Guido da Verona
I promessi sposi (parodia)
Lettura del testo

CAPITOLO XXIV

«»

CAPITOLO XXIV

 

Lucia s'era risentita da poco tempo; risentita, si capisce, delle fatiche sopportate nel trascorrere la notte con un uomo di 160 anni,

Appena dischiusi gli occhi, e scacciate le torbide visioni del sonno, chiese un caffelatte completo.

Già era presso il tocco; la vecchia donna, che da tempo aspettava il suo ridestarsi, le mise il «plateau» su le ginocchia, e sedutasi a pie' del letto incominciò a domandarle se il padrone, uomo in altri tempi famoso per la durezza del suo carattere, si fosse con lei comportato in modo soddisfacente.

- Veramente non me ricordo, - rispose Lucia, donna che in fatto di segreto professionale non amava dare troppi ragguagli.

In quel momento si ode un calpestìo nella stanza vicina, poi un picchio all'uscio. La vecchia accorre, domanda: - Chi è?

- Apri, - risponde sommessamente la nota voce.

La vecchia tira il paletto; l'Innominato, senza lasciarsi vedere, tira a sé l'uscio, ordina alla vecchia di uscir dalla camera, e dentro sospinge don Abbondio.

Lucia, ch'era seduta sul letto in camicia da notte, e non aveva tutto al posto quel che per solito sta drento al farsetto, sbircia il suo parroco senza riconoscerlo, poi dice fra sé: - «Anche un prete ora!... Questa, mo', non me l'aspettavo!».

Si raccosta la camicia, si assesta un po' i capelli, poi esclama:

- Lei s'è sbagliato di stanza, reverendo. Qui non si ricevon preti, perché i preti... Oh, ma è lei, reverendo!?... proprio lei?... guarda! guarda!.., a momenti non la riconoscevo.

Salta giù dal letto a piedi nudi, senza badare troppo al disordine della sua camicia, e gli butta le braccia al collo.

- Che piacere di rivederla?... come sta? come sta? Ma come mai tutto in sudore, signor curato?

- Son venuto fin quassù apposta per voi, a cavallo!...

- No? davvero? S'è dunque messo a fare il fantino, reverendo? Ma che piacere!

- Casi della vita, figliuola mia. Il mio destriero ha rischiato le mille volte di farmi precipitare in un burrone; ma io, stringi le ginocchia, aggrappati alla criniera, come Dio volle son arrivato fin quassù.

- Che bravo don Abbondio! Mi par mill'anni che non la rivedevo! Non stia a guardare come son svestita... vede bene che non mi aspettavo all'onore d'una sua visita.

Don Abbondio le fece una strizzatina d'occhi, forse per farle comprendere che fuori c'era quell'altro. Ma Lucia comprese tutto il contrario, cioè che il curato, libero dal riserbo che gli era necessario mantener nella sua parrocchia, volesse farle una dichiarazione d'amore alla discesa dal letto, come usavano i parrucchieri e gli abbigliatori con le regine di Francia.

E di fatti, al vedersi davanti quel fior di bella ragazza, fatta proprio a pennello, più nuda che vestita, e così ben scarmigliata, e con quel buon odore di pelle calda che le usciva da tutto quel vago e mattiniero disordine, il povero don Abbondio, sebbene mezzo fracassato per gli scossoni orribili che aveva sopportati nel salir l'erta su la groppa della mula, sarebbe stato per commettere una sacrilega follìa, se non l'avesse trattenuto il pensiero di quel terribil cagnaccio che stava in agguato dietro il passo dell'uscio.

Lucia, udendo e comprendendo che doveva partirsi dalla casa dell'innominato, ov'erano intorno a lei profusi gli agi e gli ozi più raffinati, e le venivano serviti a cena i manicaretti più gustosi, con vini di bottiglia quanto mai annosi, ed aveva donne e famigli al suo servizio quanti ne voleva, e tutta la fatica del vivere si riduceva in fin dei conti a pochissima cosa: quella di giacersi la notte con un uomo di 160 anni, ancor benissimo conservato, pratico dell'affar suo e tutt'altro che antipatico nei modi e nel portamento, incominciò con fare un mucchio di capricci. Andarsene?... ma neanche per sogno!... Tornarsene al suo paesello, ch'è tanto bello, ma dove non c'è un galante che abbia in tasca il becco d'un centesimo?... neanche per sogno! Divenir magari la sposa di quel tonto e povero in canna d'un filatore di seta, che non conosceva neanche due parole di francese e non avrebbe mai saputo apprendere neanche i più rudimentali passi del «charleston»?... Se lo togliessero ben bene di mente: questo mai e poi mai!

