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Quanta letizia
Ravviva in mente,
Quella marmorea
Torre pendente,
Se, rivedendola
Molt'anni appresso,
Puoi compiacendoti
Dire a te stesso:
Non ho piegato
Nè pencolato.
G. Giusti, Le memorie di Pisa.
Il treno, ne la scialba
luce, correva celere,
già inargentava l'alba
l'erbe dei prati roridi.
Le piane io rivedea
che, scolaro, percorrere
ogni mattin solea,
piena di sogni l'anima.
O compagni obliosi
dei belli anni miei giovini
– sin che il mio cor non posi
ne la pace del tumolo –
io non saprò scordare
gli affetti alti ed i sùbiti
sdegni, le paci care,
gli odî e le ire magnanime.
Oggi è triste la via;
di voi, festanti e garruli,
non sono in compagnia;
gendarmi e spie mi scortano.
Ma su questi sedili,
che i bei sogni cullarono
de li anni giovanili,
le memorie si assidono.
Ecco Pisa serena,
cui d'Arno i seni allietano,
cui, da nival catena,
montagne ardue salutano.
Ahi, Pisa, dolce terra
di studî e amori pronuba,
vedi, quale or mi serra
laccio vile, e contamina?
Un tempo a le tue notti
i miei canti salivano,
ed il sonno a' tuoi dotti
di arguti inni rompeano.
Anche allora li audaci
pensieri a me vietarono;
ma di ferro i pugnaci
polsi, almen, non avvinsero.
Bella torre pendente,
migrando al novo carcere,
il captivo dolente
non abiura, e non pèncola.
Nel reo vïaggio il mio
pensier non geme, e, libero,
batte i suoi cieli. Addio,
bella torre marmorea!
Oltre il Serchio mi attende
una empia solitudine,
su quell'asil non scende
La carità degli uomini.
Me, là giù, non adduce
desìo d'aria o di grappoli,
l'amor non mi conduce
de l'ampia Val di Nievole.
Nel libro di mia vita,
o Lucca, un'altra pagina
di mestizia infinita
scriveranno i tuoi giudici.
Livorno-Lucca. Nel vagone
cellulare.
24 Agosto 90.