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1. L'istoria del beato Griffarosto
che per domenticanza ne la penna
rimasta mi era, or la mia Musa tosto
di lui cantando carca su l'antenna;
Musa che, accortamente dal proposto
cadendo, mentre dir Orlando accenna,
un vento par che dal culino vaso Astuzia del petto
minaccia le calcagna e dà nel naso. o vòi correggia
2. E cosí advenerammi finalmente
quello ch'ad un pittor di villa occorre,
ch'un santo Georgio armato col serpente Santo Georgio
pingendo, vòl sembrarlo al fort'Ettorre;
al fin si scopre un mastro cavadente,
che tutte le città pel mondo scorre
s'una mulazza vecchia con le cure
da guarir piaghe e mille altre rotture.
3. Io dunque d'Orlandino canto poco Notando
e molto piango de l'altar di Cristo;
io fingermi «pitocco» movo a gioco
e del fallir de' chierici m'attristo;
di for Cerere e Bacco, dentro invoco
lo mio Iesú, che faccia omai sia visto
sott'ombra spesso del nobil vangelo Ipocrisia
regnar Satàn d'un cherubin col pelo.
4. Fu in Sutri un gran prelato molto grasso,
o fusse abbate o qualche altro vicaro:
cascavali la panza fin da basso
ch'un porco tal non vide ma' gienaro;
per non sleguarsi andava passo passo
a la taverna spesso, al tempio raro;
e questo gli accascava perché sempre
ieiunium praedicabat pleno ventre.
5. Rassimigliava propriamente un bove Comparazione
che, tolto da l'aratro e in stalla chiuso,
convien ch'ivi s'ingrasse e si rinove,
per uscir poscia d'uno in l'altro buso;
tu 'l vedi che a fatica il passo move,
cascandogli 'l mentozzo in terra giuso,
quando vien tratto al banco del beccaio,
venduto a quatro libre per denaio.
6. Ma quel poltrone manco assai valea
d'un bove, onde guadagnasi la pelle.
Quando a scarcar il ventre si sedea,
sentivasi tonar le sue budelle
con quella tempestà che vide Enea
portato su da lei fin a le stelle;
e se ambracano e muschio fusse stato,
oh d'ambracano e muschio gran mercato!
7. Mille ducati avea costui d'entrata Entrata
ch'andavan tutti drieto per l'uscita, Uscita
dico nel cacatoio, perché grata
fu sempre a lui di crapular la vita.
Carne di porco e caole con l'agliata,
trippe, pancette e broda ben condita
di sale e specie, d'intestine e lardo,
eran il suo devoto san Bernardo.
8. Non cosí tosto qualche bon boccone
in piazza comparea di pesce o carne
che 'l padre santo, in guisa di falcone Comparazione
lo qual giú a piombo vien viste le starne,
davagli d'ongie tal che le persone
di Sutri non potean oncia mangiarne,
mercé che 'l Griffo tutti li rapia
sí ratto come il Ciel rapitte Elia. Elia
9. Cingevasi dissotto al scapularo
(né senza questo pò salvarsi un frate)
una gaioffa e di braghesse un paro,
che sempre furno il suo fidel Acate. Acate
Né mai gli calse d'altro secretaro
in cui le cose sue fusser corcate,
non dico breviari, non missali,
nec librum de peccato originali;
10. ma sempre o qualche lonza o scannatura
o lombo o testa o petto di vitello;
poi d'altre mille cose di mistura
in quel suo gran tascone fea rastello:
uova, butiro, lardo e di verdura
lattuche, biete, caole, petrosello;
e cosí carco di tal libbraria,
dicea non esser altra teologia. Eresia
11. Era bon mastro in arte coquinaria, Dottrina de Griffarosto
avendo in questo un'ampia biblioteca,
di varie lingue multa commentaria:
non l'arabesca, ebraica, non la greca,
non la toscana, dico, temeraria
che a grande sua superbia oggi s'arreca
eguarsi a la romana, e tanto sale,
che assai Francesco piú che Tullio vale; Petrarca, Cicerone
12. ma l'arciprete santo avea di lingue
sempre di porco e manzo grande copia;
e benché il lungo studio, il qual estingue
lo bel color e fa di sangue inopia,
l'avea condotto a tal ch'un ciacco pingue
parea quando di giande pieno scopia,
pur sempre conservossi, ogni matina
pigliando un bon capon per medicina.