- Stammi zitta, stammi bonina, - seguitava a sussurrarle paternamente don Abbondio, che tra le scosse ricevute cavalcando a dosso di mulo e il turbamento procuratogli dal vedere quel bel tocco di grazia di Dio, più non sapeva in che mondo si trovasse, e grondava sudore da tutti i pori come una fontanella. Veh! se non fosse stato per quel cagnaccio appostato dietro l'uscio, e che magari teneva l'occhio al buco della serratura, come le avrebbe fatto veder volentieri, sui due piedi, in che modo si comportano i valentuomini con le ragazze che fanno i capricci!

- Non vengo, non vengo! non voglio saperne d'andar via di qui! - tempestava Lucia, buttando in aria le gambe nude e battendo i pugni nei cuscini. Ma frattanto vedeva don Abbondio farle di continuo certe strizzatine d'occhi, per significarle che aveva qualcosa da dire, ma non poteva, per rispetto a colui ch'era in ascolto dietro l'uscio. Còlto alla fine il buon destro, e sfogliando il breviario per fingere d'essere in orazioni:

- Mi manda un altro che val meglio di lui... - disse, con un filo di voce.

- Lucia mise tosto le gambe giù dal letto:

- Chi per esempio?

- Per l'amor del cielo, fate le viste di nulla... - implorò don Abbondio. - Mi manda il ca...

- Su, coraggio! il cavaliere...

- Macché cavaliere d'Egitto! Mi manda il cardinal Federigo.

- Saperlipopette! E ci voleva tanto a dirmelo?... - Poi alzò la voce: - Signor curato, mi usi la cortesia di ritirarsi; ora mi vesto, e sarò pronta in meno di mezz'ora. Ma se lei resta, non è possibile ch'io faccia il bidè; le sembra?

Forse don Abbondio non era del tutto persuaso di questa necessità; ma, facendo buon viso a cattivo gioco, si mise in tasca il breviario ed uscì dalla stanza.

Mezz'ora dopo si vide apparir Lucia nella corte del castello, di tutto punto vestita. L'Innominato le dava il braccio. Ella distribuì qualche mancia. L'Innominato squadrava con occhiate furibonde quelli che ricevevano le sue berlinghe; ma non potendo farsele restituire, per non sfigurare in presenza della sua favorita, aveva l'aria di voler dire a quei ceffi: - «Ora vi concio io quando ritorno!».

Tutti si misero in una comoda berlina 525 Fiat, e solo il povero don Abbondio fu costretto a risalire in groppa della mula, per la quale non c'era posto nell'automobile.

Basta; s'arrivò in fondo alla scesa, e s'uscì finalmente anche dalla valle. Giunti alla meta, l'Innominato spedì la 525 a prendere Agnese, e frattanto, per sottrarre Lucia alla curiosità della folla, data l'impossibilità di giungere fino alla locanda, perché un mare di gente gremiva la piazza della Chiesa e tutte le vie circostanti, la fece entrare provvisoriamente nella casa d'un sarto.

Poco tempo appresso la 525 è di ritorno, e si ferma alla casa del sarto. Ne balza fuori Agnese, e si butta nelle braccia della figlia piangendo lagrime dirotte.

La moglie del sarto, ch'era sola a trovarsi presente, fa coraggio a tutt'e due, le tranquillizza, si rallegra con loro, e poi, sempre discreta, le lascia sole.

Passato quel primo sfogo d'abbracciamenti e di singhiozzi, Agnese volle sapere i casi di Lucia, e Lucia quelli della madre. Per ultimo, e come cosa di nessun conto, Agnese domandò alla figlia:

- E Renzo?

- È scampato alla forca, mamma! Pare che disgraziatamente sia riuscito a mettersi in salvo.

Frattanto arrivò don Abbondio, tutto trafelato, per dire alle tre donne che Sua Eminenza il Cardinal Federigo era in istrada per recarsi a visitar Lucia.

- Avete capito?!... - fece Agnese alla moglie del sarto. Questa non sapeva capacitarsi che tanto onore le toccasse proprio in casa sua, e, da donna avveduta, corse tosto a cambiar le lenzuola nella stanza de' forestieri.

Ma già si udiva nella strada il rumore e lo scalpiccio della folla che accompagnava il sant'uomo alla sua devota bisogna; sicché Lucia, tratto dalla borsetta lo specchietto a mano, il piumino per la cipria e il rosso per le labbra, si andava celermente rinfrescando le guance, la bocca, gli occhi, come usano far le belle donne all'annunziarsi d'un visitatore d'importanza.

Il Cardinale entrò, fece un inchino alle due donne, poi, rivolto a Lucia, le chiese dove si trovasse ora il suo promesso sposo.

- A Bergame, Monseigneur, - mormorò Lucia; - chez son cousin Bortolle.

- Ah, le cochon! - fece il Cardinale.

