Luigi Lucatelli
Come ti erudisco il pupo
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Estratto ariconcentrato

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Estratto ariconcentrato

 

 

di ben due lustri di proteste pubbliche, ebbedomandarie, nonchè infruttuvose


Quella cosa che chiameno

MORALE PULITICA


 

 

Sotto la mia responsabilità.

Mi pare giunto il momento di sfoderare un piccolo manuvale di idee pulitiche, comechè mai come al giorno d'oggi, l'omo ha avuto bisogno di averci, a portata delle zampe davanti, un prontuvario di questo genere.

Nissuno infatti potrebbe capire come mai, putiamo il caso, un socialista che è diventato come sopra perchè la patria era un'idea che lui te ce si trovava troppo stretto, tutto in d'un tratto trova che nun esiste più nemmeno l'umanità, tampoco il sistema planetario, ma bensì, presempio, solo la classe dei lavoratori de la scopa, e siccome la giornata dei scopatori nun crescerebbe con la guerra: gnente guerra. tampoco capirebbe come un ripubblicano, doppo aver strillato per trent'anni: Trento e Trieste! Santa Carabbina!... Guglielmo Oberdan!... tutto in un tratto te si mette a strillare: Ma che carabbina!... Volevo dire penna stilografica!

Per cui, vengo fori con un saggio di questo mio piccolo trattato. Solo Terresina, che è la mia cumpagna, salvando indove mi tocco, fedele, sa quanto tempo è che ce l'ho per la mano. Ma al momento di metterlo fori, c'era come un timone di carrettino che me ti si metteva attraverso alla gola e mi fermava il gesto.

Ora passo il Rubicone. Ecco qua il saggio.

 

SCHIZZO D'UN TRATTATO DI MORALE PULITICA

 

Con la teoria de la «carogna solitaria». — Inclusavi la vera ricetta per fare i spaghetti a la matriciana e un programma pulitico. — Inoltre con la canzona: «Addio d'un giovane che parte per la guerra», la risposta alla «Bella spagnola che canti», e un bono per farsi ariprendere in fotografia da tutte le parti.

 

PRIMA PARTE

Teoria de la Carogna solitaria.

 

Ammalappena Iddio ebbe fatto l'omo, ci dette una guardata e disse: Questo qui, se nun ci arimedio presto, mi sgrancia puro il triangolo che porto in testa. Per cui ci pensò, e fece la donna. Laddove eccoti che il serpente disse: Questi qui, se nun li stropiccio in tempo, mi leveno la pelle per farci le borzette. E tirò fori l'affare del pomo, per cui la donna disse: Adesso ti stropiccio io!... E dette il pomo all'omo... Nonchè allora Domineddio esclamò: Siate stropicciati tutti e tre! Come lei vede, i primi inquilini di questa disonesta palla erano occupati a stropicciarsi uno coll'altro, e l'abbitudine era tale, che appena nati due figli, uno aritirò la tessera da omo vivo all'altro e gli acciaccò la testa. Messa l'umanità su queste basi, lei ci aggiunga due grammi di fede inconcussa, tre di quel sacro colle, un paro di soli dell'avvenire che non ci abbiano magnato troppo sopra (se li trova!), mischi e serva caldo, e il piatto ariuscirà adesso quello che ariusciva quando Cristofero Colombo scrisse a macchina le leggi de le dodici Tavole, per cui Orazio Coclite esclamò: La legge è uguale per tutti, e l'eco gli arispose: Ma lei esagera!

L'idea pulitica ci era già fino da allora, ma lei me lo insegna che le proprie idee, si uno se le tiene in corpo, cicciano come le patate, e un uomo solo è come un candidato senza l'appoggio del guverno, per cui venne fori la solidarietà, ed eccheti la cooperativa, la coppia adultera, il fascio proletaglio, la sega circolare e il partito pulitico.

