Pietro Gori
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AL POPOLO E A QUANTI COMBATTONO PER L'UMANESIMO

INSONNIA

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INSONNIA

Silenzïoso il carcere
già s'addormenta ne la notte scura,

– sotto le fosche nuvole
solenne al pari d'una sepoltura.

Vien, da lunge, la garrula
voce del mondo, impicciolita e stanca,

a morir di mestizia
e di languor su la muraglia bianca.

Io non dormo; non dormono
i miei pensieri nel cervel rovente;

e, come spettri, riddano
ne li antri paurosi de la mente.

Non son queste fantasime
i miei rimorsi; non l'alta e severa

voce del cor, che brontola
una bestemmia, o rugge una preghiera.

Se de gli anni miei giovani
ripenso il vol, dai sogni de la culla,

invano cerco tristizie
d'opre, di voglie o di pensieri. Nulla.

Ho troppo amato gli uomini,
e questo, forse, è lugubre follìa,

forse è delitto credere
d'amore ne la candida utopia.

Ma queste ombre funeree
io le vedo aggirarsi minacciose:

vedo strisciar la tenebra
in atti strani, e forme päurose.

Il rimorso è ne l'aura
di questa cella piena di misteri,

ove tanti vibrarono
foschi ricordi e torbidi pensieri.

Ove tante passarono
coscienze tempestate dal conflitto

sconsolato ed assiduo
fra l'orror de la pena e del delitto.

Questa è l'onda terribile
che batte ancora sopra i vecchi muri;

è la ridda fantastica
d'ire feroci e di mïasmi impuri.

O larve, o scheltri, o pallide
umane turbe che di qui passaste;

o brandelli di popolo,
che, forse, l'uomo e un ideale amaste;

che per l'aspro vïottolo
de la miseria – voi tradendo il fato

siete caduti, e gli uomini,
vili! hanno riso, e non vi han sollevato.

A mucchi vi gittarono,
rottami informidentro a le galere,

al sole almo vi tolsero,
e al bacio santo de le primavere.

Ombre di miserabili,
lasciatemi a l'oblìo dolce e profondo;

pace, pace, o colpevoli
o sventurati, perdoniamo il mondo.

Lucca (S. Giorgio) 10 Settembre 90.


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