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Luigi Lucatelli Athos Concordanze (Hapax - parole che occorrono una sola volta) |
Cap.
1001 I| nominare i ministri e i deputati col solo cognome, come compagni 1002 VII| attraversare vasti campi deserti, fuori d’ogni vista d’uomo, 1003 IV| una seggiola.~ ~– Che cosa desidera il signore? – domandò il 1004 IV| tranne lui, non osavano desiderarla.~ ~Avevano attraversato, 1005 IV| molto lontana da noi, mai desiderata, mai amata, d’un tratto 1006 IV| aveva mai amate: appena desiderate, con una secreta voglia 1007 VII| notte e della morte che desiderò ardentemente di essere scoperto 1008 XII| innanzi agli occhi la visione desolata della sua cella umida che 1009 IV| Ludovisi e ad un tratto, come destandosi, battè il piede in terra 1010 VII| dorme in ognuno di noi si destasse con un urlo spaventevole 1011 III| non lo guardava.~ ~Come destatasi appena da un sogno, sorrideva, 1012 XII| domandarsi vagamente come mal desto: Chi ci sarà in quel villino?...~ ~ 1013 XII| ascoltando le voci dei detenuti cantare a mezza voce qualche 1014 VII| camminava senza che una determinata volontà lo guidasse. Gli 1015 VI| povertà! Io ti desidero e detesto come una meretrice il suo 1016 VI| stata raggiunta mai; nè dal dettame della fede, nè da quello 1017 VI| pedante e minuziosa, sui dettami della poesia e del romanzo, 1018 III| qualche angolo. Si sono detti dei particolari degni dell’ 1019 III| leggenda di Anna Guinizelli dev’essere, come è certo, nient’ 1020 VI| detto che essa sognava. A dì là del limite di tensione 1021 III| nascoste.~ ~Le sue nari diafane e mobili vibravano come 1022 I| napoletano, fece un brindisi in dialetto, di cui si rise un mondo, 1023 I| secondo di Mario Garbini, buon diavolaccio pieno di debiti e cacciatore 1024 XI| aveva seguito sempre il dibattito.~ ~– Ecco, proseguì il giovane 1025 VII| tavolette foderate di velluto, e dicendosi delle parole infami, evocando 1026 XI| sembrava che il suo amico dicesse a chiara voce ciò che il 1027 II| undicesimo tocco, i suoi amici dicessero: «puntuale come il Conte 1028 VII| con tanto furore, aveva dichiarato il suo impero, era andata 1029 IX| mani adunche e sudicie, che dichiarava il suo dominio sul luogo 1030 II| fichi secchi. E, circa ai diciott’anni, perdette il babbo 1031 III| arrossire me o te, e non dico poco: cose da pazzi. E tutti 1032 IV| nel suo giuoco.~ ~Ciò gli diedi un senso nuovo ed impetuoso, 1033 VI| forniva nessuna arma per difendersi. Pensò a Dio. Ma il buon 1034 VII| smarrimento della paura, la folle difesa dei vivi: «Non è vero!... 1035 IX| ciò che vedeva era così differente dall’orrore vibrante, impetuoso, 1036 VI| e te siamo di due razze differenti. Io sono un episodio della 1037 III| da mentore.~ ~– Non sarà difficile.~ ~Infatti il salone si 1038 IV| universale, vasta, inesorabile, diffusa sul mondo e da cui fosse 1039 VII| respingeva... Gli parve, ad un diguazzamento più forte della pioggia, 1040 VII| Porta Pinciana e si internò, diguazzando coi piedi nelle pozzanghere 1041 IX| l’ipocrisia che avrebbe dilagato, contro tutto ciò che si 1042 VII| grido di terrore, gli occhi dilatati d’uno spavento inumano.~ ~ 1043 IX| annegava in mezzo ad un diluvio di fogli gualciti, di appunti, 1044 II| in ogni senso le stesse dimensioni psicologiche, ed era passabilmente 1045 X| Ciò diceva: Addormentati, dimentica, sogna, povero essere solitario 1046 X| della carne e dello spirito, dimenticando tutto e tutti.~ ~Ma poi 1047 VI| i miei ricordi, e potrei dimenticarti?~ ~La sua voce si era fatta 1048 II| antiche colpe ignorate o dimenticate.~ ~La copertina, strappata 1049 III| trovare un’altra conclusione. Dimenticavo di dirti che la signora 1050 XI| vostri simili, affinchè egli dimentichi il sangue che avete sparso.~ ~« 1051 XI| faccio sapere che ho dato le dimissioni. Ho quattro palmi di terra 1052 III| Astarot: maligni troppo. Dimmi chi è quella magnifica signora 1053 I| stoppie bruciate e d’acqua.~ ~Dimodochè il professor Vinciguerra 1054 IX| in mezzo al tumulto delle dimostrazioni. Il delegato, un giovanottino 1055 IX| le statue gigantesche dei Dioscuri e dei cavalli scintillavano 1056 VI| asservito, tutto l’animo tuo dipende dalle parole degli altri, 1057 VI| infinito disgusto che si dipingeva sul volto di Monaldo. Essa 1058 VII| in tutto il suo essere si dipinse uno sgomento pauroso, un 1059 XI| Nemmeno per sogno. Tu mi dirai: Ma tu sei stato in linea 1060 XI| signorine Savigny? Non si direbbe che stiano a teatro ad uno 1061 III| tempo, tenente, altrimenti direte che il femminismo è un delitto.~ ~– 1062 VI| raggiunto la fibra a cui era diretta e che doveva incatenare 1063 IV| minacciato d’un rapporto alla direzione: gli uscieri, un poco lenti 1064 VII| preoccupandosi di sembrar diritti e in gamba, egli guardava 1065 IX| costume, il barbaro suo diritto ad esser baciata e stretta, 1066 III| vagamente, che… come si fa a dirlo?… Essa fosse una specie 1067 IV| che di solito affidava il disbrigo delle minori faccende ai 1068 VII| folle terrore di essere discacciato. L’altro gli accennò d’entrare.~ ~ 1069 II| dai suoi occhi quell’ombra discesavi, chi sa?… in una triste 1070 XII| di alberi giovani.~ ~Essi discesero: gli amici abbracciarono 1071 X| Anna sentiva qualcosa disciogliersi lentamente nel suo cuore, 1072 IX| per bene, incanutite nella discreta e pacifica voluttà dell’ 1073 X| consigliasse delle cose discrete ed umili, ed un insetto 1074 III| Era un piccolo luogo, discreto e squisito, tutto chiuso 1075 XI| c’erano tante di quelle discriminanti che un mormorio di soddisfazione 1076 IX| saprà. Egli torna a casa, discute, strilla!... la servitù 1077 XII| ambiente; accettando senza discuterlo questo beneficio che gli 1078 V| vostro, ed amarvi, non vi discuto, vi soggiaccio, sono cosa 1079 X| luce schietta del sole, disegnando immobili quadrati per terra.~ ~ 1080 VII| dentro, vide la lama chiara disegnare un semicerchio fulmineo... 1081 XII| vuoto. Un fiore bizzarro si disegnava sulla felpa, al suo posto.~ ~ 1082 XI| pensa all’orrore delle carni disfatte, alla oscenità macabra di 1083 VI| Egli era un pover’uomo disgraziato, un cornuto qualunque.~ ~ 1084 IX| senso così amaro e triste di disillusione e di stanchezza, una così 1085 III| quel giovane corretto e disinvolto, così bene inguantato, che 1086 IV| elettrico.~ ~Guardando a caso al disopra del foglio aveva veduto, 1087 II| camera da scapolo ricca e disordinata, ed in quel moribondo scarno 1088 VII| campagna, assolutamente disorientato.~ ~Ora la pioggia cadeva 1089 III| tenente attirando l’amico in disparte. – Un bel giorno, senza 1090 III| di passione ed i gemiti disperati che partivano dallo strumento 1091 II| che non aveva avuto mai dispiaceri gravi, dacchè era al mondo, 1092 VI| quel luogo che sembravano disposti per accogliere le meditazioni 1093 VI| mi puoi disprezzare senza disprezzarla. Non mi credi?... aggiunse 1094 VII| Egli poteva vivere magari disprezzato, magari in prigione ma a 1095 I| rigidi; l’altra, che egli dissuggellò prontamente, conteneva l’ 1096 XII| quasi uguale al suo, un po' distante, e poi, una grande oscurità, 1097 X| correvano sotto gli alberi, poco distanti, mettendo le loro voci tenui, 1098 VII| Quand’egli si destò, piano, distendendo prima un braccio e poi l’ 1099 X| mare di case che la città distendeva innanzi ai suoi occhi le 1100 IX| la sua anima si sarebbe distesa e confortata in un senso 1101 IV| del clergimen, egli sentì distintamente il suo cuore battere a colpi 1102 VI| intuì il dominio perverso e distruggitore sotto cui cadeva: quella 1103 VII| sembravano così lontane; così distrutte, che egli non sapeva rendersi 1104 V| di me quello che volete...Ditemi di morire o di vivere...~ ~ 1105 XI| creatura di Dio!...~ ~Ed il dito del magistrato si levò al 1106 IX| come un raggio di sole, diveniva gelida ed oscura.~ ~Questo 1107 VII| minacciose, tutti i sorrisi erano divenuti un cipiglio fosco.~ ~Ebbe, 1108 VI| riconosciuta, di non poter fare diversamente!~ ~Ed egli aveva accettato 1109 VI| per i quali gli uomini si dividono e si qualificano in felici 1110 III| gente, ma in compenso è divinamente bella!… Guarda che occhi!…~ ~ 1111 VI| con un moto fulmineo si divincolò dalle sue mani, corse ad 1112 III| un immenso tavolo verde, diviso in due da una reticella, 1113 IX| dolore insaziabile che lo divorava.~ ~– Essa è morta!... Essa!... 1114 VI| compagne: «Mia piccola amica, dobbiamo lasciarci», il pallore austero 1115 VII| l’anima è forse la più docile parte di noi, ma i suoi 1116 VI| ondeggiare di segni eleganti e docili un po' chinati come se una 1117 VI| povera creatura che si piega docilmente, è corrotta senza passione, 1118 I| ridendo. C’erano quasi dodici chilometri da fare, per 1119 XII| poichè la sua vita, dopo la doglia acuta e triste, ricominciava 1120 III| libri che gli chiedono, i dolci più rari e si contenta di 1121 VI| La sua voce si era fatta dolcissima, era come una musica sommessa, 1122 X| senso nuovo, malinconico e dolcissimo.