Fino a poco tempo fa ci avemio in Italia vari partiti: Il monarchico o costituzzionale, che sarebbe quello dell'omo attaccato a le stituzzioni. Il quale s'era talmente attaccato che pareva l'edera all'olmo, e lo stufato in una padella trascurata, per cui era come si avesse messa la testa in una mastella di ricotta, e nun vedeva gnente. Il ripubblicano, che ci aveva la cravatta rossa, il socialista, che ce l'aveva nera, il clericale che ce l'aveva gialla, il democratico che prendeva tempo a riflettere, il nazzionalista che ci aveva i scopettoni, e il narchico che propendeva per il congegno splosivo.

Laddove nel caso odierno cunsidero che è meglio di pretermettere le vecchie divisioni, e veniamo al malloppo de la questione.

Ora ci abbiamo il nevutralista e l'intervenzionista.

L'intervenzionista abbisognerà vederlo all'atto pratico, quindi per ora lasciamolo .

Il nevutralista sarebbe colui il quale quando sente parlare de la guerra è come se ci avesse fatto male il sighero.

Da quando è cominciata la guerra, ogni volta che il vento sbatte una porta, lui sente il rimbombo nella panza, e freme. Si per avventura la serva macina il caffè in cucina, ci pare la mitragliatrice, e dovunque il guardo gira ti vede palle, quattrocento venti, obbici, articoli di corrispondenti di guerra, critici militari ed altri incommodi.

E siccome i primi tempi tutti strillavano guerra, guerra!... lui te si sentì solo.

E siccome l'omo solo nun si ha un pubblico e quindi è inutile che diventi rosso, fu sincero e sclamò: Anmappami che carogna che sono!...

Ma lorsignori nun hanno da fare altro che aprire il primo trattato di botanica che ci capita ne la mano e vederanno, al Capitolo 23 — Mammiferi col collettoParagrifo 25 — Sottospece: «Homus carogna scalcagnatissimus» e leggeranno: «Quest'animale, quando è solo sente freddo, e tanto gira finchè non ha trovato una teoria che gli faccia da foglia di fico».

Per cui quell'uomo guardò intorno, ariconobbe da la camminata che erano in parecchi, laonde si riunirono, si fecero un po' compassione uno coll'altro e poi dissero d'accordo: Ma che carogne!... Noi siamo un partito.

Nel partito stesso poi lei pole constatare che ci è il sotto-partito, cioè quello dello sciopero generale, quello che ti dimostra che nun possiamo fare la guerra, perchè nun ci areggiamo in piedi, quello che strilla: Evviva Francesco Giuseppe, eccetera.

Eppoi c'è una lunga lista di oscuri, ma valorosi cittadini, che con altre dieci o dodici lire di firme, a due soldi il pezzo, fanno una bella maggioranza.

 

L'IDEALE PULITICO

(uso esterno)

 

compresovi alcuni accenni alle cose di cui l'omo pulitico si deve stropicciare, e una vaga menzione del profumone assoluto e bogliaccia.

 

Al lettore, specialmente si soffre di calli alle zampe di dietro o all'anima, nel qual caso si chiameno disillusioni, sarà avvenuto più di una volta di esclamare con voce concorde e sbrozzolosa: Ah, l'ideale è un'illusione! Laddovechè, come quasi tutte queste frase, e l'altre su l'incostanza de la donna, la brevità de la sistenza e l'effetti delle acque minerali, anche questa spressione è una specie di stranuto pisicologgico, che significa a presso a poco come queste altre frase storiche «Mannaggia li cani!» oppure «O numi, numi» ovvero «Accidenti ai signori».

Comechè dire che l'ideale nun c'è, è come se io dicessi che il biglietto da mille nun esiste pel solo fatto che da le parti de la saccoccia mia nun ci bazzica.

Dunque l'ideale c'è. La quistione è che quella mercanzia è come quadrini, la nobbiltà e la ducazzione, che chi ce l'ha nun la mette in mostra mai.

