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Con viva preghiera di salutarmi tanto Montecitorio e annessi incommodi
Su quello che strofina l'elettore.
Sopracciglio alla piuma, ovverosìa «occhio alla penna», come dicheno i cacciatori, che poi in numismatica sarebbero i seguaci di Nembrotte.
È abbastato che si sentisse per aria quella leggera puzza di medaglietta, che indica l'avvicinarsi de le lezzioni pulitiche, perchè accadesse quello che accade in campagna. Indove appena cumincia a piovere, da ogni sasso ti schizza fori una ranocchietta. Accusì, da ogni cullegio ti zompano fori vari candidati pulitici, che, come sol dirsi, si incuminciano a strofinare l'elettore.
Nun è ancora il momento di fare quello che si dice la cernita, e stiamo tuttavia nel periodo in cui il candidato s'incubba, per poi, più in là, venire a capo un pedicello maturo.
Tuttavia si possono ariconoscere da la camminata i diversi tipi, laddovechè il mondo, come diceva un filosofo che, come si fusse poco, era puro greco, è un teatro di burattini, indove gira che ti ariggira, vengheno sempre fori le stesse maschere, e abbenanche che cambi la commedia, Arlecchino fa sempre i stessi caprioli, Florindo sposa la cuggina, Rugantino baccaglia e Pantalone, a botta sicura, paga. Ma quello lì nun lo fanno mai diputato.
In questo momento, il candidato nun è ancora sceso per strada per fare come le donne che fanno di verecondia getto, ovverosia passarti vicino con l'occhiata fra il pizzico e il sentimento, e dirti:... Uddìo!... che bel moretto, chi sa che suffraggio !... Nun gli dare retta a quel zozzaglione là, attaccati a me, che te ne aricordi per un pezzo!...
Adesso stanno ancora a la finestra e lavorano d'occhiate. Qualcuno butta addirittura via la maschera e chiama il cliente o vogliamo dire elettore.
Poi ci è il tipo puritano, quello che sta li in un cantone e fa lo sdegnoso, con l'idea che oggi o domani un ministro qualunque esclami: Ma chi sarà quel bell'omo austero e meditabbondo che si aritira sul monte sacro, laggiù?... Offriamoci un po' un colleggio!
C'è il tipo bonaccione e a la mano, che in tempi normali, si ci domandi un cerino ti sputa in un occhio, e ammalapena te si leva sull'orizzonte l'astro de la medaglietta incumincia che quando t'incontra vole sapere come stai, si sta bene la tua signora, si la pippa tira, si la serva fa bene la spesa e si il pupo ha smesso l'abbitudine di ficcare le suppellettili nel naso, ovverosia è il primo della classe.
Poi c'è il tipo con la fede inconcussa e l'ideale imperituro, tipo un po' aticuvato e, si vogliamo, piuttosto modello 1860. Ma l'omo è fatto in modo tale che casca sempre ne le medesime stropicciature come si lo facesse apposta, per cui da tempo immemorabile e in tutte le condizioni sociali, la truffa a l'americana, quella de la solita patacca e il discorso elettorale troveno sempre chi ci casca. Oramai, da tanti anni, la gente dovrebbe aver capito che quando uno dice: «Io, sempre sollecito del bene dell'elettore di questo collegio...» merita la stessa fede di quello che dice: «Favorischino, signori, nell'interno de la baracca a vedere l'omo con due teste, le pulce ammaestrate, la foca che dice papà e mammà, nonchè il cavallo che legge, scrive, firma la cambiale e non la paga, come un omo qualunque».
Comechè si ti fai adescare dal discorso elettorale, l'omo a due teste, magari a tre, lo poi vedere subbito, ed è candidato, mentre viceversa tu aresti con una testa deprezzata e vilipesa, che passiamoci sopra, come diceva la Ninfa Leggeria al Moro di Piazza Navona. Per cui io dico che, doppo matura ariflessione, quest'anno il voto nun lo do a nisuno, o meglio, lo metto alla Cassa d'arrisparmio, accusì con l'interessi me ti diventa addirittura un plibbiscito, ma aresta in famiglia.
In un sol caso voterei: cioè, quando potessi darmelo da me. Lei mi dirà che non c'è sugo, ma in ogni caso non lo do a uno, che poi me ti ride dietro.
Doppo tutto, si in Itaglia vi fossero i due grandi partiti dei boglia e degli antiboglia, come io me ti vado vaticinando da anni, ci dovrebbe essere un posto in parlamento per me, che su le colonne del Travaso me ti ho tenuto sempre alto quel vissillo, che nun solo c'entra la fede inconcussa, la lupa e il sole dell'avvenire, ma ti sventola anche su quel colle che levati, indove c'entra la gloria degli avi, il baluardo de le istituzzione e un altro bidone di cose belle.
Laonde puro Terresina dice che si portassi la medaglietta ci farei l'impressione di addiventare quasi un bel maschietto.