~ ~Anna sentiva qualcosa 1123 XI| espressione di ironia quasi dolorosa: – Poverino!... – mormorò 1124 VII| giunture scricchiolavano dolorosamente.~ ~Guardò fuori dell’uscio.~ ~ 1125 VII| Accomodatevi!~ ~Indi, senza domandar nulla, si ritirò nell’angolo 1126 XI| innanzi, se avrò voglia di domandarmi: Giorgio che fai? Risponderò: 1127 XII| istante egli si sorprese a domandarsi vagamente come mal desto: 1128 VII| di lei, – sono venuto a domandarvi che cosa avete fatto del 1129 VI| amo, eppure io non ho mai domandato al tuo cuore ciò che il 1130 XI| poichè egli, come a Caino, vi domanderà: Che cosa hai fatto di essa?...~ ~« 1131 VI| che doveva incatenare e domare, la parola che insegnava 1132 X| sorda voluttà di bestia domata. Egli era più forte, più 1133 X| candido ed immobile, come un domatore senza pietà. L’idea del 1134 IX| ricevuto alla mattina.~ ~«Domattina al Pincio. Vi ascolterò, 1135 II| e i banchieri il danaro, Domeniddio gli conduceva la sposa, 1136 I| di piante da sala.~ ~Il domestico che gli aprì l’uscio di 1137 VI| non senti una voce sola dominarla ed empirla tutta del suo 1138 III| all’evocazione del maschio dominatore, che punisce con la morte 1139 III| gioia, unica, terribile, dominatrice, come una religione misteriosa, 1140 X| anche un po' negli altri, la dominava come un fantasma d’espiazione.~ ~ 1141 III| senso acre e misterioso di dominazione gli prendeva il cuore ed 1142 X| in cui le eriche rossicce dondolavano lentamente al soffio del 1143 II| dalla natura due grandissimi doni.~ ~Il primo era quello di 1144 VI| sontuosità delle bacchette dorate.~ ~L’odore freddo e grasso 1145 X| umili, ed un insetto tutto dorato ronzava nei raggi del sole. 1146 IX| piombarono in una specie di dormiveglia, attutite e stupefatte.~ ~ 1147 VI| le sue!... Il mio piccolo dossier amoroso!...~ ~E con un moto 1148 II| veneziana e provvista di una dote cospicua. Monaldo pensò 1149 VI| e la mia viltà, non sono dotta nelle arti di avvincere 1150 III| tortorelle molto religiose, molto dotte, pure come la rugiada, che 1151 III| Sono le signorine Savigny: dottoresse del magistero superiore, 1152 IV| un poco con se stesso, ma dovè un’altra volta cedere. Egli 1153 VI| ganzo, ti voglio e ti avrò dovessi ucciderti e uccidermi!...~ ~ 1154 XI| giustizia dinanzi alla quale voi dovete render conto della vostra 1155 V| quel giorno i visitatori dovevano essere stati parecchi, perchè 1156 III| che forse voi, signorina, dovreste essere il mio maggiore o 1157 XI| la vostra compagna, voi dovrete rispondere, poichè egli, 1158 II| suo spirito, si sarebbe dovuta rappresentare con una sfera, 1159 VII| essa si levava, cercando di drappeggiarsi nella sua dignità offesa, 1160 IV| quella smentita ai suoi dubbi fosse stata una parola di 1161 XI| dubitare?...~ ~– Non ne dubita nessuno!... brontolò stizzosamente 1162 XI| sfuggito per un istante, dubitando della sua complicità.~ ~ 1163 XI| Assolto!... e chi ne può dubitare?...~ ~– Non ne dubita nessuno!... 1164 | dunque 1165 | durante 1166 V| voce metallica aveva delle durezze inesorabili, come la parola 1167 III| disordine di capelli di ebano – fermatevi a tempo, tenente, 1168 X| preda ad una moltitudine ebbra e lasciva.~ ~Tuttavia, quel 1169 X| infami, che avevano goduto l’ebbrezze spaventosamente intense 1170 III| essa sarebbe stata, per eccellenza, la donna che conduce un 1171 V| ribellarsi a quell’atto eccentrico, si trovava come in un luogo 1172 III| figli uccidono le madri, eccetera.~ ~In quel tempo tutta Roma 1173 II| pazzie, con un certo senso d’economia che gli veniva forse dall’ 1174 VI| che aveva trovato come un’edera selvaggia.~ ~L’anima vera 1175 X| circondavano, verdeggiando sotto le edere e i muschi empivano i suoi 1176 X| passioni torve che avevano edificato e distrutto quella strana 1177 X| le volte crollanti degli edifici imperiali.~ ~Fra gli occhi 1178 III| precisione, le pietre del suo edificio, prendendole senza tanti 1179 XI| un applauso di gente bene educata, coperto da un «silenzio!» 1180 VI| smisuratamente solo. L’educazione che aveva ricevuto non gli 1181 III| sulla zootecnica presso gli egiziani. Viene da Berlino ed ha 1182 VII| E un senso furente di egoismo, manomesso, il senso belluino 1183 I| simpatia con l’avversario. Un egregio giovane, perfetto gentiluomo.~ ~ 1184 VI| era maturato sotto la luce eguale dei lampadari, nel silenzio 1185 VII| di mettere questo nuovo elemento in armonia con tutte le 1186 IX| d’un avaro che rifiuti l’elemosina.~ ~Il cuore di Mario si 1187 VII| contadino, ritto sopra una breve elevazione del terreno, appoggiato 1188 IV| grande lastra di alluminio: Elvira Corti, ricamatrice.~ ~Per 1189 III| delicato e indefinibile che emana dalle vesti delle signore 1190 VI| suprema febbre di passione emanava una quasi visibile forza 1191 VII| società in cui viveva faceva emergere in lui, più che ogni altra 1192 XI| e Giorgio sedettero nell’emiciclo.~ ~– Guarda, mormorò Giorgio 1193 II| amare.~ ~La notte in cui una emiplegia lo fulminò nel boudoir d’ 1194 V| con lui per trattenerlo, emise tali urla che tutta la cava 1195 VII| di canzone popolare gli empì le orecchie, poi ebbe delle 1196 VI| lui da questa cosa oscena, empia e tragica.~ ~Era un buon 1197 VI| marmo liscio dei mobili empire, e in un angolo una Ebe 1198 VI| una voce sola dominarla ed empirla tutta del suo suono e della 1199 VII| più mossa, non avrebbe più empito l’aria del suo profumo e 1200 X| sotto le edere e i muschi empivano i suoi sensi di uno stupore 1201 X| senza avere il coraggio e l’energia di fuggirla, era la possibilità 1202 VII| Una luce, chiara e fredda entrando per l’uscio aperto, illuminava 1203 VII| sonora a grandi scrosci, entrandogli a rivoli pel collo, sferzandolo, 1204 IV| trionfale per cui gli idioti entrano nel giornalismo… Lyvia Saeimi?… 1205 IV| statutarie parevano serrate entro una lorica scintillante; 1206 IV| non si seppe mai il terzo epiteto del brillante scrittore, 1207 VI| vertigine intollerabile.~ ~Nell’equilibrio delle proprie facoltà si 1208 XI| barba rasa, dall’aria un po' equivoca: certo un anarchico.~ ~Ed 1209 IV| molta cortesia scusa dell’equivoco, come se avesse suonato 1210 III| sul pianoforte, un immenso Erard a coda, situato in fondo 1211 II| metodo veramente fiammingo, eredità dell’antico commercio paterno, 1212 II| busto del vecchio era ancora eretto, e le sue spalle quadre, 1213 X| un’ombra fresca, in cui le eriche rossicce dondolavano lentamente 1214 VI| tra i colpi immani degli eroi ignudi di una battaglia 1215 VII| essere, secondo il mito eroico che avevano insinuato in 1216 VI| passaporto della bellezza, erompeva in lei.~ ~– Vigliacco! Sì, 1217 I| pallida, coi baffi neri, erti, e con l’occhio scintillante, 1218 XI| soppresso, qualche altro esaltato, e l’episodio, pian piano, 1219 VII| per un pane, si animò, si esaltò, divenne uno strido ed una 1220 IV| dubbio soddisfatta del suo esame, s’era inoltrata sotto le 1221 VI| veste nera, come un cadavere esangue, essa uscì.~ ~ 1222 X| ciglia, mentre le labbra esangui, tese ad un bacio ignoto, 1223 III| situazioni dalle quali non si esce che tragicamente.~ ~I suoi 1224 III| le mani al nuovo venuto esclamando: Ma guarda, guarda vecchio 1225 V| della città dopo quella escursione nelle tenebre. Erano come 1226 VI| amanti per bene, farle per esempio una scena di gelosia, gli 1227 XI| resto, i giurati erano stati esemplari.~ ~Non c’era premeditazione, 1228 III| femminismo abolirebbe gli eserciti! – sentenziò il giovanetto 1229 III| un ufficiale del Regio Esercito, e perchè?…~ ~– Perchè?… 1230 VII| agile e forte come in un esercizio ben noto: solo sotto l’affluenza 1231 II| discussione che certe circostanze esigevano certi gesti e finì col vedere 1232 I| la quale gli arboscelli esili e neri sembravano sottili 1233 VI| incatenassimo le nostre esistenze esso sarebbe veramente una 1234 II| più belli della sua vita esistesse un’ombra di dolore crudele, 1235 XII| piccola stanza.~ ~Essa non esisteva più: Dalla mano di lui, 1236 III| bellezza calma ed inaccessibile esistevano, ed era possibile vederle 1237 VII| sorgeva una capanna.~ ~Senza esitare egli vi si avviò, con un 1238 VI| specie di gorgone di cui esitava a fissare il volto, per 1239 VI| Quindi sostò un istante con esitazione davanti al portone di Anna 1240 I| svoltolando delle fasce.~ ~Egli esitò un secondo, e gli occhi 1241 IV| ragazzo da questo volgarissimo espediente, degno di un cattivo dramma.~ ~ 1242 III| ed essa ne abusava per esperimentare in anima vili su di lui 1243 X| trovato in lei il capro espiatorio della sua passione e dei 1244 IX| tumulto dei suoi pensieri la esplicazione consueta, cui tutta la sua 1245 VI| anarchico, era partita l’esplosione che sconvolgeva ogni cosa, 1246 II| Monaldo aveva tutte le espressioni della forza gentile.