13. Or dunque Orlando un giorno per ventura
comprar lo vede in piazza un sturione,
intorno a cui de gente gran strettura
vi era per tòrne ognun qualche boccone;
ma il padre santo a quella criatura
ch'ancor viveva ebbe compassione Compassione
di non veder smembrarlo, e cosi integro d'un gentil spirto
comprandolo si parte molto allegro.
14. Cacciato si l'avea ne la bisacca,
ove mili'altre cose occulte stanno;
vagli Orlandino drieto con la sacca
da bono e vigilante saccomanno;
ché per nudrir sua madre non si stracca
far ogni giorno a qualche ricco danno;
piglialo ascosamente ne la toga:
- Sète voi - dice - l'arcisinagoga? Arcisinagoga
15. La Reverenzia Vostra non si parta;
statime alquanto, prego, ad ascoltare.
Nimis sollicita es, o Marta, Marta,
circa substantiam Christi devorare.
Dammi, poltron, quel pesce, ch'io 'l disquarta
per poterlo in communi dispensare,
nassa d'anguille che tu sei, lurcone! -
e ciò dicendo dàlli col bastone.
16. - Non ti vergogni, sacco di letame,
mangiar sol tu quel ch'ad un popol tocca?
Non sei tu causa de la nostra fame,
che tutto 'l mare va per la tua bocca?
E pur d'un scapucin sotto 'l velame
tu cerchi fra la gente vil e sciocca
mostrarti santo e dir quod in tonsura
salvatur tandem omnis creatura? Vera ipocrisia
17. Et io t'annuncio quod tonsura molti
ha ricondutto al lazzo de la gola,
perché tondar dinari son accolti
sotterra de ladroni in qualche scola!
Porcazzo che tu sei, c'hai quattro volti,
e il lardo giú dal culo si ti scola;
or come sofri poi di carne il moto,
tu che di castitade hai fatto voto? Voto di castitade
18. Lascia quell'infelice criatura,
c'hai presa per vorarla in un boccone!
Dimmi, li Santi Padri tal pastura Costumi de li
mangiaron forse? o lecer con ragione antichi Padri
quel si ricerca al manto, a la tonsura,
al floco, al scapolare et al cordone?
Falliron elli mai lo esterno manto
col viver parasito e finger santo? -
19. Cotal parole usava un dongelletto
contra un prelato grave et attempato;
e già sí pel rubor sí perché astretto
era di comprar legna a bon mercato,
lasciagli la gaioffa e dal cospetto
del volgo ch'ivi corre si ha celato;
prende Orlandin quel breviario e scampa,
ch'altro non fu giamai di meglior stampa.
20. Vola per la città la fama, il grido,
che l'arciprete ha perso l'Instituta
con altri libbri posti in loco fido
d'un suo carnero, andando ad un'arguta
disputa fatta in capite «Divido
sanguinem Christi», dove si confuta
l'error de' Stoici, e provasi Epicuro Stoici, Epicuri
esser in domo Dei via piú sicuro.
21. Rainer similemente, che Signore
stava de la cittade al regimento,
ode che 'l venerabil monsignore
di mal di gola perso avea l'onguento;
poi de la vita lui tutto 'l tenore
viengli narrato, et ebbene tormento,
perché di Cristo il patrimonio vede
sovente in man di ch'oncia in Dio non crede.
22. - I' non mi meraviglio - disse alora -
se scandalo patiscono gli agnelli
e se vanno le grege a la malora
sotto alcun lupi, di pietà rubelli;
Tosto che quel priore qui s'appelli! -
Al cui fiero precetto il cavallero
con la sbiraglia corse al monastero.
23. Tranno quel mostro orrendo for di tana
e l'han condotto di Rainer al seggio.
Corresi per mirar la bestia strana,
cui di grassezza un bue non ha pareggio;
ciascun si stoppa il naso a la profana
puzza di vino, di sudor e peggio;
chi 'l chiama porco, chi Sileno e Bacco,
chi bottaglion, chi di letame un sacco.
24. - Tràtivi avanti, - disse a lui Rainero -
uomo di Dio, santissimo profeta.