Si lei vede il biglietto da visita del collega Tuttibozzi (che ci ha avuto un marchese collaterale per parte di donna nell'antichità, credo quando s'incominciò a parlare del viale Roma-Ostia) lei legge: Gontrano de' Tuttibozzi de' Marchesi Scannapippa di Montecetriolo di via Margutta.

Robba che pare addirittura un magazzino di mobili.

Comecchè invece don Cerino ci sgnacca:

 

Prospero Colonna

 

e è abbastanza accusì, che ci hai poco da rugare.

Accusì è l'ideale. Da quando ci ho la patente de bipide senza penne, ho visto un sacco di gente che ci aveva l'ideale in bocca continuamente, come un mezzo toscano qualunque. Come è fenito? Come la cicca. Chi l'ha buttata via, chi se l'è ciccata, chi l'ha venduta al primo cercamozze che ce l'ha domandata.

Viceversa ogni tanto, vòi in Libia, vòi in Grecia, vòi in de l'Aragonna, ti viene fuori uno sconosciuto qualunque che ti dicheno: È morto da eroe. Quello ci aveva l'ideale in forma privata, ma per davero.

Per cui, si, putiamo il caso, domani l'Itaglia si decide di dare via quelle nespole che ognuno spera, veranno fori un sacco di gente che nun hanno mai parlato, comechè essendo occupati a pagare le tasse, a lavorare e a fare i galantommini, nun si poteva pretendere che perdessero tempo a fare l'ommini pulitichi. E quelli meneranno sul serio. Poi avanzerà il Corpo Reale Sbafatori, e seguiterà a magnarsi tutto e a strillare: «Venghino, signori, arimirino si che bell'ideale che ci ho io. Guardino si che fede inconcussa col fischio di dietro, osservino si che sole dell'avvenire a sorpresa, che più te ne magni e più ce n'è!... ». E via di questo passo.

Ora lei mi domanderà, dice: Ma l'omo pulitico ce lo deve avere l'ideale?

Eh no, caro signore, comechè quello è un amico pericoloso che ti pole pure costare la pelle, e l'omo pulitico fa l'omo e non il defunto.

L'omo pulitico nun è, in generale, cattivo. È un omo che ci ha un fisico speciale. Ci ha una panza che c'entra magari tutto il Palazzo di Giustizia, un core come un vago di lenticchia e due occhi che ci vedono tutt'al più dal banco suo a quello del presidente del Cunsiglio. Quello che nun entra dentro, per lui non c'è.

Quindi l'Itaglia, presempio, nun ci cape, e nun ce la fai entrare nemmeno se la ungi come un giornale nevutralista.

L'omo pulitico si ha quindi una certa quantità di cose di cui se ne deve stropicciare, e sono tutte quelle che nun ci capeno.

E sarebbe come chi dicesse: Patria, umanità, proletaglio, eccetera. Ora, veduta la cosa accusì, al solito volo del non mai abbastanza compianto ucello, lei potrebbe concludere: dunque l'omo pulitico è profumone!

No, caro signore. È «un po' profumone».

E in ogni indegno pronipote di quella disonesta scimmia che deggenerò in omo, c'è un malloppetto di boglia, ma boglia di prim'ordine.

Si questo malloppetto si potesse estrarre, e nalizzare, lei aresterebbe surpreso di vedere, presempio, che il commendator Tal dei Tali, con quella bella panza, e quelli belli baffi a virgola ben nutrita, ci ha due milligrammi di satiro inferocito, che la contessa Violetta de' Pensateci ci ha un centigrammo di antropofagia, che l'onesto ciavattino che fa da portiere a casa vostra è, quanto un'ombretta, in fondo in fondo assassino, che la vostra venerabile socera, con tanto d'occhiali e di fare materno, ci ha nella vetusta panza un granello di Messalina, e voi in persona, magari sete, salvando la vostra ariputazione, un povero borsarolo mancato.

Accusì, il vero zozzaglione autentico e tutto d'un pezzo, è raro. Ma c'è.

