Pietro Gori
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INTERMEZZI

V.

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V.

Perchè mentre il reo cavalca
Glorïoso, trïonfante
Geme il giusto sotto il peso
De la croce sanguinante?
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Così ognuno si domanda
La risposta che ci tocca,
Son due zolle, che per sempre
Ci sigillano la bocca.

Enrico Heine, Zum "Lazarus"

Oggi mamma ha recato il pio messaggio,
che il morente Luigi le affidava,
e a l'imminente prova il mio coraggio

riconfortava.

E diman siederò sul duro scanno,
ove il reo siede corrucciato e fiero,
e di fare un processo crederanno

al mio pensiero.

E diman l'ira torva dei potenti
le nubi addenserà de la tempesta,
e de le umane leggi i dubbi eventi

su la mia testa.

Ma le ultime parole di quel morto
solenni, e piene d'una triste calma,
hanno in me suscitato lo sconforto

cupo de l'alma.

– «Qui tutti presso a me (del morïente
erano queste le parole estreme)
veniste ad allietare del dolente

l'ore supreme».

«I miei compagni e la mia dolce sposa
raccoglieranno l'ultimo sospiro;
e a voi, che a torno al mio letto in pietosa

corona io miro,

mercè di tanto caldo affetto; o cari,
ben mesto ai colpi de la morte io cedo,
io parto, e Pietro a consolar gli amari

addii non vedo».

«Quando più non sarò gli porterai
o Bice, questo mio fraterno bacio,
e a ritrovarmi teco il condurrai,

ov'io mi giacio».

«A lui direte, è questa la parola
d'un moribondo, che la vita è un vano
desìo, felicità la eterna fola

d'un credo insano.

«Chè se la terra una dolcezza accoglie
vera, grande, ineffabile, profonda,
lei non adduce d'abbaglianti voglie

la mobil onda.

«La dolcezza del mondo è presso il santo
sorriso de la sposa e de la madre,
se veglia e splende su quel mite incanto

l'occhio del padre.

«E gli direte, il popolar favore
mal fermo. Oh come, in suo fraterno ufficio,
solo ed ignoto pugnerà ne le ore

del sacrificio!

«E un giorno a le baldanze ed agli affanni,
a li entusiasmi del suo cor fedele
non tardo seguirà dei disinganni

lo stuol crudele.

«Pria che lo colga lo sconforto amaro
consacri a famigliari opre l'affetto,
e teco, o sposa, allieti, ed ami il caro

paterno tetto.

«Io muoio, Bice, ma se il fato acerbo
m'ha dai söavi tuoi nodi strappato,
m'è dolce anche la morte – io son superbo

d'averti amato».

Tale il morente ragionava. Ed io,
ne la mestizia dei ricordi assorto,
ripenso tanta giovinezza. Addio,

povero morto!

Addio, fratelloaddio, compagno onesto
del mio tempo migliore, o pie fidanze
dei più baldi anni miei, serto contesto

di rimembranze!

Ne le ore meste de la vita – quando,
da la viltà percosso e da la ingiuria,
sanguina il cor, e sovra esso mugghiando

il nembo infuria

ricorderò tuoi detti estremi. Orrendo
certo è il presagio; pur contro l'immenso
turbo de le ire io movo, e non attendo

lode o compenso.

Tale il mio fato; e tu, povero estinto,
non dir ch'io manco al tuo desir: la mia
bandiera io seguo, e un , forse, non vinto,

cadrò per via.

Io fui già prode, e tu, che non piegasti
l'ardito cor giammai, pe 'l crudo e fello
destino, a la viltà non consigliasti

il tuo fratello.

Ma il gentil voto intendo: a la tua sposa
custodia invochi; ed il fratel pugnace,
– «M'è sacro, dice, il desir tuo; riposa,

fratello, in pace

28 Luglio.


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