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Il luogo dove andammo per assistere al combattimento dei galli era in tutto simile ad una malvagia baracca da fiera. Tra la gente che assiepava il piccolo recinto si vedevano facce veramente patibolari. Durammo grande fatica a scoprire un angolo dove il contatto plebeo fosse meno stringente. Credetti opportuno mettere in una mia tasca la pesante borsetta d'oro che Madlen portava. Non scorderò così presto il ceffo d'un venditore di dolciumi, tutto butterato dal vaiuolo e rôso da un principio di lupus, il quale alzava davanti a noi un suo largo piatto di zinco, dov'erano pezzi di torrone, frutti canditi e semi di zucca salati. Gli gettai qualche moneta perchè se n'andasse.
Qua e là, per l'emiciclo, soffocati tra la folla, gli scommettitori agitavano i cappelli gridando parole inafferrabili. Una pedana circolare, chiusa intorno da una rete di fil di ferro, stava nel mezzo del Circo, ed un vecchio la scopava, rasciugando chiazze di sangue, raccogliendo ciuffi di penne. Un banditore, presso l'entrata della gabbia, urlava come un indemoniato. Alcune ragazze del popolo, insieme con giovinastri dal viso bello e temibile, pareva lo dileggiassero. Ciascuna portava nei capelli un nastro di colore. Le aride lor braccia scure, nude fino al gomito, avevano ai polsi braccialetti d'argento. Sotto la stoffa tenue delle camicette variopinte si vedevano i lor seni erti oscillare come robusti grappoli.
Qua e là una mantiglia nera. Gli «aficionados», in calzoni di tela bianca e giacca d'alpagà, contavano e scommettevano danaro, tra il fumo delle aspre sigarette. Si giuocava su la vittoria dell'uno o dell'altro competitore, sul numero degli attacchi portati o respinti, su le offese di becco, sui colpi di sprone, su le ferite mortali e su la durata cronometrica delle agonìe.
V'era una bilancia, su la quale pesarono dapprima uno stupendo gallo, irsuto e ricciuto, che si dibatteva urlando, nell'impazienza di combattere. Il suo pennaggio era nero e luccicante, con riflessi verdi; aveva una piccola cresta, ritta, scarlatta; una sottilissima lingua scura tra il becco ricurvo e crudelissimo. Lo sprone d'acciaio luccicava come un terribile pugnaletto.
Indi pesarono il suo competitore. Più snello, più alto, irto e scarmigliato, con occhi rossastri nel pennaggio fulvo, qua e là spiumato, con il ventaglio della coda mozza per metà, si scuoteva sbattendo il bargiglio, gonfiando le ali, arrotando il becco sul piatto della bilancia, mentre, nel suo pelo tutto a brandelli, ancor rosseggiavano le cicatrici di numerosi combattimenti.
Quest'ultimo era, per quanto potei comprendere, il favorito del pubblico; da ogni parte udivo gridare:
E questo grido si ripeteva continuamente, intorno alla gabbia, sui gradini e fra le scranne della baracca, mentre gli scommettitori agitavano i cappelli ripieni di monete. Blas era il nome di questo glorioso gallo; Inglés il nome del suo competitore, - come poi seppi da un vicino compiacente.
Infine il banditore diede un lungo ed acutissimo fischio, dopo di che i due furiosi avversari furono scagliati nella gabbia, ove piombarono quasi di volo. Per un istante, abbassate le ali, spazzarono il pavimento; poi s'azzuffarono. Si presero per il becco, ed incominciarono a roteare come intorno ad un perno. D'improvviso Blas dette all'altro una beccata che gli spennò il cranio; Inglés rispose con una speronata che fece volare in aria qualche penna. Un filo di sangue fresco rigò l'assito; gli scommettitori ed i puntatori si misero a fare un baccano indiavolato, a urtarsi, a dimenarsi, cosicchè pareva di assistere al principio d'una rissa della malavita.
Blas era ferito leggermente; lasciava pendere un'ala e si piegava su le zampe, tuffando nel filo di sangue il ventaglio della sua coda mozza. Allora tosto Inglés gli balzò addosso, e cominciò a beccare, a speronare, ad infierire su l'avversario con tanto accanimento, che già credevo di veder Blas soccombere. Ma egli si proteggeva aprendo le ali, torcendo il collo, sicchè, d'un tratto, vidi una zampa d'Inglés presa nel becco del suo fulvo avversario, che dovette abbandonarlo e retrocedere per liberarsi da quella crudele morsura.