Quello, presempio, che davanti a garibbaldini morti, non ha coraggio di dire: la carogna sono io, che è molto si nun ho pavura di campare, figurati di morire: ma ti esclama: Sono delinquenti!...

Quello è il vero zozzaglione, assoluto e centrifugato.

Accusì il disegnatore che nun pole arippresentare l'Itaglia che come una cosa da sputarci sopra, e il nevutralista che strilla «evviva l'Austria».

Quello non è un «porcoide», o un «parazzozzaglione» o un «emisuino» come l'omo in generale. È schietto, assoluto e completo, come una vettura del tranve. L'altri discuteno, lui puzza, l'altri fanno propaganda, lui fa schifo.

Laddove io cunsidero che alcuni di questi infusori te si sono imprudentemente arivelati troppo, hanno creduto che fusse la festa di Santa Chiavica e sono venuti fori. Ma a me mi fanno la figura di defunti in permesso, comechè si scoppia la buriana nun li comprerei con tutta la pelle addosso, nemmeno con due bagliocchi falsi.

Lei mi dirà: Ma perchè ci imbrigni tanto con la morale pulitica?... Perchè quella povera morale la fai andare attorno sotto al braccio a la pulitica, laddovechè finirà col compromettersi?...

Manderesti tu in giro Terresina sotto al braccio di Nena la Baffona o Tuta la Strozza-quintini?

Ebbene, ci arisponderò che la morale è un'idea, e l'idee sono cose antisettiche e impermeabili, per cui hanno voglia di bazzicare zozzoni, arestano sempre pulite. Si no a quest'ora la patria, l'umanità, l'ideale, la libbertà, l'ordine, e altri princìpi dello stesso genere starebbero da un pezzo in villeggiatura all'ospedale di S. Gallicano, o dei rognosi che dir si voglia.

E, proseguendo per l'intrapreso vicolo, vengo a darci un altro malloppetto del trattato in questione.

E sarebbe come chi dicesse:

 

LA PATRIA

 

Definizzioni - Il «Dentiverdismo» - La patria del proletaglio organizzato - Quella del giovine coi scopettoni - Quella dell'omo qualunque.

 

Era una bella mattina di primavera, il sole arisplendeva a caldi raggi, e l'uccelletti, nun avendo gnente da fare, avevano detto: Vogliamo svolazzare di ramo in ramo?... Per cui la natura, poverella, era in festa, e le violette, fedeli a la consegna, odoraveno.

Il sottoscritto, tenendo per la mano il di lui, malgrado le insinuvazzioni, ligittimo rampolo, passeggiava per i viali di Villa Borghese.

Laddove tutto in d'un tratto il fanciullo arrestossi, introdussesi un nummero imprecisato di dita nella narice destra e esclamò: Papà, che è la Patria?...

per , preso a la sprovvista, ci arisposi:

«La patria, figlio mio, è quella cosa che «Appennin parte il mar circonda» nonchè «di dolore ostello», e che sarebbe come chi dicesse una cosa che ci fanno le dimostrazzioni, i colleggi elettorali, i Palazzi di Giustizzia e tante altre cose in base alle quali nun te le posso dire tutte, ma quando sarai più grande ti farai capace».

Come vede, la definizione era troppo sommaria, ma, dagli oggi e torna a ridarvi domani, fenii col dire tra me ed Oronzo: Questo rigazzino nun lo potrai far trovare ne la cundizione del 90 per 100 degl'Itagliani che, rivati a una certa età, si sentono domandare i bagliocchi, la libbertà e magari la pelle per conto della patria, e nissuno s'è mai insognato di spiegarci chi è questa creditrice misteriosa, che domanda tutto ai galantommini e tutt'al più qualche onoreficenza ai birbaccioni.

