Antonio Caccianiga
Il bacio della contessa Savina
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XII.

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XII.

 

Un buon sonno mi riposò di tutte le scosse morali del giorno. Il sonno è lo spazio vuoto che divide le strofe del poema della vita. In quei giorni nei quali hanno termine i più gravi avvenimenti finisce anche il canto.

All'indomani del mio duello io cominciai dunque un altro canto colla sua nuova serie di strofe, cioè ripresi la vita, colle sue note liete e dolorose, colle sue rime obbligate e monotone, colla sua misura prescritta dalla prosodia, positiva come il materialismo del verso.

Le note liete mi venivano dalla natura in fiore, che consolava la vista coi sorrisi della primavera; le note dolorose erano l'eco del primo amore perduto, delle speranze deluse, dei dolci sogni svaniti. La monotonia la trovavo nella scuola, ove un gregge d'idioti imparava a leggere per conoscere anche i mali passati, a scrivere per offendere la grammatica, a far conti per ingannare il prossimo. Il lato positivo della vita mi veniva rappresentato da quattro sacchi di farina che mi pesavano sulle spalle, come all'asino del mugnaio!... Bitto, che non aveva di questi pensieri, russava tranquillamente a' miei piedi, aspettando l'ora del pranzo, che non gli sapeva di sale quantunque andasse a chiederlo in casa altrui.

All'amore deluso avevo tempo da pensarci, la scuola andava avanti da , ma la farina bisognava pagarla.

Mi decisi al taglio d'un boschetto che avrebbe aspettato con vantaggio per qualche anno; ma quando si ha assoluta necessità di denaro, e si può trovarlo in un bosco senza assassinare un cristiano, si assassina il bosco, e si lasciano cantare i giornali, che deplorano il diboscamento delle pendici, perchè non hanno boschi da tagliare... ma tagliano i panni addosso ai galantuomini, come se fossero meno sensibili delle montagne!

Venduta la legna e intascato il danaro, partii per pagare il mio debito al mugnaio.

Il mulino è collocato in posizione pittoresca, alle falde d'una montagna vestita d'abeti, sulle rive scoscese d'un torrente, alimentato da una cascata.

Al cupo fragore della cascata, al gorgogliare delle acque spumanti che s'infrangono sui macigni caduti dall'alto, e serpeggiano fra i sassi e le ghiaie del torrente, si confonde il tonfo regolare delle ruote nella gora, e i battiti dei palmenti. Tutti questi suoni formano un accompagnamento grave e solenne al gorgheggio melodioso di qualche uccello sugli alberi, e al cigolare degli assi di ferro che girano sui perni asciutti. Questo è per l'udito. Per gli occhi, essi nuotano in un tal lusso di colori da restarne inebbriati. Dal tenero arbusto che si agita alla brezza sulla sponda del torrente, all'albero gigantesco colla cima infranta dal fulmine che protende le antiche fronde sui crepacci delle roccie ingombri delle sue tortuose radici, dal musco che copre di velluto i legnami fradici del mulino alla vitalba vagabonda che s'arrampica sulle piante vicine e ricade in festoni, dall'edera che tappezza i vecchi muri crollanti alle cupe ramificazioni degli abeti che ascondono i precipizi, si possono annoverare tutte le gradazioni del verde, e le sue decomposizioni dal giallo bruno al dorato, dal più cupo azzurro al turchino. Il candore delle spume del torrente illuminate dal sole, la lucida trasparenza delle acque bianche e cilestri nel letto di ciottoli, le nude roccie del fondo di colore cenerino contrastano colle tinte forti dei vicini clivi boscosi, e colle dense ombre che confondono l'acqua col terreno e le pietre, e il folto degli alberi coll'angolo della casa.