Del spirito devin ogni mistero
so che 'ntendeti e di ciascun pianeta;
la libertade ancor, ch'ebbe san Piero, Piero
libertà grande, ma poca moneta;
tràtivi, dico, innanzi, padre santo,
ché d'un mio caso ho da parlarvi alquanto.
25. So che sapete ancora quanta tripa
richiede il vostro armario di brotaglie,
ove piú carne e pesce si discipa
che non han frondi tutte le boscaglie;
né tanta rena in lido al mar si stipa
quanti voi consumati tordi e quaglie;
però vi onoro qui né piú né meno
d'un animai d'urina e fezza pieno.
26. Non hai tu, tripponazzo, alcun rubore
scoprirti agli occhi mai d'uomo vivente?
pàrti ch'elletto sei d'esser pastore
de la greggia di Cristo per niente?
Peggio di te mai Giuda il traditore Giuda traditore
non fe' vendendo il Mastro suo clemente;
né Caifa, né Anna, né Pilato, Erode;
ché per te Pluto di tant'alme gode.
27. Pàrti che i Benedetti, Antoni e Paoli
dieder cotali avisi ai soi soggetti?
Mangiavan cardi, fabe, lente e caoli Costumi degli antiqui
per darli assai piú essempi che precetti, religiosi
acciò schivar sappesser de' diavoli
le frode tante e riti maladetti:
dormivan su l'arena e freddi marmi,
cantando giorno e notte i santi carmi.
28. Stavan occulti ne' lor chiostra e queti,
for de le piazze e dal volgo luntani;
benigni a' viandanti e mansueti,
lavando e' piedi lor non che le mani;
e quando uscir volean de' soi pareti
per gir altrove per montagne o piani,
un bastoncello, o sia caval di legno,
era de la vecchiezza lor sostegno.
29. Ma quelle sue radici e succo d'erbe
son oggidí cangiati in tordi e starne;
e le lor giande, more e fraghe acerbe
son ora per miracol fatte carne;
e le paglie de' letti già in soperbe
coltrine e piume; e quelle faccie scarne
pigliato han volti grassi di tre gole,
col color stesso quando spunta il sole.
30. Lor verghe e bastoncelli, per miracoli
di santi d'oggi, sono be' destrieri;
le celle di cannuzze e gli cenacoli
pigliato han forma de palazzi alteri;
e molte oggi badie son recettacoli
di lorde putte, cani e sparaveri.
O stolti, pazzi, sciocchi e forsennati, Notando
che 'l vostro aver lasciati a preti o frati!
31. Qual impietade usar si può magiore
che tòr a' soi la facultà per darla
a chi con le campane fan rumore
di notte, e poscia in chiesa un solo parla?
Dico quelli che povertà di fore
mostran al volgo e tendon a lodarla,
per addescar sott'ombra del capuzzo
la scardovella e guadagnar il luzzo. -
32. Queste parole et altre colme d'ira
dicea Rainero contra ogni ragione;
perché qualunque nel parlar s'adira
convien che 'l sentimento l'abandone;
ma spesso accade ch'un signor delira
parlando de la Chiesa a passione,
parendo lor (e pur han torto grande!)
pasto de frati esser le fabe o giande.
33. Rispose alor l'abbate: - Alto signore,
con sopportazion vi parlo schietto;
Ecclesia Dei non facit mai errore,
non so s'in Tullio voi l'avete letto;
et Aristotel, ch'è commentatore
oggi al Vangelo sol, dice in effetto
quod merum laicus non det iudicare
clericam preti et fratris scapulare.
34. Et una chiosa canta quod praelatum
non est subiectus legi "Constantina",
affirmans eo quod nullum peccatum
accidit in persona et re divina.
Et hoc deinceps fuit roboratum
in capite «Ne agro» a Clementina.
Et princeps, qui de Ecclesia se impazzabit,
35. Et anco Thomas dice a la seconda
distinzion, capitol quo di sopra,
quod unde Spirtus Sanctum si profonda,
possibile non est che mal si scopra.
Per me, Signor, non voglio che s'asconda
lo viver mio in visu, verbo et opra,
quando che 'l Salvatore ci ammaestra,
parlando a tutti, luceat lux vestra.
36. Mirate com'io porto la camisa
di lana su la carne, e non di tela;
s'io vada con mirabile cautela.
