Adolfo Albertazzi
Parvenze e sembianze
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MOLTO RUMORE PER NULLA

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MOLTO RUMORE PER NULLA

 

Questa, a linee brevi d'umile prosa, la figurina di un giovane che a mezzo il secolo decimosettimo derivasse dalle mode francesi la virtú di piacere molto alle donne e piú a sé medesimo.

Di sotto il cappellaccio bigio, povero di falde e ricco di nastri e fiocchi a vari colori, l'onda dei capelli, naturali o finti, diffusa su 'l largo collare; diffusa su lo stomaco e sfuggente dall'apertura del farsetto di «gialdiccio», la camicia sottile e candida; i calzoncini strettissimi, verdi, a liste di passamani, trattenuti da lucide stringhe sotto il ginocchio; e quindi le calze rosse o bianche (bianche ne' partigiani dei Francesi e rosse degli Spagnoli) a seconda dell'opinione politica. Ma al diavolo la politica!; e per seguire in tutto la moda di Francia, meglio che le scarpette coperte in punta da grandi rose di seta e d'oro, due stivalacci coi calzari a rovescioni su 'l collo del piede.

E come belle le mani senza guanti, la sinistra poggiata all'impugnatura della breve spada e la destra, con un grosso anello di giavazzo nero nell'indice e un anellino d'argento o di rame nell'estremità del mignolo, intesa talvolta ad appuntare i baffi rivolti in su a punti interrogativi! Le donne rispondevano con sorrisi, ma secondo una canzonetta, forse maligna, pretendevano troppo:

 

Con le donne d'oggidí

Ci vuol altro, per mia

Che portar raso o tabí!

Stracciato e nudo

Se 'n vada il drudo,

Ché amor vero, allor sarà

Se per vestir altrui si spoglierà!62

 

Tuttavia i donnaioli non andavan nudi per strada, anzi, potendo, vestivano in conformità delle mode, che allora «variavano come la stagione»63. Però se è difficile seguire le vicissitudini delle foggie negli abiti degli uomini, i quali, per esempio, a distanza di pochi anni sostituirono ai calzoni stretti «bragoni scialacquati», a mala pena si può cogliere la volubilità della moda femminile ne' suoi momenti piú singolari; e se è noto che a metà del secolo il guardinfante, ricoverto di lunghe gonne e sottogonne, era in uso comune ed utile a nascondere gravidanze legittime ed illegittime e piú d'una volta amatori furtivi, e in uso comune erano i corsetti a «basche» con le maniche a sboffi e le ampie gollette di pizzo, non è poi facile rendere idea del come mutassero e rimutassero le forme secondarie e le cose minori d'una toilette compiuta. Anche accadeva troppo spesso che qualche dama vaga di novità apparisse vestita e acconciata in maniera diversa dalle altre e traesse tosto molte altre ad imitarla.

Cosí fece quell'una vista e ritratta da don Agostino Lampugnani, la quale portava in testa un cappello di feltro con la falda tenuta a rovescio da un fermaglio di gioie; alla persona, una casacca alla francese di seta colore incarnatino, intessuta d'oro con maniche corte e con fiocchi di camicia bianchissima fuori dei gomiti; una gonna all'inglese d'«ormesino cangiante», succinta tanto da lasciar vedere le gambe coperte da calze di seta color porpora; nei piedi, scarpette di raso con un dito di tacco e con due gran rose pur esse di color porpora; nelle mani, guanti logori e stracciati per porre in vista numerosi e preziosi anelli; al collo, un monile di granati; a un solo orecchio, «un pendente d'odorata mistura nera»; e a sinistra del petto un pugnale e a destra un piccolo archibugio a ruota. Dio ne scampi dal rinnovamento di moda fatta!

E neppure risorga mai piú l'usanza che in certo periodo del seicento costrinse le signore a farsi salassare per derivarne pallore e magrezza e a mangiare una terra detta bolarmico per cui l'avorio dei denti rimanesse «incastonato d'ebano»: aberrazione di gusto, che ebbe forse a causa e scusa il rovello delle gentildonne al vedersi imitate ed emulate dalle umili cittadine nella profusione della biacca e del minio su 'l viso e su 'l seno. Odiose borghesi, le quali smaniavano di copiare le dame in tutto! Almeno al tempo in cui usavano i manti era come stabilito per legge che le gentildonne li portassero di seta e le «cittadine e mercadantesse di criniletto; e guai a quella di queste che si fosse arrischiata di portarlo di seta, perché era certa che le sarebbe stato strappato d'attorno», e talvolta per mano delle dame medesime! «Usanza - aggiunge il Ghiselli64 - che sarebbe da desiderarsi che fosse stata mantenuta, ché non si vedrebbe al presente quella confusione che produce quel trattamento, ch'accomunato a tutti piú non fa comparire quella bella distinzione fra le persone di diversa condizione; contro l'uso d'oggidí, nel quale piú non si conosce dalla suntuosità del vestire una dama da una moglie di uno speziale o di qualch'altro uomo di piú bassa condizione

 

 

 





62 Della Carrozza di ritorno, o vero dell'esame del vestire e costumi alla moda, di Giovanni Tanso Mognalpina (Agostino Lampugnani): Milano, Lodovico Monza, 1650; in-12., pag. 47. Mi giovò anche la Carrozza da Nolo dello stesso: Venezia, Zenero; 1648: in-12. A proposito delle mode parigine del suo tempo il Marini scriveva una lettera curiosa a don Lorenzo Scoto. Vedi Lettere del M. (ediz. 1627), pag. 177. Delle mode femminili «attraverso i secoli» scrisse articoli la Contessa Lara nel periodico La Tavola Rotonda(1891-92): vedi in proposito il n. 8. Anche: A. Robida, Mesdames nos aieules, Paris, Librairie Illustrée, 1890.



63 Cosí Carlo Celano negli Avanzi delle Poste.



64 Ghiselli, op. cit., T. XXX, pag. 232.



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