Col quale cesserei d'essere un omo plebbeo e ci darei più nell'occhio, il che è poco, ma chi si contenta gode, come diceva quello che faceva colazione con un piatto di starnuti cotti nella pila di Volta.
Lei mi dirà che sono diventato ambizioso, ma a una certa età qualche idealuccio da accarezzare ci vuole; percui uno ci ha un incommodo, uno la dentiera, uno accarrezza le fanciulle trilustri, e io il timone dello Stato.
Bisogna darcelo puro alla donna.
Dica, lei che ci averà senza dubbio qualche amico influvente, averebbe la bontà di tastare il terreno per vedere si nun potesse costituvire una società a lo scopo di rilevare Terresina, mia legittima consorte, ed andarla ad esibbire altrove, levandomela da le parete domestiche?
Pole puro affermare che è una signora in bono stato, di fabbrica nazzionale, del peso di 97 chilogrammi, con rispetto parlando, lordi, provvista di ideali di ricambio, piccolo corredo, aspirazzioni nobbili e generose e lievissima Fogazzarite incipiente.
Lei mi dirà che quello che ci dico è molto grave, ma creda puro che è accusì e non pole andare più avanti.
Tra mia moglie e un'altra traggedia che mi ti sento saltellare intorno e della quale ci parlerò fra poco, sto lì lì per prendere una di quelle decisioni che quando poi il postero le trova ne la storia, dice: Trucidalo!... quale enorme decisione!
Ed eccoci al perchè, che sarebbe come il malloppo de la questione.
Dice, il mondo cammina!... Facci puro! Ma domando e dico perchè deve camminare sui piedi dei galantommini, o quanto meno su la pace de le famiglie!
Si fusse un mondo ben educato, camminerebbe sul marciapiede e nun romperebbe i piccoli recipienti di legno o scatole, a nisuni.
Laddovechè invece io me ti trovo a questo, che cioè quando condussi al non mai abbastanza lodato altare Terresina, credevo di condurci una femmina dell'omo o vogliam dire donna, e avevo bone raggioni per crederlo, tant'è vero che lo diceva puro il Sor Filippo che era amico di casa, e invece adesso me ti trovo che vole i diritti dell'omo; per cui l'omo, fra caro viveri, sor Bonaventura e altri dispiaceri, se poi ci leveno puro i diritti, me lo saluta lei?
Deve consapere che per ogni elezzione pulitica è come un cicolino in un posto delicato, tante, accusì varie e molteplici sono le scocciature, che mi ti pioveno sull'onorata capoccia.
Questa volta vi si è aggiunto l'affare de le suffraggette, per cui oso dire che sono sull'orlo di quel colpo di revolvere che priverebbe l'Italia di un cittadino onorato, la famiglia di un padre e il Travaso di un fedele collaboratore.
Casa mia nun è più una casa, ma bensì un antipasto di rivoluzzione sociale, comechè si è costituvito un comitato fra Terresina, la moglie del pizzicagnolo in faccia, la signora Geltrude di sopra, quella che ci curse un pelo che nun sposasse il duca Toccafondi quand'era ragazzo, e la manicura al primo piano, e fanno le suffraggette.
Terresina nun abbada più a le faccende! L'altro giorno il riso aveva bollito tanto che era diventato una colla, e quando ce lo dissi, sa che mi arispose?... Dice: Tanto meglio, ci attaccheremo i manifesti del partito!
Nun vi parlo dell'umido con le cucuzzette, che era diventato un pezzo di carbonella, del pupo che, non essendo più sorvegliato dall'occhio materno, feniva col soffiarsi il naso nell'anima dei suoi gloriosi avi, come dice l'Imperatore Guglielmo, nè tampoco della domestica, la quale fenirà col farmi trovare in casa il baluvardo de le stituzzioni, che sarebbe l'esercito, e già siamo al quarto caporale de le varie armi!
Tutto questo per ariunirsi in salotto con quelle altre tre sarapiche, la quale ogni tanto ti sento attraverso una porta de le frasi come queste:
— È finita di stare sotto all'omo!
— Oggi conculchi tu, domani conculco io!
— Innalziamo puro noi tanto di vissillo!
Si figuri che l'altro giorno avevano perfino incominciato a preparare il vissillo, laddovechè ci ho arimesso una tenda rossa che stava accanto all'armuarre, nonchè un manico di scopa quasi novo, e ti si erano già disposte in corteo per uscire, senonchè entrò dalla finestra un grillo e si ficcò ne la froce del naso a la sora Geltrude, e cusì evitassimo lo scandalo.
Ma Terresina ci pensa sempre e la notte la sento che dice fra il lusco e relativo brusco: Quando sarà che arriveremo all'urna!
Viceversa ci assicuro che io son rivato al punto di quello che ci aveva su la testa la spada di Damocle legata al filo di Arianna, per cui diceva: non anderà sempre accusì.
Sul contenuto di quel certo contenente.
Avrebbe la bontà di salutarmi tanto l'urne?