Mirate ancor piú sotto! - Alor la risa
prese Rainer, ché 'l padre gli revela
le cose sue, cribrando la Scrittura
meglio del gardinal Bonaventura. Bonaventura
37. Rumpelo al mezzo del sermone e dice:
- Vos estis doctus piú che non credea;
però cesso in cusarvi; ché non lice
parlar de' santi a chi è de gente rea.
Oh dunque sotto 'l ciel sorte felice
de voi prelati, qui sub diva Astraea Giustizia
puniri non potestis d'alcun male;
ché 'l mal e ben in voi è ben eguale!
38. Ma perché sète un spirito de vino,
qual plu non ebbe (oh voglio dir!) Platone,
cerco saper da voi quant'è vicino Le quatro dimande in
lo ciel da terra in ogni regione, enigma
dico l'empireo sopra 'l cristallino.
Vostra Excellentia intenda il mio sermone!
Oltra di questo dite giustamente Secunda dimanda
quant'è da l'oriente a l'occidente.
39. Due cose giunte a queste intender anco
desidro, monsignore Griffarosto:
dite, piacendo a voi, né piú né manco
quante son gozze d'acqua c'ha l'angosto Terza dimanda
mar Adriano insin al lido franco,
pigliando il Greco col Tireno accosto.
Ultimamente, bon servo di Dio, Quarta dimanda
vorei saper qual or è 'l pensier mio.
40. E se di queste quatro dubitanze Patto
mi soglierete presto giustamente,
vinti scodelle di busecche e panze
giuro farvi mangiar incontinente.
Ma se con solegismi et altre zanze
sofisticar vorete la mia mente,
né rendermi ragion che sia probabile,
vi trattarò da un asin venerabile.
41. Tornate al monastero, ch'io v'assegno
tutta la nott' e il giorno a su pensarvi;
assotigliate bene il vostro ingegno,
se 'l vi cale di trippe caricarvi
e non urtar le spalle in qualche legno,
che faccia la pugnata smenticarvi;
oltra di ciò, se non la indovinate,
voi non sarete piú messer lo abbate. -
42. Trette un sospiro tale monsignore
ch'una correggia si allentò per caso
d'un cotal bombo, d'un cotal odore
ch'altri l'orecchia, altri s'ottura il naso.
Partisi di vergogna con dolore,
pensando pur s'in Scotto o san Tomaso
lo coco suo trovar sappesse forse
quattro dimande stranamente occorse.
43. Nave non stette mai sí sopra porto
come correa costui sovra pensiero;
e se 'l si vide mai volar un morto,
videsi alor, benché fusse leggero
ben trenta pesi e men lungo che corto,
fin che pervenne al quondam monastero,
entro del qual par anco si discerna
fuisse claustrum quod nunc est taberna.
44. Aveva dunque un coco non men grasso
di sé, che tutto quanto l'assembrava;
trovalo ch'in coquina un gran conquasso
facea, mentre l'agliata vi pestava;
et un gobetto ancor sedeva basso
ch'in speto un mezzo porco rivoltava.
Quando 'l coco venir appresso il vede,
non creder ch'onorarlo surga in piede;
45. ma gli commanda che 'l scolato lardo
tenda buttar sovente su lo rosto.
Ma quello, che nel core porta il dardo,
al coco audace nulla ebbe risposto;
ma solamente diede un schivo sguardo
a le pignate, e via si tolse tosto,
entrando in un suo studio e fido loco,
dove seguillo prestamente il coco.
46. Né Cosmo né Lorenzo fierentino Cosmo, Lorenzo Medici
de'x Medici mai fece libbraria
simil a questa, ove 'l spirto de vino
tenea libbri assai di teologia.
Pendon al lato destro et al mancino
di grego, còrso e varie malavasie
barilli, fiaschi et altri vasi assai,
ché 'n cota' libbri studia sempre mai.
47. Lucaniche, salcizze e mortatelle, Biblioteca
persutti, lingue e libbri de piú sorte,
bronzi, pignatte, speti con padelle,
carneri, sacchi, ceste, conche, sporte,
piatti, cattini e mill'altre novelle
per ordine qui tengon la sua corte,
fra' quali sempre studia e star gli giova;
ch'altro diletto ch'imparar non trova.
