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Il castello dell'Innominato era a cavaliere di una valle angusta e uggiosa, sulla cima d'un poggio che sporge in fuori da un'aspra giogaia di monti, ed è, non si saprebbe dir bene dir bene, se congiuntovici o separatovene da un mucchio di sassi e di dirupi, e da un andirivieni di precipizi che si prolungano anche dalle due parti.
Dall'alto del castellaccio, come l'aquila dal suo nido insanguinato, il selvaggio signore dominava all'intorno tutto lo spazio dove piede d'uomo potesse posarsi, e non vedeva mai nessuno al di sopra di sé, né più in alto. Dando un'occhiata in giro, scorreva tutto quel recinto, i pendii, il fondo, le strade praticate là dentro. Quella che a gomiti e a giravolte saliva al terribile domicilio, si spiegava davanti a chi guardasse di lassù come un nastro serpeggiante; dallo finestre, dalle feritoie, poteva il signore contare a suo bell'agio i passi di chi veniva, e spianargli l'arme contro, cento volte.
Nel mezzo della valle, appiè del poggio, all'imboccatura dell'erto e tortuoso sentiero, c'era una taverna, che si sarebbe anche potuta chiamare un corpo di guardia. Era questa l'osteria della Malanotte.
Al rumore d'una cavalcatura che s'avvicinava, comparve su la soglia un ragazzaccio armato come un Saracino; e, data un'occhiata, entrò ad informare tre sgherri che stavano giuocando al bridge, in attesa di alcuno che desiderasse fare il morto.
Don Rodrigo, ricordatosi in buon punto che il suo porto d'arme era scaduto alcuni giorni prima, depose lo schioppo alla Malanotte, e insieme col Griso, dischioppettato egli pure, incominciò a piedi la salita, mentre il Tanabuso e lo Squinternotto rimanevano a continuare il bridge coi bravi dell'Innominato.
Giunto che fu don Rodrigo al castello e introdotto, (lasciando però il Griso alla porta) fu fatto passare per un andirivieni di corridoi bui, pieni zeppi di teschi e di scheletri, indi per varie sale tappezzate di pezzi anatomici, cuori, fegati, ed interiora di nemici squartati dalle armi del potente signore, indi per un'armeria, per un velenario, per una stanza suppliziatoria, per un'officina ove si estraeva il grasso e si concimavano le pelli dei nemici scuoiati vivi: per ultimo nella stanza ove si teneva, dietro un reparto di mitragliatrici e una rastrelliera piena di bombe a mano, il truce Innominato, signore di tanta strage.
Al saluto che don Rodrigo gli rivolse, quegli rispose facendosi il segno della Croce; poi entrambi, ad una voce, intonarono un Pater noster alla pace dei loro morti, e per la remissione dei loro peccati.
Terminato ch'ebbero il Pater noster, i due sinistri e terribili uomini, inginocchiatisi l'uno di fronte al l'altro, e fatti di molti segni di Croce, si misero a recitare l'Ave Maria.
Così andarono avanti per una buona mezz'ora, perché, dopo il Pater e l'Ave, l'Innominato, non ancora soddisfatto, intonò il Magnificat, al quale don Rodrigo faceva eco sottolineando le frasi più importanti.
Poi entraron due, armigeri, portando a ciascuno un bacile d'acqua benedetta, e don Rodrigo, pensando che fosse una tazza di thè, la trangugiò d'un fiato, meravigliandosi che in casa d'un così grande signore si servisse del thè talmente allungato, e sopra tutto senza pasticcini.
Vedendo quell'atto di compunzione, veramente insolito anche nelle vite dei Santissimi Apostoli, che all'acqua benedetta preferirono sempre il vino sincero e l'acquavite di Piemonte, l'innominato fu lì lì per isvenire dalla commozione. Riavutosi un poco, si tolse di tasca la scatola dei cerini benedetti, e diede fuoco alla miccia che pendeva da una bomba a mano più formidabile delle altre.