~ ~Chi 1247 XI| giro. Il suo sguardo non esprimeva alcuna spavalderia, ma sembrava 1248 | essergli 1249 VII| delle serie interminate di esseri simili a lui avanzassero 1250 | esserti 1251 IV| rimase come assorbito da un’estasi ipnotica, fissando acutamente 1252 VII| confusamente in lui la voce tragica estendersi come il clamore di un uragano, 1253 V| scena riappariva agli occhi esterrefatti dei visitatori, come in 1254 VII| che era stato rubato, mani estranee avevano frugato in casa 1255 VI| Intuiva in lei qualcosa di estraneo al suo ambiente ed ai suoi 1256 V| quella da cui era stata estratta la vittima.~ ~Mario sostò 1257 VII| romanzesca dell’uomo impeccabile, esule in mezzo alla mercantile 1258 V| nelle tenebre. Erano come esuli che ritornassero in patria.~ ~ 1259 I| meraviglia. Il professore era esultante, ed avendo bevuto un po’ 1260 VI| contaminato, che non abbia esultato o sofferto sotto il tormento 1261 IX| senza guardarlo. Un odor d’etere e di jodoformio, quell’odore 1262 X| mare grigio, in un viaggio eterno e senza meta.~ ~Mai, come 1263 VI| sfugge, non saprei trovare un eufemismo per raccomandarmi a te senza 1264 IX| questo rude assalto dell’evento, insanguinandosi il petto 1265 VII| dicendosi delle parole infami, evocando con rabbia, le più irritanti 1266 VII| lentamente.~ ~La belva, evocata con tanto furore, aveva 1267 | ex 1268 III| occhiata terribile, e l’ultimo f con cui per un difetto di 1269 IV| il disbrigo delle minori faccende ai reporters, annunciò che 1270 I| qualunque, guardando la facciata della casetta.~ ~Era un’ 1271 VII| pel collo, sferzandolo, facendogli sprofondare i piedi nel 1272 | facesse 1273 | facessero 1274 | facessi 1275 | faceste 1276 II| del piacere, scettico e faceto, uomo di buon consiglio 1277 VI| stupito egli stesso della facilità con cui ella lo aveva lasciato 1278 VI| corruzione di sua moglie, facilitava il codardo accomodamento. 1279 VII| uscio aperto, illuminava una falce, una scure, delle funi, 1280 IX| era incerta, nebbiosa, falsa.~ ~Egli si sentiva solo, 1281 VI| nessuna delle voci ipocrite, falsate da secoli di convenzionalismo, 1282 VI| disprezzo tutto il tuo mondo falso e ladro. Tu non mi inganni, 1283 VII| Essa era piena di rumori familiari, di voci consuete, di richiami 1284 IV| in due o tre avvenimenti famosi – si ridestava in lui, acuito 1285 XI| tenebre, ridiviene belva e fanciullo...~ ~Quella visione triste, 1286 VII| piedi nelle pozzanghere fangose, in un viottolo oscuro, 1287 VII| nell’oscurità, in cui la sua fantasia intagliava immagini mostruose.~ ~ 1288 X| le letture più acri, le fantasie più crudeli, impallidivano 1289 VI| agì come nella penombra fantastica di un sogno: le mani tremanti, 1290 III| signorine, un ufficiale di fanteria ed un giovinetto di sedici 1291 IX| violentemente spazzato di dosso al fantoccio impennacchiato del romanticismo, 1292 | farà 1293 VI| sono in te elementi che mi farebbero soffrire, sempre, perchè 1294 III| dalla disperazione. Come farei a… benedirvi quando mi faceste 1295 | farlo 1296 IV| Dovette uscire dalla farmacia ed attendere all’angolo 1297 | farmi 1298 | farne 1299 IX| Sul suo tavolo, un tavolo, farraginoso, come tutti i tavoli di 1300 | farsi 1301 | farti 1302 | farvi 1303 I| angolo, svoltolando delle fasce.~ ~Egli esitò un secondo, 1304 VI| scattava.~ ~Anna gli gettò un fascetto di lettere legate con un 1305 I| occiduo metteva una gran fascia rossiccia, contro la quale 1306 I| professore, tastandosi il braccio fasciato, in cui sentiva appena un 1307 VI| provava una specie di terrore fascinante, vedeva in confuso un abisso 1308 VI| Monaldo rimase solo. Il fascio di carte era sul tavolo, 1309 IX| guardò e riconobbe. Era Fascioli, un delegato di P. S., che 1310 X| come nel rito immondo e fastoso delle antichissime cerimonie 1311 IV| Anche il Tempo non ha il fattaccio di iersera!… Oh! Un articolo 1312 VII| delle sue viltà uno sdegno fattivo e crudele.~ ~Nulla. Bastava 1313 IX| Signor Mario abbiamo il fatto-monstre, il fatto-ultra.~ ~– Che 1314 IX| abbiamo il fatto-monstre, il fatto-ultra.~ ~– Che cosa? – domandò 1315 I| sor Domenico, vignaiuolo e fattore del luogo fu incaricato 1316 VI| angolo una Ebe nuda, di fattura quattrocentesca dalle gambe 1317 III| certo, nient’altro che una favola maligna, mi vien voglia 1318 IV| arrossiva:~ ~– Sono indisposto, favoritemi un cordiale.~ ~Il farmacista 1319 VI| lacerarono convulsamente il fazzoletto di trine che serravano.~ ~– 1320 VII| mostruose, si creavano sogni febbrili.~ ~Egli si fermò lungamente 1321 II| quasi affettuosa, e di una fedeltà proverbiale.~ ~Per queste 1322 XI| severo: mento raso e lunghe fedine bianche; il tipo del vero 1323 VI| dividono e si qualificano in felici ed infelici. Per lui, tutto 1324 II| stretta della mano bianca e femminea facevano urlare di dolore 1325 V| confuso della sua intensa femminilità.~ ~Il terrore le aveva tolta 1326 X| delle antichissime cerimonie fenicie, in cui si amava e si moriva 1327 III| ha lasciato una sostanza fenomenale. Ha un appartamento in via 1328 VI| come il segno d’uno di quei fenomeni per i quali gli uomini si 1329 X| pallido e triste, con una sete ferina di baci, con un desiderio 1330 III| sotto di esse il lampo quasi ferino dei magnifici occhi misteriosi.~ ~ 1331 III| colpì tre volte, così le ferite si confondevano quasi in 1332 X| silenzioso.~ ~Per le aperture a feritoie entrava la luce schietta 1333 VI| a posto sulla sua bocca ferma e perfetta, a segno che 1334 IX| giustizia.~ ~I suoi occhi si fermarono sul piccolo foglio quadrato 1335 I| e gridò al cocchiere un «fermate» secco ed imperioso.~ ~La 1336 III| disordine di capelli di ebano – fermatevi a tempo, tenente, altrimenti 1337 VI| su cui gli occhi si erano fermati a caso, la parola «certamente» 1338 I| quelli di un altro coupè fermo di fronte a loro.~ ~Dalla 1339 IV| giardinetto. Una porticina ferrata si apriva su di una via 1340 X| dal passo pesante e dal ferreo clamore dei pretoriani ribelli 1341 IV| provincia od una stazione ferroviaria di terz’ordine, ed egli 1342 III| Gli fecero un mondo di feste, specialmente le signorine 1343 VII| bello, così idolatrato, così festeggiato!...~ ~Si gettò fuori della 1344 VII| questa folla pacifica e quasi festosa, quell’uomo per bene camminava, 1345 X| vita febbrile e l’alito fetido dei loro mille petti.~ ~ 1346 VII| quello che la barbarie feudale aveva trasmesso, scintillante 1347 IX| infinita tristezza l’orgoglio fiaccato del lottatore.~ ~La limpida 1348 X| mani grassocce un destino fiacco e inutile.~ ~Le grandi battaglie, 1349 III| sotterranea, al lume delle fiaccole nei cunicoli abbandonati.~ ~ 1350 VI| tutta l’anima si accende e fiammeggia perennemente, non solo lo 1351 VI| parola «certamente» gli fiammeggiava innanzi agli occhi con le 1352 VI| accendeva più i suoi occhi fiammeggiavano, più egli la sentiva lontana 1353 II| precisione ed un metodo veramente fiammingo, eredità dell’antico commercio 1354 VII| sopra un ciglio sottile, a fianco di precipizi che egli non 1355 III| travestito per seguirla. Fiasco completo. Un giorno le dichiarò 1356 VII| della morte, senza osar fiatare. Lo sgomento che lo prendeva, 1357 II| un suolo di castagne o di fichi secchi. E, circa ai diciott’ 1358 IV| ordinata una incrollabile fiducia di sè.~ ~E prima di aver 1359 IX| sentiva così vinto, così fieramente violato in tutte le sue 1360 IX| Aleardi, tanto la vecchia fierezza della generazione passata 1361 II| passati, più nobili, più fieri, più tragici, discese dall’ 1362 III| Ebbene?… – disse essa – figgendo i suoi grandi occhi sereni 1363 VII| forme.~ ~I suoi occhi si figgevano nell’oscurità, in cui la 1364 III| dice bene delle persone, i figli uccidono le madri, eccetera.~ ~ 1365 V| abiti neri e stinti, ed il figlio, l’uomo dal volto duro e 1366 II| commessi, non avevano altri figliuoli che lui, e trovavano che 1367 III| composta di padre, madre ed un figliuolo.~ ~– Questi li conosco, 1368 II| un colosso.~ ~Si sarebbe figurato che quegli occhi profondi 1369 VII| ubriachi camminano lungo una fila di ciottoli, preoccupandosi 1370 X| senza fine, in cui le Parche filavano con mani grassocce un destino 1371 I| uniforme e bianco: soltanto, i fili della linea telefonica, 1372 XI| sudici dell’ex convento dei Filippini, e che diamine fai, qui, 1373 VI| della sua società, per la filodrammatica borghese, che l’aveva applaudito 1374 X| socchiusi di Anna la luce filtrava come attraverso le cortine 1375 XI| riassunto la sua espressione finemente altera dell’uomo che rende 1376 I| Savarni sporse la testa dal finestrino del coupè e gridò al cocchiere 1377 VII| sue mani aristocratiche e fini, inesperte alla violenza, 1378 VI| quasi brutalmente fretta di finirla.~ ~Ad un tratto si volse: 1379 VI| applaudito fino a allora, finiva tra i fischi della canaglia 1380 V| ondulare le vette alte dei finocchi selvatici.~ ~Bisognò mandare 1381 I| fatto effetto: «Faccio una finta a destra, per tornare a 1382 X| modo irreparabile. Aveva finto col sognare sensazioni inaudite, 1383 IV| porta. Per terra era un fiorellino di myosotis, lo raccolse.