In quel momento rientrò il sarto, che avvisato dai terrazzani dell'onor che gli toccava di ospitare in casa propria un così grand'uomo, era tutto sossopra dall'emozione e già voleva chiedere a Sua Eminenza il permesso di fregiare la propria ditta e le proprie fatture commerciali con le serenissime armi cardinalizie.

Ma Federigo lo prevenne; ed informatosi del come andassero i suoi affari, e udito che andavano piuttosto maluccio, il Cardinale divisò di comandarsi illico et immediate una sottana rossa, con la mantella cardinalizia e con tutto quello che gli occorreva - salvo, beninteso, non pagare mai il conto.

Frattanto pregò tutti costoro di lasciarlo in pace per una buona oretta, avendo egli non brevi cose, discrete ed intime, delle quali discorrere con Lucia.

Lucia non disse di no; ma la faccenda dell'abito cardinalizio ordinato al sarto senza versargli un anticipo metteva lei pure in un certo allarme, perché a que' tempi i signori più ricchi e più potenti non eran sempre i più munifici, e non di rado essi credevano, come credono ancor oggi, di onorare altamente una donna facendole sudar quattro camice a titolo di puro divertimento, cioè gratis et amore Dei.

Non vogliamo però chiudere la storia di quella giornata senza raccontar brevemente come la terminasse l'Innominato.

Arrivato al suo castello, dove la nuova della sua conversione l'aveva già preceduto, accennò a quelli che si trovavan su la porta che gli venissero dietro con gli altri; entrò nel primo cortile, andò verso il mezzo, e , essendo ancora a cavallo, mise un suo grido tonante: era il segno usato, al quale accorrevano tutti que' suoi che l'avessero sentito. Ma questa volta il suo boato fu così poderoso da far accorrere persino quelli che si trovavano a chilometri di distanza, e così andò che in breve ora la sudditanza tutta del potentissimo signore venne a trovarsi radunata nelle corti e nelle adiacenze del castello.

L'Innominato, ritto a cavallo nel mezzo della corte, volgeva gli occhi iniettati di sangue su le turbe della sua famigeratissima gente, che gli era stata compagna e manutengola per tanti lustri nelle sue innumerabili imprese di ribalderìa. Li guardava, e, quasi folgorati da quello sguardo lampeggiante, ognuno se ne stava mutolo e contrito, nella speranza che il liberal signore, nel fausto giorno della sua conversione, avesse finalmente deciso di liquidar loro gli arretrati degli stipendi. Speranza vana quant'altre mai, poiché a mille miglia da ogni terrestre miseria spaziava ormai lo spirito del convertito signore.

- Vammi a prendere il mio Gillette! - disse l'Innominato al suo valletto di camera, stando ritto su le staffe, dall'alto della sua cavalcatura.

Questi andò e tornò in un baleno. Tutti credevano che per un nuovo capriccio egli volesse dar lor spettacolo del radersi la barba, stando a cavallo nel mezzo della corte. Ma ben più reconditi erano i disegni del cielo, e quelli del grande peccatore tocco dalla grazia divina, poich'egli, nel chiedere il suo rasoio di sicurezza, non aveva altro proposito se non quello di offrire a tutta la sua gente uno spettacolo di vera contrizione.

E difatti l'Innominato, stando sempre a cavallo nel mezzo della corte, prese fra due dita della man sinistra, indice, medio e pòllice (il che vuol dire che le due dita erano bensì tre) ed aggiuntovici ancor l'anulare, con l'ausilio del mignolo - (il che vuol dire che le due dita erano bensì cinque) - preso adunque con tutta la mano un largo ciuffo del crine che nasceva tra le due orecchie del suo focoso destriero, senza insaponarlo, tutto accuratamente lo recise, poi, tornandovici sopra, e passandovici e ripassandovici più volte, gli fece, proprio nel mezzo del cocuzzolo, una tonda e larghissima chierica, intendendo egli designare con ciò, che, da quell'istante, convertito s'era eziandìo il suo destriero d'armi, e che al pari di lui stesso, così tutti i suoi famigli e quadrupedi, avean da essere chiercuti.

La povera bestia, sentendosi grattare da una lama che aveva già servito per molte barbe, cercava di scuotere il capo e di allungare il collo per sottrarsi a quella dolorosa tonsura. Ma era, povero cavalluccio, tanto stracco per la lunga strada e per gli acciacchi dell'età, che finì con starsene mogio mogio e con la testa penzoloni, finch'ebbe una bella chierica, tonda e lucida, proprio nel mezzo della cervice.

- Così ordino che si faccia di tutti i miei destrieri! - disse l'Innominato a' suoi valletti di stalla, mozzi, cocchieri e palafrenieri.

