Maria Savi Lopez
Nani e folletti
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I nani della terra

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I nani della terra

I nani della terra, i piccoli elfi grigi, neri o rossi che hanno spesso la barba ed i capelli bianchi, vengono ricordati in molte leggende, e gran parte del volgo crede ancora, in Europa, nella loro esistenza. Come gli elfi della luce, si dilettano con la musica e le danze, ma hanno relazioni più strette col tenebroso mondo sotterraneo dove dimorano, essendo nascosti agli sguardi degli uomini. Ed avviene che, mentre negli elfi della luce possiamo vedere più facilmente miti dell'acqua, dei boschi e dell'aria, troviamo invece nei nani grigi, neri e rossi certi miti delle tenebre, del male, del fuoco sotterraneo e delle mutazioni atmosferiche. I folletti sono collegati più strettamente, come ho già notato, ai numi del focolare, alle anime degli antenati, e a certi piccoli numi della coltivazione dei campi, che si aggruppano spesso intorno a numi di un ordine superiore.

I nani della terra, abitatori delle caverne, portano lunghe cappe oscure di nebbia o di stoffa, e berretti di vari colori, simili a quelli dei folletti. Molti di essi hanno, come Oberon, la statura di un ragazzo di quattro anni; altri sono alti una spanna, altri ancora sono grossi come il pollice. Il loro colore spesso origine ai nomi che hanno in paesi diversi, e che sono in grandissimo numero. Snorri, che al pari di Sœmund distinse gli elfi in parecchie specie, diede a questi nani, nella Giovine Edda, il nome di Döckälfar, mentre quelli della luce furono chiamati Liösälfar.

Pare che, in tempi lontani, certi popoli germanici avessero un culto speciale per gli elfi neri, che secondo le leggende, si lasciavano spesso vedere dagli uomini, e ad essi si fecero sacrifici dei quali si trova il ricordo. Anche nella Kormakssaga si fa cenno alle offerte dovute agli elfi neri, dicendo che la loro collina deve essere bagnata col sangue di un animale, e che con la carne di questo si deve pure imbandire un banchetto per essi.

Nel Somerset si lasciano ancora adesso, al tempo della raccolta, delle frutta attaccate agli alberi per i nani chiamati Colepixy. Questi debbono essere stretti parenti dei Pixieis, che si divertono a fare smarrire la gente per via. Si usa di mettere un pugno d'erba nel buco dal quale si crede che i Pixieis possano entrare ed uscire dalle loro case.

In certe parti d'Italia, le offerte si fanno invece ai morti, che passano la notte in processione sulla terra o tornano il due novembre nelle loro case, dove i congiunti pietosi apparecchiano per essi il cibo; ma vedremo che vi è in Calabria chi prepara ancora adesso la tavola per i folletti!

Nel colore grigio o nero dei nani della terra dobbiamo trovare un'immagine delle tenebre fra le quali vivono, ed una conseguenza dell'arte loro, perché molti di essi sono creduti fabbri. Il colore può essere anche un simbolo della loro cattiveria, ma ciò non toglie che la confusione tanto frequente fra gli elfi della luce e quelli delle tenebre ci faccia trovare spesso tra i nani delle montagne degli spiriti benefici.

Certe leggende dicono che diventano gobbi nel terzo anno della loro vita, e grigi nel sedicesimo. Il loro re viene spesso imaginato con aspetto di vecchio. Secondo certe leggende, molto diffuse adesso in Europa, i nani della montagna sono custodi di tesori e piccoli operai, ma non lavorano più le armi degli eroi e le spade che danno la vittoria; e qualche volta si trova anche in essi, come nei loro antenati, l'astuzia e l'inganno.

Vi fu chi volle nel X secolo discolpare i nani della taccia di astuti e mendaci, poiché fu scritto in quel tempo il lamento di un nano prigioniero, il quale diceva agli uomini: – Se fossimo capaci d'ingannare, non saremmo tanto sani e non avremmo vita così lunga. Voi tutti parlate con inganno, e per questa ragione non giungete ad una tarda età; poiché il tempo della vita di ciascun uomo è in relazione con la sua onestà. Noi diciamo soltanto quello che abbiamo nel cuore, e non mangiamo i cibi che producono mali diversi. Per questa ragione viviamo più a lungo degli uomini.