Vi riuscì. Tutti i partigiani di Inglés proruppero in alti clamori; gli altri a lor volta rispondevano con fiere invettive, con lazzi e gesti osceni. Più accanite fra tutti parevano quelle ragazze del popolo, in trecce, con sottanelle nere, che si mettevan braccio sotto braccio e scuotevano con irritata celerità i loro piccoli ventagli variopinti, su le camicette procaci, adorne d'un fiore di camelia. Pareva che da un istante all'altro qualche lama di pugnale dovesse brillare tra quelle facce sinistre16. Ma il peggio era quando alcuno tra il pubblico si alzava diritto, in guisa da impedire la vista a chi gli stava dietro le spalle. Allora tutto un gergo vituperevole di orrende contumelie scoppiava tra i mucchi di scranne accatastate sui ripiani della baracca; facce pallide si voltavano per rispondere all'ingiuria ed il vociferìo continuava, sin quando gli altri pure s'alzavano, e tutto il pubblico era in piedi, su l'assito scricchiolante.
Era in piedi, e si curvava con frenesìa verso la gabbia circolare, sparsa di penne, di sangue, di polvere.
Nulla è paragonabile, fra uomo ed uomo, fra bestia e bestia, al coraggio, al furore, all'implacabilità di due galli che stanno di fronte per togliersi la vita. Nè i circhi di pugilismo nè quelli di tauromachìa nè alcun altro spettacolo di umana barbarie, di umana sanguinarietà, nemmeno le partite di coltello cui usan cimentarsi alcune consorterìe negre del Nord-America, può dare una visione di efferatezza e di odio che superi questi mortali assalti fra due galli da combattimento. È una vita che vuol prendere il cuore d'un'altra vita, e resisterà combattendo fino all'ultimo respiro, pur d'infliggere all'avversario la beccata che lo soffochi, la speronata che l'uccida. Son due formidabili organismi fatti nascere per dare la morte; non sentono il dolore, non le ferite, nessuno strazio, nessuna mutilazione. Pare che il sangue li acciechi, li renda inaccessibili al dolore, sia l'unico ed ultimo senso di tutto ciò che per essi vuol dire il mondo. Seguiterebbero a colpire anche dopo aver data la morte, così profonda è la voluttà che provan nello spegnere un cuore, nel tormentare un'agonìa. Il coraggio de' nostri eroi più sanguinari è cosa ridicola davanti a questo furore implacabile.
Ne ho veduti ch'erano già trafitti, e combattevano, già dilaniati, e combattevano, già percossi a morte più volte, acciecati, sgozzati, con il cranio aperto, i tendini mozzi, orribili fasci di spasimo e d'agonìa, ma che nel freddo sperone d'acciaio radunavano con insania l'ultimo calore della vita, e ferocemente combattevano.
Questo è ciò che davvero si chiama uccidere; il resto, in confronto, può sembrare una parodia.
Da secoli, coltivando la loro generazione come quella di perfetti assassini, questi animali furono educati ad odiare il proprio simile, anzi a volerlo spegnere; il loro corpo non conta, il proprio dolore non c'è: nel becco robusto, nel sottile sprone d'acciaio, è tutta l'anima sanguinaria di questi animali da combattimento. Son nati per immergersi nel rantolo d'un'altra vita; ciò che amano è trafiggere: - sono crudeli quasi più dell'uomo.
Ed ora tutta la gente urlava di nuovo: - Blas! Blas! Blas!... Questo vecchio e prodigioso omicida pareva che intendesse il proprio nome, s'inebbriasse di quegli urli selvaggi. Aveva confitto lo sprone due volte nel corpo d'Inglés; questi perdeva sangue a flotti e combattendo inciampava in un'ala stroncata. Ma vedendo gli occhi rossastri di quei due piccoli animali, noi, robusti uomini, si aveva paura. Paura di vederli com'erano: chiazzati, scarlatti, quasi fosforescenti, aizzati ancor più dal proprio dolore, dal proprio sangue, dalla gioia feroce di quel mortale combattimento. Le lor penne lacere, contorte, impiastricciate di sangue, nascondevan brandelli di carne ed orrende ferite. Ormai non era più possibile, almeno per un profano, intendere quel che accadeva, ossia valutare le fasi del combattimento: era un viluppo mostruoso di due bestie mutilate, che inciampavano, cadevano, si scavalcavano, la prima soggiacente, poi l'altra vittoriosa, poi questa e quella di nuovo sopraffatta; due becchi rossi di sangue, un turbinìo di penne, le creste a brandelli, e tutto ciò frammezzo ad una cloaca di gente che urlava, ridendo, battendo le mani, scagliando improperi, contando monete, premendosi, eccitandosi, nell'infuriata gioia di veder scorrere il sangue.
