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Ma Egli andava coi poveri, co' gli umili, coi veri derelitti, e vestiva il lino tessuto su' telai delle più misere filatrici, e beveva l'acqua di carità nelle ciotole degli arsi cammellieri, e dormiva ne' roseti, ne' palmeti, su l'erba ove nascosta germina la fragrante viola di Galil, sicchè la sua bianca tunica sempre mandava odore di rugiada mattutina e di erba selvatica.
E quest'Uomo ch'era il più povero fra tutti i poveri di Palestina, passava davanti ai cancelli dei patrizi, e non volgeva lo sguardo; passava davanti ai palazzi dei plutócrati superbi e dissoluti, passava davanti ai teatri senza statue, dai frontoni dipinti, ove i mimi imbellettati come cortigiane satireggiavano con scaltre adulazioni la Romanità goffa e prepotente; passava davanti alle bacheche dei cambisti, ove rilucevano le monete auree di tutto il Mediterraneo, passava davanti alle mostre dei venditori di toghe e di clámidi, con l'insegna dipinta di fresco in lettere latine per allettare il centurione dispendioso ed ignorante, passava per i vicoli ambigui ove le belle prostitute di Siria cantavano con voce flautata per allettare il danaroso viandante, passava davanti ai collegi della dura sapienza giudaica, davanti alle gioiellerie piene di gemme, ai fabbricatori di vassoi d'argento, agli empori di tappeti mesopotamici, alle fabbriche di ánfore, ai fini cesellatori di spade, ai librai che ostentavano edizioni alluminate di pergamene elleniche, passava nell'empio cuore della città satanica, alto, muto, e mai non volgeva lo sguardo.
In estate i bagni si gremivano; le bellissime donne di Giuda corrompevano con un'occhiata la giustizia dei governatori latini, carichi d'anelli e di collane trafugate nei saccheggi. Ogni tanto veniva la notizia d'una lontana vittoria di Cesare; i banchieri ed i commercianti s'impensierivano, pensando all'imminenza di nuovi balzelli. Nelle affollate gelaterie, su tavolini di giunco flessibile, si consumavano chiacchierando sciroppi e sorbetti simili a neve profumata, che gli schiavi apprestavano entro scorze di lucenti melagrane; sottovoce si deridevan le pessime abbigliature, i movimenti scomposti, ma sopra tutto le grosse mani ed i piedi plebei che avevan le mogli de' funzionari cesárei; si parlava di Roma come d'una immensa città coloniale, piena di borghesi arricchiti e di despoti altrettanto provvisori quanto balordi; chi poi diceva di venir da Roma e parlava della sua magnificenza barbarica, era da tutti ascoltato, interrogato, con una specie di curiosità sospettosa ed incredula.
Ogni tanto, per le strade ben pavimentate, passava a cavallo un giovine patrizio di Giuda, ufficiale nella guardia romana, pallido ed effeminato sotto l'alto elmo, che mal nascondeva in quelle fisionomie di decadenti l'intima vergogna della irredimibile servitù. Quel parlar grave della gente di Palestina metteva nell'aria un non so che di musicale, una specie di ronzìo calmo e vasto, che pareva la nenia voluttuosa di un popolo semidormente, la voce senza convinzione di anime passate al di là.
