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Lord Pepe non aveva sonno; io neppure. Madlen e Litzine erano salite nelle rispettive camere, dove probabilmente, nello scambiarsi una lunga visita prima di andare a letto, avrebbero incominciato a parlare di noi, - come noi di loro.
La sala del bigliardo e quella del bar non erano divise che da un'arcata. Lord Pepe - uomo calmo, preciso e logico, era un forte giocatore di carambola. Io, sbadato, nervoso, illogico, perdetti con disonore tre partite.
Il bigliardo è geometria; la geometria è logica.
Vedevamo il fantino-antiquario, l'illustre Joe Wallace, il popolare Jo, sorbire con lentezza un quinto, poi un sesto, poi un settimo gin-cock-tail.
Il gin-cock-tail è alcool a novanta gradi; l'alcool è poesia.
Quest'uomo, nato per la velocità e divenuto conoscitore di ruderi, dimenticava nell'ebbrezza del bicchiere le compatte cosce d'una moglie sposata per interesse. Forse vedeva un falso-Rembrandt brillare sul disco del traguardo in un Gran Premio di Longchamps; forse una fisionomia del Velasquez gli si confondeva con quella dello starter, mentre i discepoli del Tiziano entravano a mutarsi la casacca nello spogliatoio de' fantini...
L'alcool distrugge l'esattezza dei confini; per questo l'alcool è superumanazione.
Povero Jo!... non era forse meglio guidare alla vittoria un buon polledro di M.r Edmond Blanc, che studiare con la lente una ipotetica Madonna del Beato Angelico? Non era meglio riscuotere gli applausi deliranti o le minacciose bestemmie del pubblico di Longchamps, che tastare con nocche attente la Vecchia Cina ed inventare il romanzo d'un frammento attribuito a Fragonard?
Povero Jo!... non vi conosco, eppure mi siete simpatico. Mi siete simpatico, perchè in voi c'è un uomo che deve amare il suo passato, i suoi giorni di quando era povero, di quando la sua bellezza era nella velocità...
Tre uomini ed una signora giuocavano al bridge. Prima di risolversi a buttare una carta sul tappeto essi riflettevano con accigliate fisionomie, quasi avessero ponderato un comma del proprio testamento. La loro tetraggine mi faceva pensare ai conciliaboli segreti della Santa Inquisizione, alle congiure notturne del fosco Medio-Evo, ad una fatale partita fra quattro despoti, ove ognuno si giocasse il regno e la vita.
No: stavano solo giocando «un contre à sans atout» - avvenimento che, dicono, sia di capitale importanza nel secolo ventesimo.
Una cocotte prendeva il tè. Adocchiava un giovinetto biondo. Questi fissava con pudore la punta de' suoi scarpini da ballo.
Due Inglesi guardavano la loro bottiglia di Pale Ale, come si guarda la propria moglie quand'è incinta: ossia con apprensione e con affetto. Il barman discorreva con i clienti ch'erano seduti su alti sgabelli, contro il suo banco; numerava l'incasso, verificando i sigari venduti.
Un'altra cocotte si congiunse alla prima. E questa comandò al barman un'ala di pollo freddo. Era il tocco; la Francia dormiva; Lord Pepe fece l'ultima carambola.
Basta, Lord Pepe. Ho perduto e basta.
L'illustre Joe Wallace, il popolare Jo, che aveva osservato il nostro gioco, allora si levò dal tavolino del settimo gin-cock-tail e venne a presentarsi, poichè intendeva giocare una partita. Disse a Lord Pepe:
- «Vous êtes l'amant d'un très jolie femme, oh, yes! Litzine, très jolie femme! Je suis Joe Wallace.»
Lord Pepe fu molto garbato, e il popolare Jo gli propose:
- «Voulez-vous, sir, douze points avec moi? oh, yes!»,
Lord Pepe mise le biglie in acchito, e rispose al popolare Jo:
Questi comandò un gin-cock-tail, fece il primo punto, poi ne fece altri undici di séguito, depose la stecca, vuotò il bicchiere, disse a Lord Pepe:
- Good night30, sir, - e scomparve.
Tutto ciò in un baleno.
Lord Pepe, rimasto lì, con la stecca in mano, senz'aver potuto giocare un solo colpo, impiegò due lunghi minuti a riaversi dallo stupore, poi si fece rosso di collera e bestemmiò fra i denti:
- Palurdo ladron! Mañana yo te rompo la caveza! Ma in quel frattempo l'illustre Joe Wallace, il popolare Jo, era già salito al pian di sopra, forse per addormentarsi un po' ebbro nel calmo tepor coniugale d'una moglie sposata per interesse.
