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VI.
E quanto misero il retaggio di Bianca Cappello; retaggio di colpe, di sciagure e drammi foschi! Ancora un mistero: la contessa Barbazza nei sette anni che trascorsero fra la morte del Pepoli e la sua morte, quetò forse, per sconcia avidità dei sensi, ricordi e rimorsi in nuovi amori, finché la frenò e a poco a poco l'uccise il veleno propinatole dai congiunti, o piú tosto patí ella sette anni interi, da prima la cupa fantasia rinnovandole giorno a giorno lo strazio di quella scena - a un colpo d'archibugio l'uomo amato cadere sanguinante e dolorare e gemere tra una folla di maschere - e poi, di pari, consumandola giorno a giorno la corrosione lenta della tisi, se non del veleno e della vendetta maritale? - -«Il 15 ottobre 1629 morí Bianca Bentivoglio Barbazza d'una lunghissima e penosissima infermità, che a poco a poco l'andò struggendo; e non fu chi non dubitasse che non le fosse stato dato il diamante a causa della corrispondenza col marchese Fabio Pepoli»32.
Troppo lasso di tempo sembra che fosse tra l'offesa e il castigo; ma pure un fatto aggraverebbe sopra Andrea Barbazza il sospetto di uxoricidio: egli compose e pubblicò una canzone, una canzone di ventinove stanze, in morte di sua moglie33.
Da sí vasto ocean d'amari affanni
Sia che mi tragga a riva? E chi consola
Naufrago il cor tra le miserie e i danni?
Può dar fine al martir, posa al cordoglio,
Ma sol per piú morir, morir non voglio....
E nel secentesimo di questi e di quest'altri versi sarebbe bastevole e facile prova di ipocrisia e di mal tentato inganno:
Quando l'alma di lei che 'l Ciel mi diede
Privo restai de l'anima e del core,
Orbo di gioie e d'aspre cure erede;
Ond'è solo il dolore
Che mi sostiene e serba il petto vivo,
Benché de l'alma io sia vedovo e privo....
Se non che seguono altri versi per cui converrebbe supporre nel cavaliere Barbazza una perversa sottigliezza a coprire il suo delitto. Egli lamenta in un punto:
Vidi....
Foco sparse il bel volto e del bel petto
Tinse il candore, e chiuse agli occhi i rai
E col diletto Amor, ch'ha per fortuna
D'aver la tomba ov'ebbe in pria la cuna....;
No! Io sono docile alla commozione della poesia; io odio la malignità nella storia; io credo al diarista Galeati: «Il 29 ottobre 1629 (data certa) morí l'illustrissima signora contessa Bianca del conte Ulisse Bentivogli, di febbre etica». E con pena sincera do fede a un povero marito che si duole, privo degli occhi languidi consolatori e preganti consolazione della sua moglie soave, cosí:
Quegli occhi, dico, a me sí dolci e cari,
Quasi ad uopo maggior languidi e mesti
Pietà chiedendo in muti accenti amari....
Pietà! - gli aveva chiesto Bianca con i brividi del malore e del rimorso; ed Andrea le aveva perdonato, son certo, con gentile misericordia di poeta; né, lei seppellita, poté forse resistere a non piangere piú volte nella chiesa del Corpus Domini e a pregare spesso Santa Caterina de' Vigri, vicino al cui corpo incorrotto è la tomba dei Bentivoglio, che Iddio lo ricongiungesse alla pallida e tremula fiammella della sua Bianca.
Canzone, imponi al canto, al pianto freno:
D'indi ritorre ove beata splende,
Ch'ivi affanno non ha di duol terreno.
Che 'n Dio la stringe e con devoto zelo
Fa che m'inviti a rimirarla in Cielo.
Affettuoso uomo fu Andrea Barbazza: tanto vero, che per il bene che egli volle alla sua nuora impudica, Settimia Mandoni, le male lingue asserirono ottenesse il senatorato ed altri uffici mercè i favori di lei34 tanto vero, che a sessantasei anni s'accese di Silvia Boccaferri, la quale egli, rimasto vedovo quasi vent'anni di Bianca Bentivogli, sposò in Santo Stefano il 30 maggio del 1648.