~ ~ 1384 VI| creata da sè deformandosi e fiorendo in fiori mostruosi.~ ~Ciò 1385 IX| allo scandalo delle carni fiorenti, liberamente infiammati 1386 III| Quella lì è un’italiana, fiorentina autentica, almeno dalla 1387 XI| dei semi di zucca e vedo fiorire delle piante di zucca che 1388 IX| severità... materna».~ ~E la firma, un V sottile e slanciato, 1389 VI| fino a allora, finiva tra i fischi della canaglia in un teatro 1390 VI| però, vagamente, e quasi fisicamente, la misteriosa presenza 1391 VII| indolenzito da mille sofferenze fisiche.~ ~Picchiò all’uscio. Esso 1392 IV| assorbito da un’estasi ipnotica, fissando acutamente gli sguardi nella 1393 I| amici.~ ~«Ah! Mormorò, poi, fissandolo, con invidia, se avessi 1394 VI| gorgone di cui esitava a fissare il volto, per un arcano 1395 III| grigi di falco rapace si fissarono ardentemente su di lei, 1396 III| Mario, da alcuni secondi, fissava intensamente Viviana: il 1397 V| i cui occhi smarriti lo fissavano con una muta implorazione, – 1398 III| si conoscevano queste due fissazioni, vi fu un nuovo scoppio 1399 II| stesso giornale, ad ore fisse, immancabilmente con una 1400 VII| un certo tempo pensò con fissità ebete ad un cartellone di 1401 I| guardia di scuola, guardandolo fisso, con gli occhi chiari e 1402 VI| bianca gli rimase lungamente fitta negli occhi, come certe 1403 I| cavalli allungarono il muso e fiutarono amichevolmente il muso di 1404 VI| sei una povera creatura flaccida e vile!~ ~Ella si lasciò 1405 VI| abbrutito davanti a quelle cose flaccide e stupide, per non vedere 1406 VI| noi, l’amore dai tentacoli flaccidi dell’abitudine, c’inganneremmo 1407 III| latte artificiale ed alle foche ammaestrate, ma tutto questo 1408 VII| mucchio di paglia, contro il focolare e brontolò:~ ~– Accomodatevi!~ ~ 1409 I| Vincenti, con una lunga fodera verde sotto il braccio, 1410 VI| preso sul serio, gli avevano foderata la vita di piume e di seta...~ ~ 1411 VII| allineati sulle tavolette foderate di velluto, e dicendosi 1412 III| ho voglia di mangiarmi il fodero della sciabola dalla disperazione. 1413 VII| come nel rigurgito di una fogna, tornano alla luce avanzi 1414 VII| Qua e là in lontananza, folgorava qualche stella dorata: un 1415 III| falco, piccini e luminosi, folgoravano una luce quasi selvaggia.~ ~ 1416 VI| rimpiangeva la colossale follia del suo atto, se ne sarebbe 1417 XI| presenza del suo destino, è fondamentalmente onesto. Ma la prima volta 1418 VI| mai inteso le nostre voci fondersi in una nota sola, tu non 1419 VI| davvero, prendere un’arma, forare la pelle di una persona, 1420 XII| Quando Monaldo, compiute le formalità richieste dalla legge, discese 1421 III| comprendere come potessero essersi formate, intorno a lei, le strane 1422 XII| vivere.~ ~Tuttociò che aveva formato prima il contorno della 1423 III| elegante, e qua e là si formavano dei gruppi scintillanti 1424 XI| un po' agitata, lesse la formula sacramentale, poscia incominciò 1425 III| convergessero ad un unico fòrnice di piacere, ad una fonte 1426 VI| che aveva ricevuto non gli forniva nessuna arma per difendersi. 1427 V| L’entrata della cava, un foro deforme, si apriva in mezzo 1428 VII| e della sua classe, urlò forsennatamente in lui. Sì, era il suo denaro, 1429 IV| speranza per lui, volle forzare una mano al destino, provocare 1430 VII| camminava, lentamente come un forzato, mendicando dalla sua tremante 1431 V| tufo. Nel mezzo era una fossa ancora aperta, quella da 1432 III| pure far qualche cosa. Se fossi milionario, mi potrei permettere 1433 II| L’album era pieno di fotografie, raccolte con cura minuta 1434 VII| mostrando i suoi panni fradici, stridendo coi denti pel 1435 VII| sconsolatamente sulla terra fradicia. Egli scosse la testa con 1436 VII| lo urtavano, infangato, fradicio, poichè la notte lo aveva 1437 VII| avrebbero sconvolto in un fragor tragico la sua sventura, 1438 X| sarebbe calato, che le vie fragorose e limacciose avrebbero avventato 1439 VII| immagini mostruose.~ ~Dei frammenti insignificanti del suo passato 1440 V| specie di conca del terreno, franato da anni ed anni, per qualche 1441 III| qualche cosa di mezzo fra San Francesco di Sales ed un corruttore 1442 II| personaggi del vecchio romanzo francese, che con una stretta della 1443 VII| solitudine dell’Agro educa alla fratellanza del delitto. Essi erano 1444 IV| preparargli un bicchierino e nel frattempo Mario rimase come assorbito 1445 VII| come l’inseguimento di una freccia, lo travolse e l’imbestialì.~ ~ 1446 I| con gli occhi chiari e freddi.~ ~– «Un, due, tre! – esclamò 1447 IX| redazione. Per solito, era freddissimo come un medico di fronte 1448 IX| piccola anima ingorda e freddolosa, una goffa vestale malata 1449 VI| stipo, lo aprì con mano fremente. Egli udì il rumore secco 1450 V| crudele.~ ~Tutto il suo essere fremeva ancora, al contatto dell’ 1451 IX| Mormorò Garbini senza poter frenare la confessione affannosa 1452 XII| irrealtà delle frasi così frequenti nel parlare quotidiano: « 1453 IX| partivano voci inarticolate e frettolosi rotolii di vetture.~ ~La 1454 VII| se stesso con ogni mezzo frodatorio, bevendo, mordendosi, quasi, 1455 II| morente, tutte le misere frodi dell’abbigliamento per cui 1456 IV| di battere quella carne frolla e stupida, dopo il piacere.~ ~ 1457 VII| rubato, mani estranee avevano frugato in casa sua, in quella carne 1458 III| anticamera, un brusio di voci; un fruscio di vesti di seta si perdette 1459 XI| Nella sala si fece un gran fruscìo quasi di animazione.~ ~Monaldo, 1460 I| momento egli sentì come una frustata sul braccio, ed un’onda 1461 II| morente afferrò il volume, frusto e scompaginato, v’incollò 1462 I| merenda e nient’altro.~ ~Alle frutta il Radaelli, ch’era napoletano, 1463 V| sorriso, qualcosa come una fuggevole luce interiore, che si spense 1464 V| lampada proiettava ombre fuggevoli, in una danza scomposta 1465 X| coraggio e l’energia di fuggirla, era la possibilità di essere 1466 VI| ombra enorme che egli vedeva fuggirsi innanzi e che non poteva 1467 XII| come nella notte in cui era fuggito urlando per la campagna 1468 VII| vergogna!...~ ~E poichè essa fulminata si era abbattuta sulla seggiola 1469 VI| occhi, come certe immagini fulmineamente intravvedute in una rapida 1470 VI| di tabacco. Non aveva più fulmini, nè lampi, tanto le novelle 1471 II| in cui una emiplegia lo fulminò nel boudoir d’una canzonettista, 1472 VII| falce, una scure, delle funi, appesi alla parete di giunco 1473 IX| fatto conoscere tutti i funzionari della polizia. Nel salotto, 1474 VII| sua parte!~ ~E un senso furente di egoismo, manomesso, il 1475 VI| si erano accese passioni furenti, lo perseguitava con l’umiltà 1476 VI| cui s’intonarono tutte le furie dell’uragano. Vuoi saperlo? 1477 VI| una volta ed a gettarsi furiosamente sul nemico, e tremava.~ ~ 1478 III| punisce con la morte ogni furto al suo tesoro di piacere.~ ~ 1479 V| potete spezzarmi come un fuscello, io vi ho offeso, lo so, 1480 X| come se si fosse sentita fustigare a sangue da una mano implacabile.~ ~ 1481 XI| attraverso i ferri della gabbia, gli stringeva affettuosamente 1482 XI| Queste signore hanno tutte Gabriele D’Annunzio sul tavolo del 1483 III| aver preso una formidabile gaffe.~ ~– Giovane felice! – mormorò 1484 V| raggiunse.~ ~Il ritorno fu quasi gaio, essi provarono una specie 1485 II| da lui, ed il maestro di galanteria di tutti i giovanotti.~ ~ 1486 III| piccolo cencio di lino pareva galleggiare nel cristallo verdastro 1487 I| di latta, ostentando un gallo multicolore, ritto sopra 1488 VII| enorme e di indefinibile, un galoppo di forme mostruose, precipitava 1489 VII| di sembrar diritti e in gamba, egli guardava con stupefazione 1490 VI| come una meretrice il suo ganzo, ti voglio e ti avrò dovessi 1491 V| vita, la vita tiepida e garbata della città dopo quella 1492 III| impiegato. Ma egli si sentiva i garretti buoni e l’occhio sicuro: 1493 I| lieve lieve della lampada a gas, ed il tic tac dei sottili 1494 X| mormorando una laude bizzarra e gaudiosa delle sue lunghe ciglia 1495 X| prese le tempie in una morsa gelata...~ ~La bimba corse a lei 1496 IX| il lividore delle mucose gelate.~ ~E tutto il corpo, in 1497 IV| egli era innamorato, era geloso e soffriva tutte le pene 1498 VII| vero!... non è vero!... gemette senza requie, percuotendosi 1499 IX| la vecchia fierezza della generazione passata vi traluceva nobilmente.~ ~– 1500 XI| gentiluomini e di queste gentildonne è semplicemente orrendo. 1501 III| appena allungate. È d’una gentilezza squisita per tutte le sedicenni, 1502 III| ed incisiva parlava senza gestire, guardando in volto i suoi 1503 IX| sfrenata del suo godimento, gettando alla luce un campione di 1504 IX| Per un istante pensò di gettar via la penna e di urlare 1505 IX| orrore di questo cadavere, gettatogli innanzi.