Ogni volta che ci aripenso sento il microbbo de la semitigre, che me te si sveglia ne la panza e divento, come sul dirsi, un leone.
Si lei vedesse casa mia, pare la succursale de la ritirata di Mosca, con l'aggravante che il Sor Filippo si è aritirato ne la sua stanza e ci è venuto il solito incommodo.
E pazzienza fussi solo la sconfitta del Sor Filippo, perchè lui dice che puro Napoleone c'è passato, ma il male è che io nun posso cancellare, come suol dirsi, l'oltraggio patito.
Domenica scorsa, prima di movermiti da casa, me ti misi il soprabbito de le grandi occasioni, allustrai la bomba che ci andassimo all'altare con Terresina, poscia chiamai il pupo e ci dissi:
— Figlio mio, porgi orecchio, levati la mano destra da la narice sinistra, e inficcati ne la memoria ciò che tuo padre ti dice. Oggi è quel giorno memorabbile che il popolo fa i deputati, ciovè quella cosa la quale ce ne sono cinquecento otto, e ci curse un pelo che nun ci entrasse tuo padre. Guardami bene in faccia: nun ci vedi gnente di novo?
Lui ariflettè un poco, e poi mi disse:
— Questa pole essere un'idea come un'altra, ma oltre a questo tu osserverai, che io ci devo avere nel viso la spressione dell'omo che esercita, mica gnente, che i suoi diritti di soverano cittadino; indovechè dagli oggi torna a ridarvi domani, dal tempo in cui lo stato era un omo solo, siamo rivati adesso che fra deputati, senatori, ministri, acchiappacani, baluvardi de le stituzzioni e altri dispiaceri domestici, nun si conteno più. Tu mi dirai che dal punto di vista de la conomia il vantaggio non lo vedi. Ma nun senti nell'aria un nun so che che ti dice: La patria ti guarda? E si la patria ti guarda incomincia dal rintrodurre al suo leggittimo posto il pizzo de la camicia, che ti sporge fori, e vieni con me, laddovechè così imparerai a dare il voto.
Detto un fatto, ci moviamo da casa e eccoci come un sol uomo davanti a la sezzione, in dove pregai il pupo di aspettarmi, e ti entro nel portone.
Appena entrato, me te si fa avanti uno sbarbato che mi fa l'occhietto e dice: Sa, lei dev'essere dei nostri, lo ariconosco da la panza. Eccoci la scheda dell'On. Malvetti!
Io ebbi un motto di fierezza e ci arisposi: Si ella nun possiede altri moccoli, pole ricercare quello de la prima commugnone o aritirarsi a lo scuro, perchè su questa panza, si lei non lo sa, ci è scritto: Di qui non si passa!
Allora me te si avvicina un altro che mi fa a bassa voce: Bravo cittadino, forza a la macchina, fiaccola, scure, abbasso la borghesia, evviva lo sciopero nonchè il sole de l'avvenire, proletagli di tutto il mondo...
— Ho capito! ci feci io con dignità. È vero che sono mezzo narchico, ma sono anche funzinaglio de lo Stato.
I due si guardarono in faccia e sentii che parlaveno a bassa voce, ma afferrai solo le seguenti parole o pezzi di parola: «...azzato lui e quel beccaccione,... ci suoi,... ottella imbottita,... chi... ega!...».
Io non ci feci caso e ti penetrai come una bomba ne la sala; laddovechè quei due signori mi vennero appresso.
Il presidente del seggio fa, dice: Ma lei è conosciuto?
— Altrochè, ci dico io, è un pezzo che mi propugno su la libbera stampa, la quale...
— Ma c'è nessuno che lo conosce? rimbrigna lui. Allora quello con la faccia sbarbata dice: Io nun lo conosco.
E l'altro: Figurati io!...
Dice il precidente: Allora lei nun pole votare.
Io mi sentii qualche cosa nel bellico, che diceva: Questa è dunque l'iniqua mercede!...
Ma mi frenai e feci: Va bene, qualche conoscenza qua dentro la troverò!
Detto un fatto, giro l'occhio attorno e ti vedo, vi azzecchi un poco chi?... Il sor Bonaventura, quello de la cambiale.
Il quale lei deve consapere che è presidente de la Confraternita di San Pizzico in Testa, primicerio de la Congregazzione dei Crovattari e consigliere de la Banca Mutua di Piccolo Strozzo.
— Dico, lei mi conosce, salvognuno, nun è vero? Ma lui che sa che sono mezzo narchico, me ti fa:
— Scusi tanto, ma per quanto frughi ne la memoria...
— Si frughi pure l'anima dei suoi perversi defunti, feci io, nonchè di nonno ganimede e di quella donna mancipata di sua madre! Accusì non si conoscessimo!
— Nun posso seguirla su questo terreno, fece lui.
E poi disse a bassa voce: Sa, devo fare accusì per disciplina di partito, ma noi arestiamo sempre amici!
