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Quando lungo il
selvaggio
fiume la mia signora
navigava, a l’aurora,
con pomposo equipaggio,
si faceva canora
la riva a ’l suo passaggio
e li uccelli di maggio
volavan su la prora.
Scendevano i
tappeti,
di color rosso e giallo,
ne l’acqua di turchese.
E i galanti roseti
salutavano il gallo
dipinto su ’l palvese.
[97]
Per virtù de’ miei
canti
emergevan da l’onda
amorosa e feconda
mille fiori odoranti;
e la signora
bionda
da’ grandi occhi stellanti
arrideva alli incanti,
con voluttà profonda.
Prendeano
singolare
forma ne ’l dubbio lume
alti i pioppi d’argento
e parean
s’abbracciare
giù ne ’l letto de ’l fiume,
co ’l favore de ’l vento.
[98]
Sorgean quindi,
nutrite
da ’l padre fiume, vive
selve lungo le rive
e s’aprian ne ’l ciel mite.
Da le sedi native
le ninfe sbigottite
correvano inseguite,
candide fuggitive.
E pe’ i recessi
impervi
de i divini soggiorni,
ne ’l silenzio divino,
bramivan come
cervi
li egìpani, bicorni
iddii da ’l piè caprino.
[99]
La bianca dama il
ciglio
con la man, dolcemente,
schermìa da la nascente
forza de ’l sol vermiglio
e l’altra man
pendente,
simile a un molle giglio,
tenea fuor de ’l naviglio
entro l’acqua corrente.
E nulla era più
bello
e leggiadro de l’atto
ch’ella facea, tra i raggi,
cogliendo un
ramoscello
o un gran fiore scarlatto
da li argini selvaggi.
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Quando a terra
posava
ella il suo piè ducale,
la selva fluviale
tutta in fiore cantava.
Saliva il nuziale
inno a l’ospite flava;
e a ’l tuono era la cava
selva una catedrale.
Io, piegando i
ginocchi,
dicea: — Bionda signora,
un servo, ecco, si prostra.
Ella chinava li
occhi,
bella come l’aurora,
e dicea: — Sono vostra.
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