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I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
I.
Canta giocondamente ne la festa
de le rame fiorite, il cardellino.
L'aurora splende, il piccolo giardino
sotto i roridi baci si ridesta.
La giovinetta l'erbe già calpesta
sazia di riposar fra il bianco lino.
Passa, ne l'aura pura del mattino,
come fior di gaggìa bionda la testa.
Forse fu un sogno intensamente lieto
che sì per tempo il sonno le ha fugato
dagli occhi belli? o il baldanzoso canto
de l'augelletto? o un palpito segreto?
O pur le preme il core uno spietato
triste presagio di futuro pianto?
II.
Pel sentiero che sale a le colline
due gentili fanciulle vanno, sole.
Proteggon l'ombre d'una le corvine
chiome, quelle de l'altra accende il sole.
Le trecce sfioran l'erbe, quando chine
indugian raccogliendo le vïole,
presso il rio, fra la siepe irta di spine.
La bionda nel fulgor muove carole,
e canta, e sogna già l'azzurra vesta
per la danza di mammole adornata,
e gli sguardi d'amor. Tace la bruna
andando lenta, e immagina la mesta
tomba del suo diletto inghirlandata
biancheggiar sotto il bacio de la luna.
III.
Il giovine signor, la man gemmata
con gesto lento a la gran fiamma stende,
nell'avido camin tosto s'incende
Del cofano giá vuoto, spalancata
è la bocca; seppe egli le vicende
di tanti cori deboli; ed apprende
ora i dolci segreti la fiammata.
Crepita rosseggiando il trionfale
pennacchio ardente, e guizza, le parole
rivelando dei fogli inceneriti;
escon ratte, confuse. Di vïole
un lieve odor dal cofanetto sale.
IV.
Deserto è il salottino giapponese
ingombro di gingilli o di tazzine;
sul tappeto una ventola di trine
giace; languono ancor lampade accese.
Due soffici poltrone, assai vicine,
e parole d'amor, poc'anzi intese
da due giovani bocche porporine.
fanno le mosche ne l'aerea danza.
Sono schiusi i balconi, la quïeta
canzone il mite grillo fa trillare.
Eccoli: s'ode un passo nella stanza
attigua, ed un fruscio lieve di seta.
Presso la fonte parlano d'amore
fidenti e lieti i giovinetti amanti.
Egli, nel volto bruno, scintillanti
gli occhi: Ella, soffusa di pallore,
chine le ciglia. Un tenue tremore
hanno le foglie intorno. Paion canti
di genietti quell'acque zampillanti
del tranquillo meriggio a lo splendore.
Un gorgheggio risuona di repente,
e oscilla poco lungi l'esil ramo
che ricovera il nido già tepente.
Del rosignolo al querulo richiamo
Ella il bel capo leva; Ei dolcemente
le sussurra commosso: = Come t'amo! =
VI.
Erra pel mare una vela soletta,
e par da un'ala candida protetta
del pescator la vecchia barca bruna.
Queto egli dorme, e sogna la diletta
vergine spenta; attorno gli si aduna
di sirene una schiera, ma nessuna
è bella come Lei che al core ha stretta.
Cantan le ninfe; dolce si diffonde
la musica divina; ognuna porta
perle e coralli fra le chiome bionde
della fanciulla inanimata e smorta;
mentre incessanti, cupe, intorno l'onde
ripeton gorgogliando: = È: morta, è morta!
VII.
A tarda notte il vecchio ciabattino
batte il martello a lavorare intento.
Da la parete langue un lumicino,
un grillo stride a tratti sonnolento.
Il capo stanco resta a lungo chino:
s'insinuano i sogni a tradimento;
chi gli porge un anello di rubino
chi una coppa ricchissima d'argento;
e ridendo ridendo degli inganni
gli sussurran: – Sei giovin, ricco, amato,
che più indugi? La dama attende al ballo! –
Ed agitan in ridda pazza i vanni.
Ma alfine il diavolio viene troncato.
Corrono in fuga i sogni. Canta il gallo.