Guido da Verona
Sciogli la treccia, Maria Maddalena
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Il toro della quarta corsa era un animale basso e tarchiato, con le corna spaziose, che mal difendevano la sua vasta cervice. Il pubblico, a suon di fischi, cercò di protestare il toro, come inetto al combattimento. Ma Gallo, cui spettava l'onore della quarta corsa, interruppe le proteste, sollevando invece grandi applausi con tre o quattro «veronicas» davvero sorprendenti.

Di cavalli ne lasciò quel toro due morti e due pressochè dissanguati, calpestando anche un «banderillero», che mal pose le banderille e scivolò sotto le zampe dell'animale infuriato.

Quando suonò lo squillo di morte. Gallo s'avanzò verso Bombita e gli dedicò il toro.

L'uno di fronte all'altro, magnanimi entrambi, entrambi a capo nudo, con altera cavalleria que' due maestri di spada si strinsero la mano.

Erano, l'uno il più compiuto, l'altro il più avveduto, fra gli «espadas» di primo cartello; rivali nell'arte, avversari fra loro come capi di opposte fazioni, ma cortesi l'uno all'altro secondo le regole degli antichi tornei.

L'un d'essi, Riccardo Torres, abbandonava la lizza dopo avere per quattordici anni gloriosamente combattuto in tutte le «Plazas» di Spagna e d'oltremare, dato morte a migliaia di tori, sofferte innumerevoli ferite. L'altro era quel Gallo che sapeva congiungere ad una temerità qualchevolta pazzesca certi attimi d'incontestabile paura; quel Gallo che aveva addestrato il suo fratello diciassettenne, Gallo Chico, il prodigioso Joselito, che doveva nel mese appresso «prendere l'alternativa», ossia consacrarsi «espada», nella Plaza de Madrid.

Davanti alla scuola di Gallo, davanti alla fama insuperabile del glorioso adolescente, doveva Bombita, l'eroe di ieri, cedere il campo: eran così due capitani di parte, due condottieri di fazione, due superbi e giurati avversari che lealmente si davano la mano.

E la folla, questa eterna spettatrice, che ama i pugnali e le gualdrappe, la messa ed il libretto d'opera, questa vera femmina, innocente e crudelissima, per la quale ci si camuffa da istrioni e si diventa eroi, guardava con un grande silenzio, commossa fin nell'intimo dalle teatrali cerimonie di questa inorpellata cavalleria.

Gallo combattè con il toro pezzato in maniera degna del suo glorioso avversario; lo mise a morte con due spade, poi venne a rendere la sua vittoria nelle mani dell'impassibile Bombita.

Davanti a queste grandezze un po' coreografiche, la folla proruppe in tumultuose ovazioni.

Madlen Green, fino allora silenziosa, non seppe tuttavia5 sottrarsi al fascino di quella teatralità, mentre invece Lord Pepe, infervorato nel discutere con quelle certe sue conoscenze, mandava gesticolando un gran mucchio d'improperi, non saprei dire se all'indirizzo di Gallo o di Bombita, come non giunsi a bene intendere qual fosse l'origine del suo declamatorio furore.

, nel gruppo dov'egli stava, eran due giovani donne spagnole, vestite ugualmente, ugualmente oppresse da un orribile cappellone di paglia, con il polso carico di braccialetti rumorosi e che portavan agli orecchi, ciascuna, due larghi e pesanti cerchi d'oro.

Accalorate, piene di brio, con movimenti repentini ed angolosi, tra bufere di parole pronunziate con incredibile celerità, chiudevano, aprivano i ventagli di trina, talvolta li battevano sul braccio dell'interlocutore; le lor mani dorate dal sole avevan l'unghie un po' scure, la nervatura sottile e mobilissima.

Noi, sottovoce, parlavamo di loro; di queste bellissime donne spagnole, un po' insolenti, un po' indolenti, con certe mosse da ballerine gitane, avvezze a fasciarsi nelle grandi mantiglie, a inginocchiarsi nelle buie chiese, a parlare con una voce vibrante, a incipriarsi con una cipria molto fina. Son donne solite a lasciarsi amare da uomini di cui hanno paura; nelle case vestono dimesse, in istrada cercano di apparire; davanti alle Madonne si fanno il segno della croce; ricamano adagio, parlano in fretta, e sanno pochissime cose. Hanno capelli molto lucenti, labbra vive, calde, un po' carnose; nei lor occhi pieni di gelosia ride il sole. Amano i profumi forti, i colori vivaci, gli uomini prepotenti, le canzoni d'amore; dicono malignità ridendo sottovoce; oziano e ciarlano da mattino a sera; molto volentieri stanno alla finestra, e diventano súbito irrequiete quando passa per istrada un mandolino.

Forse non potranno mai comprendere l'anima d'una donna del Nord...

Io le dicevo tali cose a bassa voce, in modo ch'ella sola potesse intendere. Questa maniera di parlarle faceva nascere tra noi una specie di complicità innocente, un primo, sottile, inesprimibile desiderio d'amore.

Su le sue lunghe ginocchia, raccolte presso le mie, si distendeva, come una sottile striscia di broccato, un raggio di sole.

 

 





5 Nell'originale "tuttuvia". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]



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