Guido da Verona
I promessi sposi (parodia)
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CAPITOLO XVIII

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CAPITOLO XVIII

 

Quello stesso giorno, 13 di Novembre, arriva un espresso al signor podestà di Lecco, e gli presenta un dispaccio del signor capitano di giustizia, contenente un ordine di fare ogni possibile e più opportuna inquisizione, per iscoprire se un certo giovine nominato Lorenzo Tramaglino, filatore di seta, scappato dalle forze praedicti egregii domini capitanei, sia tornato, palam vel clam, al suo paese, ignotum quale per l'appunto, verum in territorio Leuci: quod si compertum fuerit sic esse, cerchi il detto signor podestà, quanta maxima diligentia fieri poterit, d'averlo nelle mani; e, legato a dovere, videlizet, con buone manette...

La parte in italiano forse non è molto chiara; ma in cambio c'è quella in latino, che prosegue per un paio di pagine, e che schiarisce di molto le faccende, come si vedrà in séguito.

Il conte Attilio, giunta la notizia dei tumulti di Milano, partì immediatamente alla volta della città, animando il cugino don Rodrigo a persister nell'impresa, a spuntar l'impegno, e promettendogli che, dal canto suo, metterebbe sùbito mano a sbrigarlo dal frate.

Appena partito Attilio, arrivò il Griso da Monza, sano e salvo, e riferì al suo padrone ciò che aveva potuto raccogliere: che Lucia era ricoverata nel tal monastero, sotto la protezione della tal Signora, e stava sempre nascosta come se fosse una monaca anche lei.

Questa relazione mise il diavolo addosso a don Rodrigo, o, per dir meglio, rendè più cattivo quello che già ci stava di casa; perché, se la forosetta gli piaceva a morte in panni borghesi, ora il saperla vestita da monaca, avvolta in quel sapore d'intangibilità che in più dell'altre donne hanno le monache, non gli dava un istante di requie né più gli permetteva di star nella pelle.

Sennonché, un monastero di Monza, quand'anche non ci fosse stata una principessa, era un osso troppo duro per i denti di don Rodrigo; e per quanto egli ronzasse con la fantasia intorno a quel ricovero, non sapeva immaginarvia né verso d'espugnarlo, né con la forza, né per insidie. La strada dell'iniquità, dice qui il Manoscritto, è larga; ma questo non vuol dire che sia comoda: ha i suoi intoppi, i suoi passi scabrosi; è noiosa la sua parte, e faticosa, benché vada ali'ingiù.

A don Rodrigo veniva bensì in mente di chieder l'aiuto d'un tale, le cui mani arrivavano spesso dove non arrivava la vista degli altri: un uomo o un diavolo, per cui la difficoltà dell'imprese era spesso uno stimolo a prenderle sopra di sé. Ma questo partito aveva pure i suoi rischi, giacché nessuno avrebbe saputo prevedere fin dove anderebbe, una volta che si fosse imbarcato con quell'uomo, potente ausiliario certamente, ma non meno assoluto e pericoloso condottiere. Tali pensieri tennero per più giorni don Rodrigo ad esitare tra il sì ed il no.

Finalmente vennero due buone notizie: la prima, che il padre Cristoforo, per intervento del cugino Attilio, era stato fatto partire dal convento di Pescarenico; la seconda, che Agnese era tornata a casa sua, levando così un impedimento dai fianchi di Lucia.

Le due povere donne s'erano appena accomodate nel lor ricovero, che si sparse per Monza, e per conseguenza anche nel monastero, la nuova di quel gran fracasso di Milano. E il colmo dell'inquietudine per le due donne fu quando la fattoressa del convento venne a dir loro: - È proprio del vostro paese quello che se l'è battuta per non essere impiccato; un filatore di seta, che si chiama Tramaglino: lo conoscete?

A Lucia, ch'era a sedere, orlando non so che cosa, cadde il lavoro di mano; impallidì; si cambiò tutta; laonde la fattoressa le domandò se per caso fosse incinta.

Ma se quel principio di svenimento non era dovuto affatto ad uno stato di gravidanza che le avesse procurato il convento, ancor meno eralo senza dubbio all'amor sviscerato ch'ella sentisse per quel baggiano d'un suo promesso.

La malignità non è il nostro forte, e non sogliamo certo accusar Lucia di sentimenti poco nobili. Certo si è ch'ella si sentiva pochissimo attratta verso quel semplicione d'un filator di seta, scarso nel borsellino e poco sapiente negli usi del bel vivere. Fra i due, non v'era alcun dubbio, ella preferiva il brizzolato ma elegante don Rodrigo. Tra essere la sposa d'un filatore di seta, e dovere per tutta la vita, nella sua umile casa, menare il mestolo della polenta, oppure divenir l'amica, diciamo anzi la mantenuta d'un nobile più volte decaduto, ma di nuovo arricchitosi con l'ultima guerra, qual era don Rodrigo, il suo cuore di donna del 600, avveduta e pratica, non poteva stare in dubbio un istante.

Sicché, nell'udire che il suo fidanzato era stato per essere impiccato, il cuore le aveva dato un trabalzo, non diremo di vera gioia, bensì di semplice liberazione, a cui la susseguente notizia, cioè che se l'era battuta, troncava di colpo le ali delle più rosee speranze. Questa fu la ragione vera del suo scolorimento.

D'altronde la Signora spesso la chiamava in un suo parlatorio privato, avvolto di mezze luci, foderato di morbidi cuscini. La tratteneva a lungo, coprendole di lente carezze gli occhi, i capegli, le mani, indugiandosi a lodare e tastare la bellezza delle sue forme, poi facendole certi ambigui discorsi intorno alla non assoluta indispensabilità del sesso forte, e dandole infine da leggere certi libri clandestini d'iniziazione agli amori più perfetti, che lasciavano la bella montanara con gli occhi pieni di sogno e la fantasia fortemente colpita.

Ma ella era ancora troppo verde in età, e troppo inesperta alle cose del mondo perché la dolce parola amore, nel senso come la intesero i più semplici amanti, fosse per lei già del tutto ismagata.

Qualche volta Gertrude quasi s'indispettiva di quello star così su le difese; qualche volta forse, quel pudore così delicato, così ombroso, le dispiaceva ancor più per un altro verso; ma tutto si perdeva nella soavità d'un pensiero che le tornava ogni momento guardando Lucia: pensiero che a noi è vietato esprimere, perché il Manoscritto del 600 ebbe gran cura di non lasciarselo cadere dalla penna.

 

 

 


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