— Gnente affatto, feci io, aspetto a la fin del mese, e vedi si nun ti fo dare le dimissioni da creditore. Tu non mi ariconosci più per Oronzo?... E io ti scasso da sor Bonaventura, e quando ti presenti con la cambiale invece di frugare in saccoccia, frugo ne la memoria e ti pago il capitale in tante arimembranze giovanili, e i frutti a furia di dolci ricordi e rimorsi di cuscenza.
Abbasta, fatto sta che nun potetti votare, e adesso c'è puro l'inconveniente del pupo che, l'altro giorno in cortile coi suoi coetanei si sono messi a giocare a l'elezzione e a lui è toccata la parte del candidato clericale, per cui fra torzate, pommidorate e incalzate al cappello, è aritornato su, che camminava a pecorone per le scale.
Lei sa che io nun sono solito di applavudire l'omo di stato, comechè oramai me ti sono fatto questa sperienza:
Si per avventura senti uno che parla di questioni, come sol dirsi, nazzionali, e le piglia sul serio, sta sicuro che è un poveta, un caffettiere, un giornalista, un sonatore di flauto o qualsivoglia altro genere commestibile de la cusidetta categoria idealisti. Perchè il vero omo pratico che ti riva al governo, da quell'altezza lui vede tante di quelle cose che prima nun le vedeva, per cui le questioni che prima ci parevano importanti, come a dire se il popolo magna o no, se i rigazzini vanno a scola o in galera, si l'alleati ti sputeno in faccia o meno, diventeno tanti giocarelli che a furia di parafrasi nun li vedi più o viceversa ti accorgi che con una botta al gruppo A, una carezza al gruppo B, un sussidio al gruppo C, ti organizzi un come canti bene parlamentare, col quale stai al guverno, ci resti, te ne stropicci e chi più ne ha più ne introduce, come diceva il Principe Eulemburg a la battaglia di Culonia.
Con la quale lei vede a occhio nudo che siccome io ci ho uno stipendio da idealista, nun posso pensare come un ministro, e per conseguenza con quella gente lì ci bazzico poco.
Ma quando ne penzano una bona abbisogna batterci la mano.
Nun so se lei si era accorto che in Itaglia ci mancava qualche ministero.
Forse lei nun ci aveva fatto caso, ma io, che vivo ne l'amministrazzione, ci posso dire che era il momento di mettere fine a certi abbusi.
Nun dico che tutte l'altre amministrazzioni marciassero proprio bene, anzi, è certo che nun avevano fatto il vero obbligo loro, comechè quando sento che passa la Reale aresto come un frescone e penso: Ma chi se lo sarebbe mai creso! Sono quasi quarant'anni che ci abbiamo un ministero de la Guerra e ancora sopravvive l'esercito! Come puro quando sento che c'è uno scontro io ne piglio argomento per ariconoscere che le Ferrovie nun sono proprio ancora bene di Stato, perchè quando vi sarà un ministero de le Ferrovie, al primo treno che esce da una stazzione, lo autorizzo di tagliarmi la capoccia, o una libbra di carne magra indove tocca tocca.
Ma con tuttociò è chiaro che malgrado la bona volontà delle amministrazzioni centrali, tu ti vedevi che ugnitanto il paese ti faceva dei scherzi da matto ai quali mi pare che era il momento di mettervi una pezza. Noi avevamo sistemato il cosidetto problema meridionale accusì bene che andando avanti di quel passo, ti compravi un collegio con tre soldi di pulenta, ed eccoti che quelli ti zompeno su con l'opportuno dicastero, ti mandeno un sacco di miglioni al loro paese, che adesso i signori del mezzogiorno ci tocca di pagare la mano d'opera persino dei dodici soldi al giorno, e al momento bono i voti costeno un occhio.
Eppoi, uno partiva, aritornava, faceva bagliocchi, li ariportava indietro, e tutto questo senza una mollichella di emarginazzione, senza bolli, senza finche, senza che ci fusse la firma dell'arelativa divisione: robba che a raccontarlo nun ce si crede.
Adesso, finalmente, è venuta l'idea bona! Facciamo ben altri due ministeri; quello del lavoro e quello de le ferrovie.
E, messi su una bona strada, approfittiamo di questo momento che ci abbiamo, come sol dirsi, l'interimme, e facciamo parecchi altri ministeri ad ocche; affinchè ogni cosa che succede dentro i così detti confini de la patria, vi sia qualche povero figlio di famiglia che ci si possa fare una posizzione sopra, con relativo capodufficio, capodivisione, bollo, finca e annotazzioni a margine segnate.
Accusì, quando aristitueremo il mandato, poteremo dire a chi ci ha prestato il potere: Lei pole constatare che lo Stato si è notevolmente accresciuto, laddovechè lei ce lo ha dato di 11 ministeri e questi, si lei se li conta, sono tredici.
E nun ci fermeremo qui: verrà, spero, il giorno in cui il cittadino ci averà una turbina al naso col contastarnuto di Stato, uno scrivano per prendere nota del numero e un ufficio centrale per metterci il relativo bollo; accusì per il resto.
