli stessi agenti, subiscono la stessa influenza delle evoluzioni del globo. E quando nelle belle sere d'inverno si passeggia solitari al chiaro di luna per le strade deserte, mentre la brezza notturna forma delle stalattiti di ghiaccio sulle grondaie con l'acqua sgocciolata dalle nevi del tetto, quando la brina gelata sugli alberi li fa sembrare coperti di candida ciniglia, quando spira dalle gole dei monti quel zeffiretto del polo a dieci gradi sotto lo zero, che solidifica le cascate, io sfido qualunque innamorato lontano dalla sua bella, a non sentirsi il cuore indurito e la punta del naso rossa.
Invece quando il nostro pianeta si avvicina all'equinozio di primavera, e le nevi si sciolgono sui monti gonfiando i torrenti, e la terra e gli alberi si vestono di fiori come per celebrare il risveglio della natura, si sente il sangue scorrere più rapido per le arterie, il cuore battere più forte, il cervello espandersi in soavi pensieri. In tale epoca io pure sentii farsi maggiore l'attrazione della lontana finestra del palazzo Brisnago.
Era magnetismo?... non saprei dirlo, ma era un fatto in armonia col resto della natura: il risveglio del mio cuore si trovava all'unisono con quello delle piante; e alla sera, scartabellando l'Ortolano dirozzato, mi son trovato d'accordo colla fioritura delle carote.
Mio zio canonico mi scriveva regolarmente ai quindici d'ogni mese, senza mai alterare d'un giorno l'epoca precisa della sua corrispondenza periodica. Le sue lettere occupavano una pagina e un quarto di foglio, e credo anche che avessero lo stesso numero di linee. Il giorno 13 aprile ho ricevuto una sua lettera. Giorno nefasto! Al solo vederla mi si drizzarono i capelli sulla fronte. Era impossibile che mio zio avesse anticipato due giorni la sua corrispondenza mensile, senza un grave motivo. Apersi la lettera con mano tremante, essa portava un poscritto; un'altra novità minacciosa!... Nel poscritto l'occhio mi corse subito sulla parola "Savina". Mi appoggiai al muro per non cadere, e lessi: "Questa mattina, nella chiesa di S. Babila, venne celebrato solennemente il matrimonio della signora contessa Savina di Brisnago col signor conte Azzone di Montegaldo".
Il foglio mi sfuggì dalla mano, dovetti sedermi, appoggiai la testa sullo scrittoio, e rimasi lungamente sbalordito, come allo scoppio d'un fulmine!... Addio bei sogni della primavera che sorridevano ai miei pensieri, che illuminavano la mia mente come il sole che sorge i fiori sul prato! Addio speranze di supreme gioie!... addio fede nell'amore della donna! addio vane illusioni giovanili!... Ecco il primo disinganno... e il più amaro!... Ah! mio zio aveva ben ragione di ridere delle mie stolte pretese!... o vanità delle vanità!... Io aveva creduto agli sguardi d'una fanciulla, come si crede alla santità d'un giuramento... ma quegli sguardi non erano che un inganno!... il profumo d'un fiore che esala i suoi aromi, che imbalsama l'aria, che inebbria e svapora!... Io avevo creduto sentire una voce arcana che mi parlasse d'amore... e non era altro che l'eco del mio cuore!... Io aveva sognata una vita di paradiso, ove l'amore era melodia di due anime, che come due arpe unissone mandano lo stesso suono!... Ahimè! vane illusioni dello spirito umano, che confonde i desiderii colla amara realtà!... le due arpe dopo un soave preludio ruppero l'incanto - una ha stonato!... Rotta l'armonia succedeva nel mio cervello un caos di suoni discordi, rauchi, reboanti, che mi davano il capogiro.
Per raccapezzarmi ripresi la lettera di mio zio, e rilessi quelle parole fatali, come l'annunzio funebre del mio cuore.... esso era morto!... morto.... ucciso a tradimento!... da chi?... da chi?... chi ha ucciso crudelmente il mio cuore?... chi l'ha ucciso? io chiedeva - come un giudice inquisitore che cerca un assassino - chi ha ucciso il mio cuore?...
