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(avanzandosi peritoso verso di lei)
(alzando gli occhi in atto di meraviglia)
Sei tu? Hai dimenticato qualche cosa?
Oh, nulla.
(si aggira irresoluto qua là; indi si accosta alla scranna di lei)
Lavori?[69]
Lo vedi.
(accennando il drappo che ella ha sulle ginocchia)
Che è ciò?
Lana.
Che risposta!
E qual altra, se è lana? Non hai tu occhi?
Ah, così non li avessi....
(Fulvia alza le spalle in atto d'impazienza)
che non sarei venuto in tanta pena!
Ti senti male! Chiamo Licinia, che è dotta di farmachi....
(in atto di smettere il lavoro)
No, gli è inutile; Licinia non ha farmachi per me.
Non valgono i medici, per questo mio male!
Un male insanabile, adunque?[70]
Ben dici, insanabile!
(accosta uno scanno davanti alla tavola, e fa per sedersi)
Fatti più in là; mi togli la luce.
Ma, la vien di lassù, la luce, e non da questa parte.
Io non la penso così.
E sia; eccoti servita!
(ritira lo scanno dall'altro lato della tavola: ripiglia il codice di Plauto, e leggicchia a caso)
«Il rimproverare un amico, quando ei se lo meriti, per qualche suo mancamento, è cosa increscevole, ma utile assai, nella vita». Hai tu a riprendermi d'alcuna cosa? Dimmi, te ne prego.
Parli con me? Credevo che tu leggessi.
Sì, ho letto una massima di Plauto. Non ti par giusta?
Chi ha da pentirsi di qualche suo mancamento, può giudicarne. Io non so nulla.
Ah! Fulvia!... Se tu me lo consenti.... vorrei dire una cosa.[71]
E tu dilla.
Ma temo che tu vada in collera....
E tu non la dire.
Che io.... ti amo.
Ah, dice, questo? Ma tu avrai risposto....
Che è vero.
Cortese bugia! Ma io non ne avevo bisogno, perchè non m'importa nulla.... di quanto dice la gente.
Perchè io sono una donna, e le donne, tu non le ami, le stimi soltanto per quel poco che valgono; stare in casa, filare, tessere e distribuire il còmpito alle fantesche.[72]
Io?
E dici che bisogna tenerle a freno, rintuzzarne l'orgoglio....
Io?
E le chiami superbamente: questo sesso arrogante.... questo indomito animale....
Io, Fulvia? Ma io non ho detto ciò?
Lui, sì, lui! Non sei tu del resto contrario alla sua proposta?
Ma non ne viene di conseguenza che io abbia detto queste parole. Ah! Marco Fundanio avrà da fare con me!
Sì, bravo! un litigio tra voi! Vi sgozzerete nel Foro....[73]
Al Campidoglio, nel tempio di Giove, dovunque lo troverò, dovrà rendermi conto....
Di ciò che non potresti negare. Fundanio avrà male udito; a me non fa mestieri la testimonianza di Fundanio. Io t'ho udito, e basta. Ah, noi siamo inesplicabili, coi nostri capricci? Siam capricciose, adunque? Siam pazze?
Non ho inteso dir ciò. Non sapevo spiegare a me stesso i tuoi inaspettati rigori. Te ne chiedo perdono.
Gli è comodo assai! Ma, se tale non era l'animo tuo, chè non hai risposto al Console?
A tuo fratello? Al grande Catone?
Ah, in fede mia, bella scelta ha fatto la plebe romana! Un tribuno, che ha paura di dire il fatto suo ad un Console!
Che parli tu di paura? Di' rispetto, amore, venerazione, per quel nobile uomo, le cui virtù io mi propongo ad esemplare in ogni atto della mia vita.[74]
Orbene, imitalo e non se ne parli più.
Non adirarti, Fulvia. Che debbo io fare per....
Lasciare in pace questi aghi.... e questa matassa, che mi si arruffa.
No. Il tuo esemplare potrebbe coglierti sul fatto e trovarti bene infemminito, o forte romano! Dove andrebbero gli austeri costumi, che debbono essere la forza e il presidio di Roma?
(passeggia a passi concitati per la sala; indi si accosta da capo)
Che cosa fai?
Me l'hai già chiesto una volta.
E tu non m'hai risposto.
Segno che non credevo necessario di dirtelo.