Spesso i nani domandano agli uomini qualche favore, e compensano largamente coloro che li aiutano. Presso il monte Dosenberg si vedevano parecchi buchi, dai quali certi nani chiamati Wichtelmännerchen entravano nel loro regno. Un giorno, uno di questi andò presso un contadino che si chiamava Tobia, e gli domandò se fosse disposto a trovarsi di notte con un carro presso Dosenberg, per trasportare gente sull'altra sponda del fiume. Per questo servigio avrebbe ricevuto un ricco dono.

Il contadino acconsentì, e la sera il nano gli portò in casa un sacco pieno di monete, per mostrargli il suo compiacimento.

Nella notte Tobia attaccò quattro cavalli al suo carro, e andò sulla sponda del fiume, nel luogo stabilito. Il nano incominciò subito a portare sul carro molti pesi invisibili, che il contadino trasportò sull'altra sponda, e questo viaggio venne fatto quattro volte, tanto che all'alba i cavalli erano stanchi. Allora il Wichtelmännerchen disse a Tobia: – Adesso basta, e puoi vedere che cosa hai trasportato!

Tobia vide sopra un vasto campo una folla di nani. Il Wichtelmännchen soggiunse: – Da circa mille anni abitiamo sulla montagna di Dosenberg, ed ora dobbiamo andare in altro luogo; intanto lasciamo nella vecchia dimora una tale quantità d'oro che può arricchire l'intero paese.

Tobia tornò a casa portando molto oro sul carro; divenne dunque ricchissimo, ed i suoi discendenti conservano quella ricchezza. I Wichtelmännerchen scomparvero per sempre dalla montagna. Sulla cima del Dosenberg si trova un luogo dove non può crescere nessuna pianta, e si dice che lassù i nani facessero degli incantesimi. Ogni sette anni si vede su quell'altura, di venerdì, un'alta fiamma azzurra che arde in una gran caldaia, e la gente la chiama «il fuoco d'oro».87

In una leggenda della Groenlandia si dice di certi nani erranti o elfi delle montagne chiamati Inuarutligak, che non fuggivano la compagnia degli uomini; ma poi, essendo stato uno di essi ucciso da un uomo, andarono ad abitare luoghi diversi, facendo buchi nella terra per rimanervi nascosti. Assetati di vendetta, uccisero un uomo che incontrarono in una delle loro escursioni. Non avendo armi adatte (alla loro statura?), trovarono un grosso cespuglio di salici che sembrava un uomo inginocchiato. Con uno dei suoi rami fecero un'arma grossa come il pugno chiuso, in forma di pistola, ed alla sua estremità misero una piccola pietra nera con un segno rosso. Usarono sempre quest'arma, che aveva la potenza di uccidere.

Gli Inuarutligak viaggiavano verso il Sud, passando l'inverno in certe grotte profonde, che erano da essi abbandonate al principio della primavera. In questi viaggi incontrarono certi esseri strani, che nella parte superiore del corpo erano uomini e nell'inferiore cani. Questi mostri tenevano gli archi in mano ed erano spaventosi.

Nella stessa leggenda si parla ancora dei viaggi di questi nani, ma con tale confusione e ricordando nomi così barbari, che non si può trovare nel leggerla nessun diletto. Dirò solo che i nani portavano nei loro viaggi due abiti, uno dei quali era adatto alla loro statura; l'altro era così grande che poteva servire ad un uomo di statura regolare.

Quando dovevano trasportare oggetti pesanti, si davano delle battiture, e la loro persona cresceva in un attimo. Volendo entrare nelle caverne dovevano chinarsi, e gettare in aria le corone che portavano sul capo; allora tornavano subito ad essere nani.

