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Sa, io non sono di quei critici che te si impancano a tener catedra di tutto, quindi nun ci entro in materia speciale, ma lei, prendendo le dovute precavuzzioni per la sicurezza personale, avrebbe la bontà di salutarmi Corrado Brando?
Lei deve consapere, anzi oramai lo saperà, che Terresina mi tira sempre fori l'affare dell'omo plebbeo e dice che l'arte nun la capisco e figureti poi la modernità.
Laddovechè quando si annunziò che facevano più che l'amore, non connetteva più e diceva che doveva essere una sciccheria: per cui ne consegue che tutto il giorno ti consultava il Fogazzari e il linguaggio dei fiori per vedere che cos'era.
Detto un fatto, tanto fece, che io e il sor Filippo decidessimo di andare con lei, e alle cinque di sera eravamo nel portone della galleria, indovechè c'era tanta gente che si pole figurare che pisto.
Io ci avevo il cravuse de le grandi occasioni, e Terresina il fiocco di sciffonne dietro, che in quella calca ci diventò onor di capitano, come una bandiera vecchia qualunque.
E il semolino che me ti ero messo in saccoccia con una provatura dentro per ingannare lo stommaco me ti diventò come un'ostia e Dio lo sa che patacca.
Con la quale Terresina, per via che aveva lasciato il pupo solo in casa, ogni tanto ci sbottava l'ideale infranto, e allora povero me.
Nun ci dico i tuzzi, incofenate, pizze, ginocchiate, acciaccate di calli, spintoni e strappi che avessimo per le scale, ma come Dio volle eccoci a sedere su un colpo d'occhio che levati.
E ci passo sopra al resoconto de la serata, che abbenanche lei abbitasse lontano l'averà sentito da casa, che pareva li cungresso de le locomotive malcontente, ma voglio farci accusì a volo d'uccello alcune ariflessioni.
Averebbe la bontà di dire al signor Gabbrielle d'Annunzio, si lo incontra, che scusi tanto, ma mi pare una bella boglieria?
Fortuna che nun ci ho portato il pupo, altrimenti me ti toccava, il giorno appresso, di sgnaccarlo in una casa di correzzione!
Io ci ho insegnato l'eroe tutto in un altro modo, e quando lo porto in giro per erudirlo, si ti incontro un Corrado Brando fra due guardie, ci dico: Guarda come finiscono i zozzaglioni !...
Va bene che quello di D'Annunzio faceva tutte queste boglierie perchè ci aveva l'ideale di quel viaggio, ma si per trovare indove nasce un fiume, c'è bisogno di tutta quella robba, si tanto tanto doveva scoprire una scoperta più grossa, ariduceva Roma una pizzetta!...
E quando ti vedevo Virginio Vesta il quale è chiaro che nun è un omo, ma un abbacchio, e aripensavo che a me hanno avuto li coraggio di dirmi beccaccione perchè affitto una cammera al sor Filippo, me ti saltava la mosca al naso perchè non c'è giustizzia distribbutiva.
E quel signor Rastignacco che lo difende, io prenderei Corrado Brando e ce lo darei due mesi per inquilino a la porta accanto. Me ci gioco la gratificazzione di Natale che, o aritira fori il quadrilatero o telefona in questura e te lo fa sgnaccare dentro.
Insomma, io nun ho fischiato per educazzione, ma sono arimasto sconturbato, nonchè il sor Filippo che se la piglia coi sovversivi e Terresina che ci piace più il Fogazzari indove sono tutti Virgini Vesta.
Accusì arrestai così male, che la notte mi sognai che cercavo la sorgente dell'Omo e nun ci dico altro.
Mi faccio meraviglia di Basigliola.
Averebbe la bontà, prendendo le relative precavuzzioni per la salute, di salutarmi Basigliola?