Laddove, arifletti che ti arifletti, rivai a questa conclusione che la Patria è come il sole, la vita e i pugni in testa: nun si discute, si accetta. La Patria è la madre. È bona?... Ci devi baciare la mano. È cattiva?... Baciaci pure i piedi e arispettela lo stesso.

Questo è, diremo accusì, l'imperativo assoluto per sprimersi come il principale del Padre Eterno. Poi, naturalmente, ogni bipide senza penne ci ha sul naso pisicologgico un paro d'occhiali metafisichi, coi quali vede le cose, vuoi rosse, vuoi verdi, vuoi color ventre di cane fugace, vuoi color di spirito dei suoi perversi defunti.

Si dovessimo prendere per punto di partenza alcuni bipidi, ci dovrei dire: La Patria è quella cosa che «altamente si afferma».

Lei, magari in forma privata, se ne stropiccerà come il Kaiser d'un trattato, ma in pubblico lei una sgrullata ai capelli, fa due bagliocchi di mossa leonina e esclama: Il mio patriottismo?... Ma io altamente lo affermo !...

E se ci ha i capelli un po' ondulati e ci viene bene la mossa, è capace che lo fanno puro deputato. Si lei nun fa accusì, e si tiene il patriottismo in corpo, fenisce che lo piglieno per un vecchio patriotta, e ci tocca aspettare d'essere morto e che capiti un ministro con un parente scultore, per arimediare due centesimi di monumento.

Avvi, viceversa, il tipo dell'antipatriotta, invelenito e furibondo, o Dentiverdi che dir si voglia.

Questo signore ti parte dall'idea che per ogni Itagliano che deve nascere, l'Itaglia lo va a aspettare, diremo accusì, a la stazzione, e ci dice: Pss, pss, pss!... Vieni qui, bel moretto, vienimi a nascere in territorio nazzionale !... Si nun mi fai torto ti garantisco un bell'avvenire cinque cammere e cucina e tutti i giorni spaghetti a la matriciana, trippa ritransitata in cazzagliola, frutta, formaggio e caffè, inclusivo lo spruzzo, o lo schizzo, come dice il lavoratore.

Per cui il dentiverdi è esiggente e si un giorno nei spaghetti, c'è poco formaggio, o lo schizzo nun è di marca superiore, lui dice: Ingrata patria...

Ne consegue che l'Itaglia, indovechè Dante, Michelangelo, e tanti altri che ce si trovaveno bene e Cristofero Colombo e Galileo, che la trovaveno stretta, a tempo perso ti scopriveno i mondi o le stelle, adesso è troppo piccola per tutti questi vermini solitari. Lo conosce Lei il maestro Torcibudella?... No?... Bene, quello scrisse una canzonetta per la festa di S. Giovanni intitolata: Lucertola d'amore e non fu premiato. Lei che avrebbe fatto?... Mettersi a fare il ciavattino. No. Lui ha disprezzato l'Itaglia. E accusì via.

Il povero proletaglio, avrebbe bisogno che qualcuno ci dicesse chi è la patria. Ma a scola nun ce lo dicheno, o lui non vi va. Ci vorrebbe una scola d'allievi itagliani, per prendere il maschietto grezzo, metterlo in macchina e tirarlo fori cittadino. Ma su questo progetto il gesuita ci ha scritto «nun si tocca». E nissuno ci ha il fiato di toccarlo; comechè il libberale pensa che con quel meccanismo , nun ce si sbafa gnente, e il nazzionalista si ha voluto che gli dassero la santa scarpa da allustrare e un par di colleggi, ha promesso che si qualcuno ne parla, lui strilla l'inno di Mameli e manda per aria la casa.

Per cui per il proletaglio, l'Italia si chiama: esattore che leva quattrini o carabbignere che mette le manette. Quando, in questo terreno cuncimato, ti riva la spia austriaca vestita da socialista, che ci dice: Addosso a la patria!... lui arisponde: Addosso!...

Il vero zozzaglione è l'omo istruvito che, facendo il ciancione o il ladro internazionale, ha acquistato un po' d'esperienza, e che nun si schifa di stesso quando insegna queste cose al proletaglio.

