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Licinia, Fulvia e Detti, con Birria in disparte.
(Licinia e Fulvia indossano la stola, stretta all'imbusto da due cinture. Quella di Licinia, di color bruno; quella di Fulvia di color cenerognolo, o bianco. Ambedue portano in capo il ricinio).
Ben vieni, o Licinia. La casa di Lucio Valerio è tua.
Tu sei sempre cortese, o nobile Claudia. Marco Porcio rammenta sempre ciò che deve a Lucio Valerio.
E noi, mogli a tai valentuomini, ci siamo sempre amate.
Bontà tua! Noi povere campagnuole....
Zitta! La virtù non conosce differenze di villa e di città, di patriziato e di plebe. Tuo marito dalla sua virtù fu tratto in alto, non dal favore di Lucio Valerio.
(a Fulvia)
Come ti sei fatta bella!
(a Marzia)
Come lo dice: «ne godo!» Vedete che contadina rifatta!
La bellezza, te lo dirò con mia madre, non conosce differenze di villa e di città....
Salvo le lentiggini!
Ah sì, ne ha qualcheduna; ma certi uomini vogliono che sia questa una bellezza di più.
Che gusti!
(a Fulvia)
Ti rammenti di Tuscolo e dei nostri bei campi? E di quella fontana, dove c'era un'eco meravigliosa, che ci rimandava tante belle cose? Io ero molto piccina....
Ed io molto grande.
Diciotto. Io ne ho quasi sedici.[33]
Sono più vecchia.
Va innanzi.
Zitta là! non si chiedon gli anni a nessuno.
Perchè, nobilissima madre? Lasciala dire. Amo parerle giovine tanto; ma in verità, carina mia,
(volgendosi a Volusia)
ne ho venticinque.
Eh via!
Certamente. Son nata colla seconda guerra punica, sotto il consolato di Livio Salinatore.... quando incominciò tanta carestia d'uomini. Il che non era di buon augurio per me.
Ma, una così leggiadra adunanza?....
Come sarebbe a dire?
Che qui si congiura.
(mostrando di vedere Fundanio)
Ah, per altro, fino a tanto egli c'è un tribuno della plebe, la repubblica non ne avrà detrimento.
Or dunque, sediamo, con gravità romana. Vi dirò ora il perchè vi abbiamo qui convocate. Tu, Licinia, e tu, madre, siete i consoli. Fulvia, Annia, Luscina e Volusia, son le centurie.... un po' smilze....
Di numero?
Ci s'intende. Io, poi, sarò il tribuno, con tua licenza, o Fundanio.
E tu sarai il littore.
Sta bene; dunque incomincio. Non vengo attorno, o centurie, a distribuirvi le tavolette pel voto, perchè questo già s'indovina.[35]
Possibile? Daresti tu il voto contrario alla dimanda.... d'un tribuno? Basta, lasciamola lì. Dirò invece che non distribuisco tavolette, perchè non ne ho. Sono côlto alla sprovveduta. Il voto lo darete ad alta voce, nè ci sarà confusione.
Ora, se vi pare, fate silenzio, o Quiriti. Tribuno, esponi la causa.
Incomincio. Egli fu dopo la rotta di Canne, consoli Quinto Fabio Massimo e Tito Sempronio Gracco, che i padri nostri votarono la sciocca legge, proposta da Caio Oppio tribuno. Che dico sciocca? scellerata ed iniqua. «Niuna donna abbia ne' suoi ornamenti più che una mezz'oncia d'oro; nè usi vesti ricamate di varii colori; nè possa andare in cocchio per Roma, o per altre città, ovvero a mille passi in giro di quelle, se non per cagione di pubblici sacrifizii». E v'ebbero cittadini, che la diedero vinta a quel pazzo!....
Per non dirne altro!
Le madri nostre si comportarono degnamente. La patria era in pericolo. Rinunziarono agli ornamenti[36] loro, non pure al superfluo, ma al necessario eziandio; certe che gli uomini non sarieno stati da meno di loro e che, rifiorite le sorti della patria, la legge sarebbe stata cassata. Vent'anni sono trascorsi, e questa bellezza di legge è viva pur sempre. E perchè, perchè si conserva, ora che le sorti di Roma sono di tanto cangiate? Vônno ricondurci ai vieti costumi dei pastori del Lazio; pretendono che i nostri ornamenti, il lusso nostro (se lusso può dirsi un limbello di porpora, due libre d'oro lavorato sulla persona e un cavalluccio da tiro, due alle più grave, per fare le nostre visite) guasterebbero, farieno tralignare questi forti Romani! Ma, per Quirino e per Venere genitrice, chi è che li fa, questi forti Romani?
Noi!
Finora no.
I nostri mariti trionfano in cocchio; noi andiamo umilmente a piedi.... e non c'è mica occasione di trionfi, per noi.
(sotto voce, ad Annia Luscina)
Eglino in tuniche palmate, in toghe ricamate, listate di porpora; noi in lana greggia, e d'un solo[37] colore. Se capita un forastiero a Roma, torrà noi per uomini, e per matrone romane i nostri mariti.
Se capita un forastiero con questa sorta d'occhi, io, nella mia qualità di littore, lo accoppo!
Conchiudo. Le cause che fecero proporre la legge, dato che ragionevoli cause ci fossero, non esistono più. E per dignità nostra, e per decoro del nostro sesso, e per ragione d'uguaglianza cogli uomini, si chiede la cassazione della legge. E la si concederà, se non si vuole la nostra vergogna. Ho detto.
(segni di approvazione di tutti, salvo da parte di Fulvia, che è rimasta sovra pensieri)
Ottimamente,... tribuno. Ma consenti ad un amico del vero di mettere in sodo, che, bene o male in arnese, siete poi belle del pari.
Grazie,... littore, sebbene, a te non spettasse parlare; ma vedi? come la bruttezza può esser scemata, così la bellezza può essere accresciuta, da un po' d'ornamenti. Olà, Birria!
(a Birria)
Vanne a Mirrina, tu, e dille che si faccia innanzi. Or ora vedrai.
(a Fundanio)
[38]
(da sè)
Ah, questa poi di fargliela vedere!.... Che volesse invescarlo di Mirrina?
Non vai?
(esce)
(a Marzia)
Che è ciò che prepari?
Tu pure vedrai. La donna bella che può diventare bellissima; la natura rinfiancata dall'arte!