Torno a dirci che io non sono letterato, ma per mezzo de la stampa quotidiana qualche schizzo di letteratura t'entra sempre fra le parete domestiche, accusì dagli oggi e persevera nel ridarci domani, su per giù tutti i personaggi del signor D'Annunzio me li aritrovo sempre per casa. Laddovechè l'anno scorso il pupo, prima me ti si era messo in testa di fare il Corrado Brando e tirava zampate al gatto da la mattina a la sera, rubbava il zucchero dal barattolo e tirava pecette al signor maestro per via che lui era un eroe, e dette perfino un schiaffo alla figlia del portiere, con la scusa che era de la razza dei Cabotto; poi ci prese l'affare de l'ingegnere de le acque come Virginio Veste e non si pole immagginare come aridusse le cazzerole in cucina e altri strumenti domestici.
Questo ce lo dico per dimostrarci che in casa l'influsso letterario ci si sente.
Per cui, si lei non mi mette ariparo in tempo dicendolo al signor D'Annunzio, questa Basigliola mi ariduce in mezzo a un vicolo cieco.
Ma, scusi, indove le pesca queste donne il signor D'Annunzio?
O sono bone bone come Maria Vesta e allora si piangono sempre l'anima dei loro migliori trapassati vestiti da festa, o si tanto tanto ti passeno il Rubbicone, ti piglieno la strada da le Angizzie Fure o de le Basigliele, e allora me le saluta lei?
Senta, io sono un omo, diremo cusì, attempatello e su certi fatti una certa esperienza ce l'ho.
Ho veduto donne oneste, donne accusì accusì, donne boglia, e donne profumone assai! Ma questa Basigliola non è una donna, è uno spuntasigheri, che si ci accosti un dito te lo porta via! Capisco, non fo per dire, una donna un po' mancipata, un po' oserei dire, magari zozzagliona, ma questa è un fagotto di panni sporchi col microbbo del colera, una tigre invelenita, una coccodrillessa che ha mangiato il peperoncino; non è più una donna, è una trebbiatrice d'ommini, che da una parte ci metti l'omo e dall'altra sorte fori un caso imprevisto e prosciugato, o accidente a secco come dice la plebbe!
Ma, scusi, Marco Gratico nun ci aveva le mano per acchiapparla per qualche cosa ed esclamarci: Ah Basiliò, mannaggia chi ti ha introdotto nell'urbe, o ti arissegni a diventare una, diremo accusì, donna perduta come tutte le altre donne perdute, o qui, fra sleppe, birole, colpi di piede nel totus mundus, schiaffi ed altre forme di arepressione, ti ariduco come un onor di capitano, o vogliam dire, bandiera vecchia.
Ma già mi figuro che a bon conto Marco Gratico ci masticava sopra, come uno di questi apasci de la mala vita!
E il peggio è che l'esempio è contaggioso, per cui Terresina l'altro giorno me te se n'esce con la seguente frase che ancora si ci aripenzo me te si addirizzeno in testa i consuveti tre peli:
Dice: Che te ne fai del focolaglio domestico? Arma, piuttosto, se ci hai coraggio, la nave, e salpa come si fusse gnente, verso il mondo!!...
Raggione per cui arimasi impressionatissimo e la notte me ti sognai la fossa Fuglia e mi messi a strillare fra la veglia e il sogno: Agliuto, chè vi casco dentro, per cui al piano di sopra sentireno e ieri mattina il portiere ci ebbe il coraggio di dirmi si volevo che chiamasse la società degli asfittici.
Coi quali lei tocca con mano che di questo passo il teatro educatore ti riva a un punto, che se si salva l'onore di Madama Lugrezzia è proprio perchè ce n'è un pezzo solo.
Vede, io nun sono uno di quei moralista che si ti vedono una signora che mostra i soliti tre metri quadrati di pelle, fanno finta che ce si addirizzino, salvando indove mi tocco, i famosi tre peli in testa. A me certe cose nun si verificheno e ti so guardare le cose in faccia, come quella torre che nun crollava nemmeno si ci tiravi dentro col cannone a due botte.
