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Ora cominciava il pericolo. Il pericolo di prendere sul serio questa leggera, fragile, inutile cosa, che tutte le donne possiedono, almeno per brevissimo tempo: - una verginità.
Pare nulla, ed è quasi la storia del mondo. I popoli sono divisi dalla maniera d'intendere questa fondamentale origine delle famiglie. In Europa, e sopra tutto ne' paesi latini, si dà un valore certo esagerato a questo velo di purezza, che per la sua tenuità è facilmente soggetto agli strappi. Ma il focolare non arde come dovrebbe ardere, là dove il suo custode non fu quegli che accese la prima vampa. È una sciocchezza voi dite?... Sì, forse. Un pregiudizio medievale, un residuo di barbarie che la letteratura coltiva prodigiosamente?... Sì, forse. A bene pensarvi, la cosa manca di serietà. Ma in ogni caso è un pregiudizio importante, una inciviltà caparbia, un difetto per ora non superabile dalla natura umana. Può darsi venga un giorno in cui le vergini non saranno più di moda e spariranno queste imprecise distinzioni fra donna e donna, tessute molto spesso dalla sola impostura. Io penso che un tal giorno verrà; anzi lo credo e spero fermamente. Oggi nondimeno bisogna riconoscere che la famiglia del ventesimo secolo è tuttora fondata su questi due pregiudizi gravi: - l'obbligo della originaria purezza e della conseguente fedeltà.
Quando s'incontra un uomo, il quale dice che può far a meno di entrambe queste cose, noi riteniamo che sia un disonesto. In fondo lo è. Talvolta può essere un semplice millantatore. L'ombra di un altro, che fu prima di noi, è sempre funesta nella donna che si ama, e persino in quella che solamente si desidera.
Dunque può darsi che ciò non sia un pregiudizio degli uomini, ma veramente un pregiudizio della natura. Forse, quand'ella stava lavorando a quell'invenzione pratica e geniale che poi nel mondo finì con chiamarsi amore, si accorse che per renderla eterna bisognava coinvolgere in essa il pensiero ed il segno del divieto. La natura fu provvida, e sarebbe davvero peccato se la malizia degli uomini riuscisse a mettere in quarantena questo leggero e dolce inconveniente.
Il secolo ventesimo è il secolo dei paradossi; piace a tutti confondere in speciose negazioni le antiche verità. Ma questa è letteratura; provvisoria ed acrobatica letteratura. Quando poi si viene al caso pratico, ognuno di noi s'accorge d'essere nuovo e moderno su per giù come un uomo preistorico.
Le teorie passano, i concetti puri sono miraggi che svaporano; l'uomo rivolgerà, sovvertirà in ogni modo possibile i principî della vita; - ma se v'è cosa che mai gli uomini riusciranno ad intendere con altri sensi e con altra immaginazione, questa è certamente l'amore.
I seduttori di mestiere, i Don Giovanni da strapazzo, tutti coloro che dispensano la propria irresistibilità come un sovrano munifico dispensa le croci da cavaliere, poi gli annoiati, gli scettici, quelli che vi parlano della donna come se conoscessero prodigiosamente i più solleticabili cantucci della sua dolce anatomìa, tutti costoro appartengono spesso a quel numero d'ingenui che un bel giorno finiscono poi con riabilitare una prostituta o condurre al talamo la propria cameriera.
Un solo uomo può non temere il pericolo della donna: ed è quegli cui mancano le tentazioni della virilità. Ma gli altri dovrebbero guardarsi bene dall'esprimere giudizi o teorìe, poichè nell'amore c'è sempre il caso imprevedibile. Questo caso imprevedibile turba l'immaginazione, piace più di tutti gli altri, è insomma il natural fuoco e la buia tristezza dell'amore. Al mondo c'è una sola cosa veramente nuova: ed è la donna della quale ci s'innamora. Ma quando non troverete più, fra mille, una sola che vi piaccia, una che sia per voi bella come la primavera e di sè infiammi con splendore tutto il cerchio del vostro infinito, allora sarete per sempre una fredda cosa inaridita, un fuoco morto sotto la cenere, una fontana esausta, un giardino distrutto, un campo senza fiore, una sorgente senza vita.
Ora per me cominciava il pericolo. C'era in lei qualcosa d'innocente, una purità insospettabile, una gioia non ancora posseduta. Questa maravigliosa cortigiana aveva saputo custodire intatto il suo grembo di fanciulla; si era data senza lasciarsi prendere, aveva tormentato senza esaudire. Per quanto ciò paresse incredibile, io sentivo con esattezza che ciò era vero. In questa femmina di piacere, perversa e complicata, c'era un senso di verginità insoffocabile, che le impediva d'essere un'amante. Quelli ch'erano stati vicini a possederla, di lei conoscevano soltanto il vizio, non l'amore. Aveva lasciata la sua famiglia troppo severa, per immergersi nel rumore delle orchestre, per vivere nella soffocante atmosfera delle case da giuoco, per alzare col polso un po' tremante i cálici che traboccano di vini biondi; aveva cercato nei balli notturni, fra le donne perdute, come una libera cortigiana, l'amore divino ed introvabile che ogni vergine sogna d'incontrare nell'amante al quale si dà. Ma invece il suo freddo cuore dormiva nei sensi terribilmente innamorati; ella si avvolgeva nel vizio con una specie di opaca ira, voleva essere una dura e splendida cortigiana, per avvicinare il suo corpo al fuoco di tutte le tentazioni e salvarlo dal pericolo di gioie troppo lievi.