La scena era stupenda, ma il personaggio ch'io andava a visitare mi era antipatico come un creditore impaziente, come un orco che mi aveva divorato un bosco. Ma quale non fu la mia sorpresa quando, avvicinandomi al mulino, vidi comparire sul pianerottolo delle chiaviche la più bella testa di donna che possa aspettarsi un pittore in cerca del suo modello nella campagna di Roma. Era proprio uno di quei bei tipi della Sabinia che si vedono sovente alle esposizioni sotto al vago costume romano. Bruni i capelli e la pelle, l'occhio grande e vivace sotto due lunghi sopraccigli; un busto rigoglioso, due braccia ben tornite che finivano con una mano pienotta, un complesso di donna vigorosa e fresca, ecco l'aspetto della mugnaia. Un fiore di geranio rosso collocato leggiadramente sui capelli armonizzava cogli orecchini che le pendevano dalle orecchie, e con un filo di corallo che le cingeva il collo. Una leggierissima velatura di farina copriva quella deliziosa apparizione, e dava al suo viso il vellutato delle pesche non ancora spiccate dall'albero. È certo che l'aspetto d'una bella mugnaia deve aver ispirato la moda della cipria sui capelli e sulla pelle. Pareva che un nume propizio volesse ricompensarmi a misura di carbone dell'esile brunetta perduta a Milano, mettendomi davanti una bruna raddoppiata, e incipriata per giunta. Sorrisi della bizzaria del caso, e se mi fossi contentato di ammirarla da lontano come la prima, non ci sarebbe stato nulla di reprensibile... ma un pensiero infernale attraversò la mia mente, come una tentazione del diavolo!.. Se mi vendicassi?.. io pensai... ah! l'uomo che ha ricevuto le lezioni dell'amore impara a vivere, dissi fra me... e passati i vent'anni l'amor platonico non è più di stagione... Io non intendo, - ripetevo a me stesso, - io non intendo passare la vita adorando le donne a venti metri di distanza... perchè si burlino poi di me, e mi voltino le spalle... E meditando l'abbandono della contessa Savina... e pensando alla offesa ricevuta dal mugnaio... mi passò per la mente questa idea infernale: se mi vendicassi con una vendetta complessiva degli oltraggi dell'amore... e della farina?... della contessa... e del mugnaio?...

Come se la contessa Savina fosse obbligata ad amarmi per forza... ed il mugnaio a fornirmi la farina per amore!... Ma la natura perversa dell'uomo gli fa confondere sovente il desiderio col diritto, ed esso scompiglia la società per tradurre i suoi desiderii intemperanti in fatti compiuti. Fatto sta che l'aspetto della mugnaia fomentava le mie cattive inclinazioni, provocando in me un vile desiderio di rappresaglie. Non era un nuovo amore incipiente che mi spingesse verso di lei; era l'amore deluso, che m'indicava una vittima sulla quale potevo esercitare la mia vendetta. Pareva che la sorte offrisse un'occasione di sfogo ai miei rancori. Una brunetta m'era sfuggita di mano, un marito mi tormentava per cavarmi del denaro... eccomi una bruna forte... e forse una moglie debole... che poteva saziare la mia avidità di vendetta.... Bisogna conquistare quella mugnaia, come la più bella delle vendette possibili!... Con tali atroci sentimenti entrai nel mulino.

Io sperava che il mugnaio fosse assente, ma avevo fatto i conti senza l'oste.

Egli se ne stava in cucina, e tenendosi un marmocchio sui ginocchi, gli dava la pappa.

- Cospetto!... - dissi, - sor Zaccheo, siete nel pieno esercizio delle vostre funzioni di balio....

Mi guardò sorridendo, e continuando tranquillamente il suo ufficio, mi rispose:

- Che vuole! dopo le fatiche ho diritto anch'io di godere qualche consolazione, l'affetto del mio bimbo; e la sua gioia quando gli la pappa è il massimo dei miei piaceri... veda come mangia con appetito!

- È un vero Gargantua, un lupo cerviere....

- Ha la buona salute di sua madre... poveretto... - poi rivolto al marmocchio gli diceva: - Mangia, mangia, il mio bimbo, che la fatica di guadagnarti il pane mi è più cara dell'ozio del milionario che non ha figli.

Io interruppi le considerazioni patetiche del mugnaio per dirgli:

- Sor Zaccheo... sono venuto a pagare il mio debito.

- Ha voluto proprio disturbarsi a fare questa gita... poteva farmi avvertire....

- Ho fatto la passeggiata con vero piacere... ora eccovi il denaro.

- Prenda una sedia e s'accomodi, - mi rispose; - poi si mise a chiamare: Giustina.... Giustina.... Giustinaaa.

La bella moglie comparve sulla soglia colla testa alta, le mani sulle anche, i gomiti sporgenti.

