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Poi v'erano i mostri dal muso di lepre, camuso, ottuso, con grosse labbra sporgenti e fesse, che ciondolavano, pesanti, violastre, come le pappagorge dei tacchini; v'erano i mostri dalla faccia di mops, rincagnati, con tumidi occhi membranosi, piccole orecchie diritte, una cotenna irsuta, ispida, senza fronte; i mostri dalle facce di ermafrodito, con barbe nere intorno ai lineamenti femminili, piccoli cerchi d'oro agli orecchi e la camicia da uomo gonfia d'un seno flaccido; i mostri gozzuti e glabri come rospi, e quelli che andavano ripetendo con espressioni percosse dall'imbecillità il grido di qualche animale; ma contraffatto anch'esso, pregno di un opaco dolore, gonfio d'una specie di fuggente umanità oppressa dal contagio ferino, atroce ad ascoltarsi, come la voce dell'uomo che stia per diventare bestia.
Le malattie più rare, più sinistre, gli ultimi avanzi dei morbi spenti, le infermità che hanno quasi apparenza di leggende, gli orrori che una volta su mille s'incontran nelle vetrine de' musei anatomici, si erano adunate spaventosamente in una specie di fiera macabra, non concepibile da nessuna immaginazione. Uomini con denti inestirpabili, simili a zanne, che si eran confitte nell'osso del mento; facce prive di ogni sembianza, cineree, cicatrizzate, dove i lineamenti non parevan essere che un incompiuto rilievo sottocutaneo; gobbezze del tutto dissimili da quelle comuni, venute, per esempio, sotto un braccio, o di sopra una spalla, in guisa da superare l'altezza del capo; facce voltate quasi all'indietro; senili rachitismi di adolescenti; esseri che parevan composti di due mezze persone del tutto dissimili una dall'altra; catalessìe che duravan da anni ed avevan suggellato il corpo giacente in una specie d'immobilità calcarea, di sonno pietroso, tantochè la faccia del dormente pareva divenuta selce, anzi luccicava e si sfogliava come la superficie di un elemento fóssile; barbe formate, anzichè di peli, di lunghe e fini escrescenze carnose, verdastre come licheni, grumose come la muffa, orribilmente vive come le ventose dei pólipi.
E la voce del predicatore non cessava dal recitare la sua vecchia predica, toccandosi ogni tanto il velluto dei paramenti, come per sorvegliare se vi entrasse la rugiada della sera. E sebbene riuscisse quanto mai difficile intendere le sue parole, forse narrava dei prodigi ch'erano mille volte accaduti, lì, dinanzi alla Grotta Miracolosa, per intercessione dell'enorme idolo di legno dipinto, con forza di speranza e per virtù di preghiere.
Poi, di scatto, inattesamente, alzava le braccia ed urlava:
- Sainte Vierge de Lourdes effacez nos blessures!... - Sainte Vierge de Lourdes ressuscitez nos mourants!... - Jésus, fils de Marie, faites pour nous le miracle!... le miracle!... le miracle...»
Lo spirito di Dio passava su le turbe inginocchiate. Un senso d'attesa invadeva l'anima dei cristiani, come la possibilità meravigliosa di un fatto assurdo; bruciava nelle piaghe dei trafitti, nella demenza degli occlusi, volava, cantava, si moltiplicava in tutto lo spazio della vallata notturna, come il sublime Verbo di una forza che ormai diveniva necessaria ed inevitabile.
Cominciò l'ora del delirio. Quei pazzi in Cristo, laceri di tutta la miserabilità umana, sentivano la potenza della follìa collettiva pervadere la lor carne martoriata. Quel che non poteva lo specillo del chirurgo, la genialità del laboratorio chimico, potrebbe ora l'allucinazione di migliaia e migliaia d'anime purificate con il lievito dell'Eucaristìa.
Nulla impediva ormai che l'impossibile avvenisse.