~ ~Un misto di pietà, 1506 IX| cornice di legno scolpito gettavano una luce uguale e dignitosa 1507 IX| via sottostante, gialla di ghiaia fangosa, sotto la luce dei 1508 XI| dal terrore e mutato in un ghigno atroce, quell’orrida smorfia 1509 VII| avviò, con un desiderio ghiotto e bestiale di calore e di 1510 III| signore, o parecchi signori, giacchè le ha lasciato una sostanza 1511 IX| E la via sottostante, gialla di ghiaia fangosa, sotto 1512 IX| sdentate, un brillare d’occhi giallastri e cupidi, una corsa affannosa 1513 VI| riso ironico e delle fiamme gialle che passavano in fondo ai 1514 III| nelle sue vesti di seta giallo scuro, erano diffusi gli 1515 VI| lucido di alcune opere d’arte giapponesi. C’era, in tutto il luogo, 1516 IX| selciato umido e le statue gigantesche dei Dioscuri e dei cavalli 1517 IV| candido anfiteatro e il giglio argenteo della sua fontana, 1518 X| dal manico di agata; un gingillo giapponese che portava con 1519 II| dogaressa che faceva tremare i ginocchi ai più audaci spasimanti.~ ~ 1520 XII| amico posandogli la mano sul ginocchio.~ ~– Oh!...Sì, orribilmente!... – 1521 VI| dell’uomo dinanzi alla sua gioconda nemica, che lo abbevera 1522 VII| guardando senza vederli i gioielli lucidi, allineati sulle 1523 VI| testa sul mio petto, fammi gioire e soffrire, prendimi, io 1524 I| come compagni di scuola. «Giolitti mi diceva…» «Ho udito da 1525 IV| nascondendosi dietro un chiosco di giornalaio.~ ~Pian piano l’amarezza 1526 IX| adulterio tollerato, tutte le giovanette avvelenate alla scuola perversa 1527 III| eserciti! – sentenziò il giovanetto dalla grossa testa impomatata: 1528 II| il suo libro d’avventure giovanili, cogliendo ancora solo qualche 1529 II| di galanteria di tutti i giovanotti.~ ~Era una specie di veterano 1530 IX| dimostrazioni. Il delegato, un giovanottino biondo, dalla barbetta rada, 1531 II| nei tempi della propria gioventù aveva venduto della cotonina 1532 X| ovale e dal riso ambiguo di giovinetta consapevole, rideva in un 1533 II| qualcuno gli ricordava la sua giovinezza. Era tanta l’abitudine, 1534 XI| carabinieri, sedette, dopo aver girato lo sguardo sulla folla. 1535 XI| volgeva lentamente l’occhio in giro. Il suo sguardo non esprimeva 1536 I| un’onda calda gli scese giù per le dita.~ ~– A me! – 1537 IX| non si definisce e non si giudica, la gettava nel fango...~ ~ 1538 I| servito anche da osteria, a giudicare da un’iscrizione quasi cancellata, 1539 VII| le sue consuetudini, coi giudizi del mondo, con tutto l’organismo 1540 VII| funi, appesi alla parete di giunco della capanna. Dov’era? 1541 VII| lontano che nessuna voce viva giungeva fino a lui, dava alla sua 1542 VI| moschettiere, a lei il peplo di una Giunone antica. Di chi era la colpa 1543 XI| di Monaldo Gavarni sono giunte centocinquanta lettere di 1544 XII| si inumidirono.~ ~Erano giunti. La carrozza si fermò avanti 1545 VII| le carni, mentre le sue giunture scricchiolavano dolorosamente.~ ~ 1546 IV| uscite ed egli era stato giuocato come un ragazzo da questo 1547 II| di rendita maturate. Non giuocò mai e non bevve mai più 1548 XI| delitto, e questo lo uccideva, giustamente.~ ~«L’uomo, solo, in presenza 1549 II| pronunziato parole inesorabili e giuste, in qualche tragico avvenimento. 1550 VI| Qualcosa c’era in lui, che giustificava l’enorme colpa di sua moglie. 1551 V| inesorabili, come la parola di un giustiziere.~ ~E la scena riappariva 1552 V| disse freddamente:~ ~– È giusto.~ ~ 1553 | gliela 1554 | Glielo 1555 I| gli avevano dato l’aureola gloriosa di un duello. A momenti 1556 I| piccola ferita, con quelle due gocce di sangue, erano usciti 1557 VII| e lo avevano svaligiato godendosi la sua parte!~ ~E un senso 1558 III| era possibile vederle e goderle, e che una mano d’uomo poteva 1559 X| interiore fatta di febbre di godimenti, si era assiderata sotto 1560 IX| ampiezza sfrenata del suo godimento, gettando alla luce un campione 1561 IX| ingorda e freddolosa, una goffa vestale malata di vizi secreti 1562 XI| Garbini si sentì toccare nel gomito ed udì una voce che lo chiamava 1563 II| vedere il cartone che si gonfiava, crepitava, scoppiava, lasciando 1564 IX| Il cuore di Mario si gonfiò di rancore e di passione.~ ~ 1565 III| trova bene che in mezzo alle gonnelle appena allungate. È d’una 1566 VII| enorme, l’acqua scorreva gorgogliando.~ ~Egli rimase un istante 1567 X| si fermò ad ascoltare il gorgoglio della fontanella. Ascoltò, 1568 VI| passione, era un specie di gorgone di cui esitava a fissare 1569 III| mano… e da chi?… da quel gorilla del cavalier Vei!… Hai capito?~ ~ 1570 VI| uno schiaffo dato sulla gota piena e bonacciona di un 1571 IX| a rovesciare il pollice gottoso in segno di condanna.~ ~ 1572 XI| qualche cosa. Ne ho fino al gozzo di questa gente qui. Credimi, 1573 II| caduto, rivelando un corpo gracile e sformato, in cui la vita ( 1574 VI| Monaldo Gavarni discendeva la gradinata di Trinità dei Monti, e 1575 VII| lentamente.~ ~Aveva le mani tutte graffiate e le vesti umide e indurite, 1576 I| Era una cosa da nulla, una graffiatura, ma il professore aveva 1577 XI| signorina Pini disse: – Io graffierei quell’omino!...~ ~E lo disse 1578 X| innanzi ai suoi occhi ad una grandezza innaturale, fuori della 1579 II| sortito dalla natura due grandissimi doni.~ ~Il primo era quello 1580 II| oscena, in cui delle membra grasse e bianche si avvolgevano 1581 X| Parche filavano con mani grassocce un destino fiacco e inutile.~ ~ 1582 VI| per bene e le transazioni grassottelle dei salotti lo avevano ammollito.~ ~ 1583 I| Vinciguerra, piccolo uomo grassottello, dalla barbetta appuntita 1584 II| aveva avuto mai dispiaceri gravi, dacchè era al mondo, avrebbe 1585 I| persona aveva una maestà graziosa di buona dama, casta e gentile 1586 IX| del giovane con un fascino grazioso, potente e molle.~ ~Sul 1587 X| ed ignuda come una Venere greca, di accoglierla a sè. Lentamente, 1588 II| vecchio scapolo, suo amico: Gregorio Vidali.~ ~I vecchi rammentano 1589 I| tantochè, a volte, faceva quasi greppo con le labbra, come un bambino 1590 XII| lui, non sentiva che una gretta, ingorda e inesplicabile 1591 IV| fondo al suo cuore, sotto la greve mora delle convenienze sociali, 1592 VII| strida pazze, con quelle grida acute delle donne spaventate, 1593 VII| bastoni alzati lo inseguisse gridando, ebbe paura. Vertiginosamente, 1594 I| suo collega, e si sentiva gridare dal chiosco: «Ma no, caro 1595 XI| gesto di spavento ed ha gridato:~ ~– No!... No!... non è 1596 IX| imperiosa dell’omicidio, nessuno gridava al vento gelido, ruinante 1597 IX| guanciale, tutte le teste grigie delle signore per bene, 1598 IX| una corsa affannosa di grosse zampe ben calzate, dietro 1599 VII| bocca aperta. Quell’immagine grottesca gli si parò innanzi con 1600 VI| vedeva profili osceni e grotteschi accennarsi sotto le maschere 1601 IX| tondo, ebete e sudicio che grugnisce un bene! od un muoia, e 1602 III| qua e là si formavano dei gruppi scintillanti di seta e di 1603 IV| poteva afferrare, baciare, gualcire con mani frementi. L’istinto 1604 IX| mezzo ad un diluvio di fogli gualciti, di appunti, di carte d’ 1605 III| veneziano, rifletteva un guanto bianco abbandonato sopra 1606 VI| mia. Io non ho leggi.~ ~«Guardami, guarda il mio viso ed i 1607 I| magnifica guardia di scuola, guardandolo fisso, con gli occhi chiari 1608 I| minuto, gravemente, per guardar l’orologio. Del resto, nè 1609 IX| contro uno sgabello. Dalla guardaroba si udiva il singhiozzo lungo 1610 III| separati dalla vita di guarnigione che Giorgio Barteil era 1611 VII| una determinata volontà lo guidasse. Gli sembrava quasi di andare 1612 III| esperienza. Ho bisogno d’esser guidato. Fammi da mentore.~ ~– Non 1613 IX| contingenza della vita, e gusta l’orgoglio divino della 1614 XII| e i piaceri che egli non gustava neppure, tanto vi era assuefatto, 1615 III| Viene da Berlino ed ha una H nel nome, qui tutto ciò 1616 IV| piano era scritto: «Dallon Herbert, clergimen». Suonò. Venne 1617 XI| capitolo di Dumas o di Victor Hugo. La coscienza del pubblico 1618 VII| immonda da cui la sua purezza ideale era contaminata, perchè 1619 VI| discorso gli era tradotto in un idioma intelligibile, ora che comprendeva 1620 IV| porta trionfale per cui gli idioti entrano nel giornalismo… 1621 VII| altro io, così bello, così idolatrato, così festeggiato!...~ ~ 1622 X| una selvaggia e solitaria idolatria di sè stessa.~ ~Aveva amato, 1623 IV| Tempo non ha il fattaccio di iersera!… Oh! Un articolo di Svarani!… 1624 II| non abusò, per principio igienico, e per un certo istintivo 1625 VI| latino sulle labbra di un ignorante, e la verità nuda e terribile 1626 IX| rapporto di una delle mie più ignoranti guardie. Il marito ha avute 1627 II| compromettenti di antiche colpe ignorate o dimenticate.~ ~La copertina, 1628 XII| tenebre, piccoli tesori ignorati scoperti ad ogni passo.