Perciò nun sono neppure di coloro che, quando vanno a teatro, te si figureno che l'Arte, Apollo, l'ufficio Muse, il signor Della Rima nonchè quello Del Cesello, Dante Alighieri, il Conte di Montecristo, l'Aurora Boreale e il placido Zeffiretto, siano tutte cose inventate perchè il signor Tizzio o Caglio che sia, vòi andando a teatro, o promanandosi per le vie, si senta facilitata la diggestione dello spaghetto domestico.
Laonde ne consegue che, vòi nel teatro, vòi ne la vita, si la morale nun è proprio come quella della favola dei sette capretti, di Barbabblù, e dei Promessi Sposi, e se invece di trionfar la giustizzia, avviene che trionfi il boglia, roderò magari il cusidetto freno, ma abbozzo, e sto zitto.
Tuttavia, francamente, si lei volesse pregare il professore D'Annunzio di un piccolo favore, mi farebbe la più specchiata cortesia.
Come lei comprenderà facilmente, ho assistito al Ferro, e sono ritornato a casa ne le cundizzioni del più profondo abbacchiamento.
Dico: ma ammappale queste famiglie dannunziane!...
Incomincio a credere che Salomè, quella che, quando era stufa di giocare con la pupazza, domandava al padre un par di teste di Iocananne, fusse figlia di qualcuna di queste tribbù di mandrilli sanguinari, che l'illustre poveta cava da la gabbia de la propria intelliggenza, per arifilarceli sulla scena.
E quel signore Ismera, boglia, carogna, egoista, assassino, raggione per cui le donne quando lo vedono, se ne innamorano?
Lei mi ti dirà che questo accade puro ne la vita vera, e io ci so dire che la cammeriera de la contessa Scrocchiazzeppi ha riccontato a la moglie del pizzicagliolo in faccia, come qualmente quando ci fu il processo di quello che aveva disonorato la nonna e poi l'aveva cotta al forno, tutte le patronesse del Cummitato parrocchiale contro il turpiloquio, se n'erano innammorate.
Ma quello ci aveva anche una voglia di porco in faccia, mentre il signor Ismera nun ce l'aveva, o almeno ci aveva, diremo così, una voglia di suino metafisica.
Ma questo sarebbe gnente: da Più che l'amore al Ferro c'è un progresso: qui, almeno, il boglia, a la fine, l'ammazzeno, e a nessuno ci scappa detto di chiamarlo eroe.
Quello che me ti dispiace di più è che manca il chiaroscuro. Vòi fare un ambiente di zozzaglioni, indove la persona più pulita è quella che ammazza un omo? Va bene, fallo!... come diceva Messalina a le falangi tebbane.
Ma almeno, per cuntrasto, infiliamoci dentro un galantomo, accusì vanno a posto le tinte. Invece si si dovesse fare il galantomo, secondo i drammi di Gabbriele il Grande, si doverebbe scrivere questa definizzione: il galantuomo è il materazzo del boglia.
Nel Più che l'amore c'è Virginio Vesta, che fa la parte del galantomo. Ma quello nun è un galantomo, è un bigonzo, un vile cucurbitaceo, o vogliamo dire cetriolo, che si lo tagli o l'acciacchi, più che acqua nun viene fori! Corrado Brando gli si aripertica la sorella?... Corrado Brando strozza la scontista?... E lui ti esclama: Ma guarda si che bravo giovinotto! ma un tipo accusì deve fenire in galera come un zozzaglione qualunque?... Ma vado io in galera per lui!...
Viceversa qui c'è quello che sona l'orgheno. Il vero galantomo, a rigor di termine, con una parentela come quella: una moglie che gli faceva portare quell'anima di penne, e una sorella che tira cortellate come caramelle, avrebbe dovuto capire che c'era qualche cosa per aria. Invece lui sona l'orgheno, e nun capisce gnente.
Va bene che l'orgheno è sonato dietro le quinte, quindi il pubblico si pole illudere che l'orgheno sia suo, ma che glie lo soni un altro, e che l'avutore abbia voluto fare un simbolismo per far capire che, abbozza abbozza, nun aveva salvato nemmeno quello strumento musicale.