È lunga assai; mi pareva una veste nuziale.[75]
E so lo fosse? Che cos'ha da importartene, a te?...
Ah, gli è che ho fatto un sogno.... ad occhi aperti. Avevo chiesto una fanciulla in isposa.... bella, oh, bella, come....
Sì, perchè nessuna cosa al mondo può paragonarsi a lei. Il capo di casa me l'aveva concessa, ed ella portava il mio anello di ferro, emblema della nostra fede, là, nel quarto dito della mano manca, dove ci hai la vena che corrisponde al cuore.
Ah, dicevo così per dire. Tu eri.... cioè, ella era la mia sperata. Poco dopo, con gran cortèo di congiunti, di amici, e di pronubi, andavamo al Pontefice massimo, per la cerimonia nuziale. Era bella, nella sua lunga veste di candida lana, colla cintura stretta alla vita dal nodo d'Ercole, colla sua corona di fiori e verbene sul capo, ravvolta nel flammèo, meno splendido delle sue guance, suffuse del colore della modestia.... come le tue in questo punto. Ed ella veniva a casa mia, toccava l'acqua e il fuoco,[76] preparati sul mio limitare; nè io diventavo il suo signore, ma essa la signora mia, per tutta la vita. E fui felice allora..... e lo ero ancora stamane, pensando che avrei chiesta la mano di quella donna a suo fratello....
Ah, non ha più padre?
No, ella è sotto la potestà d'un suo fratello maggiore.
E non l'hai chiesta?
No, perchè ella non m'ama.... ed io perderò la ragione.
Sarebbe un gran male! Una mente così salda, formata a così buona scuola, ornata di così savie massime!.... Non potresti più fare il tuo discorso per la legge Oppia, tuonare anche tu dai rostri, contro la vanità di questo sesso arrogante.... di questo indomito animale.
Ah, non temere! Tacerò, lo giuro al tuo genio tutelare, tacerò![77]
(con accento ironico, passeggiando lungo la scena)
Ma parlerà il Console per noi, e giungeremo egualmente ai nostri fini.
Ma che debbo io fare? Mettermi contro di lui?
(fermandosi con piglio risoluto davanti a Valerio)
Se veramente ami la donna di cui sognavi, gli è il meno che tu possa fare per lei. Ti dicono eloquente, l'unico in Roma che possa contendere al Console la palma del Foro. Perchè starti addietro, quando puoi procedere a pari? Farti eco umilissimo altrui, quando puoi dir cose nuove e ben tue? Ah, siete, stolti, voi, colla vostra manìa di metter freni da per tutto, di far camminare il mondo a ritroso, di tener noi sotto un'eterna tutela! Non ci fate villanìa di parole; ma i fatti, i fatti vostri, ci offendono. Roma, Roma, voi dite! Anch'io l'amo, ma non di questo cieco amore, che soffoca i suoi cari, e, a tutto volendo provvedere, diventa una nuova maniera di supplizio. Nulla di troppo, o censori! La corda troppo tesa si spezza. Anch'io m'attenterò di tuonar le mie massime. Una repubblica che non può reggersi, se non facendo violenza a tutti gli istinti di natura, non è degna di vivere. Sparta è caduta sotto il suo medesimo peso. Vada anche Roma, se ha da essere quale la vorreste voi, indietreggiando cent'anni, e così vadano tutti gli Stati, dove è pregio di cittadini[78] la ruvidità, virtù la ferocia, e le catene simbolo dell'unità e della forza.
Hai ragione; che dirti? hai ragione. Ma andar contro a lui?... Sarebbe un tradimento. Impossibile! impossibile! E come ardirei io guardarlo in faccia? come rimetter piede in questa casa? Via, Fulvia, mia diletta Fulvia, che te ne giova, a te, di questi vani ornamenti?... Non sei tu bellissima tra le belle? Te ne supplico, non mi mettere a contrasto col console; io non sono da tanto.
Ah, tu vuoi l'amor facile? Il mio è a prezzo d'un sacrifizio. Guadagnalo.
Non una parola di più!
(dopo essere rimasta alquanto perplessa)
No!
(si libera da lui, e fugge per la fauce)
Ah! fermati, Fulvia!... Partita! Che farò io? Austerità romana, tu corri oggi un gran risico!
(si allontana precipitoso)
[79]