E dire che Terresina prima stava in pena che quando il pupo sarebbe stato grande nun avrebbe trovato il posto!
Povera donna! Sai quanto sarà contenta adesso!
Quando Pippetto Marginati ci averà la debbita licenza, l'Itaglia, grazie a Dio, sarà tutto un Dicastero, e chi sa che nun siamo ariusciti a mettere la mano nel cusidetto bel cielo italico e a rigarlo uso bollo, con tanto di margini sui due versanti, e in cima, su la cusiddetta Alpe fatale, tanto di «Oggetto» in carattere stampatello.
Sul gergo, salvognuno, dell'onorevoli
Pensa e ripensa e nel pensare divengo folle — più che ci penso e più sono cose da pigliarsi con le molle, — come diceva quello che mangiava pane e radici quadrate.
Lei si figuri, che in questo momento che ci scrivo sono aridotto in casa mia, come si avessi data una cammera in subbaffitto e Corrado Brando.
Comechè si andiamo di questo passo fenisce che prendo un appartamento al quinto piano di un proggetto di case popolari e mi aritiro a vivere lassù, come il segretario del conte Ugolino.
Non so chi sia stato colui, il quale me ti pose ne la capoccia del cranio l'idea di condurti il pupo a visitare il Parlamento nazzionale, indovechè speravo con questo di arialzarci le idee.
Strada facendo ci dicevo: Vedi, figlio mio, tieni sempre davanti parecchie cose, fra le quali l'idea che l'omo non è un semplice bipide, perchè allora nisuno lo distinguerebbe dal pollo che si è giocato le penne a percuoti muraglia, o battimuro come dice la plebbe, e tanto meno dal rinoceronte privo di due zampe. L'omo è quella cosa che ci ha un cervello che pensa, per cui si occupa di pulitica, soffre di dolor di testa e falsifica le cambiali, mentre il pollo, tu me lo insegni che becca qualunque porcheria, ma la pulitica no, e il rinoceronte ti può dare una cornata, ma sarebbe incapace di farti poi una causa per danni.
L'omo ci ha ezziandio il sentimento, che sarebbe quella cosa che ce si fanno le romanze e i figli maschi, nonchè la bandiera dell'ideale.
Quanto a rimediare la bandiera dell'ideale non te ne preoccupare, perchè la patria te la mette in mano appena nasci.
Il difficile è il modo di usarla. Tu, ci scommetto che ti ci soffieresti subito il naso; invece ti assicuro che bisogna tenerla da conto, saperla sventolare ogni tanto per levarci le tarle, e soprattutto imparare a ripiegarla.
Questo ultimo lavoro qui a Montecitorio lo fanno accusì bene, che si pole dire, vivono di quello.
Per cui, vieni nel santuvario della patria, guarda, arimira ed apprendi.
Detto un fatto entriamo a Montecitorio, indovechè appena entrato esclamai: Numi dei vari Olimpi, debbitamente assortiti!... Sogno o son desto?
Si figuri che cascassimo in pieno struzzionismo, indove uno faceva «tetetè tetetè tetetè» con la bocca, un altro con la medesima faceva altre cose, uno sbatteva le tavolette, uno fischiava la marcia de l'Aida e, quello che è peggio, uno parlava.
Il pupo me ti fa, dice: Papà, ma che ci ho da imparare qui!... Si tanto quanto azzardassimo a comportarci accusì a scola, ogni zampata del maestro ci rimane la forma della scarpa nel pensiero pulitico!... Eppoi dice, questo è il santuvario della patria?... E la patria indove sta?
— Ecco, ci feci io, che stavo su le spine, la patria c'è, ma qui non ce la fanno entrare, perchè si quella entrasse quaddentro, ti piglia, di tutta questa gente, uno per partito, e ci dà tanti di quei sganassoni che ci cascheno tutti i denti, senza dei quali la pulitica nun la ponno fare più, perchè ci mancheno i ferri del mestiere.
In quel momento incominciarono a sentirsi certi vocabboli, che feci appena a tempo a mettere la giacca in testa al pupo e portarlo fori, per pavura che sentissi tutto. Laddove adesso l'ho ariportato a casa, ma è bastato quel po' che ha sentito, perchè mi ti incominciasse a parlare in modo tale, che adesso la serva dice che nun ci vole più stare e Terresina dice che ci ho fatto apprendere i «vocaboli ordurieri» come dicheno i fratelli d'oltr'Alpa, o zozzonate, come si dice fra noi.
Inoltre adesso questo sciagurato fanciullo dice che si un deputato pole parlare accusì, un demonio indigente o povero diavolo qualunque pole fare di peggio, e quindi ti ha stabbilito lo struzzionismo puro lui.
E abbastasse questo; ieri è andato in cucina e siccome voleva fare lo sperimento di rovesciare l'urna, ha dato un colpo di granata o scopa ne la pila del brodo e ti ha rovesciato la medesima sul foco, per cui c'è voluto il ben di Dio per aricunquistare su le fiamme i centoventi grammi di malvagio sedere, o come altrimenti dice la plebbe, dai quali si doveva estrarre il brodo domestico.