In ogni caso, lei capisce al solito volo del solito uccello, che si seguitiamo con queste Fedre, questi Corradi Brandi e queste Pisanelle, questi San Sebbastiani e questi Ferri, un povero rigazzo come il Pupo, che viene su adesso e che ti desideri di farsi un'idea de la vita attraverso il teatro, ci viene la pilessia.
Comechè pensa, che si la vita è fatta di donne che nun si possono innammorare d'un birbaccione si nun gli è almeno fratellastro, di eroi che fanno i furti con scasso e che per riabilitarsi, rendono zii i loro migliori amici, di Santi che si rosicano la coda come le scimmie, di galantommini che soneno l'orgheno e di rigazze che tireno cortellate, qualora uno nun possa prendere il porto d'armi per cannone da 420, e corazzarsi l'amor proprio come la torre d'una draguenutte, tanto vale mettesi l'anello al naso, dar foco alla Lupa, nonchè al Padre Tevere, al progetto di Roma al mare, nonchè all'inchiesta del Palazzo di Giustizzia, e aridursi sulle deserte balze dell'Acqua Acetosa, fra l'elefanti, le tigre e l'acquacetosari, come il famoso selvaggio Mabbò.
Averebbe la bontà di salutarmi tanto il Vate, il quale viceversa poi sarebbe Gabbriele D'Annunzio?
Col quale lei vede al solito volo del non mai abbastanza lodato uccello, che si andiamo di questo passo, verrà il giorno che a furia di ricevere boglierie da tutti, il povero privato cittadino che ti nasce senza il peticozzo del superuomo, e per giunta nun è nè postelegrafico, nè lavoratore de la scopa, nè ladro internazzionale, lo tratteranno addirittura come i cani in chiesa e ci toccherà di aritirarsi sul monte Sacro, si puro allora nun ci averanno fabbricato un convento, un albergo o un ministero.
Comechè lei deve consapere che l'ultimo libbro dell'Indiscutibbile, me ti ha messo le parete domestiche in uno stato che si nun vi metto subbito ariparo me ti tocca di passare d'urgenza all'ufficio defunti.
Si pole immaginare che Terresina, quando ha saputo che il Vate aveva scritto l'ultima parola del volume qualche minuto doppo mezzanotte, e che a quell'ora aveva perfino scommodato l'amici per farcelo sapere per telegrafo, è entrata in un periodo d'aggitazzione cusì forte, che già avevo organizzato un modello di martinicca per dargli ogni tanto il controvapore.
Lei, vede, nun è che ti tradisca il Fogazzari, perchè quello lì è il sogno permanente, e da quello lì nun l'arimovi nemmeno con la dinamite, ma lei dice che in certi punti D'Annunzio ci ha lo stesso sapore sciropposo, con una puntarella aromatica.
Soltanto lei si lamenta che di tutti i personaggi del Vate nun ce n'è uno che si possa aricevere in casa, salvo quel beccaccione contento di Virginio Vesta.
Quindi, dal momento de la notizzia in poi, fu come si ci avessero fatto una ignezzione di benzina, e tanto fece e tanto disse, che a la fine me ti privai d'un ombrello novo che avevo divisato di acquistare, e comprai ben cinque lire di Forse che sì, ma può pure darsi di no.
Io, francamente, credevo che parlasse dell'attuvale ministro, mentre invece poi ho appreso che si tratta di un duvetto sul genere di: Favorisci di levarti la cammesella!... — La cammesella forse che sì, forse che no! — indove però c'entra pure il velivolo, che sarebbe il soprannome dell'arioplano quando va in società, e inoltre, accanto a la coppia dell'innamorati, c'è quella dei piagnoni, con relativo fratello che più sta e più diventa ingegnere de le acque.
Abbasta, Terresina si chiuse in salotto, accese il lume de le grande occasioni, ci messe intorno un velo pavonazzo, messe due bagliocchi di fiori ne la tazza del caffè e latte, e poi fabbricò un po' di profumo arcano, col quale, una volta preparato l'ambiente, ecco che si messe a leggere.
