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In quest'ora di angoscia, nella tragica attesa, mentre la vita contende alla morte vittoriosa ciò che di vitale è rimasto ancora sotto le enormi macerie, non è la penna che scrive. È il cuore che pulsa. Non inutili segni grafici. Ogni parola sia un palpito. E ad ogni palpito risponda il palpito degli altri cuori. Perchè un rombo sterminatore è passato. È passata la morte.
Chiamate dunque, chiamate a martello, chiamate a riscossa tutte le energie del bene. Evocate tutte le braccia, tutte le menti, tutte le anime. Lo sterminio fu l'opera di un baleno. Un sussulto della terra, una frenesia urlante dei muri e dei petti squarciati. Poi, sulle due riviere sorelle, tra gli aranceti d'oro, sul più lieto mare del mondo, null'altro, che un sepolcreto immenso.
Dinanzi alla violenza sismica che die' morte, avrà sussulti del pari possenti la dinamica dell'amore, per il quale rigermina ovunque la vita? Essa deve rifiorire sul baratro cruento.
Oh mia gentil città nativa, Messina, gemma dell'isola gemmea, potesse la parola d'un figlio che dal tuo seno di zaffiro spiccò l'esistenza raminga, portare verso di te tutte le mani capaci a riedificare, tutte le dovizie necessarie a lenire, tutte le dolcezze atte ad asciugare il tuo pianto!...
Potesse l'opera mia alla cara città, che dall'opposta sponda ti sorridea, a Reggio, tua gemella di bellezza e di sventura, condurre come nei giorni d'altre lotte, le schiere sante della rivincita contro la ruina, che su codeste riviere del sole, si scatena dall'alto per umana ignavia, ed irrompe di sotto terra colla perfidia occulta delle ribellioni cosmiche.
Potrà la ineffabile poesia del focolare, cui rievocò di questi giorni tra gli uomini il ritorno di una tradizione intessuta di tenerezza e di mestizia, saprà suscitare nella fosca aurora di quest'anno che è sorto, la fiammata grande della carità che non misura, della fraternità che non discute, dello slancio che non conosce limiti?
Tu, grande anima umana, che udisti in lacrime il fiero annunzio, lèvati tutta, ed offriti in tutto quello che possiedi, in tutto quello che puoi. Offriti tutta ai fuggenti lontani che invocano, ai fratelli che non hanno più asilo, che non possono neppur seppellire i loro morti, rimasti sotto le case, ieri liete dei tanti baci e dei tanti ritorni, nel nome e con la promessa di Cristo, – promessa ch'ebbe una volta ancora dalla natura crudele, dopo che dagli uomini, terribile la smentita.
Ma se oggi le case dei fratelli laggiù, son tutte una materia, e mute come una sepoltura, – più forte del disastro che annientò, sia la civiltà che si protende commossa, verso la tomba immane.
Portoferraio; 29 dicembre 1908.