Vi aggiungo inoltre che quest'ultimo, fra il carbone, il fumo e l'abbrucciato, anzichè di pio bove, sapeva di Giordano Bruno.
Io per conto mio, sarei del parere che, nell'attuvale frangente, visto che l'omo, come diceva quello che ci aveva una voce curiosa, è impotente a «porci un rimedio, si facesse una domanda collettiva al Padre Eterno e a Mosè, perchè ognuno si aripigliasse i suoi, altrimenti, si l'esempio dilaga, è robba che un giorno o l'altro ti usciamo da le case con musica in testa e caro viveri in cuore e ti nominiamo un cummitato arivoluzzionario; accusì almeno potremo con poca spesa fare alquante ripubbliche, nonchè il pollo a la cacciatora.
Sempre come sopra.
Averebbe qualchiduno la bontà di salutarmi la rippresentanza nazzionale, che sta per riaprirsi?
Io, sarà per quel tinticarello dell'ecchese candidato, sarà per quel panciante a la pulitica che è come chi dicesse il lupo, con cui il pelo te lo perdi come si te lo fussi giocato a bottonella, ma il vizzio mai, certo è che ugniqualvolta passo davanti a Montecitorio dico fra me e Oronzo E. Marginati: E pensare che lì dentro si gioca a bazzica e legge, mentre di fori il proletaglio va cercando nei monterozzi di mondezza una spina di pesce che nun sia proprio tirata a pulimento ovverosia un osso del fu abbacchio indove ci sia ancora una rimembranza di carne!...
Vede: nun è che io disprezzi il rappresentante de la nazzione, perchè si uno ama la nazzione e disprezza chi la rippresenta è come si dicesse di amare Roma e poi si soffiasse il naso ne la lupa, calpestasse il Colosseo o si mettesse a sedere su la colonna Antonina.
Io, anzi, quanto ti dico: un diputato, con una mano ci faccio tanto di cappello, e con l'altra grido: Viva sempre le nostre nun mai abbastanza gloriose stituzzione.
Ma tuttavia ne la mia propria capoccia de la testa, quando penso al carro de lo Stato e al rispettivo rippresentante de la nazzione, nun posso fare a meno di figurarmi il suddetto rappresentante de lo Stato come colui il quale deve tirare il prefato carro.
Sarà somiero, sarà destriero, sarà leone, tigre, pantera, farfalla, ippopotamo, zanzara, vapore, grillotalpa, mosca olearia o microbbo del tifo, ma certo è quell'essere animato che deve stare fra le stanghe de la nazzione e tirare.
E quindi vorrei che all'occhio del cittadino la cosa, diremo cusì, tirata, o carro suddetto, e quella che deve, a bon gioco, tirare, o diputato, fussero a contatto continuvo.
Invece ti hanno congegnato le questioni in modo, che il cittadino purchessia non ci si ariccapezza più, laddovechè succede come col medico, che a te ti dole un dito e lui ti dice: Sa, dipende da la parapicosi strofolaria endosmotica con pizzicorrea metaplastica; raggione, per cui ci dài tre lire e sul dito ci metti il non mai abbastanza lodato seme di lino come si nun avesse detto gnente.
Nel medesimo modo, al parlamento è accaduto che si sono fatti un vocabolario complicato per persone intellettuvali, per cui loro si parleno e loro si capischeno.
Avviene, putiamo temporaneamente il caso, che il cittadino trova che il pane è troppo caro, raggione per cui spererebbe che un giorno o l'altro un diputato andasse su e dicesse: Egreggio signor guverno, è inutile che lei faccia finta di leggere le carte sul tavolo, guardi da la parte mia e tiri a far poco il miccagliolo: ci crede che si il pane seguita a essere cusì caro, fenisce che diventa un metallo prezzioso?
Ebbene, adesso che te l'ho detto, arimediaci meglio che pòi, si no ti levo il portafoglio e te lo sbatto in testa. E sia la prima e l'ultima volta che fai il profumone!
Viceversa il diputato va su e quando parla, ti tira fori da una parte i centesimi addizzionali, dall'altra la perequazzione, dall'altra il sistema protettivo, e tanti altri scacciapensieri per signora e signorina, con tanti vocabboli novi, parole africane, eschimesi e ciampinesi, che il proletaglio nun capisce gnente, paga il pane un bagliocco di più e abbozza come un sol uomo.
E lo dico in lingua benchè povera, addirittura nullabbiente, diomodochè questo abbasta è come quel pignolo in mezzo alla fronte, che nun lo poi tradurre altro che in lingua pignola.
Abbasta, egreggi signori arippresentanti de la nazzione, abbasta di giocare a bussolotto, salta, con rispetto parlando, la quaglia e perfida genitrice, o mammaccia, come dice la plebbe!