E da quel giorno, è come si, salvando il dovuto arispetto, me ti fossi messo in casa Corrado Brando!
E qui ci faccio una breve parentesi: Scusi, ma lei si quando va a teatro per sentire l'Aida, rivato al punto indove dice che «già i sacerdoti adunansi» ci calassero il sipario e l'arimandassero a un'altra settimana, come aresterebbe?
Aritornerebbe a casa senza sentirsi nè completamente carne nè tampoco tutto pesce, comechè nun riverebbe mai a capire che cosa te si sono ridunati a fare quei sacerdoti.
E cusì si putacaso assistendo a la Nave si calasse la tela quando ci sono le ballerine che fanno il Cionkina-cion: laddovechè nun potrebbe mai capire si i due fratelli fanno pace, o si ci scappa poi il consuveto fratricidio.
Nel libbro, poi, a questi scherzi ci siamo poco abbituvati, perchè è chiaro che si i Promessi Sposi restassero al rapimento di Lucia, noi nun verressimo mai a sapere che a la fine, con una bona peste di Milano ed un opportuno frate cappuccino, la virtù trionfa e il vizzio rimane stropicciato.
E eccoti che il volume in parola, indove parla Vana, termina accusì: Ma come induvinò su la bella bocca imbronciata un nuovo scoppio di pena, soggiunse;
Da principio io credevo che la fine ci fusse nascosta in qualche parte, perciò quando Terresina si lamentò, ci arisposi con un sorriso mefistofelico: Vedi retro!
Ma poi me ti sono convinto puro io che, per ora almeno, fenisce accusì.
Per cui adesso tutta la casa è sottosopra perchè vònno sapere che cosa soggiunse Vana; abbiamo fatto perfino il spiritismo col tavolino, ma è venuta fori solo la parola: Stropicciatura!
Abbiamo cercato di indovinare, scrivendo ognuno una frase, e sono venute fore le seguenti:
(Terresina). L'augellino mio volò volò.
(Il Sor Filippo). L'ordine ne la libbertà e viceversa.
(Io). Ci averesti mezzo toscano?
Laddovechè ancora nun ci è gnente di delucidato e più ci penso e più me ti gira la piccola sfera, o pallino come dice la plebbe.
La notte Terresina si sveglia di soprassalto e me ti tira per le braccia per domandarmi: Oronzo, che ci averà detto Vana?
Con la quale l'altra notte che io me ti sognavo il sor Bonaventura, ci arisposi: Ci averà detto, facciamo il settanta per cento e nun se ne parli più.
Ti scocco un'altra freccia per conto mio al San Sebbastiano.
Qualora si imbattesse in Gabbriele D'Annunzio me lo saluta magari in francese?
Vede, io, abbenanche che personalmente sia tutto d'un pezzo, nun me ti voglio mettere a fare l'intransiggente: siamo libberali, sì, ma giacobbini no, come diceva quel diputato dimocratico che votava per i preti.
Per cui passiamoci sopra.
Lui ieri ci aveva la fiaccola in pugno, nonchè la scure, oggi ti salta il fosso e ti passa dall'altra parte, per cui tutto d'un tratto si sente un dolore da una parte: che è che nun è, ci è venuta fori la fede dei suoi padri, nonchè il San Sebbastiano, e quel che è peggio, il francese.
Io nun me ne sono meravigliato, comechè da tanti anni che ti seguo questo autore ho sempre veduto che, con un po' di aritardo, questo è vero, ma ha sempre ubbidito a la moda, e si le signore si lagneno, si cerchino un'altra modista.
Laddovechè, per poco che lei ci faccia caso, vedrà che come Basigliola curre appresso a Salomè, San Sebbastiano curre appresso a Pietro Maironi. Anzi, bisognerebbe avvertire quest'ultimo che stia in guardia, perchè si quell'altro arriva, nun so come fenisce.
Fra due santi di quel genere lì, c'è da aspettarsi qualunque facezzia.
