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Non chiusi un occhio per tutta la santa notte. Udendo il respiro del generale che dormiva, rammentai la bella scena dell’Ettore Fieramosca, dove il caporale Boscherino, trovandosi al buio con Cesare Borgia, tremava nel sentirlo respirare, come se si fosse trovato a tu per tu con un leone.
Garibaldi non era Cesare Borgia, né io il Boscherino; pure, nel trovarmi così presso a quel meraviglioso uomo, di cui tutto il mondo parlava, un sentimento ineffabile di stupore mi prese che mi mandava in visibilio.
Erano scorse quattr’ore che mi erano sembrate secoli; ed ero tutto indolenzito, perché la paura di svegliare il generale mi impediva di volgermi e rivolgermi, come avrei voluto, su quel divano, che per essere stretto e corto, mi teneva in un disagio maledetto. A un tratto, sentii il generale tossire leggermente, e poi dirmi:
– Bandi?...
– Signore...
Tosto un fiammifero s’accese, e la candela illuminò la cameretta.
– Fatemi il caffè – riprese il generale accennandomi sopra un tavolino da notte tutto il necessario per farlo.
Feci il caffè, glielo versai nella tazza, e quindi ne presi la mia parte.
Aiutato che ebbi il generale a vestirsi non senza accorgermi che egli soffriva non mediocramente di dolori egli disse:
– Andate di là a chiamare Fruscianti e andiamo a prendere un bagno a vapore. Lo sapete che il medico m’ha ordinato il bagno a vapore?
Venne il vecchio Fruscianti, compagno indivisibile del generale, tutt’e tre pigliammo la campagna, e per un’ora buona c’inerpicammo su pei poggi.
Quando fummo non lontani da uno dei tanti forti, che inghirlandano Genova, il generale disse: «Basta». E sedette sopra un sasso, invitandomi con un gesto a fare altrettanto.
Allora Garibaldi rientrò nel discorso della sera innanzi, e persuaso sempre più della ragionevolezza del mio rifiuto disse:
– Se non volete andare a Perugia, verrete con me. Lo sapete dove andiamo?
– No, generale...
– Ebbene, ve lo dirò io. Già so bene che non parlate, e posso fidarmi di voi.
E mi narrò, scendendo giù per tornare alla villa Spinola, l’audace disegno che aveva formato e le speranze grandissime che aveva di condurlo a termine con felicità e con vantaggio grandissimo delle cose nostre.
Ascoltavo avidamente, e i lampi che mandavano gli occhi di quell’uomo, mi dicevano avergli Dio ispirato nel cuore un augurio infallibile.
Rientrando nella villa, mi disse:
– Non tornate in Alessandria, rimanete qui.
– Generale – risposi – mi daranno disertore...
– Non ci pensate; di cosa nasce cosa. Ma... a proposito, vedete se tra i panni miei e quelli di mio figlio, ce n’è qualcuno che vi stia. Toglietevi di dosso l’uniforme ché potreste dar nell’occhio.