Piero Gobetti
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APPUNTI PER LA TRAGEDIA COSMICA DELLA MODERNITÀ

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APPUNTI PER LA
TRAGEDIA COSMICA DELLA
MODERNITÀ7

Felice

– Una grande aspirazione infranta – Il bisogno dell'indipendente ironia e il tragico fluire degli istinti accascianti – Il peso di un programma anacronistico.

– L'aridezza dominante di un compito che mi spezza – L'eseguire delle somme non potrebbe essere il rassegnato cilicio della tua disperazione? – Ma se nella mia disperazione non c'è luce? – Perché ti lasci fallire la vita, perché non credi al tuo lavoro? Liberati da ciò che ti angustia – Se la responsabilità di tua madre e di tua sorella ti sono insopportabili, puoi bene ucciderle nel pensiero perché nel pensiero almeno regni la tua armonia. – Non è questo. Io cerco un punto esterno. – Non confessarti cosí: se tu lasci inesplorato un momento attivo del tuo spirito ne potrai avere il conforto. – Mi è fallito l'amore, mi è fallito il lavoro. Sono un impotente e tu mi chiedi fiducia in me stesso?

Lidia

– Non andremo stassera in baldoria? – Non posso – Tu non sai la gioia dei sensi – È vero io sono eunuco.

– Vuoi essere mia moglie? – Ma non vi siete guardato mai? – Credo di poter abolire gli specchi. – E l'animo, l'animo tuo l'hai abolito del pari? – Pensavo che dieci anni di sacrifizio... – Ma il tuo sacrificio non si appaga di silenzio? – L'ho sperato, ne ho sofferto a lungo, la liberazione non veniva e poi il tuo viso... – Il mio viso è mutevole come il mio spirito. Oseresti tu fermare il mio sorriso? Cosí non fermerai me. Io vivo del mio essere ambiguo. – Ho sperato in te come in uno spirito di pace. Vedi io non riesco alla solitudine gigantesca. Quando leggevo Schop. e Nietz. mi accorsi presto che essi si facevano beffe di me. E la comunicazione con gli altri mi deprime. Non sono ambizioso, non sono vano: ho un amico, gli credo ciecamente, lo amo. Ma tu intendi, parlare con lui vuol dire perdere la coscienza dei miei limiti: mi si strappa alle mie carni e io so che questi folli sogni non avranno appagamento, so che ne uscirò piú disincantato, piú debole. Sii tu il mio incanto. Io sono debole, ma saprò costruire per te. – Mi costruirai un mondo? – Si, un piccolo mondo: una casetta [...] e la pace per un lavoro comune. Ho creduto che fosse un ideale borghese. No, credimi, esso è ancora il piú sano. – Tu hai paura dei castelli in aria? – Mio dio, ho bisogno di pace, abbi pietà. – No, caruccio, io voglio il mio bel palazzo incantato. Nella tua casa la luce viene da piccole finestre. – Tu mi umili, hai ragione. Ma la mia tenerezza e la tua non basterebbero. – Sii piú chiaro : tu mi proponi il suicidio. – Ma se il suicidio fosse come l'igiene del sogno? – Non insistere, preferisco la malattia. Quanto a te, lo sento, è giusto che tu muoia. Io non ti voglio distogliere. Il tuo lavoro non basta per te e non basterà per noi due. Non di un suicidio lento... Tu hai bisogno di nettezza almeno in questo. – In tale abisso mi credi precipitato? – Sii sincero almeno nella liberazione.

Lidia e Monaca

– Tu mi hai comunicata la tua febbre di distruzione. E tu hai ragione. Dove condurrebbe l'umiltà?

Grazie Lidia della tua asprezza. Io rivivo nella tua vendetta.

– Siamo due aberrazioni.

– E perché di quest'odio noi godiamo? Spiegami, io ti ubbidisco ignorando. Fa' un po' di luce. Io sono debole spesso.

Consolarti è consolarmi. Cinque anni fa io ero piú sola. Tu non mi potevi comprendere. Allora io ho perduto ogni pensiero di redenzione. Il mio segreto è cosí chiuso.

Paolo e Monaca

– Ho costruito il tuo incanto, non mi sfuggirai. I miei capelli sono rossi, anche i tuoi saranno rossi quando li brucerò. E anche quelli di Amalia.

– Non vedi nella mia sicurezza il mio dominio.

Arte per arte, la mia doppiezza vale la tua quiete.

Monaca e Lidia

– Io non avrò pace.

– Ma la tua sorella?

– Tu sei disonorata con me.

– Ma è l'intenzione, tu capisci ! Egli ha domata la mia ironia. La mia aridezza si sveglia. Io non sono fedele neanche alla mia rinuncia. Io lo amo ed egli ha riso.

– Bisogna che io muoia con te.

Commento alla scena in spettri [?].

Felice

Perché non ha voluto ella morire a poco a poco con me. Mi disprezza e mi chiamaOmbre di dannazioneFragilità mia!

Una scena in biblioteca

Fare la tragedia di Monaca e di Lidia; della loro aspirazione malsana alla cui base sta una femminilità esasperata, desiderosa di infinito, incapace di amore vero; o se mai di amore in cui resta della vanità, mai di dedizione.

Lidia uccide Paolo. Monaca è stroncata nella sua vanità, vinta da quello che credeva il suo ideale. Allora tutte due devono morire. La passione di Monaca è quella stessa di Lidia: l'una è omicida, l'altra è suicida. Ma il delitto è lo stesso in tutte due.





7 Cinque pagine manoscritte, senza data. Il titolo è dell'Autore.

 



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