Gli Eschimesi ritengono che questi nani invecchino molto tardi, e che la loro giovinezza si rinnovi cinque volte. Quando invecchiano, si lasciano cadere in un precipizio e riacquistano subito il vigore e la sveltezza della gioventù: dopo che hanno ripetuto cinque volte questo salto, al giungere della vecchiaia, diventa inutile usare l'energico rimedio, e debbono morire.88

Spesso i nani della terra rapiscono le fanciulle delle quali sono innamorati. Si racconta in Germania che una giovinetta, andata a raccogliere fragole in un bosco, fu rapita da uno di essi che voleva sposarla. La fanciulla decise di fuggire, e mentre il nano era uscito per invitare certi amici suoi alle nozze, ella mise la sua veste sopra un fantoccio di paglia, aggiustato in modo da sembrare una persona; poi si gettò in una botte piena di miele, e quando ne fu uscita entrò in un'altra piena di penne, che le si attaccarono addosso. Sembrava un uccello strano, quando fuggì nella campagna.

Vedendo venire i nani alla sua volta, salì sopra un albero, ed essi le dissero: – Donde vieni e dove vai, bell'uccello coperto di penne?

Ella rispose: – Vengo dalla caverna del nano.

– Ah! E che cosa faceva la sposa?

Rassettava la casa.

I nani si allontanarono, mentre l'uccello tornava a casa sua. Essendosi avvicinati al fantoccio, credettero che fosse la sposa, la chiamarono, e poiché non rispose ai loro saluti, la presero per i capelli facendola cadere. Allora videro che non era altro che un fascio di paglia! Vi sono molte varianti di questa leggenda. In Lapponia, una fanciulla che doveva sposare per forza uno stupido gigante vestì un fantoccio, lasciandolo in sua vece ad aspettare il fidanzato, e fuggì con gli armenti di renne che le appartenevano.89 Secondo le leggende danesi, i nani si mostrano agli uomini fra le spaccature delle montagne, e spesso sono addormentati; altre volte si lasciano vedere per un istante e poi spariscono. Posseggono berretti che li rendono invisibili, e si racconta che andavano un giorno in gran numero sul campo di un contadino, al quale recavano molto danno. Egli circondò il campo con una fune, ed i nani, passando sotto di essa, perdettero i berretti; divenuti subito visibili, se li fecero rendere dal contadino, al quale diedero in cambio una cesta piena d'oro.

Anche un altro contadino riuscì nell'intento di far perdere il berretto ai nani che andavano in un suo campo. Con molti compagni si mise a battere l'aria di qua e di con lunghi rami di salice, e prese così un nano, al quale cadde il berretto. Questi promise di compensare largamente il contadino purché glielo rendesse, ed essendo stata esaudita la sua preghiera, gli diede di notte, vicino alla caverna dove dimorava, un grosso pezzo d'oro. Altri nani della terra, nell'esistenza dei quali si crede ancora in Europa, sono piccoli come i pigmei che lottarono con Ercole, e stanno di preferenza nel deserto libico. Quando Ercole, dopo che ebbe vinto Anteo, si addormentò, le loro schiere l'assalirono uscendo dalla rena. L'eroe, destatosi, raccolse nella sua pelle di leone tutti i pigmei, che erano tanto piccoli da poter appena reggere, uniti insieme, un chicco di grano. Questo mito di Ercole e dei pigmei è somigliante a quello indiano di Garuda e dei Balikilyas, i piccoli penitenti saggi che potevano appena trasportare una foglia piena d'acqua.

In una leggenda, che si collega a quella tanto nota del viaggio di San Brandano, si dice che questo Santo incontrò sull'Oceano un uomo grosso come un pollice, il quale navigava sopra una foglia avendo in mano una scodella, dove faceva cadere a gocce l'acqua del mare. Quando la scodella era piena la vuotava, ed aveva l'incarico di misurare in quel modo l'acqua dell'Atlantico fino al giorno del giudizio!