- Ohè... che c'è di nuovo?.. - e quando mi vide seduto in un angolo, mi fece una riverenza.

- È il signor Daniele Carletti....

- Ah... benvenuto, signor maestro, sta bene? - mi chiese come se fosse una vecchia conoscenza.

- Grazie, sto benissimo....

- Tanto meglio... la salute è la prima cosa di questo mondo... chi ha salute ha denaro... perchè quando si sta bene si lavora... e si mangia... - soggiunse, guardando con compiacenza il suo marmocchio che spalancava la bocca, dimenando allegramente le braccia, e le gambe, mentre Zaccheo prendeva la zuppa col cucchiaio di legno, vi soffiava sopra, l'avvicinava alle labbra per sentire se scottava, poi coll'indice l'accompagnava lentamente nella voragine di suo figlio.

- Giustina, - disse il mugnaio, - puoi fare il conto al maestro, che si è disturbato venendo in persona a pagarlo.

- Come? - essa domandò con sorpresa, - ella è venuto in questi greppi deserti per tale bazzecola?.. è una stradaccia rotta e faticosa.

- Non me ne sono accorto, - risposi. - Sono siti che mi piacciono assai, ho percorso un cammino delizioso, per giungere in un eden... ove si vedono le più belle cose del mondo! - e così dicendo la guardavo con un sorriso significante... ma essa non intendeva nulla, e rimase indifferente, anzi sorpresa del mio entusiasmo, talchè mi rispose ridendo:

- Tutti i gusti son gusti... ma questi orridi siti piacciono a poca gente... nessun viandante s'arresta fra i nostri burroni... anche i pastori vi passano in fretta per condurre le pecore sulle cime. Sono boschi e montagne senza paesi... buoni solo pei mugnai, che hanno bisogno d'acqua per far girare il mulino.

- A me sembrano siti deliziosi... incantevoli... vi passerei volentieri la vita.... - e le lanciai una occhiata assassina... Ma che! fu come se avessi scagliato un uovo in una roccia!... quella donna era un macigno!... Essa alzò le spalle ridendo, e concluse:

- Se venisse qui al tempo della neve e del ghiaccio, scapperebbe via spaventato.

Non c'era verso di persuaderla; intanto il marmocchio avea vuotata la scodella della zuppa e piangeva. Zaccheo se lo prese in braccio18, e cullandolo leggermente gli disse alcune parole senza significato, ma carezzevoli tanto che lo calmarono.

Allora la donna prese da uno scaffale un libraccio infarinato, un vero dizionario della crusca, perchè conteneva tutti i conti del mulino, ove si registravano i tesori della lingua: il pane e la polenta che alimentano la popolazione. Deposto il volume sul tavolo, si sedette gravemente, e sfogliandone le sacre pagine andò a cercare il mio nome fra i debitori morosi. Il marito si teneva in piedi dietro di lei col bimbo fra le braccia; io, sedutole vicino mentre essa calcolava il mio debito, contemplavo la fina lanugine che ombrava leggermente il suo labbro superiore, e pensavo che le avrei dato volentieri molto più di quanto mi domandava....

Contatole il denaro, se lo pose in tasca, intinse una penna di tacchino in un calamaio di legno, e con solenne gravità prese nota del pagamento.

Allora si parlò e si rise sopra varii argomenti. Io canzonavo Zaccheo sulle funzioni muliebri, egli accarezzava il bimbo, mi rispondeva che i giovinotti si burlano di ciò che non conoscono, che il cuore non ride mai... che nelle affezioni si confondono i sessi e le età, che il padre è come la madre, il nonno è come il nipote.

Mi disse che sua moglie era occupata negli affari, che fra l'uno e l'altro bisognava aiutare la barca. In tal modo presi conoscenza del loro sistema di famiglia, nel quale la donna primeggiava col pensiero e l'uomo con l'opera manuale; la prima ordinava, dirigeva, registrava le entrate e le spese, il secondo la serviva come un famiglio, andava a prendere il grano per le case dei villaggi vicini, lo gettava nella tramoggia, e ne riportava la farina. Infatti la moglie aveva la suprema direzione degli affari, il marito e l'asino facevano il resto.

Lo squallore del volto del mugnaio, aumentato dalla velatura di farina che avvolgeva tutta la sua persona, contrastava grandemente colla freschezza della moglie, la cui rara avvenenza era rilevata da una salute così vegeta che sforzava le cuciture.