48. Or quivi giunto, ad un altar secreto
devotamente piega lo ginnocchio;
e con caldi sospiri avanti e dreto
quinci le braghe, quindi exala l'occhio. Piagne e caca
Un Bacco grasso, rubicondo e lieto, Bacco
che giace sopra un strato di fennocchio Fenochio per bere
e d'un bottazzo fassi cavezzale,
era d'i santi soi lo principale.
49. Né altra Pietade né altro Crucifisso
tien su l'altare a far orazione;
Bacco sol è, ch'ad un parete fisso Bacco sede fra doi
doi cherubini arecasi al galene, cherubini
cioè 'l boccal dal vino e quel dal pisso,
ché quando l'uno piglia, l'altro pone;
e cosí tutta notte il padre santo
ne orina un fiasco, e beven altro tanto.
50. Entrando il coco, a lui disse: - Volete
cenar, o monsignor, che 'l rosto è cotto?
Ma voi, s'io ben contemplo il volto, sète
sopra voi stesso e d'animo corotto?
Forse, patron, vi stimula la sete?
pigliate un poco questo barillotto! -
E ciò parlando, spiccalo dal muro,
ch'era d'un tribiano antiquo e puro.
51. Prendelo monsignore, e tienlo fermo
levandolo con ambe mani a Bacco:
- Pater, - dicea - se non si pò far schermo
di porre il santo calice nel sacco,
ecco la gola pronta, il spirto infermo;
se tal è 'l tuo voler, a lui m'attacco. -
E poscia ch'ebbe orato con tremore,
bevendo si cangiò tutto in sudore.
52. Or egli dunque, confortato alquanto,
s'asside a ragionar, ché 'l becco è mollo:
- Marcolfo mi', - dicea - non fu mai santo Marcolfo coco
piú martire di me né piú satollo
di tante pene, affanni e lungo pianto.
Di rumper mi bisogna pur il collo,
se tu, mio bene solo e mio solaccio,
non t'assotigli trarmi for d'impaccio.
53. Mi tengo aver già persa la badia,
perché la forza incaga a la ragione;
e sempre usanza fu di tirannia
cercar or quella or questa occasione
di tanto far che suo quel d'altri sia,
senza ch'abbian a noi compassione,
a noi servi di Dio; però ti prego,
aiutami, che sol a te mi piego! -
54. E qui narrògli angosciosamente
le quatro intricatissime dimande.
Rispondegli Marcolfo: - Veramente
dubito, monsignor, che le vivande
nostre sol per invidia de la gente
al fin retornaranno fabe e giande;
o magnum tibi et durum infortunium,
qui quidem numquam noveris ieiunium!
55. - Ohimè, - disse 'l priore - tu m'uccidi
membrandomi ciò c'ho sempre temuto;
tutti son lazzi, e par che ti diffidi,
Marcolfo mio, prestarmi qualche aiuto;
trammi di man di questi abbaticidi,
tiranni maladetti, e fammi scuto
contra lor fame c'han de miei denari,
che perderemo se non li repari.
56. - Lasciate a me tal cura, - disse il coco -
ch'io voglio far un scorno a quel Rainero;
e condurò le fraude a cotal gioco
che 'l sturion ne tornarà al carnero. Lo sturion che già avea
Non voglio dimorar piú in questo loco, mangiato Oriandino
or or mi parto for del monastero;
statene alegro e non vi date pena,
Cabrino gobbo vi darà da cena. -
57. Partesi dunque mentre che l'abbate Astuzia di Marcolfo
parecchiasi le bolge per empire;
e mentre si ritrova in libertate,
le vestimenta dal patron usate,
poi cautamente s'ebbe a dipartire;
lo qual sí ben ne' gesti l'imitava
ch'ognun per monsignore l'appellava.
58. Fra tanto l'arciprete non vaneggia,
anzi pur senza affanno sede a cena;
allentasi dai fianchi la correggia,
ché l'eppa vòl sentirsi colma e piena.
Un grande armento e smisurata greggia
empisse a l'anno un cotal orco a pena,
e le piú volte, per star sano, mentre
devora sin a l'ossa, scarca il ventre.
59. Lo gobbo se gli areca un'ampia supa
di brodo grasso, latesini e panze;
or quivi tutto il mercator si occupa
empir del magazen tutte le stanze; Metafora
né attende ad altro la discreta lupa
se non ch'al servitor niente avanze.