Abbasta, che quando il popolo dice pane, voi gli arispondete ordine del giorno!... Scendete in mezzo al proletaglio, il quale da la fame cerca se si pole mozzicare i propri gomiti da sè stesso, buttate un occhio nel suo tugurio ed in quello de la sua scalcagnata signora, nonchè prole, mettete il dito su la piaga e poi aricordatevi che abbozza oggi, abbozza domani, torna ad abbozzare dopodomani, verrà il giorno nel quale agguanteremo la bandiera de la riscossa, la fiaccola, la scure e qualche altro genere commestibbile, per cui se una sera andate a dormire sugli allori, e la mattina vi trovate una mezza dozzina di barricate per casa, dovete dire come quel tale de la commedia: tu l'hai voluta, caro il mio Giorgio Dandini!
L'arittimetica de la nazzione.
Lei mi dirà che io voglio ficcare, con rispetto parlando, il naso ne le quistioni dell'alta pulitica, ma oserei dirci che quando un cittadino paga le tasse (che quei quattro bagliocchi di stipendio da una mano il guverno ce li dà e dall'altra se li arribbecca quasi tutti) acquista il diritto di ficcare il naso in tutti l'affari, il dito in tutte le piaghe e l'intelletto in tutti i probblemi, coi quali negargli un simile diritto sarebbe come si uno venisse a dirmi che dopo aver dato a la donna di servizio i bagliocchi per la spesa, io non ho il diritto di penetrare in cucina, per vedere si ha messo ne la pila i soliti 130 grammi di cupertina, ovverosia le scarpe del di lei bersagliere, ovverosia guardia di finanza!
E con ciò Ella vede facilmente come io ho tutto il diritto di guardare in faccia Montecitorio e di dirci: A profumone! a che gioco giochiamo?
Ella vede ad occhio impudicamente nudo, che i diputati ciurlano, come diceva il principe Eulemburg, nel manico!
Ma che, facciamo le leggi o giochiamo a piccola sfera o pallina?
Qui, tutto il tempo utile, quando fa fresco ed ogni essere animato, vuoi cane da caccia, vuoi cavallo di vettura, o preferisci rippresentante de la nazzione, lavora con calma e con facilità, te lo passiamo a fare le crisi, le interpellanze, le sedute movimentate, ed altri giochi di società, e quando incomincia il caldo, che l'omo, il bipide, il tripide, o il quadripide nun connetteno più per il caldo, le zanzare e l'elezzione amministrative, allora te si ariduciamo a approvare i bilanci che sarebbero viceversa l'osso di persica del lavoro parlamentare e quello che ce si dovrebbe pensare prima di tutto.
Laddovechè accusì il Parlamento che dovrebbe essere come un ufficio in capo del paese, indove invece de le pratiche si emarginano le leggi, e invece di mettere all'atti i pezzi di carta ce si mette oggi una corazzata, domani una università e doppodomani magari tutta la nazzione, sempre più te si ariduce a una specie di teatro meccanico, indove il cittadino ci va per vedere se il ministro Tizzio è ariuscito a stropicciare l'onorevole Caglio o viceversa, e altri scacciapensieri, laddovechè doppotutto nun è nemmeno molto divertente; e si i bagliocchi che si spendono per i locali, l'illuminazione, l'impiegati, la cartasuga e li campanelli del presidente, si spendessero in tanti bruscolini e nocchie capate, si divertiressimo di più.
Viceversa io vorrei che quello che ariguarda il vero malloppo de la quistione, che sarebbero i conti di cassa, li facessimo prima di tutto e con calma; come io dico al pupo che faccia prima il compito, poi impari la lezzione, e doppo lo autorizzo a giocare col picchio, o quanto meno a giocare a palla nel cortile!
Invece ti succede come a le serate di famiglia, che prima s'incomincia con la polca e a la fine vi è il galoppo, e quando ariva il galoppo ti discutiamo i bilanci!
Ma che modo è questo di amministrarti una nazzione indove le energie del popolo sono tali e tante, che si ti arivolti da una parte vedi l'incremento del servizzio postale e telegrafico, dall'altra l'esercito che è baluvardo de le stituzzione, dall'altra la fede inconcussa e dall'altra l'ideale imperituro, il nalfabetismo, il rigagnoletto d'oro, e il muvimento dei furestieri?
Quindi venghi fori qualcuno a dire a quei signori, che si vogliono fare i diputati, faccino i diputati, ma si viceversa vogliono giocare a maroncino, allora un giorno o l'altro, quando andranno per mettersi a sedere sul seggio parlamentare, gli si addrizzerà davanti il fantasma de la patria, di dietro il suffragio degli elettori, e succederà uno scherzo tale che la valle di Giosafatte, al confronto, diventerà una bibbita ghiacciata.
Indove ti smonto l'ingranaggio de lo Stato.
S'era accorto mai nissuno che nell'amministrazzione de lo Stato c'era qualche cosa che nun andava?
Pole essere di sì, perchè l'amministrazzione de lo Stato, veduta dal di fori è una cosa, dal di dentro è un'altra.
