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– Duerme en paz! – dicen los buenos.
O amico spirto, il dì (su
dai precordi
balzano ne la mente,
fiammeggiando, le vampe dei
ricordi!...)
che il tuo volto pallente
vidi l'ultima volta, era
un'austera
mestizia nel tuo sguardo,
quasi veggente de la iddia
severa
il sogghigno beffardo.
Aulìva il Maggio, e, chiuso
ne lo sdegno,
io da casa fuggìa.
Del fuggiasco a tante ire
fatto segno
tu eri in compagnia.
Fu triste quel saluto; io
presentivo
nell'odio mercenario,
che incalzava a le spalle il
fuggitivo,
l'onta del mio calvario.
E tu piegavi, pallido
giacinto,
sotto l'avversa sorte,
e il tuo viso recava
impresso e pinto
il bacio de la morte.
Così noi ci lasciammo, e da
quel giorno
io più non t'ho veduto;
quello, per me, del tuo
mortal soggiorno
fu l'ultimo saluto.
Mamma mi scrisse, che tu
stavi male,
e che soffrivi tanto;
Bice vegliava presso al
capezzale,
e si struggeva in pianto.
Poi vi sposaste, e quasi
ravvivato
da la dolce sembianza
de la fanciulla che ti stava
a lato,
rifiorì la speranza.
Nel mite raggio dei sorrisi
casti
l'occhio tremulo assorto,
per la vita, da prode, invan
pugnasti,
e, da prode, sei morto.
Ieri mia madre con la veste
nera
al parlatorio ho visto
e mi domando ancor, se
questa è vera
storia, od un sogno tristo.
Carcere dei Domenicani, 25 Luglio.