Osservandola attentamente io andava sempre più confermandomi nel sinistro progetto di farne la conquista, e per facilitarmi le operazioni dell'assedio trovai necessario di prendere alcune precauzioni, predisponendo le cose in modo che gli approcci alla fortezza non riuscissero sospetti. Dissi che mi dilettavo di pittura, occupando le ore che mi restavano libere dopo la scuola a riprodurre le più belle vedute del paese. Mostrai il desiderio di copiare quella stupenda cascata; e questo primo stratagemma mi riuscì a meraviglia. Mi rispose ch'io non ero il primo che mandasse ad effetto tale divisamento, avendo già veduto varii artisti seduti per intiere giornate sotto un albero disegnando il paesaggio. Mi offersero anzi l'ospitalità, se avessi bisogno di riposo, e la loro ingenua cordialità avrebbe dovuto farmi subito desistere dalla mia scellerata macchinazione.

Non intendo giustificare un attentato che ora risveglia i miei rimorsi e mi fa arrossire di vergogna, ma credo d'aver diritto di reclamare le circostanze19 attenuanti. Se la bellezza della greca Frine la fece uscire dall'Areopago assolta da ogni accusa, io sono convinto che all'aspetto della mugnaia i miei giudici non potrebbero essere più severi dei vecchi senatori d'Atene e dovrebbero giudicare con indulgenza un giovane di vent'anni che aspirava alla conquista della Frine del mulino.

Fatto sta che alcuni giorni dopo la prima visita volli eseguire alcune ricognizioni nei dintorni della fortezza, per conoscere i movimenti del nemico, e riuscii a scoprire le ore precise delle uscite giornaliere del presidio.

Il presidio nemico si concentrava naturalmente nel mugnaio, ed io, nascosto dietro una roccia, lo vidi varie volte alla solita ora comparire sopra il suo asino, sul vertice d'una collina dietro la quale s'ascondeva il mulino. E dopo tanti anni mi pare ancora di vederlo. L'asino, il sacco ed il mugnaio formavano un gruppo d'una mezza tinta uniforme come il marmo piramidale secondo le leggi scultorie, e spiccava pittorescamente sul verde scuro del bosco che formava il fondo del quadro. Mi riuscì dunque agevole impadronirmi del mulino in un momento opportuno, e gettare qualche razzo incendiario, in via d'esperimento. Tentativo fallito!... La minaccia d'una vigorosa risposta mi consigliò subito a battere la ritirata, aspettando una migliore occasione per ritornare all'assalto.

L'assedio procedeva regolarmente, con tutte le regole indicate dall'arte. Al mattino andavo a disegnare la cascata: era una finta necessaria per ingannare il nemico sui miei movimenti; più tardi rientravo al bivacco, cioè facevo colazione al mulino coi commestibili che portava meco per alimentare la truppa all'assedio. Talvolta mi procacciai qualche ghiotto boccone, e dell'ottimo vino... sperando di prenderla per la gola, ma i miei tentativi riuscirono vani. La mugnaia accettava cordialmente le mie offerte, se le divorava senza cerimonie, e colla stessa semplicità mi obbligava di prendere i suoi frutti secchi, il pesce fritto e la polenta del mulino. Era uno scambio di cortesie leali e nulla più. Io approfittava di quei momenti per avanzarmi di qualche passo, colle parallele del sentimento, ma essa mi rispondeva con un'artiglieria che distruggeva le mie operazioni preparatorie, e rendeva vane anche le piccole scaramuccie.

Stanco e annoiato di perdere tanto tempo senza frutto, un giorno, con un rapido movimento, girando la posizione di fronte per l'ala sinistra, volli tentare di prendere la piazza con un ardito colpo di mano. Ma anche questa sorpresa ebbe un esito infelice... e pericoloso. Sono sfuggito per miracolo ad un rovescio, che mi avrebbe causato delle gravi perdite, se avessi mancato di quel genio che guidava il principe Carlo d'Austria nelle sue ritirate davanti l'impeto degli eserciti del primo Napoleone.

Con destrezza insuperabile ho salvata la testa! le difficoltà si facevano sempre più gravi, la fortezza presentava una resistenza insormontabile, ed io rientrava sovente nei miei quartieri ferito nell'orgoglio, e talvolta anche altrove, ma spinto da ogni nuova ripulsa a tentativi più arditi.