Io compresi perfettamente che una donna potesse custodire la sua purità come un supremo vizio, e non per renderla ad altri, ma solamente a sè stessa, più lenta e più pericolosa.
Ella mi raccontava queste cose, io l'ascoltavo; anzi, per meglio dire, indovinavo tra le sue parole confuse una verità complessa e difficile, assurda e verisimile, che solamente in lei, vicino a lei, nel guardare la forma del suo corpo, il colore de' suoi occhi, trovava una spiegazione del tutto ammissibile.
Era - io pensavo - una donna che amava patire, una folle che andava cercando su la terra l'introvabile paradiso, nell'amore una gioia così forte che potesse ucciderla, mentre in lei si nascondeva, forse organicamente, una specie di divieto ad esser femmina, quasi un oscuro ed incancellabile segno di sterilità.
Per quanto si usi dire che ogni vera madre è una vera amante, forse un medico potrebbe dimostrare il contrario. Nella vera amante c'è' spesso il desiderio, più ancora l'intenzione della sterilità. Il suo grembo non vuol sottomettersi al peso, alla deturpazione della fertilità materna. La infinita bellezza ch'ella prova e regala con i suoi sensi non vuole giungere ad assorbire la vita, ma preferisce soffocarla, deluderla, poichè le sembra sia questo un bene superiore alla vita medesima. La perfetta voluttà esclude ogni altro fine; c'è in essa una tendenza verso l'uccisione.
Le dispensatrici d'amore, quelle che posero ingegno ed anima nel raffinare la tepida gioia della procreazione, quelle che fecero de' propri nervi uno strumento complicato e mirabile, quelle che superarono il loro natural destino e patirono la bellezza dell'amore come la bellezza di un'opera d'arte, non sentirono mai, anzi rifiutarono, il bisogno di perdere sè stesse in un'altra vita. Essere madre vuol dire impoverirsi, vuol dire sommergere la propria vita in quella che nasce; la vera madre sopporta il procreatore, non cerca l'amante.
Io pensavo: - «E questa non potrà guarire, se non trova chi le dia l'amore inatteso, involontario, per una creatura sua. Forse la fatica materna potrebbe ricondurre alla pace il suo grembo esasperato. Chi fu il primo a baciare la sua bocca, doveva impadronirsi di lei, o con la violenza o con l'amore. Sarebbe divenuta un'altra. Ma quel primo le permise di non abbandonarsi; ed ella da lui si levò come una fanciulla che avesse provato invano ad essere un'amante.»
Pensavo: - «Un giorno, dopo tante immaginazioni sterili e dolorose, forse troverà, nel fumo d'una sigaretta oppiata, nella spuma d'un bicchiere troppo colmo, nella fuggitiva illusione d'una parola d'amore, l'uomo che saprà d'un tratto farle terribilmente male, contorcere fino allo spasimo la sua perduta e bianca nudità. Allora sarà di lei quello che doveva essere il primo giorno. Ma troppo tardi. Quando non potrà più incamminarsi per la via naturale, fredda, calma dell'amore; quando i suoi sensi avranno imparato a cercare la gioia sempre più oltre, dove l'esaudimento non può essere, dove non è. Questa bella creatura, che in sè nasconde forse un ideale, andrà cercando fra mille uomini chi le dia l'amore, quell'amore che non è nei sensi, ma è nell'anima, e che l'anima di una creatura così delusa non può nè dare nè conoscere. Invecchierà presso le tavole da giuoco, strofinando i suoi gomiti nudi sui tavolini delle cene, appressando le sue labbra tinte all'orlo dei bicchieri ubbriacanti, riderà, splenderà, come una creatura che per vivere senta il bisogno delle droghe artificiali. Qualche uomo prepotente sarà il suo padrone, di qualche altro sopporterà la lascivia19 indelebile; e gli anni passeranno, e la vita notturna incaverà i suoi occhi splendenti, e dalla sua carne luminosa uscirà, più cruda, la forma dello scheletro, e sarà vecchia, e sarà povera, e i denti falsi brilleranno di una luce opaca nelle gengive pallide, e la sottile tosse dei tisici tormenterà i suoi polmoni arsi dalle sigarette oppiate; un giorno avrà un deliquio, morrà sopra un divano, la porteranno al cimitero... È triste.