«Omnia traham post me» dice 'l Vangelo:
sempre servollo in questo sin un pelo.
60. Era già il coco giunto al gran palazzo
e di parlare col signor dimanda.
Incontinente scendegli un regazzo,
che l'introduce ratto in quella banda
ove dovea cavarsi for d'impazzo
de la diversa et ardua dimanda.
Quivi trova Rainer con molta gente,
che a man il prese molto alegramente.
61. - Avete, - disse - monsignor mio bono,
pensato ben su le richieste nostre?
- Pensai; - rispose il coco - e quivi sono
venuto, acciò ch'al popolo si mostre
ch'io merto esser ornato d'altro dono
che trangiotir quelle busecche vostre,
le quali oggi voi laici giudicate
esser il studio d'ogni prete e frate.
62. E pur, se non in tutto, in parte almanco,
Signor mio saggio, v'ingannate certo;
perché voi sempre il negro dite bianco
e il bianco esser il negro, ab inexperto;
non dati orecchia, prego al volgo, manco
d'ogni giudicio, ruinoso, incerto:
or che farebbe, s'intendesse poi
esser in stalla piú asini che boi?
63. Ma per non vi parer un temerario,
volendo qui lodar il stato nostro,
ché, benché morti sian Paolo e Macario, Paolo eremita, Ma<cario>
pur anco stan depinti intorno il chiostro,
mi volgo ad altro dir; ché necessario
mi veggio piú circa l'enigma vostro,
che, se né Sfinge o Edipo torna in terra, Sfinge, Edipo
possia morir, se dramma lo disserra.
64. Oggi voi mi faceste il primo assalto, Soluzione de la prima
ch'io narri quanto 'l ciel da terra dista; dimanda
presto rispondo che gli è sol un salto,
provandol senza il «probo» del scotista:
lo diavolo cascando già giú d'alto,
quando privollo Dio de l'alma vista,
senza de tanti astrologi la cura,
vi tolse giustamente la misura. -
65. Meravigliossi a l'ottima risposta
d'un capo di lasagne il pro' Rainero:
- A la seconda - disse - senza sosta;
ché perder la badia qui fa mistero. -
Risponde il coco: - E questa anco riposta Soluzion de la seconda
tenemo, e risoluta, nel carnero: dimanda
perché da l'oriente a l'occidente
una giornata fa, se 'l sol non mente.
66. Quanto a la terza ambigua dimanda, Soluzion de la terza
che di saper quant'acque sian in mare, dimanda
rispondo che, se ai fiumi si commanda
con lui non debban l'onde sue meschiare,
voglio ch'in polve il corpo mio si spanda
se, quante gozze son, non so contare;
perché come potrò i' tòrvi misura,
senza levar de' fiumi la mistura? -
67. Or tacito Rainer per meraviglia
parea co' circonstanti esser di legno:
stringe la bocca e caccia su le ciglia,
e già vagli fallito il suo dissegno.
- La Vostra Signoria se meraviglia
- parla Marcolfo - un porco aver ingegno,
e questo accade perché v'inganate
pensando quel ch'è coco esser l'abbate.
68. Et ecco vi risoglio qui la quarta Soluzion de la quarta
ricchiesta, eh'era a dir lo pensier vostro; dimanda
quest'ultima, che piú dolosa et arta
credeste, or la piú facile vi mostro:
ciascun de voi, signori, non si parta
fin che chiaro v'appaia il stato nostro;
voi, dico, imaginate senza gioco
ch'io sia 'l priore, e so ch'io son il coco.
69. Miràti dunque a quello che pensate;
l'enigma vostro liquefatto giace! -
Rainer confuso disse: - In veritate
che piú schiumi pignatte non mi piace;
anzi sarai tu solamente abbate,
quell'altro sarà il coco, diasi pace! -
E cosí senza indugio al suo precetto
un cambio tal mandato fu ad effetto.