In una leggenda francese, si dice che un contadino e sua moglie andarono a lavorare nei campi, lasciando a casa il loro ragazzo chiamato lo chaperon bleu, perché portava un berretto di quel colore. Prima di andar via, i contadini gli avevano detto di portar loro la zuppa a mezzogiorno. Quando giunse l'ora stabilita, il ragazzo versò la zuppa in un recipiente, e mentre andava via passò nella stalla. Vedendo che la vacca non aveva nulla da mangiare, lasciò vicino ad essa la pentola e andò a prendere il fieno; sfortunatamente, la vacca con un calcio rovesciò la zuppa, e il ragazzo spaventato si nascose nel fieno. I suoi genitori, essendo ritornati a casa, lo cercarono dappertutto senza trovarlo. Poi, visto che la vacca muggiva perché aveva fame, le diedero del fieno, anzi, proprio quello dove era il ragazzo, che fu subito mangiato. La vacca non volle più muoversi, e parlando diceva a tutti: – Non voglio voltarmi –. I contadini, spaventati, la fecero uccidere, e gettarono le interiora nella campagna. Queste furono raccolte da una vecchia, che le mise nella gerla che portava sulle spalle. Appena fu uscita dal villaggio, il ragazzo cominciò a cantare dicendo: – Cammina, cammina, vecchia sciocca, sono nel fondo della tua gerla!

La vecchia era molto impaurita, ed affrettò il passo senza voltarsi. Passando vicino ad un gregge, il ragazzo disse: – Pastore, pastore, bada alle tue pecore: ecco il lupo –. La vecchia atterrita esclamò: – Ma io non sono il lupo!

Quando giunsero in casa della vecchia, il ragazzo uscì dalla gerla e si nascose dietro un mobile. La vecchia preparò la cena e si disponeva a mangiare, quando il ragazzo gridò: – Buon appetito, vecchia! La poveretta credeva di avere il diavolo in casa, e prese a tremare. – Senti, – le disse il ragazzo, – promettimi di non dire a nessuno dove mi hai trovato e di ricondurmi a casa mia. Sarò contento di andarmene, e tu di non avermi più con te –. La vecchia promise, ed il ragazzo si mostrò; essa lo condusse dai suoi genitori, che furono molto felici nel rivederlo.

In una delle molte varianti di questa leggenda, si dice di certi genitori che avevano un figliuolo grosso come il pollice, chiamato P'tiot Pousot. Un giorno questi partì per trovarsi un padrone, arrivò in un villaggio ed entrò nella prima casa che vide, chiedendo ai suoi abitanti se volevano accettarlo come servo. La padrona ricusò di prenderlo al suo servizio perché era troppo piccolo, ma suo marito invece accettò la proposta.

La donna mandò il piccino da un vinaio per comprare una bottiglia di vino. Egli ne domandò una botte, e con grande meraviglia di tutti la fece girare sulla via davanti a sé. La gente si stupì, credendo che la botte camminasse da sola. Più tardi, il piccino portò alla padrona tutti i pani che aveva trovato in una bottega. Un giorno la padrona impastò il suo piccolo servo in una focaccia; quando fu cotta, la tagliò e gli mozzò l'orecchio; egli gridò, ma nessuno udì la sua voce, e fu mangiato.90

Vi sono anche certi nani della terra divenuti credenti come Laurino. In Islanda, la parrocchia di Seydisfôrdur era fabbricata sulla spiaggia di un golfo, e presso di essa si trovava una grossa pietra, nella quale il popolo credeva dimorassero i nani; per questa ragione si chiamava Dvergastein. Si volle rifabbricare la parrocchia in altro luogo più conveniente per i fedeli, ma nessuno si diede pensiero della pietra dei nani, che fu lasciata dove si trovava.

Quando venne finita la nuova fabbrica, tutti furono meravigliati nel vedere una grossa pietra che, volando sul golfo, venne a fermarsi presso la chiesa. Era la pietra dei nani, che davano prova in quel modo della loro pietà, non volendo restare lontani dalla chiesa.91

Nell'antichità e nel Medioevo si credette generalmente che molti spiriti malefici si potessero mutare in animali mostruosi, e anche adesso in Europa si crede che le streghe, i demoni, i fantasmi ed i nani possano trasformarsi in quel modo. Secondo una leggenda svedese, un certo Swen andò una mattina di domenica a caccia, e trovò sopra una montagna un grosso caprone con un anello al collo. Una voce disse: – L'uomo ucciderà il nostro caprone –. Un'altra disse invece: – No, lo lascerà stare, perché stamane non si è segnato con l'acqua benedetta, non essendo andato in chiesa.