~ ~ 1629 III| seppellendola in un luogo ignorato di una cava abbandonata 1630 X| altra se stessa, stupenda ed ignuda come una Venere greca, di 1631 VI| colpi immani degli eroi ignudi di una battaglia di Omero, 1632 | II 1633 | III 1634 IX| il soffio del vento, ed illanguidisce le carni come ad uno squisito 1635 III| le fibre del suo cuore s’illanguidivano nella suprema dolcezza di 1636 X| con Monaldo Gavarni, ma la illogicità della sua idea le apparve 1637 XII| di nervi, qualche terrore illogico e stolto. Fece scattare 1638 VII| metteva una luce dolce, illuminando dei piccoli cristalli da 1639 IX| nascergli nel cervello ed illuminarsi di una luce limpida e schietta, 1640 I| lentamente l’ampio scalone illuminato, in cui gli angoli dei vasti 1641 VII| entrando per l’uscio aperto, illuminava una falce, una scure, delle 1642 III| calcolo di quanto costa l’illuminazione della sala e la parure di 1643 III| risero ed egli rimase lì imbambolato, con la persuasione di aver 1644 I| terreno, innanzi alla tavola imbandita, erano già così buoni amici 1645 VII| freccia, lo travolse e l’imbestialì.~ ~Egli ebbe, per un istante, 1646 II| ortopedici, le pancere, le imbottiture di bambagia, tutto ciò era 1647 VII| si ripeteva all’infinito: imitando il lungo gemito d’arpa eolia 1648 II| giornale, ad ore fisse, immancabilmente con una precisione ed un 1649 IV| parvero aspetti vivi ed immediati d’una noia universale, vasta, 1650 IX| luogo abbandonato da tempo immemorabile, quell’aspetto di vuoto 1651 XI| suoi vedevano; il corpo immiserito dalla morte, il sorriso 1652 V| egli aveva inteso il ritmo immutabile del pensiero delittuoso 1653 IV| Savarni si era definitivamente impadronita di lui.~ ~Egli non poteva 1654 III| per il gusto di vederlo impallidire.~ ~Tutti risero ed egli 1655 VI| in cui tutto sfiorisce ed impallidisce, e di ogni amore aveva goduto 1656 III| mancante, gli morì sulle labbra impallidite.~ ~Egli era follemente innamorato 1657 II| rammentava i vent’anni egli impallidiva davvero.~ ~Così, egli pose 1658 X| le fantasie più crudeli, impallidivano ai suoi occhi, come se dalla 1659 VII| ombra romanzesca dell’uomo impeccabile, esule in mezzo alla mercantile 1660 VI| comprendeva il mostruoso impegno assunto col gesto abituale 1661 IX| spazzato di dosso al fantoccio impennacchiato del romanticismo, il suo 1662 X| delitto, in cui il folle imperatore era stato sgozzato era deserto 1663 VI| tranquillo del club in cui imperava e l’idea che tutto ciò sarebbe 1664 III| un aspetto assolutamente imperiale. Il suo volto d’una bellezza 1665 IX| barbetta rada, rialzata imperiosamente lo condusse in un salottino 1666 IV| all’ordine da una serie di imperiose scampanellate.~ ~Il fatto 1667 VI| regina. Ho avute tutte le imperiosità ed anche tutte le crudeltà, 1668 VI| pazzo contro questa cosa impersonale ed enorme che era caduta 1669 VI| rispondesse a muso duro ad un impertinente.~ ~Dopo tutto, se ne infischiava. 1670 I| aveva scritto un monte d’impertinenze contro la sua innocua conferenza: « 1671 III| saliva al cervello, gli dava impeti subitanei di entusiasmo 1672 I| entrarono in gruppo, seri, impettiti negli abiti neri, sotto 1673 VI| faccia rotonda, alieno dagli impicci, giuocatore di scopone e 1674 VI| lo richiamava al modo d’impiegare il proprio tempo, egli rivide 1675 III| sua madre, che lo voleva impiegato. Ma egli si sentiva i garretti 1676 VII| Monaldo balbettò alcune parole imploranti, mostrando i suoi panni 1677 V| lo fissavano con una muta implorazione, – quando apparve il braccio, 1678 IV| il giovane pubblicista imponeva al suo spirito ed ai suoi 1679 IV| particolari di una scena importantissima.~ ~Attese così per circa 1680 II| avvedesse, il mondo gli impose lentamente, tutti i caratteri 1681 IX| Tutte le porte e tutte le imposte chiuse, essa faceva pensare 1682 VII| macchia orribile che v’era impressa, e l’idea che un solo piccolo 1683 IX| assuefatti a vederlo così impressionato dalle notizie che capitavano 1684 X| intorno a lei ed aveva l’impronta della sua vita passata.~ ~ 1685 IV| Ebbe come in un brivido, l’improvvisa rivelazione di un piano 1686 IX| mossa arcigna, di fronte all’impudicizia, di fronte allo scandalo 1687 XI| cari, benchè cedendo ad un impulso dello spirito di cui noi 1688 XI| sentiamo però l’origine non impura e spregevole, voi avete 1689 III| della sua bellezza calma ed inaccessibile esistevano, ed era possibile 1690 IV| La lontananza morale, l’inaccessibilità di Viviana Savarni davano 1691 III| di casa Savarni, vestito inappuntabilmente col più moderno frack della 1692 IV| miracoloso e febbrile, gli inaridì le fauci come un impeto 1693 IX| immonda, da cui partivano voci inarticolate e frettolosi rotolii di 1694 VII| delle donne spaventate, che inaspriscono l’ira degli uomini. Ed egli 1695 VII| allora, d’un colpo, con inaudita violenza, il senso antico 1696 X| finto col sognare sensazioni inaudite, per ridestare l’atonia 1697 X| nuovo. Ora provava un senso inaudito, la comunione completa e 1698 III| Di vista, era alla inaugurazione dell’anno accademico.~ ~– 1699 V| fosco desiderio di preda. Inavvertitamente si curvò su di lei ed ebbe 1700 IV| tutto ciò che vedeva, e si incamminò a testa bassa, facendo sibilare 1701 III| suo gesto aveva una grazia incantevole e casta.~ ~Monaldo la presentò 1702 IX| delle signore per bene, incanutite nella discreta e pacifica 1703 I| vignaiuolo e fattore del luogo fu incaricato di preparare un po’ di merenda, 1704 II| Vi sono degli uomini che incarnano il tipo di forza virile: 1705 II| del personaggio ch’egli incarnava.~ ~Se egli avesse detto 1706 VI| era diretta e che doveva incatenare e domare, la parola che 1707 VI| strofa di poesia, se noi incatenassimo le nostre esistenze esso 1708 III| il vapore maligno di un incensiere nascosto in qualche angolo. 1709 III| Anna Guinizelli… Oh!…~ ~– Incessu potuit Dea!~ ~Questa esclamazione 1710 III| ospite, vi fu uno scambio di inchini e di presentazione.~ ~L’ 1711 III| gli uomini con un breve inchino ed «entrò in materia» consegnando 1712 VII| su di lei.~ ~Essa fuggì, inciampò, si rialzò, con strida pazze, 1713 II| avuto mai, in vita sua, un incidente tragico, nè per fatti nè 1714 I| caro collega, ma no, se io incido lo sterno–cleido–mastoideo...».~ ~ 1715 III| aveva la parola facile ed incisiva parlava senza gestire, guardando 1716 V| sociali, in cui preme una vita incognita, le agitava.~ ~– Essi sono 1717 II| frusto e scompaginato, v’incollò le labbra ardentemente e 1718 VII| sembrava che un calore febbrile incominciasse a corrergli nelle vene, 1719 III| perchè, una leggenda ha incominciato a circolare… Oh! Niente 1720 VI| egli la sentiva lontana e incomprensibile, più la sua solida anima, 1721 XII| e ferito gli sembravano incredibilmente lontani. Egli constatava 1722 IX| avrebbero servito, gli fece increspare le labbra in un sorriso 1723 IV| mente chiara ed ordinata una incrollabile fiducia di sè.~ ~E prima 1724 VI| costume, che vi si erano incrostati sopra come una impenetrabile 1725 III| raccontare i particolare della incursione sotterranea, al lume delle 1726 VII| del suo vicino, la parola indefinita della moltitudine.~ ~Egli 1727 | Indi 1728 IX| inesplicabile, un certo che di indicibilmente violento, che indica la 1729 VII| immobile che vi scorse lo fece indietreggiare.~ ~La piccola lama aveva 1730 VII| addormentata sotto la sua indifferenza.~ ~Non si poteva assuefare 1731 IX| scandalizzati, da tutta quell’indignazione grassa, balorda e inesorabile, 1732 VI| Monaldo Gavarni, ricco e indipendente, avrebbe fatto il comodo 1733 IV| volse verso piazza dell’Indipendenza.~ ~– Che diamine va a fare?… – 1734 IV| che arrossiva:~ ~– Sono indisposto, favoritemi un cordiale.~ ~ 1735 I| benda sul braccio grasso, indolente e bianco come un braccio 1736 VI| sospettosa. Tutta la pacifica indolenza nascosta sotto la casacca 1737 IV| La verità era che Viviana indossava un magnifico vestito grigio 1738 III| opaca, dietro la quale s’indovinavano i fruscii degli alberi del 1739 X| gelo tenace ed antico; una indulgenza mite e pietosa verso tutto 1740 V| delle zappe nella terra indurita, e vedevano il matricida 1741 VII| graffiate e le vesti umide e indurite, che gli segavano le carni, 1742 IV| mistero d’amore, il rito ineffabile di una simile offerta di 1743 X| sole, in una rosea mitezza, inermi e solitarie. La stessa stanchezza 1744 VI| trionfare, malgrado la sua inesorabilità verso altri, ed era stato 1745 VII| mani aristocratiche e fini, inesperte alla violenza, perchè egli 1746 VI| ardente. C’erano delle frasi inesplicabili: «Vestiremo da uomo Bibi». « 1747 XII| mareggiante a profondità inesplorata, sotto di lui.~ ~I suoi 1748 IX| anatema, il comando feroce ed inespresso, che faceva levar la mano, 1749 X| con un desiderio ardente, inestinguibile di stringerlo a sè, di accendersi 1750 XI| ed aveva l’aria un po' infagottata dei militari in borghese. 