Gabriele D'Annunzio
Isaotta Guttadauro ed altre poesie
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RURALI

LA VENDEMMIA

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                       LA VENDEMMIA

Prema col pié gagliardo un giovinetto,
entro il tino di quercia, le capaci
sacca ricolme d’uva succulenta;
ed all’urto gli scorra il mosto in rivi.

Poggiato ad una verde asta silvana,
ei moderi col suo canto l’alterno
salto de’ piedi; e sia composto, quale
è Dïonigi nel buon marmo acheo.

Gli ridano le membra, temperate
di grazia e di vigore, agili in ritmo.
Appariscano a fior del suo torace
adolescente i fieri archi dell’ossa,

come a studio segnati da preclaro
artefice; e le braccia al busto inserte
nitidamente sieno e nerborose
come d’atleta al disco esercitato;[119]

e le gambe in lor moti abbian la maschia
venustà della forma e la lunghezza
quasi fluente, che alli Antichi nostri
in tele e in marmi assai furono care.

Vengan d’in torno le fanciulle al tino
da le prossime vigne, con canestri
di grappoli in su ’l capo; e faccian coro,
quali un le canéfore in Atene.

Fluiscano, di sotto alle calcagna
imporporate del vendemmiatore,
larghi rivi di mosto; e liberale
sia di gioia a l’umana opera il Sole.
[120]

 

                      


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