Swen si fece subito il segno della croce e tirò contro il caprone. Allora si udirono molte voci unite ad un gran rumore, ed una moltitudine di nani uscirono dalla montagna. Swen si nascose dietro un cumulo di pietre e radici, e tirò di nuovo contro il caprone, che non era stato ancora colpito. Esso cadde, e Swen gli tolse il grosso anello di metallo che portava, le corna e la pelle.92

I nani possono essere mutati in pietra, come avvenne ad Alwis che, come già vedemmo, fu trattenuto malignamente dal dio Thor sulla superficie della terra fino all'alba, momento nel quale avvenne la sua trasformazione, perché la luce del sole doveva togliergli la vita. Si credette pure che il suono delle campane desse ai nani la stessa molestia che dava alle streghe.

In certe regioni della Russia si dice che una parte degli spiriti cattivi scacciati dal cielo si trovi sottoterra, in forma di nani chiamati Kaliki. Le leggende della Bretagna dicono che i nani raccolgono in certe caverne i loro tesori e lavorano oggetti costosi; i loro re si fabbricano spesso palazzi splendidi. I nani della terra hanno anche le loro regine, e W. Grimm crede che siano dee decadute dall'antica potenza. Nelle saghe svedesi, una bella donna viene detta regina dei nani, ed in quelle tedesche la regina si chiama Huldra.

Le figlie di Tuoni erano orribili nane, che abitavano nella regione misteriosa detta Manala, dove, secondo le credenze dei Finni, si raccoglievano le tristi anime dei morti. L'eroe Wäinämöinen non poteva terminare una bella nave che costruiva perché non sapeva tre parole magiche, che avevano la forza di far galleggiare le navi sulle onde. Per impararle, discese negli abissi di Manala, e dopo alcune settimane di viaggio vide l'isola e la collina di Tuoni. Allora chiamò le figlie di Tuoni, le quali, a quanto pare, compivano in quel triste luogo ufficio pari a quello di Caronte, e chiese che si accostassero a lui con una barca perché voleva passare il fiume.

Le figlie di Tuoni, che avevano piccola statura ed il corpo mal fatto, lavavano la loro vecchia biancheria nel fiume nero di Tuoni. Esse risposero che, prima di contentarlo, volevano sapere in qual modo fosse disceso in quel luogo, visto che non era morto.

L'eroe mentì parecchie volte, ma le figlie di Tuoni non si lasciarono ingannare, e soltanto quando l'ebbero quasi costretto con le loro domande a dire la verità si avvicinarono a lui con la barca, e gli fecero passare il fiume infernale minacciandolo perché aveva osato scendere nel regno dei morti mentre era ancora in vita.

L'eroe non riuscì a trovare negli abissi di Tuoni le tre parole magiche, e quando fu sfuggito alle insidie che gli vennero tese per trattenerlo eternamente in quel luogo, dovette cercarle altrove.

L'arte mostrata dalle nane infernali nell'interrogare l'eroe ci prova che possedevano ingegno pari a quello che hanno i nani della terra, anche nelle loro forme più popolari. E si può dire di questi quello che dissero i cavalieri fiorentini quando passarono i nani sul carro adorno, vicino alle belle donne, nello splendore di una festa ideata forse da Lorenzo dei Medici. Allora, dopo che avevano già paragonati i nani ai Morganti, soggiunsero:

Questi ebber largo il Ciel, quei troppo avaro;
Ma non vi sia discaro,
Ch'ognun di lor per due giganti vale,
Tant'hanno ingegno, e cotal naturale!





87 Grimm, Deutsche Mithologie, vol. I, p. 380.



88 Henry Rink, Tales und traditions of the Eskimo, p. 404.



89 Poestion, Lappländische Märchen.



90 Romania, VIII, 1879, p. 592.



91 Isländische Volkssagen. Berlin, 1891.



92 Vicino al Piano della Mussa, sulle nostre Alpi, mi fu raccontata da un alpigiano una leggenda simile.



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