1751 VI| era il suo dovere e che le infamie che egli aveva udito non 1752 VII| dai rami, che lo urtavano, infangato, fradicio, poichè la notte 1753 VI| suo atto lo offendeva, lo infangava, torceva fino al delirio 1754 II| labbra biascicarono in modo infantile: Dà, dà…~ ~Monaldo si alzò, 1755 VII| rialzò implorando con gemiti infantili la pietà della notte: Non 1756 X| lontane; piccoli ricordi d’infanzia le sorridevano come una 1757 XI| gentiluomo che castiga la infedele e corrotta consorte». Così 1758 VI| qualificano in felici ed infelici. Per lui, tutto ciò che 1759 VII| era nelle cucine del piano inferiore. In fondo all’andito la 1760 IX| carni fiorenti, liberamente infiammati dal sole e dalla voluttà.~ ~ 1761 III| allontanò senza parlare, infilando l’uscio che dava sopra una 1762 VI| come lui.~ ~A lui avevano infilato la casacca del moschettiere, 1763 II| pian pianino, la società gl’infilò la casacca del moschettiere 1764 IX| vinto. In lui piangeva con infinita tristezza l’orgoglio fiaccato 1765 X| venute da un’altra vita, infinitamente lontana, ed a volte le sembrava 1766 VI| impertinente.~ ~Dopo tutto, se ne infischiava. Ora Monaldo Gavarni, ricco 1767 XI| d’un dolore immobile ed inflessibile, che si aveva voglia di 1768 VII| tormento che aveva dovuto infliggere a se stesso con ogni mezzo 1769 VII| veniva dal di fuori, una voce informe, che modulava un canto simile 1770 I| aprì l’uscio di casa lo informò, come di consueto, che la 1771 VI| delle proprie facoltà si era infranto qualcosa che non riusciva 1772 VI| flaccidi dell’abitudine, c’inganneremmo a vicenda e non ci sapremmo 1773 VI| falso e ladro. Tu non mi inganni, io vedo dietro la bella 1774 III| dolce, sotto le acconciature ingemmate, sulle spalle e sulle braccia 1775 X| occhi le torri si levavano ingentilite dal sole, in una rosea mitezza, 1776 VI| sua grazia trepidante ed ingenua.~ ~Monaldo sedette su un 1777 XI| verso di lui nell’ombra, s’ingigantiva, in un gesto di minaccia 1778 XI| quasi materno; una signora inglese scoppiò in lacrime, clamorosamente, 1779 XI| povera donna che si affoga ingoiando l’acqua fangosa del fiume 1780 III| strappata al giovane all’ingresso nella sala della padrona 1781 III| e disinvolto, così bene inguantato, che aveva veduto tante 1782 X| cosa di minaccioso e di inibitivo.~ ~Egli sorgeva in fondo 1783 IX| alcuni anni avanti, all’inizio della carriera.~ ~Avevano 1784 XI| lettere di signore e signorine innamorate pazze di lui! E il Pubblico 1785 IV| tutto ciò, esservi un fatto innocentissimo? Allora si riscosse: come 1786 I| impertinenze contro la sua innocua conferenza: «Fede e scuola»?~ ~ 1787 II| avevano lasciato delle tracce innominabili.~ ~Gli occhi di Monaldo 1788 IV| soddisfatta del suo esame, s’era inoltrata sotto le alberate della 1789 II| chiamato Ambrogio o Teofilo.~ ~Inoltre Monaldo era bello, ma d’ 1790 VI| pensare e perderti senza inorridire in tutte le mie fibre come 1791 VI| antiquato, dalle pareti stinte, inquadrate nella pezzente sontuosità 1792 IX| rude assalto dell’evento, insanguinandosi il petto e le mani, ma vincendo.~ ~ 1793 VII| suo essere si abbeverava insaziabilmente, non c’era che la notte, 1794 VI| e domare, la parola che insegnava la castità, non aveva raggiunto 1795 VII| fantasma pallido che l’aveva inseguito, gli sembrò una voluttà 1796 X| discrete ed umili, ed un insetto tutto dorato ronzava nei 1797 II| che lo corazzava contro le insidie del piacere. Così, tutta 1798 VI| lungamente le lievi carte insidiose, leggendo così fuori di 1799 VI| leggere: Una parola stupida e insignificante su cui gli occhi si erano 1800 VII| mostruose.~ ~Dei frammenti insignificanti del suo passato gli tornavano 1801 VII| mito eroico che avevano insinuato in lui.~ ~Non era possibile, 1802 VII| gli si parò innanzi con insistenza: ci fu un momento in cui 1803 X| divenuto ostile, e provava un insormontabile disgusto a vedere i suoi 1804 IX| un po' di quel sangue gl’insozzasse le dita.~ ~Poi, gli venne 1805 VI| violentemente travolto e insozzato.~ ~Ciò era tanto lontano 1806 VI| ciò che vuoi, avviliscimi, insultami, fammi sentire tutta la 1807 IX| diceva, con accanimento, come insultando un nemico: Tu la vedrai; 1808 XI| crudelmente offeso, benchè insultato nei vostri affetti più cari, 1809 II| figura d’un uomo che si intagliasse una pipa in un bastone da 1810 VII| in cui la sua fantasia intagliava immagini mostruose.~ ~Dei 1811 I| due lettere.~ ~Monaldo ne intascò una, con un lieve atto annoiato. 1812 I| Il dottor Bracci aveva intavolato una questione scientifica 1813 XII| l’orrendo mistero che l’intelletto umano non può afferrare, 1814 VI| era tradotto in un idioma intelligibile, ora che comprendeva il 1815 VI| ed i miei occhi. Tu devi intendermi; c’è in essi qualcosa che 1816 III| Amico mio,~ ~Voglio; intendete bene?… Voglio vedervi mercoledì 1817 VI| tristemente il capo.~ ~– Non mi intendi – disse con voce cupa – 1818 I| e sentiva in cuor suo un intenerimento affettuoso e grato per tutta 1819 X| ebbrezze spaventosamente intense di un popolo intiero e ne 1820 VI| rimpianto accorato, con una intensità di affetto e di angoscia 1821 III| sanguigno di una tragedia, intenta ad ascoltare i pettegolezzi 1822 XI| premeditazione, non c’era intenzione d’uccidere, non c’era nulla 1823 IX| caso patologico, più o meno interessante.~ ~Alla fine Mario si riscosse: 1824 XII| Roma per sistemare i suoi interessi, prima di partire, alcun 1825 VII| Egli strinse la mano all’interlocutore e rispose, nel lasciarlo, 1826 III| una specie di individuo intermedio fra il bohémien ed il troupier, 1827 VI| parola stupida, una serie interminata di piccoli segni sottili 1828 VII| sua persona delle serie interminate di esseri simili a lui avanzassero 1829 VI| accaduto e poi?... Esclamò internamente, sporgendo il viso accigliato, 1830 VI| del sangue, egli lesse l’intero periodo: «Sarò certamente 1831 XI| quando si ha la velleità di interrogarsi. D’ora innanzi, se avrò 1832 X| la possibilità di essere interrogata dai magistrati. Provava, 1833 X| luogo, alle orge mostruose interrotte dal passo pesante e dal 1834 V| potevano cancellare. Essa lo intese, e tacque.~ ~– Non mi respingete – 1835 X| spaventosamente intense di un popolo intiero e ne erano morte.~ ~Si levò 1836 VII| poteva scoprirsi se non intonando il suo gesto alla sua figura.~ ~ 1837 VI| arpa prodigiosa su cui s’intonarono tutte le furie dell’uragano. 1838 VI| fibra dell’amore, non era intonata con essa, era una parola 1839 VI| delle altre che lasciavano intravvedere un mondo osceno e torbido, 1840 VI| certe immagini fulmineamente intravvedute in una rapida corsa.~ ~Per 1841 VII| cartellone di rèclame che aveva intravveduto, passando in città: Una 1842 VI| scioglimento d’un breve intreccio amoroso, aveva riaccompagnata 1843 II| reliquie d’amori lontani che intristivano senza sorriso il dentro.~ ~ 1844 VI| ciò che era per avvenire, intuì il dominio perverso e distruggitore 1845 X| cui ogni melodia si era intuonata meravigliosamente. Ora essa 1846 III| aperta.~ ~La musica aveva intuonato un waltzer di Strauss e 1847 VII| dilatati d’uno spavento inumano.~ ~Tutto era come prima. 1848 XII| occhi dei tre compagni si inumidirono.~ ~Erano giunti. La carrozza 1849 XII| La tempesta di sentimenti inusitati che lo aveva quasi travolto, 1850 IV| ebete di quell’attesa gli invase i sensi, e per la prima 1851 III| se fosse mia zia! Ecco l’invasione dei Re Pastori!~ ~Il gruppo 1852 VII| un senso di sorpresa e di inverosimiglianza indicibile.~ ~Pensò di morire, 1853 VI| l’alito caldo di lei lo investì pian piano, accendendogli 1854 V| abbeverata di pioggia, li investivano come la brezza dell’alto 1855 IV| rabbia. Da una finestra invetriata delle scale egli aveva scorto 1856 II| dei suoi coetanei, che lo invidiavano, ma non avrebbero osato 1857 IX| raccapriccio e di disgusto invincibili. Era la folla, la folla 1858 VII| della proprietà, il senso inviolabile della sua stirpe e della 1859 III| ho preso il tè una volta. Invita di rado e pochissima gente, 1860 III| nostro dovere: venivano per invitarvi ad una partita di ping-pong!…~ ~– 1861 I| giovane giornalista, che aveva invitato a casa sua, pel mercoledì 1862 I| prontamente, conteneva l’invito ad una riunione del Club 1863 I| astanti lo guardavano con involontaria simpatia. Perfino l’avversario 1864 II| egli fece con se stesso, involontariamente ed insensibilmente, dei 1865 III| realmente, sotto quel sottile involucro lucido, palpitava un corpo 1866 IV| come assorbito da un’estasi ipnotica, fissando acutamente gli 1867 VI| precipitata in uno stato quasi ipnotico. Le sue labbra mormoravano 1868 IX| cenno invincibile di un ipnotizzatore.~ ~Poi pensò: non sarà vero!...~ ~ 1869 IX| scuoterlo tutto, contro l’ipocrisia che avrebbe dilagato, contro 1870 IX| verecondamente corrotto, di ipocrita di mentito e di ladro in 1871 VI| lorica, nessuna delle voci ipocrite, falsate da secoli di convenzionalismo, 1872 IX| disse ad alta voce questa ipotesi, con una voce implorante 1873 I| e nella bocca pallida ed ironica, qualcosa della ammirazione 1874 III| Giovane felice! – mormorò ironicamente l’ufficiale, – che credi 1875 VII| coronandosi di perline purpuree, irradianti.