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I tuoi occhi mi fecero pensare al profumo che mandano le violette.
E nel guardarti pensavo: - Questo è forse l'amore.
La distanza è l'amore. Ciò che per noi fu tale in un'ora di bellezza e finì. La donna che passa è l'amore; la donna senza storia, senza nome, senza il peso inevitabile de' suoi mediocri peccati. Quelle che andarono via, scomparvero, travolte nella musica d'un treno. Quelle che a noi diede il mare, di notte, nel grande spazio, laggiù, sotto le stelle, quando canta il maestrale.
Con noi passarono, risero, nel turbine d'una città sconosciuta. Forse un teatro le portò, un albergo, una strada buia.
Erano molte; fra molte rimase una.
Aveva negli occhi e nell'anima il colore della terra d'esilio; portava in sè la primavera, e come la primavera passò.
Parlava con un po' di fatica, sottovoce, della sua casa lontana, di gente che voi non conoscete, di luoghi belli e distanti che forse non vedrete mai; parlava con una voce piana, senza ombra di timore, come una buona sorella...
E fu la vostra amante in una camera d'albergo, dopo una sera troppo calma od un bicchiere troppo colmo...
Chi era?
Forse nessuno; la donna più bella che vedeste, il colore della terra d'esilio, l'unica forse che v'innamorò...
Sul vostro guanciale disciolse, per qualche notte, la sua treccia profumata; vi disse molte cose di sè, molte cose poco importanti, che saranno fors'anche vere...
La mattina, prima del sole, come venne uscirà da voi, leggera, in punta di piedi, trascinando sul lungo tappeto la sua bella vestaglia di seta. E troverete forse di lei, nella coltre, una forcella dimenticata...