Una sera me ne tornavo dall'attacco rimuginando col pensiero qualche astuzia guerresca, quando sentii Bitto da lontano che abbaiava allegramente, come soleva fare incontrando gli amici. Infatti alla svolta20 del monte vidi una brigata di persone che avanzava dalla mia parte. Era la famiglia Bruni, e il dottore con sua moglie che facevano una passeggiata vespertina.

Quando mi furono dappresso, m'avvidi che si scambiavano delle occhiate d'intelligenza, e che ciascheduno aveva un sorriso o un sogghigno sulle labbra.

- Oh... quale sorpresa! - esclamò il signor Nicola, - il maestro Daniele da queste parti... a quest'ora....

- Nessuna sorpresa... - io risposi... - perchè vedo che mi siete venuti incontro.

- Sì... no... è vero... non è vero, - tutti volevano dissimulare la verità, ma colla franchezza della mia risposta io avevo gettato il disordine nel campo nemico.

- Infatti, - soggiunse il signor Nicola, - è lecito sapere che cosa vi attira da queste parti?...

- Perbacco, - io risposi, - vogliono che io faccia dei misteri?... vado a studiare una cascata....

- Ah!... ah!... ah!... benissimo... è ben trovata, - osservò il signor Nicola.

- Va a prendere delle doccie.... - proseguì il medico.

- Ha ragione, signor maestro, fin che è giovane si diverta, - continuò la signora Pasquetta, che si mostrava sempre indulgente pei peccatuzzi dell'umana fragilità.

- Eppure, - riprendeva il signor Nicola, - quella cattiva lingua di Tobia pretende che abbiate degli interessi al mulino.... e siate infarinato a dovere!...

- Ahimè, povero Zaccheo!... - replicava il dottore levandosi il cappello, e simulando colle dita sulla testa certi ornamenti animaleschi, che facevano arrossire la signora Pasquetta fino al bianco degli occhi.

Vedendo il dottore a fare quegli scherzi, non ho potuto trattenere le risa, e diedi in uno scroscio sgangherato accompagnato dai singulti del signor Nicola, che scoppiava nella pelle. La signora Giovanna rideva essa pure, ma il dottore rideva più di tutti.... Agata era andata avanti con Bitto, e gettava dei sassi, che egli correva a prendere, riportava e depositava a' suoi piedi, abbaiando con insistenza per ottenere che la ragazza li gettasse nuovamente.

Intanto noi si rideva allegramente vedendo il dottore contento come una pasqua dell'effetto irresistibile prodotto da' suoi scherzi; egli, incoraggiato dal buon successo, continuava a burlarsi di Zaccheo, malgrado le preghiere di desistere che gl'indirizzava la moglie, divenuta pavonazza dalla tortura.

Essendoci accorti che la signora soffriva davvero, abbiamo abbandonato il soggetto scabroso, cambiando discorso.

Era l'ora del tramonto, e volendo rientrare al villaggio prima di notte abbiamo abbandonata la strada maestra, prendendo una scorciatoia per un sentiero tortuoso fra due siepi.

La viuzza angusta non permetteva il passaggio che a due sole persone di fronte. Io precedeva la comitiva insieme con l'Agata, poco dopo seguiva il signor Nicola colla signora Pasquetta, ed ultimi il dottore colla signora Giovanna. Bitto andava avanti e indietro, su e giù per l'erta, come sogliono fare i cani... e gl'innamorati.

Il sole, dardeggiando i suoi ultimi raggi dietro la montagna, tingeva di porpora e d'oro le nuvolette increspate che vagavano pel firmamento.

- Come sono stupende queste scene della sera fra i monti!... - io osservava.

- Soltanto dopo un giorno sereno.... - mi rispondeva l'Agata. - Ma i giorni burrascosi hanno un tetro tramonto, senza luce, senza splendore, con un corteggio di nuvoloni neri, minacciosi.... Avete mai pensato alla rassomiglianza fra il periodo d'un giorno e l'intiero corso della nostra vita?

- Ci ho pensato sovente.... - io soggiunsi, - e se dipendesse da me, vorrei che ogni giorno fosse sereno, ogni vita felice, ogni tramonto bello come quello di questa sera....