Avvi poi il giovine con scopettoni. Lui è per la patria. Ma non un'Itaglia grezza, impolverata, scomunicata, una patria garibbaldina e strafottente, che si Pio nono la scomunicava, lei gli apriva la breccia. Lui vole un'Itaglia allustrata, lavata nell'acqua benedetta, morbidella e scivolosa, che possa entrare in salotto quando ci sono le signorine, farsi pigliare il ganascino da zio prete, giocare al tennise, che odori di cucina fina e di profumo delicato come l'appartamento del commendatore X, e sia simpaticuccia, digestiva e leggermente gelatinosa, come una di quelle novelle per i giornali, che finiscono bene e agliuteno la diggestione.

E in ultimo c'è il solito omo qualunque.

È lui che ha fatto l'Itaglia.

Cavurre, Garibbaldi, Mazzini, Vittorio Emanuele, ci hanno forse insegnato la strada, ma l'omo qualunque è quello che ha pagato, s'è fatto trucidare, mettere in galera, e nun se n'è lagnato mai. Ha fatto l'obbligo suo, come si ce l'avesse scritto ne l'interno buzzico del cranio. Quello , nun domanda che è la patria. Chi si arivolge questa domanda è come la donna che domanda consiglio a un'amica su un affare de casa. È come se avesse già becchificato il suo legittimo consorte.

Del resto fra un po' nun sarà più il momento di chiacchierare. Prenderemo tutti i Dentiverdi, ne faremo un reggimento chiamato: Corpo reali puzzafiati, e ci daremo tanti calci nel programma pulitico che, o andranno avanti, o faranno da parapalle ai galantommini.

Poi quelli che camperanno, li faremo commendatori. Nun sono boni ad altro.

Stringe il periglio e il tempo vola, come diceva l'imperatore Guglielmo quando ordinava il pranzo al buon vecchio Iddio, per cui oggi o domani potrebbe darsi che dovessi rinfoderare la penna per sguainare quei metri uno o trenta di brando che tramutano l'omo in guerriero.

Ne consegue che ci consegno, o stendo, o arifilo, secondo più ci garba la spressione, questi malloppi ultimi di morale pulitica.

Ed eccoli:

Il gioco delle risponsabilità — Il cusiddetto Governo, i cusiddetti partiti e altri giochi di società.

 

Si lei, salvando indove mi tocco, scivola per le scale e si fa un bozzo; si lei, tagliandosi un segmento di pane di guerra, si taglia un millimetro di pelle, che fa?

Compra due soldi di taffettà e uno d'unguento antibbozzico, e li applica sulla parte lesa. Ma se il bozzo o il taglio se li fa la cusiddetta Terzitaglia o Vilepatria (come dice il socialista ufficiale quando si è strozzato due marchi di vino asciutto) che ti fa?

Cerca la risponsabbilità.

Anche al semplice e consuveto volo del più pacifico uccello, lei comprende subbito che ci sono molte ricerche più divertenti: vuoi quella dell'omo, da eseguirsi con la lanterna accusiddetta di Dioggine, vuoi quella del massimo comun divisore o di qualsivoglia cifra, nummero, insetto, cane barbone, deputato o levatrice che sia. Invece il cittadino si dedica alla ricerca delle risponsabbilità con lo stesso criterio con cui il miccagliolo si mette a strillare al ladro. Accusì, intanto, aresta stabbilito che lui nun ci ha colpa.

Ci ha colpa il Governo.

Ora si ci è una cosa sicura, è che io, come Oronzo, me ne stropiccio di questo ministero, di quello che c'era prima, di quello che ci sarà domani, e anche di quello che ci sarà doppodomani. Ma quando sento che pel solo fatto di essere nato ministero, invece di nascere grillotalpa, cinocefalo, o zozzaglione, tutti ci deveno dare in testa, io me ti levo e dico: no.

