Pietro Gori
Ceneri e faville
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Ceneri e Faville

I DELINQUENTI DELL'ORDINE

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I DELINQUENTI DELL'ORDINE8

Ancora del sangue!... Qualche oncia di piombo di meno nella giberna dell'uccisore, qualche macchia di più sui gloriosi lastrici e sul nome d'Italia. Eppoi un gran battagliare di frasi, ed un tumulto epico di ordini del giorno... Più tardi, quando le inclite pance torneranno più capaci e rapaci dalle blande acque di Karlsbad o da quelle eroiche di Montecatini, quando scenderanno dai faticosi ozi dei monti, o risaliranno dalle stimolatrici d'ogni complicato appetito crociere estive sui mari e converseranno di nuovo le oligarchie della banca e della politica ai concilii supremi dell'una o dell'altra fraude – i portavoce degli indignation's meetings svolgeranno interrogazioni ed interpellanze di ben maturato sdegno su questa inquietante epidemia di pallottole erranti, nella sua diffusione la teppa azzurra ha vinto ogni record sulla teppa grigia; le loro eccellenze dell'interno e della così detta giustizia accerteranno che dalle inchieste (ormai la prosa dell'una può servire alla manipolazione di tutte le altre) è resultato che gli agenti della forza pubblica hanno sparato per difendersiricordo un negro Messicano, assaltatore di strada ed assassino, che all'accusa di avere ucciso un viandante dopo averlo depredato rispondeva che lo aveva fatto... per difendersi – gli onorevoli interpellanti si dichiareranno tra i grugniti delle bande conservatrici, non soddisfatti. E tutto sarà finito.

E tu, o ventenne di Palermo, cui tra qualche giorno non vi sarà che una madre tapina a ricordare ed a piangere, puoi accontentarti dei pochi fiori che la folla dolente sparse sul tuo sangue raggrumato – e tu, o lavoratore9 non anche quadrilustre, che nella cara città dal golfo meraviglioso procombesti ai colpi, i quali furono come il rimbombo solidalmente fraticida delle fucilate di laggiù, riposa quieto giacchè le sublimi indifferenze dei tutori della sicurtà pubblica, ebbero dal presago urlo de' tuoi il nome da dare alla tua fossa vermiglia – e voi, prodi cacciatori d'uomini, cuopritevi gli spruzzi di quel povero sangue sul vostro petto col nastro di qualche decorazione al valore della guerra... civile che gli ottimati d'Italia decreteranno al vostro romano disprezzo della vita... altrui.

* * *

Io non scrivo per odio speciale al poliziotto, vesta egli l'una o l'altra assisa, sia azzimato delegatino di carriera, od inconscio soldato fattosi fucilatore dei fratelli in blouse, per quella deformazione etica dovuta alla disciplina militare o per quello scatto di psicosi collettiva, che fa lanciare il sasso contundente (dagli otto ai quindici giorni di più o meno autentica malattia) alle moltitudini esasperate, o fa scattare il grilletto più o meno omicida alla milizie dell'ordine statario.

Per quante vessazioni, tra idiote ed infami abbia architettato contro di me la zelanteria questurina – il mio spirito d'osservatore e di studioso ha potuto conservare quella imperturbabilità critica, ch'è precipuo virtù del positivismo, e che sola può suggerire un equo giudizio.

Aggiungerò anzi, che cotesta forma di delinquenza che si scatena dalla presunzione d'onestà e dalla certezza d'impunità d'ogni atto, prestato necessario alla conservazione di quella tal cosa che fu convenuto chiamare ordine – la delinquenza monturata od in qualsiasi altro modo ufficiale, che semina la morte e lo scompiglio, come una sua specialissima funzione, durante tutte le grandi commozioni pubbliche, le quali sono il polso della vita robusta d'un popolo – la delinquenza infine, che per larvare di legalità gli arbitri, le violenze, le inutili brutalità commesse su gente quasi sempre inerme, fabbrica verbali menzogneri, manipola testimonianze false, corona in un agguato giudiziario la sua prepotenza di piazza, con assassini morali talvolta più disastrosi degli stessi colpi di rivoltella o di carabina; cotesta delinquenza, temuta da tutti, spregiata in segreto da molti, ma incoraggiata agli eccessi dalla prospettiva di tolleranza o dallo stimolo di premio, io la proseguo di quella commiserazione profonda, che suscita in me ogni manifestazione di infermità o di mostruosità morale, salvandomi persino dal ribrezzo che afferra i più coraggiosi, che s'affacciano sopra un abisso.

* * *

Ma la tanto blaterata difesa sociale contro le forme comuni della criminalità, che giunge sino alle inumazioni di viventi nelle bolgie del cellulare – la reclamiamo noi contro questo spaventoso malandrinaggio stipendiato (sia pure con salari di fame) ed armato ad ogni più forsennata impresa contro la incolumità dei cittadini, di tutti i cittadini.

E cotesta difesa noi non la invochiamo (ai partiti autoriari simili ingenuità) dai poteri dello Stato, dai comizi di partiti.

La rivendichiamo dalla dignità della coscienza pubblica, dalla fierezza dell'azione popolareintese queste espressioni nel loro significato più concreto e fattivo. Sia un apostolato di madri, trepidanti che il buon sangue pulsante nei corpi adorati della figliolanza innocente rosseggi sopra un selciato prossimo sopra una zolla lontana... Sia una resistenza grandiosa e civile di padri e di fratelli, di tutti i padri e di tutti i fratelli, stretti in difesa virile, questa volta non intorno egli stendardi di parte, ma alla più grande e preziosa delle ricchezze sociali, il più sacro dei diritti naturali: la vita umana.

Castiglioncello, 5 agosto 1907.





8 Dal Libertario.



9 L'autore allude ad Angelo Micchi ucciso il agosto a Spezia in occasione di una dimostrazione anticlericale, alla quale egli era estraneo.



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