- Il giorno bisogna prenderlo come ci vien dato dalla natura.... ma dipende da noi che la nostra vita sia calma o burrascosa, senza macchie, senza rimorsi, senza nuvole al tramonto, come una giornata serena.

La guardai in volto tacendo, e mi parve grave e severa.

Camminavo in silenzio dopo qualche istante, quando un magnifico falco attraversando la valle ci passò rapidamente davanti gli occhi, penetrando nel bosco vicino, dal quale dopo uno stormire di fronde s'intese un confuso cinguettìo, e si videro uscire alcuni uccelletti spaventati.

- Un bel falco!... - dissi io.

- Bello, ma crudele!... - essa mi rispose. - La bellezza è un dono della sorte, non è un merito; e, - proseguì, - se la bellezza non è accompagnata da buon cuore e da onestà, io la compiango. Quando vedo un falco, non penso alla sua bellezza, ma al dolore dei poveri uccelletti che avranno il nido invaso e insanguinato dal rapitore, che, portandosi via la madre a tradimento, mette il padre in disperazione, e lascia i piccini nell'abbandono.... Mio Dio! quante vittime per una preda!...

Io sentiva che i colpi venivano al mio indirizzo.... e che erano meritati.

Pensai seriamente alla colpevole leggerezza che mi valeva quella severa lezione. Anch'io come il falco grifagno tentava rapire la pace ad una onesta e tranquilla famiglia... che nel suo eremo, ai piedi delle Alpi, non era ancora abbastanza riparata dalla rapacità d'un cuore spietato.... Ma almeno il falco cercava una preda per vivere.... io invece facevo il male per soddisfare un vano capriccio.... per saziare un desiderio colpevole.... per distrarmi da un dolore profondo con una insidia.... per vendicarmi contro persone innocenti dei mali prodotti dalla mia dabbenaggine!... ed ecco che come al solito io compariva peggiore della bestia.... più crudele del falco.... e meno fortunato di lui, perchè non avevo la sua destrezza per cogliere la preda, le ali per fuggire dalle maledizioni delle vittime!...

Io invidiava la sorte di quell'uccello di rapina, che dopo il delitto poteva almeno volare in lontane regioni, ove si ignoravano le sue prodezze sanguinose!... io invece non potevo nascondere la vergogna davanti al mio giudice.

Tuttavia sentivo il bisogno di rispondere qualche cosa; ma misurando i miei torti non trovavo giustificazioni ammissibili, e mi sentivo così aggravato, che proruppi in queste parole:

- Agata, avete ragione, disprezzatemi, io sono un uomo abbietto!.... se fossi vicino ad un precipizio, mi vedreste scomparire dai vostri sguardi....

- Con un delitto non si ripara una colpa.... - mi rispose freddamente.

Allora mi venne il pensiero ch'essa mi credesse forse più colpevole che in fatto non era, e volli giustificarmi.... per non essere condannato in contumacia.

Le confessai ingenuamente la mia ammirazione per la bellezza plastica della moglie di Zaccheo, assicurandola però che tale ammirazione non ebbe altro effetto che alcune visite senza conseguenza.... Tacqui dell'assedio tentato invano, della resistenza valorosa e dell'artiglieria formidabile della mugnaia, e promisi che avrei abbandonato per sempre il mulino, e gli studi delle cascate!...

- Me lo promettete seriamente?... - mi chiese.

- Ve lo prometto sulla mia parola d'onore.

- Accetto la promessa in nome di vostra madre, - ella mi rispose, - della quale m'avete impartita l'autorità. - Così dicendo mi sporse la mano.

Io gliela strinsi coll'animo commosso e le chiesi umilmente:

- E mi perdonate?...

- Vi perdono, - mi rispose, - a condizione che siate galantuomo... ricordandovi che chi ruba la donna altrui è un ladro più infame di chi invola il denaro... Il denaro rapito può lasciare le vittime nella povertà... ma la donna che tradisce il marito lo lascia nel disonore, che è peggior cosa d'ogni miseria!...

Eravamo giunti al villaggio e dopo i soliti saluti rientrammo nelle nostre case.

 

 

 





18 Nell'originale "bracccio". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]



19 Nell'originale "circocostanze". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]



20 Nell'originale "svolto". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]



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