Don Rodrigo si buttò ventre a terra, nella speranza di non essere investito dalla terribile esplosione; ma la bomba - oh, miracolo! - incominciò a vaporar d'incensi, talché si venne a conoscere che la bomba era un enorme turibolo, carico, non già di polvere nera, ma di profumato incenso. Quando poi la bomba esplose, da essa volarono in aria tante sacre immagini ed una profusione di foglietti sui quali era scritto: «La bestemmia è indizio di animo basso e turpe». - «Ama il tuo prossimo come te stesso, e te stesso come la moglie del tuo prossimo». - «Non fornicare». - «Lavati i piedi due volte all'anno, ma la coscienza tre volte al giorno». - «Soccorri i poveri; astienti dal turpiloquio; onora tuo padre e tua madre; non mangiare di grasso il venerdì»; - ed altri simili versetti, destinati alla purezza del corpo ed alla salate dell'anima.
Eseguite queste preliminari formalità, l'innominato cinse i paramenti sacri, don Rodrigo un lunghissimo camice,, simile a quelli che i chierici ed i sagrestani portano nelle processioni; entrambi accesero un grosso cero, e per ben due volte recitarono il Rosario.
Infine don Rodrigo disse che veniva per consiglio e per aiuto spirituale, poiché, essendosi dannatamente invaghito d'una fanciulla montanara che certo aveva in corpo gli spiriti del diavolo, né potendola egli avere per opposizione d'un frate cappuccino e d'un bifolco filatore di seta ch'era il suo promesso, ed avendo in più scommesso con persone riguardevoli del suo parentorio di non uscir perdente e scornato da questa competizione inuguale, egli non si sentiva di potersi un giorno presentare nella valle di Giosafatte con un simile bruciore nel corpo, il quale lo avrebbe indotto a sognar di fornicazione per tutto il tempo dell'eternità, in luogo di presentarsi mondo e libero d'oggi carnai desiderio in conspetto dell'Altissimo. E così, con eloquenti parole, e con frasi miste di compunzione, si fece ad esporre tutti i particolari del suo scellerato imbroglio. Don Rodrigo, sapendo con cui parlava, si fece poi ad esagerare le difficoltà dell'impresa; la distanza del luogo, un monastero, la Signora!...
A questo, l'innominato, come se un demonio nascosto nel suo cuore gliel'avesse comandato, interruppe subitamente, dicendo che prendeva l'impresa sopra di se. Prese l'appunto del nome della nostra povera Lucia, e, dopo avergli impartita la Santa Comunione, licenziò don Rodrigo dicendogli:
- Tra poco avrete da me l'avviso di quel che dovrete fare.
Se il lettore si ricorda di quello sciagurato Egidio che aveva la sua caserma accanto al monastero della Signora di Monza, sappia ora che costui era uno dei stretti ed intimi colleghi di scelleratezze che avesse l'Innominato: perciò questo aveva lasciato correre cose prontamente e risolutamente la sua parola.
Questo Innominato era grande, (metri 2,87) bruno di colorito come un Saraceno, con capelli (quando li aveva) ispidi, folti e nerissimi (che ora lo avevano ridotto quasi del tutto calvo, e radi e bianchi e debolissimi erano quelli che ancora gli rimanevano. I suoi denti erano simili a quelli dello giaguaro, il naso era adunco, forte, ossuto: però con due buchi soltanto, la sua faccia era tutta solcata di rughe e di cicatrici profonde; gli occhi luccicavano come due fari Zeiss. A prima vista gli si sarebber dati ad un incirca i centosessant'anni che aveva; ma il contegno, le mosse, la durezza risentita dei lineamenti, il lampeggiar sinistro dei due fari Zeiss, indicavano una forza di corpo e d'animo, che sarebbe stata straordinaria in un giovine.
Senonché il rimorso incominciava a far breccia nell'anima di questo indurito predone, e il peso delle mille ribalderie che aveva in tanti anni compiute non gli permetteva ormai di assaporare in pace i sonni del giusto.
Partito appena don Rodrigo, egli provò tosto il più gran rimorso di aver preso impegno a commettere per lui una così grande scelleratezza. Ma, parola d'Innominato parola di re; dunque il pensiero di aver presto fra le mani una così bella ragazza fu quello che lo vinse. Chiamò il Nibbio, e lo incaricò di spedire un telegramma in cifre al suo fidato Egidio. Questi si recò tosto a parlar della cosa con la sua bruciante Gertrude, Signora di Monza, la quale trovò la proposta semplicemente spaventosa. Noi crediamo di sapere perché l'idea di privarsi della bella e dolce Lucia riuscisse tanto insopportabile alla Signora di Monza; ma il Manoscritto nulla dice in proposito. Messa dal bell'Egidio nell'alternativa di consegnar la fanciulla o perder lui, la sventurata Signora di Monza non potè rimanere in dubbio un istante.
