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A torme a torme candidi paoni,
lenti, silenti come neve in aria,
discendono su l’agili ringhiere.
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I nitidi mercanti
alessandrini,
profumati di cìnnamo e d’issopo,
bevean su la riviera di Canopo
ne’ calici de ’l loto i rosei vini.
Noi lungo il
fiume, ove sì dolci istanti
indugiammo cercando per la via
il grappolo tardivo,
navighiamo a diletto, in compagnia
di musici che il lido empion di canti.
Tutto s’accende il lido fuggitivo
a lo splendor vermiglio.
Tu, ridendo, co ’l calice d’un giglio
attingi le bell’acque scintillanti.
La man tua lieve crea schietti rubini.
Le gentildonne,
che fan gaia corte
a te con gran sollazzo, in su’ minori
legni, rapidamente[68]
seguon l’esempio e con i bianchi fiori
attingon l’acque d’or, ridendo forte.
Tutte, in un tempo, bevono a ’l lucente
vespero, inebriate,
quasi Bacco le linfe abbia cangiate
in vin di Scìo, da’ regni de la morte.
Suonano a torno i lieti ribechini.
Così tu vai,
piacente Primavera,
navigando ne ’l vespero, per l’almo
fiume onde Amore sorse;
e i gigli tratti dietro il paliscalmo
vestono forme, ne la dubbia sera.
Non calano da’ rotti argini forse
le ninfe a ’l Latamone?
Questa, piena di donne e di canzone,
non è l’isola bella di Citera?
Non sei tu dunque iddia ne’ tuoi domíni?
Questa è l’isola
bella: non la tiene
però Venere. Isotta ha signoria,
Isotta Biancamano,
su la verde Brolangia solatìa
ove reìne clementi e serene
vissero a lungo, in tempo assai lontano,
e amaron poetare.
Qui non s’ode Bacchilide cantare,
non Saffo, non Alceo di Mitilene.
Ma s’odono i leuti fiorentini.[69]
O musici, toccate
li strumenti
con più dolcezza, poi che a’ lauri in cima
è la luna novella.
Cantate, o gentildonne, a cui la rima
fiorisce in amorosi allettamenti
a sommo de la bocca picciolella.
Sicchè di su l’altura
udendo suoni e canti a la ventura,
veggendo faci, dicano le genti:
— Torna forse Brisenna a’ suoi festini?
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