Una bella stoffa, un prodigioso anello, una pettinatura insolita e complicata, un motto di spirito, la notizia d'un fidanzamento, la straordinaria ladreria di qualche beduino crudele, gli spettacoli dei nuovi anfiteatri che si stavano aprendo, la questione dei precettori stranieri che pervertivano gli adolescenti e quella dei linguacciuti liberti che spadroneggiavano in tutte le case, il pericolo delle spie, quasi tutte greche o levantine, cui non sfuggiva il minimo pretesto per fare una denunzia o per tentare un ricatto, le prolusioni sapientissime che i Dottori tenevan ne' cortili del Tempio, dinanzi ad immensi uditorii fra i quali nessuno si dava la pena di capire un'acca, l'imbarazzo del Procuratore, il quale non mancava di perdere il filo e di arruffare scempiaggini tutte le volte che aveva da parlare in pubblico, ma sopra tutto il colorito sanguigno e le poppe indecenti che aveva la moglie di costui, plebea ricca di bitorzoli e scarsa di virtù, la quale faceva commettere un numero infinito di sciocchezze al rappresentante di Cesare, le canzoni esotiche venute in Palestina coi navigatori o con gli schiavi d'altre terre, le satire nelle quali si tradiva il terribile spirito ironico della razza giudaica: - tutto ciò formava l'argomento de' discorsi consueti e pareva occupasse l'anima superficialmente lieve di questa incatenata metropoli, più che l'epopea mondiale degli eserciti romani o la distruzione lenta che Giuda subiva sotto il regno del vile Tetrarca.
Ma Egli andava coi poveri, co' gli umili, con i buoni derelitti, e dappertutto era dove la fedeltà inestirpabile dalla razza batteva nelle vene del popolo, e dappertutto era dove il sogno dei mistici antichi rinasceva nella disperata nostalgia della gente semitica, e dappertutto era dove i piegati, i flagellati, i curvi sotto le ingiustizie del mondo, i preclusi al paradiso terrestre sognavano l'appressarsi del regno di Dio; e dappertutto era dove la scintilla d'un sogno folle poteva incendiare, come un granaio ricolmo di biade aride, la infinita miseria del terribile mondo.
E la sera, davanti ai casolari, Egli passava, con il suo viso di uomo che abbia tutto pensato, e carezzava la tonda fronte ispida, il ricciuto vello ebraico dei fanciullini ch'egli amava; e stando vicino ai pozzi, quando l'ora imbruniva, quando il cigolar delle secchie portava in su l'acqua buia come se fosse piena di stelle, parlava dolcemente con le vecchie femmine ancor onuste di tarda maternità, con le spose dalle guance vellutate, con le adolescenti non ancor possedute, parlava coi duri artieri, con la plebaglia senza moneta, con i gaglioffi e con gli agguantatori che le guardie tenevano d'occhio, e parlava per tutti ugualmente, nella maniera più dolce che mai s'era udita, lasciando un lembo di sè stesso in chiunque parlava con lui.
Sicchè un giorno cominciarono con dire: - Questi è l'uomo che or venne da poco annunziando il Battista; il re di tutti i miserabili, che avrà per corona il serto di spini, per scettro il chiodo infitto nella mano.»
Ed un altro giorno dissero: - «Egli guarisce, Egli monda, Egli rigenera.»
Ed infatti, una volta, quando venne l'uomo ossessionato, - e tutta la piazza era davanti - egli disse: - «Ma tu perchè farnetichi e ti fai male con le tue stesse mani? Vieni a me, lascia che io ti tocchi, e sarai libero da ogni dannazione.»
Così fece l'ossesso - e tutta la piazza vide il miracolo - e rimase prosternata fin quando Egli sparì.
Un'altra volta venne a lui il paralitico, e la sua mano lo disciolse; venne il mútolo, e questi parlò. Tutti quelli che pativano furon da lui medicati. E già si parlava in ogni piazza del bianco taumaturgo, e tutti venivano, e tutti, senza erba nè farmaco, venivano mandati alle lor case, liberi dal morbo che li flagellava.
Poichè sopra tutto Egli diceva: - «Perdonate al vostro male, a chi vi dona il male, a chi vuole che vi sia dato il male; poichè nel dolore umile, nel dolore senza bestemmia è la via che conduce al bene ultimo. Anzi voi dovete conoscere, uomini, che la felicità unica viene dal dolore.»
E v'era tutto un popolo, e v'era tutto un mondo ancor nuovo a questo verbo di martirio e di purificazione, che usciva dai foschi tuguri, pronto anch'esso alla croce del Calvario, pur di credere nelle parole del bianco taumaturgo:
«La felicità unica viene dal dolore.»