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Sì, Madlen, ho capito. L'amore... uno scherzo elegante! Un abito nero ed una veste molto scollata. Una cravatta bianca ed un filo di perle. Quattro scarpine da ballo, minuscole, fine come guanti, che sottilmente calzano il piede. Il mio sparato che brilla d'immacolato ámido, e le vostre leggere piume di colibrì. Due sartorie, due figurini di moda; Old Bond Street e Rue de la Paix: - questo è l'amore.
Va bene. Tutto ciò richiede un'occasione, vuole un complice; bisogna trovare il mezzo, il luogo, la congiuntura, per abbandonarsi a questa folle poesia. Oh, l'amore del ventesimo secolo, come diventa una cosa complicata, e, se vogliamo, anche un po' sconclusionata! Non vi pare, Madlen? No? A voi non pare?... Meglio così.
È l'alba. Le trasparenti nuvole cominciano ad orlarsi di chiarore; fra poco il giorno si alzerà nel tremante infinito. Solamente i provinciali credono che la notte sia fatta per dormire. Di notte si gioca, si balla, si cena, si ama, - nei casi disperati, si medita. Non vi pare, Madlen?
C'è fra noi tutta l'altezza d'un piano, finestra su finestra, verso la Zurriola. Un po' di vento agita le irrequiete stelle. Questo immenso casolare d'uomini, l'uno per l'altro forestieri, adesso dorme. L'Urumea bianco di spume passa, canta, si disperde nel mare. Che fate voi ora? Vedo splendere sotto il mio balcone due finestre illuminate. Certo voi state ora nel lucente spogliatoio, che divide la camera vostra da quella ove tra poco si addormenterà il consorte vostro e signore. Ma io, sovra un tavolino malfermo, a piè del mio letto solitario, coi vetri aperti al buon odore dei cantàbrici venti, per voi, bella Inglese che vi spogliate, queste malinconiche riflessioni scrivo.
Sì, ho capito, Madlen; l'occasione è quella che a noi manca. Ma nella vita è sempre un'occasione, piccola e fortuita, quella che divide gli uomini dall'avverarsi di tutto quanto è sogno. Centinaia di volte sono passato accanto alla fortuna, ed essa mi toccò, mi avvolse con la sua treccia odorosa e lieve, come quella che voi ora pettinate con un bel pettine di tartaruga... L'occasione mi trattenne il braccio, nè volle che io la ghermissi. È la nemica degli uomini, questa megera che si chiama Occasione!
Sono passato rasente i pericoli, rasente le tragedie; amai provarne il brivido, eppure non vi caddi. Sono passato nell'amore senza un grande amore, nella felicità senza una vera gioia, nella sventura senza troppe lacrime; ho avuta la sensazione di tutto ciò, confusa ed inscindibile, ma veramente non provai che stupore. Sono passato su l'orlo del bene, su l'orlo del male; ho amata la giustizia con un cuore ingiusto, la semplicità con artifizio, e con animo pigro la vittoria, e con intelletto gelido la voluttà; ma d'importante in fondo v'è una sola cosa: la gioia di ricordarmi che «sono passato».
Madlen, su gli alti scanni del Bar, mentre sorbivamo que' buoni cock-tails, generosi e raggelati, che somiglian un poco ai desiderî delle persone eleganti, noi eravamo così presso l'uno all'altra, che le nostre ginocchia leggermente si toccavano. Era già tardi, quasi le tre di notte; a pianterreno vegliavano ancora i più inveterati nottambuli dell'albergo; nella sala da ballo un pianoforte assonnato, un cattivo cembalo in sordina, faceva ballare non so chi. Dietro il banco, sotto il quadruplice ordine delle sue variopinte bottiglie, il barman andava preparando con celerità, nei bicchieri senza piede, i suoi complicati miscugli; li dosava, li affatturava, con una pazienza, con un ingegno da perfetto avvelenatore.
L'Addetto Americano dormiva beatamente in una larga poltrona di cuoio. Teneva le sue gambe lunghissime appoggiate ad una sedia lontana. Ma in quella posizione acrobatica un de' suoi piedi, come quello di Cenerentola, aveva nel sonno smarrita la sua leggera pianella. Essa gli era scivolata fuor dal piede; nel fulgore del pavimento brillava solitaria. La paglia che voi usavate per sorbire l'aspro cock-tail vi lasciò cadere una fredda goccia su la scollatura incipriata. Doveva essere così fredda, su quel seno maravigliosamente caldo, ch'io pure ne rabbrividii.
Tornavamo allora dal Casino; voi avevate perduto, io no. Tenevate il gomito su la sbarra d'ottone che circondava in alto la ságoma del banco; fra noi era una ciótola ripiena di mandorle toste, che brillavano di sale cristallizzato. Al cerchio più basso del mio sgabello si appendevano i vostri piedi sottili, che parevano due gioielli finissimi in un astuccio di raso d'oro. Ed anche di splendente oro, ma con sovra un tulle di color viola-piombo, era la stoffa del vostro abito glorioso, il quale, invece di vestirvi, dovrei dire che vi spogliava. Ed eravate così avviluppata nei drappi di quel velo pieno di fiamme, così bella eravate, con le braccia quasi nude, l'ascelle trasparenti, le trecce, le dita, i polsi, carichi di gioielli scintillanti, che la vostra infernale paganità mi faceva pensare alle nicchie ove si custodiscono i tesori delle Madonne bizantine.
Avete fatto male a non sparire con me nell'ascensore, mentre Lord Pepe si era lasciato invogliare alla danza dagli assonnati ballabili di quel pianoforte in sordina.
Sì, avete fatto male, Madlen; perchè mai come in quel momento avrei saputo prendervi con violenza e con immaginazione; così, d'un tratto, senza svestirvi, sciupando il vostro bell'abito di tulle color viola-piombo e di raso d'oro; così, ritrovando su la vostra bocca umida il forte sapore del cock-tail, premendo su voi, tra i seni malnascosti, la fredda perla della mia camicia, impolverando con la vostra cipria tenace il mio rigoroso abito nero.
È quello appunto che io vi dicevo, Madlen. E voi mi rispondeste con una voce molto serena: - Oh... questo vi è poi talmente necessario, my poor dear friend?...
In quel beato sonno l'anima semplice dell'Addetto Americano spaziava nei paradisi artificiali dell'Old Scotch Whisky, paradisi certo superiori a quelli del divino Baudelaire. Lo si udiva russare con dolcezza, mentre appoggiava sul cuoio della spalliera la guancia perfettamente sbarbata. Quelle sue gambe interminabili stendevan un ponte rettilineo fra la poltrona e la sedia lontana. Lo scarpino lucido e piatto pareva che avesse camminato da sè; ora brillava, sempre più solitario, nel mezzo del pavimento. Il pianoforte, nella sala da ballo, ricominciava per la decima volta l'eterna canzone di Mayol:
Tout le long, le long du Missouri
sous les grands mimosas fleuris,
quand au ciel monte la lune...