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Ma per tornare ad Alessandro settimo, egli morí davvero poco dopo l'imaginato conclave di quelle tali donnine, e della sua morte e del suo viaggio all'altro mondo Gregorio Leti seppe e narrò assai cose piacevoli. La qual satira - Il sindacato di Alessandro VII con il suo viaggio nell'altro mondo,56 - è di quelle la cui essenza, tutta di pasquinate, trova disposizione in una tela semplice ma ingegnosa di fatti. Cosí mentre il morto pontefice è spedito dritto dritto in Purgatorio e là giú tenta invano di procedere come in vita, e solleva gran discorsi di sé, quassú in Roma passa dinanzi ai Conservatori e a Pasquino e Marforio, l'uno fiscale e l'altro scriba nel congresso, la moltitudine di coloro che hanno da significare i torti ricevuti da lui: monsignori e cardinali tristi, de' quali non è stata appagata abbastanza l'avidità e l'ambizione; preti miserabili, vittime dell'ingordigia dei maggiori; fidati impudenti rivelatori delle proprie per rivelare le colpe altrui; gentiluomini57 stranieri pieni di nausea per la politica e la corruzione di Roma: una fila lunga di persone, a cui non manca espressione; tra cui è anzi piú d'una macchietta a tratti rapidi e vivaci.
I conservatori ascoltano in silenzio il racconto delle piccole colpe o dei delitti nefandi; ma, per contro, discorrono assai Pasquino e Marforio, il primo strapazzando spesso i querelanti, e ammonendoli il secondo; e dando l'uno notizie e argomento di dispute all'altro: giacché lo scriba e il fiscale, quantunque siano i due amici che tutti sanno, non si trovano sempre d'accordo per cagione del loro carattere molto diverso.
Pasquino è sagace e senza paura e irascibile; Marforio, meno pronto di testa, meno sicuro d'animo, difficile ad infiammarsi: l'uno, quando è il caso e può, cerca di salvar capre e cavoli e s'imbroglia; e l'altro si stizzisce. «Tu sei nato per farmi crepare, Marforio, con queste tue procediture - dice Pasquino - , le quali servono a farti stimare un poco meno cattivo di me; ed in fatti tutti parlano di Pasquino: Pasquino qua e Pasquino là: le punture, le ferite, le maldicenze ed ogni sorta di mormoro s'applica a Pasquino; in somma non si parla, quando si tratta di mala vita, che di Pasquino; a tal segno che hanno dato titolo ad ogni sorta di satira, di pasquinate; ma di te non si parla che poco o niente, e sinora non s'è inteso mai dire marforiata. E perché questo? Perché io parlo con libertà; perché quello che ho nella bocca ho nel cuore, e nel cuore non resta che quello che va fuori dalla bocca; perché sono amico degli amici e nemico dei nemici; perché non faccio distinzione di qualità di persona, menando al pari i grandi con i piccoli....; ma tu, al contrario, vai sempre risarcendo quello che rompi e cerchi di rompere quello che mostri di risarcire..... Se io sapessi fingere come fai tu, non averei la testa rotta....» -
Risponde Marforio ch'egli nacque non ai tempi in cui nacque lui, ma quando i piú «nascevano con due faccie, l'una ricevuta dalla natura nel luogo ordinario e l'altra dietro le spalle: non esser meraviglia se ritiene della natura propria a molti di quelli che è andato praticando.»
Non meno piacevole e ugualmente intessuta di pasquinate è l'Ambasciata di Romolo ai Romani58.
Gli annali sacri e profani di Roma, «già compiuti da parecchie autorità per ordine di Romolo», erano letti ad alta voce in cospetto di tutti i numi, i quali con diversa commozione ascoltavano i grandi fatti e le grandi sventure dell'alma città, e la gloria a cui l'avevano innalzata con meravigliosa alleanza la fortuna e la virtú, e le ruine in cui l'avevano precipitata il papato, i barbari e Carlo quinto, allorché Mercurio si presentò tutt'afflitto alla suprema raunanza e, mancandogli la voce, spiegò la causa del suo dolore con fogli che dié a leggere a Romolo stesso. Contenevano tre poesie di rammarico in morte di Clemente nono; e dalla lettura loro Romolo ricevette tanto cordoglio che si mise a piangere, e cosí, con il capo tra le mani, a pensare i mezzi di salvezza per la sua città, su la quale minacciava di nuovo la tirannia del nipotismo.
Andar egli a riporvi le cose nello stato d'una volta in un tempo in cui «gli ecclesiastici non potevano soffrire altro dominio che il proprio», era certo impresa troppo arrischiata: meglio spedire un ambasciatore che sotto apparenza di consolare il popolo romano per la morte del buon pontefice, ricercasse s'ei fosse disposto a vivere nel regime del paganesimo; e giacché agli ambasciatori conveniva fasto e nobiltà, gli parve ancor meglio inviarvi Remo suo fratello. E Remo con una lettera «credenziale» per i Romani e con gli ammonimenti del fratello, e a capo d'una scelta comitiva, si mise subito in viaggio. Aveva di piú, per «non rincontrare in quei viluppi in che sogliono cadere bene spesso quei ministri che vanno a negoziare senza conoscere l'umore delle nazioni», una memoria intorno «i costumi de' principali popoli d'Europa». Nella quale tra le altre cose, era detto che:
in statura
lo Spagnuolo spaventevole....
In amore:
il Tedesco non sa l'arte d'amare:
l'Inglese ama bene in pochi luoghi;
l'Italiano sa come bisogna amare;
In scienza;
il Tedesco sa come un pedante;
il Francese di tutto sa un poco;
l'Italiano sa come un dottore;
il Tedesco non fa né bene né male;
il Francese scorda il bene e il male e che riceve;
l'Italiano serve con affetto e si vendica con ira;
lo Spagnuolo ricompensa il bene e il male.
In pasti:
In costumi:
lo Spagnuolo disprezzante....
In magnificenza:
il Tedesco è magnifico in privato;
In bellezza:
l'Italiano come può;
lo Spagnuolo59 come un diavolo....
In presenza:
il Tedesco di rado ha bel garbo;
l'Inglese ha la vista né di savio né di matto;
il Francese un garbo stordito, et è in effetto;
l'Italiano ha la vista di savio et è matto;
lo Spagnuolo ha la vista di matto et è savio....
In matrimonio:
Le donne:
in Germania fanno risparmiare, ma sono fredde;
in Inghilterra sono regine a libertine;
in Italia prigioniere a cattive;
in Spagna schiave et amorose....
In viaggio:
il Tedesco viaggia per costume;
il Francese per osservare i fatti d'altri;
E Remo, da buon italiano, s'istruiva assai viaggiando di cielo in terra, tanta gente incontrava che gli dava a leggere satire e tanti l'accompagnavano per discorrergli delle tristi condizioni di Roma.
Meno male che giunto nella eterna città fu consolato dall'elezione d'un ottimo cardinale a pontefice: l'Altieri, che prese il nome di Clemente primo.