Terresina dice accusì che lei se l'aspettava: Sono anni, me ti ha detto, che ci vedo i sintomi del Fogazzarismo; quel certo nun so che ne la camminata, quel certo modo di non farsi capire, quell'aria fra il prete di novant'anni e il giovane nazzionalista, quell'odoretto di signora per bene che sorte da la chiesa, insomma tutto il quadro, salvando indove mi tocco, clinico.
Eppoi, dice sempre lei, quando uno ti ha letto la prefazzione di Più che l'amore, quando riva a la fine e aripiglia i sensi deve convenire che a un omo che scrive accusì, nun ci resta da fare che il San Sebbastiano e in francese.
Io in fondo ci ho un certo piacere, perchè prima, ce lo confesso, di quello che scriveva lui, il novanta per cento nun lo capivo e mi vergognavo, perchè tutte le signore diceveno che d'Annunzio toccalo dapertutto, ma lasciaci stare la lingua. Adesso che scrive in francese, ci ho quella cosa lì, e sto tranquillo per un pezzo, comechè vederà che andando di questo passo, un giorno o l'altro qualunque gl'indolcisce l'Adriatico e allora scrive in tedesco.
Del resto, anche su questo c'è da fare poche insinuvazzioni. Qualunque omo averebbe fatto come lui, visto e considerato di dove c'è venuta l'ispirazzione. Quando un omo te si trova davanti una donna secca come una canna di pippa proletaglia, che ti fa le danze plastiche quasi nuda, con l'anelli di brillanti ai piedi, e ti pare una cosa di mezzo fra un minorenne e una minorenna, si capisce subbito che a te t'entra, come si dice, nell'animo il misticismo. Si il caso ci pare controverso, domandi a chi se n'intende, e per quanto faccia nun troverà un salesiano che ci dia torto.
Quello che nun capisco è l'affare de la fiaccola da aggitare su le solite alte cime, come disse D'Annunzio quando morì Carducci.
L'Itaglia è un paese come il circolo di divertimento Belli Nasi, con la quale lungo la strada glie ci vole il concertino, che sarebbe nel caso attuvale, il poveta civile.
Ora, se la lingua del poveta civile cambia secondo l'ispiratrice, fenisce come a la musica di Strausse: per un po' fai finta che la capisci, poi te ne aritorni a casa fischiando Funicolì e arelativo Funicolà.
Lei mi ti dirà che c'è Pascoli, ma quello lì è capace che te si ferma per strada arifare il verso a le cicale, a le raganelle, ai passeri e altri incovenienti.
Per cui abbisogna porvi ariparo, e bandire un concorso col seguente avviso:
«Cercasi giovine intraprendente per posto di poveta civile itagliano. Pel momento è necessario essere proprio Itagliano, ma a la prima voltata c'è arimedio a tutto. Il richiedente doverà inoltre: 1. Averci un gilè fantasia ultima moda. 2. Dimostrarti di sapersi fare certi fiocchi alla cravatta come nun se li fa nissuno. 3. Possedere un cusidetto «fine sorriso ironico» marca B, di fabbrica nazzionale. 4. Esibbire il certificato di buona condotta del curato della rispettiva parrocchia. 5. Svolgere a scelta uno dei seguenti temi di composizzione in versi:
San Luviggi Gonzaga come precursore del Nazzionalismo itagliano — Parallelo fra San Gabbrielle D'Annunzio e S. Margherita di Cortona — L'Itaglia è fatta, facciamoci una posizzione».
Questo credo che sarebbe il provvedimento da prendere, ammenochè, come dice qualcuno, tutto nun dipenda dal fisico de le ispiratrici, laddovechè allora bisognerà aspettare che finisca il periodo de le ispiratrici magre, e cominci quello delle ispiratrici grasse.
Al Vate nella viggilia del cimento.
Averebbe la bontà si per avventura si imbatte nel Vate o, come chi dicesse, Gabbriele il poveta, di darci un consiglio da parte mia, ariguardo del fatto che lui vole andare in Amarissimo con la curazzata, comechè quello è l'unico posto degno di lui?...