Comechè il cittadino, di fronte a la medesima, è una facentefunzioni, e nun pole sapere quello che succede laddentro.
Infatti, presempio, si lei ci ha una quistione con lo Stato, supponiamo in qualità di danneggiato terremotico, e aspetta invano la relativa baracca, eccoti che se la piglia col guverno, comechè dice: Ma che fa il ministero?
Caro lei, ci arispondo io, il ministero fa il suo dovere!... Comechè per lei, terremotato, una baracca è un dificio di tavole, chiodi, bollette, tetto, bagherozzi e altri accessori, come pel marinaglio la nave è un piroschifo con tubbo, macchina, stantuffo, ecc... come per il soldato militare il riggimento è una certa quantità d'ommini con schioppo, fucili ed altri generi commestibbili, mentrechè per l'amministrazzione questi oggetti sono un foglio di carta su cui è scritto: Oggetto: baracca, nave, riggimento, ecc.
Per cui, quando lei si trova senza baracca, e ci viene una polmonite, è in errore, comechè la baracca c'è, già scritta, bollata, firmata, messa sotto copertina, in altri termini è evasa.
Si lei, poi, invece di una baracca evasa ha bisogno di una baracca fabbricata, vadi dal falegname!... Mi spiego?...
Accusì, se il marinaglio va per imbarcarsi e la nave nun esiste, e il colonnello sustiene che nun pole condurre a la carica un pezzo di carta protocollo, queste quistioni nun ci riguardano.
Anzi, io ci assicuro che il cusidetto malcontento del paese è un vero ostacolo al retto, come sol dirsi, funzionamento degli uffici, comechè ogni tanto ci è qualche interpellanza contro qualcuno e questo si arisolve in una vera offesa alla legge contro la protezzione dell'animali. Mi spiego con un esempio:
Nel nostro ufficio ci è un gatto chiamato Pecicche. Quando c'è una interpellanza contro un presunto abbuso o ritardo, il Ministro chiama il capo de la divisione competente e ci dice: Proveda!... Il capodivisione chiama il caposezzione e ci dice: Proveda!... Il caposezzione chiama il capo d'ufficio e ci dice: Proveda!... Il capo d'ufficio chiama il segretario e ci dice: Proveda!... Il segretario chiama l'alunno e ci dice: Proveda!... L'alunno chiama l'usciere: Ma comm'è che nun provedi?... E l'usciere dà una zampata a Pecicche.
Per cui un anno in cui la rippresentanza nazzionale si occupò molto dell'interessi pubblici (si vede che nun fu un quivoco) il povero Pecicche s'era ridotto che appena sonava il campanello del gabinetto di Sua Eccellenza scappava per i tetti, e con tutto questo, a furia di zampate, invece d'un gatto era diventato un marciapiede, e dovessimo arifarci una coda nova per sottoscrizzione.
Ora il male è che questa superstizzione del pubblico è penetrata, pare, ne le alte sfere guvernative, per cui eccheti che, pensa e aripensa, come diceva il poveta, ti vogliono impiantare l'orario unico.
Il che ha prodotto, nell'uffici, qualche cosa come una mezza arivoluzzione.
Laddovechè lei me lo insegna che, gira che ti ariggira, chi ci arimette siamo noi!
Lei deve consapere che ogni orario di ufficio ci ha il cusidetto limite di sbafo, che sarebbe come chi dicesse quel cinichetto di aritardo nell'entrata e di prematurità nell'uscita, il quale ti permette di aridurre praticamente l'orario.
Presempio, si lei deve entrare a le nove e uscire a le dodici, entra a le nove e mezza e esce alle undici e trenta, per cui vede che, con due orari, ci sono quattro limiti di sbafo, mentre nell'orario unico ve ne sono due soli!
C'è poi l'aggravante del cibbo!... Vole costringere un omo, ahimè! maturo, come me, a munirsi di una vile fetta di salame, inclusa, come direbbe Gabbrielle, ne la vile parentesi di due semipagnotelle? No, certo. E allora, quel cucchiaio di brodo me lo devono telefonare?
Ovverosia si vederà un capo di famiglia, e funzionaglio de lo Stato, andare all'ufficio con canestrino de la merenda come la vispa Teresa?
E il collega Tuttibbozzi, che è geloso della moglie, per cui quell'intervallo ci serviva a sorvegliarla, come si aregola?
Vorrebbe salvognuno che, mentre emargina una pratica, la moglie ci adornasse il letto, come diceva Santuzza a quel beccaccione di compar Alfio, in malo modo?
Si finirebbe con una serie di cavallerie rusticane, laddovechè il povero Tuttibbozzi, a furia di mozzicare l'orecchie de l'amici, fenirebbe sdentato come una sega pensionata.
Farsi portare il cibbo da la serva?... E si ti cade fra le braccia di un giovane e leggiadro funzionaglio?...
Abbasta, soprassediamo, come diceva quel principe tedesco al Moro di Piazza Navona, e attendiamo cosa va a decidere il fato.