~ ~Egli udì dei passi accorrere 1876 IV| e di bellezza che doveva irradiarne sotto il brivido della passione.~ ~ 1877 X| morta, morta per opera sua, irradiasse un gelo funebre su di essa 1878 X| petto, poscia il dolore s’irradio da quel punto per tutta 1879 XII| sapersene rendere ragione l’irrealtà delle frasi così frequenti 1880 X| solitudine la pervertiva in modo irreparabile. Aveva finto col sognare 1881 VI| ricordo di un altro uomo, irreparabilmente perduto.~ ~A volte invece 1882 XI| società, il complice anonimo e irresponsabile che lo ha fatto omicida, 1883 X| sperduta in mezzo agli avanzi irriconoscibili di un mondo distrutto. Le 1884 VII| un punto vago e lontano, irrigidendo tutto il suo spirito per 1885 IX| Tutto il suo essere si era irrigidito in uno sforzo quasi crudele. 1886 I| il braccio, nella quale s’irrigidiva la forma aguzza e dura d’ 1887 VII| evocando con rabbia, le più irritanti scene di amore in cui l’ 1888 IX| si aprì con violenza ed irruppe Paolini. Era un uomo alto, 1889 VI| austere e candide, una tale irruzione di immagini turpi e barbare 1890 X| delle rovine si ampliava, irta di mura crollanti, e lontano, 1891 XII| al palazzo enorme, nero, irto di inferriate sporgenti: 1892 I| osteria, a giudicare da un’iscrizione quasi cancellata, accanto 1893 III| orribili baffetti grigi ed ispidi. Bisogna anche dire che 1894 VII| accaduto?... Per alcuni istanti egli rimase immobile, non 1895 III| dagli affari. Quella lì è un’italiana, fiorentina autentica, almeno 1896 IV| non faceva che seguire l’itinerario stabilito: ma non era vero. 1897 | IV 1898 | IX 1899 IX| guardarlo. Un odor d’etere e di jodoformio, quell’odore freddo e sinistro 1900 IX| un campione di ciò che i kraus dei gentiluomini, ed il 1901 VII| felicità.~ ~A furia di sforzi laboriosi riuscì a risalire l’argine 1902 VI| risa disperate, le sue mani lacerarono convulsamente il fazzoletto 1903 VI| Egli non sentiva quella lacerazione minuta ed insaziabile di 1904 VII| sulla terra fangosa, si lacerò le mani nei rovi, cadde 1905 XI| sorrisi, tali e tanti occhi lacrimosi per lui che, insensibilmente, 1906 V| rosicchiati dal tempo e dal ladrocinio degli uomini, ed egli aveva 1907 IX| voce implorante e piena di lagrime: avrebbe pregato, pregato 1908 VII| fantasma le persone più laide e più vili; aspettando con 1909 I| con lo splendore delle lame, e vi fu un punto, in cui 1910 I| umidicci del vento, dei lunghi lamenti d’arpa eolia. L’aria sapeva 1911 VI| sotto la luce eguale dei lampadari, nel silenzio dignitoso 1912 III| antiche in cui la luce del lampadario moriva come in una carezza, 1913 XI| dalla luce dorata della lampadina elettrica, era terribilmente 1914 IX| ampia sala di redazione. Le lampadine elettriche poste sotto l’ 1915 VI| corretto e geniale che faceva lampeggiare le spade sulla scena, e 1916 VI| Non aveva più fulmini, nè lampi, tanto le novelle morbide 1917 IV| che, a volte, lo avevano lanciato alla preda delle notizie, 1918 V| calpestato. Il vecchio accese un lanternino, salutò la comitiva, ed 1919 V| scesero di carrozza sulla via larga e polverosa: ai lati, dietro 1920 VII| La campagna, uniforme, a larghe ondulazioni verdi, si stendeva 1921 IV| dello spirito, egli salì i larghi viali di Villa Ludovisi 1922 V| camminare contro il vento largo e freddo della pianura, 1923 VI| dolcezza stanca – tu mi lascerai. È possibile ciò?... Io 1924 XI| molto! Esclamò l’ufficiale lasciandosi cadere su di una panca. 1925 VII| interlocutore e rispose, nel lasciarlo, con voce tetra:~ ~– Ho 1926 X| una moltitudine ebbra e lasciva.~ ~Tuttavia, quel giorno, 1927 II| occhieggiare di figure bolse e lascive fosse in tutti gli angoli 1928 IV| scritto sopra una grande lastra di alluminio: Elvira Corti, 1929 VI| borbottata come una preghiera in latino sulle labbra di un ignorante, 1930 I| ancora un cartello rèclame di latta, ostentando un gallo multicolore, 1931 III| alla polvere senza fumo, al latte artificiale ed alle foche 1932 IX| rimpicciolito. Solo le mani, le mani lattee dagli anelli sontuosi, le 1933 VII| colli lontani sotto il cielo latteo ed unito in una malinconia 1934 X| suo cuore, mormorando una laude bizzarra e gaudiosa delle 1935 III| prossimo.~ ~Quando egli nominò Laura Coltano, tutti si strinsero 1936 IX| giovanotto dal collo taurino, si lavava pacificamente le mani in 1937 X| dalle donne deformate dal lavoro. La sua società guardava 1938 VI| lasciarci, spezziamo un legame degno di noi, l’amore dai 1939 VI| gettò un fascetto di lettere legate con un nastro azzurro, sul 1940 VI| ad ognuna delle quali è legato il tuo ricordo, ti sentirei 1941 III| intorno a lei, le strane leggende che la circondavano.~ ~Sembrava 1942 VI| donne lo guardavano con un leggiero brivido, attratte dalla 1943 VI| saperlo? Sì, è vero, non vi è lembo di me che non sia stato 1944 IX| e pianse. Erano lacrime lente ed ardenti, lacrime di dolore 1945 I| tettoia mettevano un brontolio lento e continuo, come il ronfar 1946 XI| chiaro scuro ostentava i suoi leoni a bocca aperta.~ ~Monaldo 1947 I| soddisfatto, parve che un vento di letizia generale cacciasse ogni 1948 IX| calligrafia della signora. Ne ho letta qualcuna. Salute, che roba!... 1949 III| musica che muore per lei, letteralmente; si dice che si sia perfino 1950 XI| stato modellato sulla forma letteraria che la società voleva: « 1951 VI| corretto e gentile di una letterina affettuosa.~ ~Ed essa si 1952 X| sentimenti, che essa li aveva letti con un acre brivido di piacere, 1953 VI| certezza che in fondo alla sua lettura egli avrebbe trovato una 1954 X| atonia del suo spirito, ma le letture più acri, le fantasie più 1955 XI| viviz e di opoponax che leva il fiato. Roba da chiodi! 1956 VII| urlò nella notte, levando le mani sotto la pioggia, 1957 IX| ed inespresso, che faceva levar la mano, brillar l’arme 1958 XI| allucinazioni. Dovettero levargli dalla stanza una brocca 1959 XI| La Corte!...» Tutti si levarono. Monaldo era così pallido 1960 VI| un desiderio impetuoso di levarsi di dosso qualcosa di tedioso 1961 VII| tese verso di lui si erano levate minacciose, tutti i sorrisi 1962 III| tolstoiana, con gli occhi levati al cielo, muta e pensosa 1963 VII| punirvi.~ ~E siccome essa si levava, cercando di drappeggiarsi 1964 IX| scandalo delle carni fiorenti, liberamente infiammati dal sole e dalla 1965 XII| volte: – Quando io uscirò in libertà, il cuore mi si aprirà di 1966 XI| dell’anima bestialmente lieta. Poscia la maschera romantica 1967 VI| egli sfogliò lungamente le lievi carte insidiose, leggendo 1968 X| che le vie fragorose e limacciose avrebbero avventato a lei 1969 VI| essa sognava. A dì là del limite di tensione che l’animo 1970 VI| sentiva in lei una convinzione limpidamente riconosciuta, di non poter 1971 X| meravigliosamente. Ora essa vedeva con limpidezza la solitudine enorme in 1972 IV| una casetta a due piani, linda e nova, quasi soffocata 1973 VI| suo spirito. Tutti i suoi lineamenti dicevano quello che diceva 1974 III| e quel piccolo cencio di lino pareva galleggiare nel cristallo 1975 VI| posto innanzi, e bevve un liquido amaro e bruciante, senza 1976 VI| selvaggi invasori sul marmo liscio dei mobili empire, e in 1977 XI| il mistero candido di una lista di marmo. Il fatto si era 1978 III| Perfettamente, vivono di cifre e di listini; si dice che quando la rendita 1979 IX| mano, sarebbe piombata al livello della povera bestia umana, 1980 IX| uniti e perlacei, sotto il lividore delle mucose gelate.~ ~E 1981 XI| nascano dei topi o delle locomotive o dei volumi in ottavo. 1982 IV| aspettarla. E siccome Mario era logico nelle sue cose, pagò la 1983 II| La copertina, strappata e logora, cadde a terra. E Monaldo 1984 IX| un vascello, ancorato in lontananze ignote, brillare perduto, 1985 IX| l’orgoglio fiaccato del lottatore.~ ~La limpida audacia che 1986 XII| porcellana...~ ~Ora egli non lottava più: era solo, e si lasciava 1987 IV| marciapiedi sonori, e Mario lottò ancora un poco con se stesso, 1988 III| frack e con la grossa testa luccicante di pomata.~ ~Monaldo venne 1989 I| nero?~ ~E quelle sciabole, lucide, chiare, sciaguratamente 1990 VII| senza vederli i gioielli lucidi, allineati sulle tavolette 1991 IV| sarà?… Quella pertica di Luigia Cadoret?… Buono!… Anche 1992 III| incursione sotterranea, al lume delle fiaccole nei cunicoli 1993 III| occhi di falco, piccini e luminosi, folgoravano una luce quasi 1994 IX| vagamente, e qua e là un punto luminoso come il fanale d’un vascello, 1995 XI| dare un tuffo nel chiaro di luna, o fra le piume del moschettiere, 1996 XI| cosa meno oscena e meno lurida».~ ~Monaldo, le mani strette 1997 IX| egli avesse respinto nel lurido fango l’illusione cavalleresca 1998 III| mi potrei permettere il lusso di salire o di scendere, 1999 IV| entrano nel giornalismo… Lyvia Saeimi?… Ma questo è uno 2000 IV| Padreterno, il Maestro con l’M maiuscola; il…~ ~Ma non