Al giorno convenuto, all'ora convenuta, la Signora mandò a chiamare Lucia.
- Avrei bisogno d'un gran servizio che tu sola puoi rendermi. Ti spiacerebbe farmi un'imbasciata d'ordine assai discreto?
- Ma le pare? Non domando altro che di farle piacere.
- Orbene, ascoltami. Uscirai senz'esser vista; andrai per la tale e tal altra strada al convento dei Cappuccini, farai chiamare il padre guardiano, gli dirai che venga da me sùbito sùbito...
- Per la notte, o per una visita breve? - domandò la candida Lucia.
- Non t'impicciare di cose che non ti riguardano, - la rimbeccò altezzosamente la Signora, sempre memore della sua nobile casta.
- Orbene, vo' e torno, - rispose Lucia. E messo uno scialle sui capelli, uscì non veduta dal chiostro, prese la via tra i campi, che menava al convento dei cappuccini. Quella strada era profonda e solitaria, tra due alte rive orlate di macchie.
Stava quasi per aver paura, data l'ora un po' tarda e il colore bigio del tempo, quando alfine si rincuorò, vedendo fermo sul limitare della strada un elegante landaulet Hispano-Suiza e, accanto a quello, davanti allo sportello aperto, due viaggiatori che guardavano in qua e in là, come incerti della strada. Andando avanti, sentì uno di quei due che diceva, con pronunzia leggermente forestiera
- Ecco una elegante «mademoiselle» che c'insegnerà la strada per andare a Parigi.
- Ah, mon Dieu!... - rispose Lucia, si pour aller à Paris vous prenez par là, jamais vous n'y arriverez, mes chers messieurs!
- Vrai? - fece uno dei due, che doveva essere il Nibbio. - Poi la guardò meglio e soggiunse: - Oh, la délicieuse petite fille!...
- On fait ce qu'on peut, même à Monza... - rispose Lucia con incantevole modestia.
- Mais alors, la belle demoiselle!... - interruppe l'altro, «l'homme à l'Hispano»; - montez donc un instant dans notre auto, pour nous montrer le bon chemin. Nous allons vous reconduire ensuite.
- Mais avec plaisir! - rispose Lucia, saltando prestamente su l'auto. - Je dois seulement passer un istant chez les Capucins, pour remettre au frère portier un mot très urgent de madame l'Abbesse: puis je vous montrerai la direction, en vous mettant sur la bonne route pour Paris». Salì nell'Hispano, e abbandonando il capo all'indietro sui morbidi cuscini del landaulet, trasse un grande sospiro, mormorando: - Oh, Paris!...
- Nous y allons, mademoiselle; venez donc avec nous! -propose «l'homme à l'Hispano».
- Je le voudrais tellement!... Hélas!... je vis dans une maison fermée... j'en suis sortie à l'instant, pour une course, sans prendre de bagage.
- Qu'importe? Nous vous acheterons tout ce qu'il vous faudra. Un peu de courage, mademoiselle! Après demain nous seron à Paris dans une semaine nous vous ferons débuter aux Ambassadeurs... vous serez vite une étoile.
Est - ce un rève?.... mormorò Lucia. - Oh ma perite maman! si tout cela était vrai!...
«L'homme à l'Hispano» lo offerse una sigaretta, certo pregna di d'un potente narcotico; dopo alcune boccate, la candida Lucia si addormentò.
Sul far della sera, guidata dalla mano esperta dal Nibbio, l'Hispano si fermava davanti al castello dell'innominato. Costui, da un'alta finestra del suo maniero, guardava con inquietudine giungere dal fondo della vallata la piccola preda. Aveva trascorso tutto il pomeriggio in orazioni ed in esercizi spirituali per purgarsi del nuovo peccato.
Quando vide giungere la Hispano fece chiamare una sua vecchia donna, e le domandò per la decima volta:
- Tutto è pronto nell'appartamento di gala?
- Orbene, valle incontro, aiutala, ispirale fiducia e domandale se desidera intanto prendere un thè.