Poi, d'improvviso - e non so bene come ciò accadde, - io vidi lo sprone d'Inglés, vidi chiaramente lo sprone d'Inglés, immergersi nel collo di Blas, rimanervi confitto, anzi per qualche passo trascinare l'animale sgozzato, che cadde, sbattendo furiosamente il capo su la pedana, mentre invano cercava di liberarsi dallo sperone dell'avversario che lo teneva prigioniero.
Inglés gli fu sopra con l'altra zampa, e cominciò a beccarlo con tanta furia che gli tolse completamente gli occhi, gli rosicchiò fino all'osso il rimasuglio di cresta, mentre lo sperone dilaniava la ferita e l'altra zampa teneva la strozza di Blas come un ferocissimo artiglio.
Tuttavia Blas, cieco d'entrambi gli occhi, de' quali non v'era più traccia, riuscì a liberarsi da quella stretta ed a rizzarsi ancora, spaventosamente.
Mai, per quanto io viva, potrò dimenticare quella insanguinata sembianza d'animale, che brancolava cercando la luce, non per vivere, ma tuttavia per uccidere. Dalla sgozzatura gli pendeva una specie di borsa flaccida, gonfia di sangue, che a poco a poco diveniva più voluminosa, più pesante, più irremediabile. Ad ogni passo egli cadeva giù, incespicando, come un uomo cui manchino i ginocchi, e doveva mordere il pavimento per riuscire a sollevarsi.
- Blas es hecho! Blas è ucciso! - gridava, con orrende bestemmie o con forsennati applausi tutto il pubblico della baracca infernale, secondochè avevan scommesso per la sua vittoria o per la sua morte in combattimento.
Anche l'altro gallo era quasi cieco, a metà spennato, e saltava su le zampe trafitte, che sembravan due moncherini sanguinolenti. Ora, per incontrarsi e mordersi tra quel velo di sangue, dovevano entrambi cercarsi lungamente, cosicchè andavano alla cieca, brancolavano, starnazzavano qua e là, come anitre su le ali infrante. Ma non appena s'accorgevan d'essere a contatto, la furia d'entrambi e quella dei loro partigiani così fortemente aizzavan la lor vita esausta, che l'uno all'altro s'avvinghiavano, si tenevan disperatamente, quasi tentassero con una presa d'artigli di supplire alla vista perduta.
Ma ora Blas moriva. Blas il vittorioso, Blas l'omicida, il gallo fulvo, pieno di cicatrici, Blas l'intrepido, Blas l'incoricabile, ormai cadeva, rantolava, non poteva più reggersi... ancora un passo, due passi, l'ultima beccata, l'ultima speronata nel vuoto, e la vescica di sangue si gonfiava, pesava troppo, lo trascinava giù... Blas moriva.
E cadde. Aperse le ali monche, si piegò da un lato, giacque. Inglés lo andava cercando. S'intese un fischio. Le popolane ridevano. I loro ventagli, i loro braccialetti, le belle camelie che avevan nella cintura, le lor trecce così ben pettinate, i lor occhi neri, pieni di limpida crudeltà, tutto si muoveva, si agitava, sollevava una specie di sanguinario palpito intorno a quella formidabile agonìa.
Inglés cercava l'avversario morente. Torcendo il collo implume per vedere ancora un po' di luce, lo andava dappertutto cercando a piccoli salti, qua e là, frammezzo alle penne recise, alle pozze di sangue, perdendo la direzione, come un ubbriaco. Finalmente lo trovò. Blas agonizzava sul pavimento. La vescica di sangue era divenuta enorme; la zampa armata di sprone ogni tanto sferrava un colpo nel vuoto. L'ala infranta gli si era piegata sotto, come un tabarro lacero. E c'eran uomini tutt'intorno alla gabbia, con l'orologio alla mano, che contavan gli attimi della sua agonìa. Ciò voleva dire denaro, molto denaro...
Si udiva contare: - Venti seis... trenta y dos... quarenta y ocho...
Le popolane ridevano. Il venditore di dolciumi, con il suo ceffo butterato dal vaiolo, rôso da un principio di lupus, ricominciò a camminare tra la gente, alzando il suo largo piatto di zinco dov'erano pezzi di torrone, frutti canditi, semi di zucca salati.
Ogni tanto si fermava, per numerare anch'egli, ad alta voce, i minuti ed i secondi dell'agonìa: - Uno y tres... uno y medio... uno y trenta seis...
Ciò voleva dire denaro, molto denaro...