Guido da Verona
Sciogli la treccia, Maria Maddalena
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D'improvviso, dal suo congegno d'ortopedica ferraglia, un paralitico sorse. Dapprima stette in bílico sui ginocchi, aprendo le braccia: indi si levò.

Si levò barcollante, nuovo a quell'equilibrio verticale come un fanciullo che discioglie i primi passi; e rideva di un riso ebete, puntellandosi nel vuoto contro la minaccia di ricadere.

Camminò. Fece alcuni passi obliqui, vacillanti come quelli d'un ubbriaco, e si volgeva per riguardare la ferraglia del suo supplizio, l'apparecchio di metallo e di cuoio che aveva contenuta la sua lunga immobilità. Poi si mise a guardare le sue gambe, a tastare le sue ginocchia, le anche, tutto il basso del suo corpo che si raddrizzava, che miracolosamente riacquistava l'elasticità nelle giunture anchilosate, negli ossi fuorviati, nelle caviglie rigonfie, nei piedi morti. E quando fu ben sicuro che il fuoco della vita rifluisse nella sua carne spenta, quand'egli, come un sonnambulo, pur si accorse di camminare, di camminare... una frenetica risata gli eruppe dalla gola singhiozzante, le sue braccia batterono l'aria come le ali d'un uccellaccio colpito a morte, urlò così forte che i più distanti l'udirono, e cadde all'indietro, senza flettersi, con le braccia aperte come un Crocifisso nella catalessi del miracolo, e rimase irrigidito.

 

 


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