70. - Vegg'i' or - dicea - che non secondo il merito
vien dispensato il ben ecclesiastico,
per cui Lorenzo un sí crudel interito San Lorenzo
ebbe col suo, non col corpo fantastico;
onde de' mali chierci pel demerito Opinione de alquanti
difficilmente il duro freno mastico eretici
a creder che con l'arte aristotelica
si debbia predicare l'evangelica. -
71. Cotal parole un vescovo presente
avendo a sdegno, ch'un soldato ignaro
del stato ecclesiastico clemente
che lo biasmasse fra cotante gente
per colpa sol del novo coquinaro, Abbate fatto coquinaro
disse: - Signor, s'io son peripatetico,
piú vaglio almen d'un Borgognon eretico! Rainero era borgognone
72. Cosí parlando, il volto, che fu rosso
prima di vino, venne bianco d'ira.
Rainer si volge a lui tutto commosso
e quasi di vagina il stocco tira.
Lo vescovo temendo si è rimmosso
dal vento che 'n suo danno pronto mira;
volse partirsi, ma Rainer, al core
tornato, disse: - Or stati, monsignore.
73. Eretico non son, come in presenza Risposta de Rainero eretico
del popol mi chiamate in mia vergogna;
ma forse l'alta Vostra Reverenza
mi crede esser un bravo di Sansogna
lo qual a Roma faccia violenza;
e pur Ella fallisce, ché Borgogna
men crede et al tedesco et a l'ispano
et al francese vesco ch'al romano.
74. Ben meglio credo in l'alta Trinitade, Trinitade
Padre, Figliolo e insieme Spirto Santo;
e credo di Maria l'integritade Virgo Maria
poi che di carne in lei Dio prese il manto;
da Dio concessa a l'uomo, per cui vanto
darsi egli pò, se fusse ben nefario, Potestà de' pontifici
non esser Dio, ma sol di Dio vicario.
75. Credo ch'el bon Iesú facesse prima
quello che venne predicar in terra;
credo ch'el suo coltello in ogni clima
venesse porre al mondo pace e guerra; Veni ponere gladium
credo che d'un rubaldo una lagríma in terram
dal cor, lo inferno chiude e il Ciel disserra;
credo che del Vangelo il saldo piede
altro non sia, salvo la mera fede. Evangelica fede
76. Credo ch'egli perfettamente bello Speciosus pro
portassi barba e gran capillatura; filiis hominum
credo che 'l sparso sangue de l'Agnello
in croce, terminasse ogni figura;
donde cred'io ch'uguali ad un pennello
sian quei da' crini e quei da la tonsura;
ben credo che sol chierci fusser quelli Sacerdotes et pharisaei
che sempre eran a l'opre sue rubelli.
77. Cred'anco che, ad instanzia d'un malegno Cayphas
pontifice de l'anno e Farisei,
Pilato l'inchiavasse al crudo legno Pilato
con tanto scorno fra doi ladri rei.
Io credo ch'ivi a noi lasciasse un pegno
et una tal memoria che per lei
si cognoscesse a noi placato il Cielo,
levando giú dagli occhi a Mòise il velo. Moise. Levando la figura
78. Parlo de la sua cruda passione
e del mirabil dono di sua carne; Eucaristia
la qual mangiando, tutte le persone
lascian l'antiqui coturnici e starne. Figura
Credo che 'l bon Iesú per guiderdone
non voglia torti colli e faccie scarne, Ipocriti
ma sol il cor; e cosí tengo e creggio:
se questo è mal, non parlo, ma vaneggio.
79. Credo che sia l'inferno e purgatorio
in l'altro mondo, e in questo il provo ancora;
onde con Paolo apostolo mi glorio
esser d'acerbi casi tratto fora
non già col mio, ma sol col suo adiutorio;
lo qual grida con voce alta e sonora:
«Pericoli nei monti e tempestati,
pericoli nel mar e falsi frati». Sentenzia di san Paolo
80. Credo veder in carne il Salvatore
e spero gioir sempre di sua vista.
Creder di questo piú non ho valore; Adiuva incredulitatem
aiutami tu, vescovo albertista, meam
col figlio di Nicomaco, dottore Aristotile
oggi allegato in chiesa dal tomista,
senza la matafisica del quale
quel primum verbum Dei starebbe male.
Credo ch'un laico peccator si mende, Sentenzia di Gian
un chierico non mai: tal è che 'l mostra Crisostomo
(dico li rei). Fors'è che non m'intende
e in domo Dei già invitami a la giostra. Giostra d'i disputatori
Pian, piano, prego; ché qui non si vende, d'oggi
boni servi di Dio, la fama vostra;
anzi vi onoro come grati a Dio
e cangiarci col vostro l'esser mio.
