IntraText Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText | Cerca |
ATTO PRIMO SCENA PRIMA Birria, con uno spolveraccio di penne di pavone alla mano, sta ripulendo gli arredi del tablino. — Indi Mirrina, con un canestro di fiori. |
I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
Birria, con uno spolveraccio di penne di pavone alla mano, sta ripulendo gli arredi del tablino. — Indi Mirrina, con un canestro di fiori.
(Birria è vestito di una tunica bigia, con maniche corte, stretta ai lombi da una cintura nascosta sotto le pieghe ricadenti dal petto. Capegli rossi e ricciuti. Calzari di cuoio. — Mirrina è vestita di una tunica talare e del peplo. Capegli pettinati alla greca. Braccia ignude. Suole allacciate, al collo del piede da maglie e correggiuoli intrecciati).
Ah, giuro pel Dio Saturno che non è lieta cosa servire in casa di consoli. Onor de' padroni, carico alle spalle dei servi! Ecco qua; due volte al giorno lo si spolvera, questo tablino del malanno. E l'essèdra, poi, s'ha da tenerla sempre in assetto, pei ricevimenti magni. Poi c'è da curare il triclinio, poi da[10] badare all'uscio di casa, che è sempre affollato di visite. Come son farfalline, coteste matrone! Su e giù, qua e là, continuamente in volta come le rondini, «Filò la lana, stette in casa sua»; così canta l'epitaffio. Ma gua', delle mie padrone non si potrà dire il medesimo?
(mettendo da banda il canestro da lavoro)
Filarono la lana, quando non le ci avevano altro a che fare; stettero in casa, quando aspettavano visite. E avanti a ripulire; avanti a spolverare!
(passando attraverso la scena)
Tu brontoli sempre, peggio del tuono.
Venere ti guardi, Mirrina liberta! Son essi per me, quei fiori?
Vedete che ceffo da inghirlandare di rose! E' sono per gli dei Lari; va via!
Mirrina, che modi son questi? Da ieri vendicata in libertà per grazia profumata del Console, che non sa negar niente alla moglie, già metti contegno col tuo amato Birria?
Amato!... quel coso!... Rosso di pelo e buono a nulla è tutt'uno.[11]
Non hai sempre detto così, ed io potrei ricordarti....
Lasciami pe' fatti miei, mal arnese.... schiavo.... delizia dello staffile!
(divincolandosi da lui, per andare al Larario)
Non ci hai proprio altro di meglio a profferirmi per colazione, stamane?
(accostandosi timidamente, mentre ella sta disponendo i fiori sulla mensola)
Mirrina, o come s'è fatto leggiadro il tuo collo, dacchè non ha più tema del collare di bronzo!
E tu ammiralo!
(senza voltarsi)
Che cosa?
Vi coglierei il fiore che non hai voluto darmi pur dianzi.
(chinandosi per baciarla sul collo)
Numi, ei lo vuole davvero! Eccoti il fiore!
(assestandogli una guanciata)
Ah, gli è di cinque foglie e pizzica come quel dell'ortica. Or dunque, la è rotta?[12]
Tienla per tale.
Vedete, che albagìa! Se non par Tanaquilla regina....
Regina sicuro! Impara ad obbedire, perchè, quind'innanzi, comanderanno le donne.
(andandosene gravemente col suo canestro tra mani)
Ah, sì, ci hai ragione; fin da ier sera me ne ero avveduto.
E da che?
Oh bella! da che il padrone è partito. Ah, povero Console! Egli va sicuro e tranquillo a combattere i Galli Boi; ma non sì tosto egli ha messo il piede fuor della porta Nomentana, che in casa sua spadronan le femmine. Ma bada; il padrone non è partito, e per Ercole, egli ha da sapere ogni cosa.
Che inventi tu adesso? Il padrone è a quest'ora colle legioni sulla via di Reate.
Era, ma gli è tornato in fretta e in furia stamane. Lo ha veduto il figliuolo di Erennio littore,[13] che è passato or dianzi di qua, mentre io stavo in sull'uscio. E' pare che il padrone avesse a indettarsi di cose gravi col suo collega Marco Porcio Catone, poichè gli è corso da lui ed eglino sono tuttavia in istretto colloquio. E credi tu che, tornato in città, non vorrà dare una scorsa a casa? Ah, tu la smetti adesso? Or bene, e noi lo avvertiremo, noi che nulla sappiamo; gli diremo noi di una certa porticina sul vicolo, a cui s'è tolto il catenaccio; gli daremo noi la lista delle persone che hanno ad entrar di soppiatto in casa.
Ma io sono un mal arnese, delizia dello staffile.... uno schiavo....
Che può diventar liberto da un momento all'altro, e tra liberti.... Ma che siete voi, uominacci stupidi, da non intender mai per loro verso le nostre[14] parole?... Mirrina, quantunque fatta libera, è sempre Mirrina. Tu pure, se andrai a' versi alle padrone.... Una parola detta alla nobile Claudia Valeria dalla sua prediletta ornatrice, mentre sta acconciandole il capo, e la tua sorte è cangiata.
(porgendole la guancia)
(dandogli della mano sul volto)
Un altro schiaffo?
No, una carezza. Non hai notato il divario?
Poh, non guari; ma spiegata così, può anche passare. Basta, sappi; non è niente vero del ritorno del Console.
Ah, furfante di tre cotte! M'hai dunque ingannata?
Ti restituisco i tuoi doni.
(accennandole una guanciata)
Grazie; non ripiglio mai nulla.
Suvvia, Mirrina, figlia di Venere, o sorella, o nipote, che certamente qualcosa le sei, facciamoci a parlar chiaro. Che è questa ascosaglia della porticina? s'inganna il Console qui?[15]
Oh, non c'è niente di male, sai? Non far giudizii temerarii! Ma ecco le padrone; odo la lor voce; va via; il tuo lavoro è finito.
Mi dirai tutto?
Sì, tutto, ma vattene.
Un altro di quegli schiaffi!...
Udite, o Dei Lari, i dolci augurii di quelle labbra di rosa?