Il ministero, novantanove volte su cento, commanda come quel marito che s'era arifuggiato sotto al letto per salvarsi dalle bastonate della moglie, e che quando lei ci diceva: Sorti fori... lui ci arispondeva: «No, sono il padrone di casa e voglio stare indove mi pare».

Chi comanda sono i partiti, e i partiti siamo noi.

Per cui, presempio, nel momento attuvale lei sentirà che tutti baccaglieno perchè il paese nun ci aveva la preparazione morale. È colpa, dicheno, del guverno! Ma andiamo, zozzaglioni, ultraprofumoni, iperruminanti, microcefali, farfanicchi, tirabbucioni, malloppi semivivi, sciroppi di lumache, ed eziandio vermini solitagli!...

Si facciamo il conto de le risponsabbilità, abbisognerebbe mettere tutti i partiti a sedere intorno e che poi seguitassero a sputarsi in faccia per quindici giorni!

Eccoti che lei vede il dimocratico il quale te si arivolta, guarda la Patria con aria dentiverdica, e ti esclama: Ma com'è che non si scopron le tombe? Ma com'è?... O figlio di veri mammiferi, ma ammalapena quella povera Itaglia te si arillegrava per quattro sorbe date al Turco libbico, tu zompavi su e gli ti mettevi a sedere sull'entusiasmo strillando: Zitta, per carità, che se no ti nascheno le illusioni!... Ma che eroi! Siamo carogne, arcicarogne !...

Figurate che ci era qualcuno che, per arimediare un sorriso dei socialisti, era rivato fino a inventare «il proletaglio arabbo!». Robba che si tu vedi un lavoratore arabbo quando fa finta di lavorare, ti senti crescere la stima verso il bagherozzo!...

Nun ti parlo del conservatore; quello nun è un partito, è un sanatorio.

Nun ti parlo del socialista «ufficiale« per un occhio di ariguardo a le persone pulite che leggheno.

Ma ti rivo al partito giovine, al nazzionalista!

Quello aveva preso la scorciatoia. Ma che faticare per fare un'Itaglia ricca, forte, istruvita, eccetera!... Facciamo conto che sia già tutto fatto. L'Itaglia è imbottita di miglioni, il bersagliere fa tremare il mondo, il cugino di Arturo è tenente dei lancieri e sposa la cuggina, l'operaglio ama la patria e il Re e ci ha la parcamensa, carica di caponi, lo zio prete don Procopio ci ha la coccarda a tre colori dentro il cappello. Oh! che bella festa, oh che bella festa!... Nun ti pare un racconto di Deamicise bonanima con l'aritorno del soldato, il trionfo de la virtù, e un bel sole al burro che tramonta sopra un mare di percalle blù, come nelle ogliografie? I maschietti ce si entusiasmaveno col permesso dei genitori: ci pareva di essere qualche cosa fra il visconte Gontrano del romanzo d'appendice e l'arcangelo Gabbrielle.

Feniva che nun sentiveno più nemmeno l'odore di milledue col quinto ceduto, di broccoli e di gatto maleducato de le parete domestiche, e si sentiveno crescere i scopettoni automaticamente.

E adesso questi signori te si arivolteno a guardare la folla, e esclameno: Com'è che nun son tutti leoni?...

Ecco, io ci vorrei dire, ma si voi vi imbriacate di chiacchiere e volete un cittadino itagliano su misura, un eroe ordinato in fabbrica, all'ora fissa, con quella data mossa e quelle date parole da farci il pezzo sul giornale, io vi arispondo: Signori, pussate via!

L'eroe c'è. Forse si crede lui stesso d'essere ministro di fornaro o tabaccaglio o veterinario, ma al momento bono farà l'obbligo suo come si fusse fatto a leone. Chi ti dice che l'eroe di domani nun sia quel signore che passa, quello che accende i lampioni, o magari il Sor Filippo con tutto il solito incommodo?



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