Pietro Gori
Ceneri e faville
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Ceneri e Faville

PRO DOMO NOSTRA

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PRO DOMO NOSTRA2

Coraggio!… Perché non dovremmo vincere?

Siamo pochi – confessiamolo pure. – Che importa?... Ma dietro a noi stanno le moltitudini infinite. Le moltitudini sfruttate e dolorose, a cui è necessario bandire la parola di redenzione.

E perchè non giungeremmo noi a persuadere? Perchè non dovremmo noi riuscire a questa dimostrazione: che l'attuale sistema economico e politico non è che una forma di brigantaggio organizzato a vantaggio di pochi privilegiati e a danno delle grandi maggioranze proletarie?

E, raggiunta la dimostrazione demolitrice, perchè non riusciremmo a coronarla con questa conclusione che società veramente libera ed egualitaria potrà dirsi solo quella in cui più non saranno padroni governanti?

O saggio magistrato del Fisco; perchè arricciate il naso? Intendiamoci subito: Noi non scriveremo la nostra rivista con la penna intinta nel fiele dell'odio: e per amore degli uomini che siamo combattenti – ed è con un pietoso sentimento umano (il sentimento dell'anatomista indagatore) che vivisezioneremo le palpitanti ingiustizie sociali.

E se le nostre ribellioni morali alle constatate ingiustizie ci faranno talvolta esplodere in irruenti parole, pensate, o saggio magistrato; che anche Cristo di Galilea, ch'era mansueto e mite, non seppe frenarsi dalla voluttà di staffilare i mercanti profanatori. Che se dalla miseria dei molti, innegabile e dilagante, se dalla disonestà trionfante in alto e smascherata da noi, il lettore sarà trascinato a riflessioni irresistibilmente ed onestamente rivoluzionarie – la colpa non sarà nostra, ma del modo di funzionare degli ordinamenti sociali che si sfasciano per dissoluzione organica propria.

***

Per dirsi anarchici, per affermarsi audacemente, intransigentemente anarchici, quando tutta la folla pavida e pratica, che passa sotto il nome di gente onesta sta loro con la pistola alla gola, e le gazzette soffiano nel fuoco ove vorrebbersi bruciare i loro scritti, e – approfittando della occasione – anche gli scrittori, quando perfino la classica, ospitalità britannica smentisce se stessa col dar la caccia a questi profughi d'ogni paese, a questi reietti di tutte le patrie; quando la serenissima repubblica di Francia, briaca ancora dello champagne bevuto in omaggio del grande deportatore di tutte le Russie, tresca con le polizie monarchiche per tutelare le sazietà democratiche dalle fami coscienti e irruenti di cotesti faziosi; quando infine i socialisti di Via San Pietro all'Orto3 dicono e stampano sugli anarchici più sciocchezze e insolenze di tutti insieme i Pubblici Ministeri, concionanti nei soliti processi di associazione di malfattori – oh perdio, e non lo diciamo per vantarcene, un po' di fegato ci vuole.

Ebbene, malgrado tutto ciò, noi non ci daremo le arie da perseguitati, non faremo le querimonie d'un martirologio ch'è nulla di fronte alle grandiosità dell'idea, per cui nelle nostre file si combatte e si muore, ma che è pure infinitamente grande nel cospetto del socialismo cattedratico, senza pericoli e senza abnegazione, dei cacciatori di voti.

***

«Fino al socialismo, sia... ma fino all'anarchia no – no, e poi no – non ci arriviamo». Ecco, il discorso che corre sulle bocche della turba misoneista – dalla folla eunuca e abbrutita dalla miseria fisiologica e dalla degenerazione morale, alla folla dorata dei pubblicisti che trovano nelle ribellioni... letterarie il segreto di rendere accetti al pubblico i loro libri, e dei dilettanti di rivoluzione... nei congressi nazionali e internazionali, difesi e protetti dai patri governi.

Oramai il socialismo, così nel suo significato generico, è un genere di sport come un altro.

«Chi è che non sia socialista oggidiceva di recente un moderato illustre in un discorso politico.

Certamente: è un'iridescenza infinita che va dai redattori della clericale Rassegna Sociale alla Critica… non meno Sociale – ed anche (e, perchè no?) alla neonata Lotta Sociale.

«Parole, parole, parole» direbbe Amleto, e sia – una rivista per quanto battagliera non è una battaglia.

Ma può essere un segnacolo di battaglia. Ebbene volete scommettere, lettori amici, che tutte le ire, tutti gli odî si addenseranno contro di noi?

L'autorità ci farà subito il viso delle armi – e il neo socialista Lombroso si affretterà a domandare i ritratti dei redattori per completare i suoi raffronti antropometrici fra gli anarchici e i delinquenti.

***

E noi proseguiremo, coraggiosamente sereni, per la nostra via.

Giungeremo a persuadere?

A persuadere che la nostra è la idea dei buoni, dei forti e dei veggenti?

A persuadere che, benchè tutti sieno contro di noi, e noi contro di tutti – pure nei cuori nostri non alberga l'odio contro i nostri simili, e che solo perchè non siamo violenti vogliamo distruggere la violenza con la violenza?

A persuadere che, appunto vogliamo siamo amici dell'ordine, del vero ordine sociale, vogliamo l'anarchia, ch'è la società senza governo?...

«Ma la società senza governo è essa possibile?...» gridano mettendosi le mani nei capelli le oche dell'attuale disordine legale – che i social-legalitari per malignità chiamano anarchia borghese.

«E chi farà i regolamenti ferroviari in anarchia?...» urla esterrefatto il paffuto direttore di Critica Sociale… «E chi beverà il cognac Martell di sette stellegrida gongolante di rabbiosa gioia l'ex onorevole Ruggero Bonghi.

Lettori amici, in questo numero promettiamo molto, e non dimostreremo nulla. È facile comprendere perché.

È un mondo intiero che tramonta, ed è un mondo nuovo che sorge.

A noi dimostrare le ragioni di cotesto inevitabile tramonto –a noi dimostrare la fatalità storica di cotesta aurora che dai sanguigni orizzonti, si affaccia sfolgorante e trionfale.





2 Questo articolo è stato inserito nel primo numero della «Lotta Sociale», rivista scientifica del socialismo anarchico, che vide la luce in Milano il 1 gennaio 1894. La reazione scatenatasi in Italia ne troncò le pubblicazioni.



3 Sede del partito socialista d'allora.



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