Questi ammutolirono, poiché nelle stalle, oltre quel vecchio ronzino, abbattitore di castella e fugatore l'eserciti, non v'era che un piccolo asino, il quale aveva l'età di Matusalemme.

Compiuto questo tratto magnanimo, l'innominato disposesi a metter piede a terra. Ma non volle che nessuno l'aiutasse, poiché intendeva d'ora innanzi servire gli uomini e le bestie con perfetta francescana umiltà. E da solo menò la sua cavalcatura nella stalla, con le sue mani dissellolla e disbrigliolla, indi cacciolla tra due battifianchi ed attaccolla solidamente alla greppia, senza tuttavia mettervi neanche una manciata di fieno, poiché, per ben meritare dell'altra vita, occorre, in questa, vivere di digiuni e di astinenze. Ma poiché il destriero nel frattempo si disfece di alcun vetusto cibo che aveva nelle magre viscere, l'Innominato di sua man raccattollo e fuori dalla stalla portollo. Indi, rivenuto a' suoi uomini e vistili che ammutoliti se ne stavano allo spettacolo di tanta carità ed abnegazione:

- Andate ad aspettarmi nella sala grande, - ordinò loro dall'alto della sua cavalcatura (su la quale si sarebbe ancor trovato, se già non ne fusse pria disceso); e dall'alto della sua cavalcatura (su la quale più non egli era) gli stava a veder partire.

Partiti che si furon sino all'ultimo, corse filato nell'ufizio a munirsi di spazzole, battipanni, lucido per le scarpe, ed altri oggetti svariati che son per solito di pertinenza de' famigli. Ed entrato in quella sala, egli si mise a ginocchi per lucidar le scarpe di ognuno, e spazzolare e rassettare gli abiti di ognuno, a taluni ricucendo un bottone, ad altri aggiustando i mostacci e ripulendo le unghie, cosicché tutti, per la novità della cosa, trasecolavano e si smarrivano allo spettacolo di tanta umiltà. Compiuta questa bisogna, egli li fece ad uno ad uno accomodare in altrettante poltrone, li servì di alquanti rinfreschi, diede a ciascuno, secondo quel che preferivano, sigari o sigarette, accendendoli col proprio bricchetto.

Da ultimo alzò la mano, come per mantener quel silenzio, poi sollevò la testa, che passava tutte quelle dalla brigata (anche per la buona ragione che gli altri erano seduti ed egli solo in piedi), e disse:

- «Ascoltate tutti, e nessuno parli, se non è interrogato. Figliuoli! Dio misericordioso mi ha chiamato a mutar vita, e così faccia di tutti voi. D'ora innanzi voi sarete i miei padroni, ed io il servo; in questa casa voi comanderete a bacchetta ed io mi farò in quattro per ubbidirvi. Sono entrato da oggi nel decimo ordine francescano, e, come già vedeste, non domando che di pulire le scarpe al mio prossimo e di mondare le stalle de' miei focosi destrieri. Voi provvederete a pagare i fornitori che da anni sospirano il saldo dei loro infami conti; voi provvederete a cancellare le ipoteche ammacchiate fin sui merli di questo decrepito castello, e ciascuno di voi provvederà inoltre a passarmi uno stipendio mensile adeguato al mio grado di santità, affinché mi sia possibile, a forza di elemosine, rientrare nelle grazie del Padreterno, che fino ieri mi guardava un po' in cagnesco. A ciascuno di voi imporrò il nome di un santo, oppure di una vergine ancella, e tutte le volte che c'incontreremo, dentro o fuori di queste mura, voi, come un sol uomo, e le donne come una sol donna, vi prosternerete a ginocchi, battendovi il petto, e gridando con quanto fiato avrete in corpo: «Ave! tu se' il Santo». A quanti incontrerete per la strada, prima di svaligiarlo, o di scaricargli addosso i vostri tromboni, gli narrerete la storia de' miei miracoli, e, se avete parenti lontani, li informerete delle mie sante opere per cartolina illustrata. Chi vuol restare a questi patti sarà per me come un figliuolo; chi non vuole, gli sarà inflitta la scomunica e verrà trattato a calci nel sedere, finché si decida a convertirsi nelle vie del Signore. Siamo intesi? Pensàtevici sopra questa notte; domattina vi chiamerò ad uno ad uno per darmi la risposta, ed allora comunicherovvi nuovi ordini. Per ora, ritiratevi, ognuno al suo posto, e che Dio vi mandi un accidente!». Ciò detto, egli avrebbe messo piede a terra se fosse ancor stato a cavallo; ma poiché non eralo, recitò un Paternostro, un Ave Maria, si mise in pigiama e si recò a dormire.

 

 

 


«»

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on touch / multitouch device
IntraText® (VA2) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2011. Content in this page is licensed under a Creative Commons License