Lei mi ti dirà, dice: Ma chi sei tu che ti permetti di dare un cunsiglio a Colui il Quale?...
Ecco, vede, si fusse un cunsiglio in materia di povesia, o vogliamo dire sul modo di fare i versi, io me ti starei zitto, perchè il poveta è lui.
Ma qui si tratta di patriottismo, e allora baccaglio puro io. Io, vede, sono una parte piccolissima de la patria. Io nun sarò nè testa, nè braccio, nè core, nè gnente, sarò magari il bellicolo del ventre innummerevole, ma in quell'affare lì, ci ho voce in capitolo anche come bellicolo. E ne cunsegue che quando vedo che Gabbriele te ci si inferocisce tanto col patriottismo, me ti incomincio a spaventare, e me ti domando: Che il patriottismo stia passando di moda?...
Laddovechè, siamo sempre lì, come tailleur di parole, uno come Gabbriele nun lo trovi nemmeno ne le prime case di moda, ma il male irrimediabbile è che quando la moda la tira fori lui, a Pariggi incumincia a odorare di sbrinzo trapassato o di cane difunto. Lui ci ha portato in Itaglia il superomo, quando questo povero diavolo s'era aritirato da tanto tempo da la letteratura e teneva un barre in una città di provincia; lui è andato verso la luce quando il sole dell'avvenire ce si erano già magnati quasi tutti i raggi e c'era arimasto un ciuffo da una parte come un pennello per la barba, per cui i giovani incominciavano a dire: Qui, si nun s'inventa presto un nazzionalismo qualunque, abbisognerà mettersi a fare il cittadino del proprio paese, col rischio di aritrovarsi in tarda età indotti a fare i vecchi patriotti.
Si è ariattaccato ai tutelari, a la Diaconessa Ema, e a tutti l'altri giochi di società, quando il cumpianto Fogazzari stesso incuminciava a trovare che più appiccicoso di Pietro Maironi era difficile fabbricarne un altro.
La gente pensava, che data la libbertà di cuscenza, uno poteva credere e nun credere alla fede dei suoi presunti padri, ma che arridurla a un profumo di un po' di incenso, un po' di pasciolì, un po' d'acido fenico, era mettersi su la strada di arrivare a Santa Salomè vergine e incestuvosa, con la morfina ne l'incenziere, e il sagro tea de le cinque col mistico tango, e la vesta spaccata da una parte.
Questo aritardo su la moda era colpa del pubblico o era colpa del poveta?... Èrimo noi che èrimo una spece di Ciampino in grande, o lui che ci mandava i sagri messaggi da una Ciampino intellettuvale?... Mistero! Nun lo sapremo mai.
Laddove però, finchè te si tratta di povesie, spettacoli teatrali ed altre caramelle, importa poco.
Ma qui si tratta, speriamo bene, di botte. E abbasta con le chiacchiere.
Noi (e quando dico noi, lei deve, con rispetto, vedere dietro di me tutti l'Ommini Qualunque, che sono leggione) èrimo patriotti puro quando il Vate Multilingue (che Domineddio una glie ne tagli, una glie ne perdoni e una glie ne benedica) l'aveva coi cinquecento vili mortali che invece di fare i Cantelmi con le Vergine de le Rocce, o con quelle dei selci, andaveno a fare i Bruti a Dogali. E per aritrovarci addosso il nostro leggittimo tricolore, nun si dobbiamo levare tre o quattro vistiti, un mantello nero da narchico intellettuvale, un piviale da prete e una camicia aricamata da pòveta cesareo per signore.
Il patriottismo nun è una pettinatura nè uno scopettone di pelo o di povesia; nun c'è posto per il fracche. C'è, come diceva uno di quei D'Annunzi di parecchi figurini fa, il griggio diluvio dimocratico, quello dei soldati con la baglionetta.
Per i clubbe di divertimento, si mette male.
Si per sventura adesso negheno una corazzata al Poveta, ditemi che ci aresta per la gente intellettuvale.