Cominciò il delirio. I malati si agitavano; il cerchio terribile si stringeva intorno all'idolo di legno dipinto; si vedevan dalle barelle alzarsi facce sparute, come se uscissero dal sepolcro; mani contorte lacerare le bende, spaventosi mutilati erigersi, maschere della contraffazione, spettrali agonìe ritrovare la forza di drizzarsi ancora sui ginocchi.
Il predicatore se ne andò; sul pergamo apparve la figura di un monaco, tetra e smorta, con occhi freddi come l'argento, in una devastata faccia terribilmente incisa di drammaticità, che mi fece pensare agli occhi fermi, alla bocca perversa, alle piccole mani crudeli del diácono Ralph...
E quel frate guardò, la folla dei deliranti, come s'egli solo avesse la forza di poterli tutti risanare. Li guardò con una specie di sinistra potenza, mentre i tentácoli di quell'unica idra dei flagelli umani parevano avventarsi a lui, quasi per strappargli di dosso la sua pallida gioventù e costringerlo a potere per tutti quel che potè nella terra di Giuda il crocifisso Taumaturgo.
Ma egli rise; e bene si vide la sua dentatura bianca scintillare sotto il fuoco delle torce. Rise anch'egli, forse, per la gioia di sentirsi immune davanti a quel mare di contaminazione, o rise per una specie di demente ilarità, che gli dava la sua medianica forza d'intercessore del miracolo; rise alzando il Crocifisso, perchè tutto il popolo de' Cristiani vedesse l'immagine dell'Inchiodato sul Gólgota.
Tra il fumo delle torce, un non so che di soprannaturale, una specie di atmosfera magnetica si andava condensando su quella orrenda fiera di carne lacerata, su quella convulsa demenza di anime allucinate, che potevan per sè stesse generare il miracolo.
Mai vidi un'attesa più grande, più certa, più irremediabile, davanti al compiersi di avvenimenti umani. Le più rosse memorie de' crudeli fanatismi arabi, de' religiosi deliri musulmani, qui trascoloravano davanti al potere comunicativo della follia cristiana, davanti alla violenza d'amore di quelle infinite anime che si alzavano a Dio, perchè un segno del cielo apparisse. Nulla ormai poteva impedire l'avverarsi di un fatto superiore alla possibilità, ed io stesso me ne accorgevo nel mio cuore di miscredente. Là doveva per forza compiersi quello che altrove mai avverrebbe; là Dio era inevitabile, Dio stava per giungere, Dio mi toccherebbe con la sua mano invisibile.
Il senso dell'estorsione, il contagio d'una formidabile volontà, il potere di una immensa forza, che non era di alcuno ma di tutti, uno spaventoso e fatale delirio si alzava come un bruciante soffio di materia dalla diuturna macerazione di quelle anime cristiane, formava con la immateriale sua visibilità l'atmosfera della presenza di Dio, chiudeva nella folla infinita il potere stesso che appartenne ai divini taumaturghi.
Ed io mi sentivo impallidire come il monaco dai freddi occhi d'argento, e come lui sentivo il bisogno di adergermi davanti a quel cerchio di disperazione, per estorcere dalle potenze oscure il miracolo folgorante, per gridare anch'io, con la sua stessa voce cupa ed inesorabile:
- Les aveugles verront; les paralytiques jetteront leurs béquilles; le cadavre surgira...
Da un capo all'altro, fin dove l'ombra li cancellava, le migliaia di cristiani s'inginocchiavano, cadevano bocconi su la terra, pregavano come non ho mai udito pregare altrove, nè da una creatura nè da mille.
- Notre-Dame de Lourdes, sauvez nos fils malades...
Tutta la valle cantava. Per il bianco rumor del fiume verrebbe il segno di Dio; su la folla inginocchiata si alzerebbe, da una lettiga, da una gruccia, da un fascio di bende rosse, il tocco dalla mano di Dio.