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E la sua bocca nuova come la primavera mi fece pensare alle notti del pallido Uomo di Galil, quand'Egli dormiva sotto le stelle, vicino alla cortigiana di Mágdala, quella che non sapeva liberarsi dall'odore delle sue fine ciprie, dal peso de' suoi fulgenti braccialetti, bella come la rosa che nasce nei fragranti giardini del Libano, l'intrisa di tutti i peccati, l'amica dei centurioni prepotenti, la danzatrice ignuda nei conviti ove spremuto rideva il grappolo delle vigne di Galaad...
E fu il mio sogno così veracemente manifesto, che d'un tratto vidi, o mi parve, un largo drappo d'oro sciorinarsi nel mezzo della Basilica, e vidi la danzatrice di Mágdala, senza veli, più bella d'ogni altra che mai portò nome di donna, sciolta fin sopra le anche i suoi capelli biondi e bui, con braccialetti d'oro che si attorcevano a' suoi polsi come fini serpenti, e filigrane di gemme sui vertici dei seni gonfi di voluttuosa pubertà, uno specchio d'argento che brillava sul tappeto scintillante, e per musica unica la bellezza della sua nudità, danzare le sacre danze oscene dei pallidi semiti, quelle che in Giudea svigorivano le dure milizie italiche, e per lei da ogni parte ammucchiavano sul tappeto scintillante le più costose gemme della folle Tiberiade, ove nessuna finestra mai si chiudeva prima dell'alba e nessuna donna era mai posseduta da un uomo solo, anzi a quelli più sfrenatamente si dava, che nello stesso furor dell'orgia la natura vieta...
E questo, ch'io vedevo, era uno splendido abbaglio de' miei occhi, già pieni di quella erroneità ch'è fuori dalle cose presenti, ma che il forte calor dello spirito ágita e crea come un sogno non più dimenticabile. Mai quella chiesa infiammata uscirà dalla mia memoria ed il largo drappo d'oro sul quale mi apparve, nelle sembianze della donna ch'era mia, la danzatrice di Mágdala.
I ceri ardevano, l'organo scintillante alzava il suo canto liturgico sul fervore delle turbe inginocchiate; l'altare, circonfuso di fumo, tramandava dagli ori de' suoi tabernacoli quel senso dell'eterno e dell'immanente che il sogno di tutte le stirpi custodì nelle arche millenarie.
Dietro quell'altare, come se ogni cosa di Dio fosse trasparente, mi pareva di vedere il bianco Taumaturgo allontanarsi per la terra di Galilea, fin là dove ancora splendevano le rosse finestre di Tiberiade; là era steso, tra incensieri che fumavano, il largo drappo d'oro della danzatrice di Mágdala, cosparso di gemme che cadevano intorno al suo specchio d'argento...
Era il peccato del mondo che si trascinava sin davanti gli altari, la gioia della umana carne che non voleva dar pace nemmeno al cuore d'un Dio.