Io dovetti ricorrere a tutta la mia moderazione per placare lo sdegno di Lord Pepe. Voleva sapere il numero dell'appartamento di Jo, salire, violarne il domicilio, prenderlo per il collo, buttarlo giù dalle scale; voleva scrivergli una lettera insolente, fargliela recapitare per mezzo d'un «boy»; voleva mandare me come ambasciatore, per pregarlo di scendere a pianterreno, anche se fosse già in pijama, onde aggiustare i conti con lui, don Josè Fernandez vizconde de Higuera, con lui, signore probabile del feudo di Zaraùz, che un volgare stalliere, un sudicio gabellatore di vecchie croste, si era permesso di trattare a quel modo, appioppandogli una dietro l'altra dodici perfette carambole, senza offrirgli la rivincita e senza permettergli di tirare nemmeno un colpo di stecca.
Ma, eruttata in un vulcano di bestemmie, sfumata in una serqua di minacce omériche, la collera di Lord Pepe si ammansò come per incanto. Mentr'io temevo di vederlo trascendere a qualche atto inconsulto, quest'uomo ragionevole depose la stecca nella rastrelliera, si nettò una falange impolverata di gesso azzurro, e come se al mondo non esistesse nemmeno più un personaggio nominato Joe Wallace, - l'illustre e popolare Jo - ecco il sereno Lord Pepe accorgersi di avere appetito, e zufolando recarsi ad intervistare il barman per vedere qual genere di fredde vettovaglie fosservi ancora da prescegliere nella sua notturna dispensa.
E poichè una solitaria pernice allietava quel rifugio di scarni gallinácei e di volgari giamboni, Lord Pepe, tutto giulivo, mi costrinse a dividere con lui quell'ultimo spuntino dell'ágape giornaliera.
Fra le varie marche di Champagne, - generose fontane di sogno e di transumanazione, - quella che più induce alle intime, alle difficili confidenze, è senza dubbio la marca della Veuve Cliquot. Questa era l'opinione di Lord Pepe, ossia l'opinione d'un erudito in materia, che sapeva sottilmente variare i toni dell'ubbriachezza come un sapiente musicista varia le sue musiche preferite.
Questo vino che portava il leggero nome d'una vedova, ci condusse naturalmente a parlar d'amore. Verso le due di notte, non prima, - (le ore che precedono sono ancora eccessivamente borghesi) - verso le due di notte l'uomo elegante, il saggio distributore della meridiana, esce da tutti que' discorsi che intesero ad altre cure de' suoi travagli diurni e leggermente si risolve a parlar d'amore. Queste ore prima dell'alba sono per lui un viatico a Citera, un dolce avviamento al desiderio ed alla critica dell'altro sesso, l'ora spirituale che rende il suo scetticismo proclive a tutte le confidenze.
Infatti chi mai, se non un caporale di fanteria, potrebbe risolversi a parlar d'amore la mattina presto, od anche nelle prime ore del pomeriggio? L'amore, come lo spiritismo, ha bisogno di un'atmosfera semibuia. Quelli che fanno ballare i tavolini sanno benissimo che gli spiriti si prestano volontieri ad entrare sotto le gambe delle tavole, magari a scendere dai lontani Empírei per suggerire tre numeri del Lotto, purchè il silenzio ed il raccoglimento creino la necessaria medianità, quella specie di attesa tremante che induce i buoni spiriti ad entrare in comunione con gli uomini.
Così press'a poco avviene per quello spirito ben più diffidente che si chiama l'Amore.
Lord Pepe, assaporando il petto e le cosce di quella rotonda pernice, prese a narrarmi le intime storie de' suoi amori con Litzine. Litzine la bionda, la pura come una educanda, l'azzurro-venata come un alabastro, Litzine dalla gola di colomba, chiara e docile, distratta e sapiente...
Io mi ricordavo l'alba davanti ai mare della Zurriola, nella stanza della peccatrice di Mágdala, ove saliva l'ultima canzone grigia del lentissimo fiume Urumea....
E le rondini - pensavo - della bianca terra di Guipuzcoa si levano tutte a stormo, e trillano, questa mattina, per andare. Con l'ala tesa e ferma traverseranno il cielo infinito. Nelle bufere di luce, nelle burrasche di stelle, andranno per le vie dell'altomare. E canterà lo spazio, e i turbini dei maestrali canteranno, lassù, nell'alta nuvola, dove la strada è bella. Rondini, e l'amore vi porterà verso la stella ultima; vi ucciderà, nel vento, la distanza implacábile; forse vedrete splendere il sole della terra più lontana.
Ed io vi amo, rondini, perchè la vostra fedeltà è nell'esilio, e due volte nell'anno voi stringe il male della strada, e la distanza brilla in voi, come nel cuore mio di navigante brilla, o rondini, la poesia...