Non dico il scapuccino, non la soga,
non le gallozze, lo cucullo, il floco;
so ben che superstizia non v'affoga
in creder che pietade vi aggia loco.
Protesto a tutti che non si derroga
a onor di fratte alcuno sin al coco;
ma sol mi volgo ai lupi e mercenari,
larghi nel commandar, nel far avari. -
Alor il vesco, che per bono zelo
in soccorso di Griffarosto venne,
cotal bestieme sotto 'l bianco pelo
di santa e dritta fede non sostenne;
sgombra la sala presto e spiega il velo
di colera nel mar su l'alte antenne.
Rainer sen ride e spesso a drieto il chiama,
dicendo: - Cosí fugge chi non ama.
Lo mercenario vede il lupo e scampa, Auttorità del Vangelo
perche non gli pertene de l'armento. -
Poi, vòlto agli altri, disse: - Di tal stampa
son tutti, che non stan fermi al cimento,
dovendosi ammortar qualch'empia vampa
d'eretici, perché co' l'argumento
sol d'Aristotil vogliono provare Aristotile
quel che con Paolo deveno salvare. Paolo
Sincera, pura, monda e senza macchia
quantunque esser la fede nostra deggia,
nulla di manco un sol error ammachia
la mente mia che forse non vaneggia:
non men credo al garrir d'una cornacchia
che al predicar d'un frate, il qual dardeggia
da' pulpiti chimere, sogni e folle,
che né Iesú né Paolo mai pensolle. -
Qui narra poi l'auttore che Milone
di mezza notte giunse armato in sella;
narra l'amore e gran compassione
ch'ebbe a la moglie, e come poi s'abbella
trovando un figlio in quella vil magione,
che scorre, guizza, iubila, saltella,
vedendo il padre che menarlo via
quindi promette, e già prendon la via.
Narra lo gran viaggio al mar Euxino,
ove trovò ch'Amone suo fratello,
scampando dal figliuolo di Pipino, Re Carlo
condotto avea d'armati un gran drapello,
et ha con seco il forte Rinaldino,
d'un angioletto piú vivace e bello.
Il qual con Orlandin s'accosta e 'nsieme
fan prove di sua forza molto estreme.
ingravidò del gran Guidon Selvaggio; Guidon Selvaggio
di Chiaramonte, il foco e gran dannaggio,
la morte di Rampallo tanto saggio.
E cosí Amon quel caso lor sponea,
come di Troia fece il grande Enea.
Onde se mai sarà chi scriver voglia
diffusamente questo mio compendio,
il libbro di Virgilio avanti toglia,
ove si narra quel troian incendio.
Ho di mangiar che di cantar piú voglia:
però, signori, date il mio stipendio,
il qual sarà di laude un sacco pieno;
et io non mangio laude, quand'io ceno!
Ben dirvi ancor potrei come Agolante
prese tutta la Europa et in Parigi
di Franza incoronò lo re Barbante,
drizando Macometto in San Dionigi;
la presa di re Carlo; e come Atlante
tolse for de le cune Malagigi, Malagigi
e come lo condusse in certe grotte,
e qui l'ammaestrava giorno e notte.
E come in Roma il giovenetto Almonte
entrò col gran triunfo di vittoria;
e come né per piano né per monte
non era piú di cristian memoria.
Potrei poscia tornare a Chiaramonte,
che, come di Turpin scrive l'istoria,
diece anni andò per l'Asia vagabondo
cercando in mar, in terra, tutto 'l mondo.
Potrei scriver ch'Orlando fatto grande
col suo cugin Rinaldo armati insieme
si ritornaro d'Asia in queste bande,
ove con forze smisurate, estreme,
oprorno sí che le genti nefande
cacciare virilmente; e come al fonte
questo Mambrin, quell'altro ancise Almonte. Rinaldo, Orlando
Ma voglio questa impresa sia d'altrui,
c'ho detto assai, signori, e forse troppo.
Dati perdon, vi prego, se pur fui
di andata sguerzo e di veduta zoppo:
puotesi mal per loghi negri e bui
correr di lungo senza qualche intoppo;
donde ne prego Dio che mi sovegna;
et a chi mal mi vòl, cancar li vegna!
da mantova.