Una voce misteriosa mi rispondeva: - la contessa Savina!... La contessa Savina?... impossibile! quell'angelo di bontà!... il sorriso della mia vita!... il raggio della mia aurora!... l'immagine soave della dolcezza... l'espressione sincera e profonda del primo affetto!... impossibile, quella divina creatura non è capace d'uccidere un cuore.... un cuore che l'adora.... che confida nel suo amore!... essa non è capace d'un tal delitto contro natura!... essa mi ama.... io lo sento.... sì, quella voce arcana che parlava al mio cuore era la sua.... no, non era un'eco del mio cuore, era l'espressione della sua anima ingenua.... che si sentiva spinta da un impulso ineffabile ad incontrarsi coll'anima mia!
Chi ci ha divisi?... Essa non è colpevole... essa è una vittima al pari di me!... Chi ha dunque ucciso i nostri cuori innocenti? Chi ha imposto l'atroce sacrifizio?.. ove sono dunque gli assassini?...
Io mi scontorceva nelle convulsioni, mi strappavo i capelli come un disperato! Ho passato ore spaventose chiedendo conto alla società della sua fellonia, poichè essa mi rapiva ciò che la natura mi aveva dato.
Ah, nell'abbattimento della stanchezza, quando la calma della prostrazione succedette alla lotta del cuore, meditando sulle umane sorti... ho trovato gli assassini!... sì, li ho trovati. - Sono i milioni... quei maledetti milioni... quei miserabili milioni che, affluendo nelle casse forti dei Brisnago, incatenano quella fanciulla alla schiavitù, la sottomettono al loro dominio dispotico, la obbligano a rinunziare agli impulsi della natura, alle aspirazioni del cuore, ai desiderii dell'anima, per trascinarla alle gemonie dei ricchi, sulla strada fatale prescritta dalla sorte, condotti alla perdizione a quattro cavalli, lacerando i loro cuori, e gettandone10 i frammenti ad altri milionari, al pari di loro costretti dalla necessità a seguire le stesse vie, a formare delle famiglie senza inclinazioni naturali, senz'anima, senza amore... maledetti, miserabili, vili milioni!...
Gli abbaiamenti persistenti e reiterati di Bitto arrestarono il delirio del mio cervello esaltato, e la Rosa entrando nella stanza mi annunziò la visita del mugnaio Zaccheo11, che voleva assolutamente parlarmi.
- Non sono in caso di parlare con nessuno!... dite al mugnaio....
Ma il mugnaio, che l'aveva seguita con insistenza, forzava la consegna, e mi si presentava mio malgrado sulla porta, col suo cappello a larghe falde, le vesti e il volto infarinati come un pagliaccio.
Era impossibile evitarlo; dovetti subirlo.
- Venite avanti, - gli dissi.
- Signor maestro, scusi il disturbo, ma in due parole mi sbrigo.... Siamo al quarto sacco di farina.... e avrei assoluto bisogno che me ne pagasse l'importo.
- Capisco, avete ragione, ma oggi mi è impossibile soddisfarvi.... Aspetto del denaro da Milano; quando mi sarà giunto vi pagherò....
- Mi dispiace, ci avevo contato sopra... l'ultima volta che sono venuto a trovarla mi aveva promesso il pagamento pei primi del mese... siamo alla metà... ho anch'io le mie spese....
- Avete ragioni da vendere... ma un povero maestro non ha il diritto di battere moneta.... Se non ne ho, non ne ho... non c'è rimedio....
- Pazienza... pazienza... - ripeteva il mugnaio con impazienza, - ma siamo povera gente, l'aspettare ci molesta... tuttavia se oggi non può pagarmi, ritornerò domani....
- Domani!.. domani! potrebbe darsi che domani fossi nel caso d'oggi, in ventiquattr'ore non si fanno miracoli... diamine! per quattro sacchi di farina... non avete dunque fiducia nella mia onestà?...
- Ma che cosa dice? s'immagini!.. le domando scusa... se non si fosse povera gente... se non ne avessi proprio bisogno, non sarei venuto a disturbarla....
- Abbiate un po' di tolleranza per alcuni giorni... verrò io stesso al molino a soddisfare il mio debito....
- Non s'incomodi per questo... io passo due volte al dì, e non mi disturba fermarmi....
- Verrò io stesso, vi ripeto... fra pochi giorni... ve lo prometto....
- Come crede... dunque mi raccomando....
- Siamo intesi... che Dio vi benedica... e che il diavolo vi porti, mormorai fra i denti, quando quell'importuno se ne andava, e mi lasciava finalmente tranquillo.
E ritornato solo ripeteva fra me:
- Quattro sacchi di farina di debito, e non ho un soldo in saccoccia!... io mangio il pane a credito, molestato dal mugnaio... e chi sa quanto denaro si sarà sprecato nei fiori e nei bomboni... per celebrare le nozze... senza amore... della contessa Savina!...
Maledetti milioni!... sono la rovina del genere umano... la rovina di chi li ha... e di chi non li ha!...
E ripensavo al mugnaio che, gettandomi in faccia i suoi quattro sacchi di farina, mi faceva vedere più chiaramente la mia posizione!... Io era un uomo assurdo!... un uomo che nell'amore non vedeva che la donna, senza guardarsi in saccoccia!... un uomo che si permetteva un affetto... senza farina!... con una donna milionaria!... un cieco che aspirava alla luce... senza chiederne il prezzo alla direzione del gas!... Un aspirante a diventar milionario, senza saperlo... che adora un angelo, e si trova davanti una barricata di milioni!... - Miserabile!.. la società si burla di tali insanie, essa mi avrebbe chiamato ambizioso, avido, ingannatore, astuto... ed io non sono che un imbecille!... che credeva all'amore ideale, segreto, ignoto, misterioso, imprevidente, senza altre aspirazioni che d'uno sguardo... senza altro desiderio che d'un bacio... l'amore per l'amore... imbecille!...
Forse, nell'assurda ingenuità del mio spirito, avrei trovato naturale che una moglie milionaria pagasse un po' di farina al marito povero!... quale aberrazione! il superfluo che provvede il necessario!... La società condanna severamente tali aspirazioni!... Meno male ch'io non ci aveva pensato, e davanti la mia coscienza era innocente. Ma il mondo non lo avrebbe creduto. Il mondo avrebbe creduto il mio amore un pretesto, e vero scopo i milioni; e la società crede che lo sposo ricco domandi la mano della fanciulla pei suoi begli occhi? È tutto il contrario che è vero... ma andate mo' a dire alla gente che un povero diavolo può innamorarsi d'una ricca signora senza ambizione. Nessuno gli presterebbe fede. Così vuole il mondo che l'oro vada sopra l'oro, e i cenci e la miseria si mettano insieme. Questi sono i matrimoni bene assortiti. Il mio amore mi conduceva direttamente all'infamia!.. la società non mi avrebbe mai perdonato di diventar milionario senza averci pensato; mio zio mi aveva mostrato il precipizio, ma io camminava cogli sguardi rivolti al cielo, io non vedeva che in alto, la mia stella, e la terra col suo fango sfuggivano alla mia vista!
Quel mio primo amore, ingenuo, fervente, celeste, non è stato che un viaggio aereo. La punta d'uno spillo aveva forato il globo che mi trasportava in aria, il gas era uscito dal forellino, io era precipitato al suolo, restando morto sul colpo!.. morto!
- Meglio così! - esclamai, - tutto è perduto, meno l'onore.
Ma se l'anima è volata all'empireo, la materia rimane. Eccomi ancora al mondo senz'anima. Eccomi solo davanti la nuda realtà, solo!... in un mondo scellerato... in mezzo a quattro sacchi di farina da pagarsi... e colla borsa vuota. - Senz'anima e senza denaro!.. solo!.. quale parola spaventosa!...