Maria Savi Lopez
Leggende delle Alpi
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DRAGHI E SERPENTI

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DRAGHI E SERPENTI

Moltissime leggende delle Alpi quasi tutte assai bizzarre, trattano di animali fantastici, di terribili draghi, di combattimenti fra i Santi e le serpi, ed in questo caso come in tanti altri, troviamo una delle credenze più comuni fra il mondo del Medioevo, derivata da miti antichissimi, e rimasta ancora nella coscienza degli alpigiani. Preziose miniature, vecchie incisioni su legno e anche meravigliosi dipinti sui vetri di antiche cattedrali, ci provano come l'arte rinascente si attenesse alle credenze popolari, nel raffigurare in forma stranissima draghi e serpenti, che avevano qualche cosa di diabolico; e quasi sempre vedonsi sotto i piedi della Madonna, o mentre trascinano nell'inferno le anime dei dannati. Altre volte ancora uniti in numerosa schiera, si muovono a lotte feroci contro gli angioli ed i santi.

Essi ritrovansi pure con frequenza nella poesia cavalleresca medioevale, e specialmente in quella appartenente al ciclo di Artù, mentre spesso innanzi alla fantasia popolare i draghi rossi ed i draghi bianchi rappresentavano i Celti ed i Sassoni, e se combattevano gli uni contro gli altri senza lasciar la terra, la facevano tremare con somma violenza; se invece venivano a battaglia fra le nubi, essi erano la causa di forti temporali, e facevano cadere spaventevoli pioggie di sangue96.

Spesso nel Medioevo non solo draghi e serpenti fecero parte della corte diabolica; ma il diavolo stesso che vedemmo trasformato sui ghiacciai, oltre la Valle d'Ala, in camoscio; che diventa Schiena de mul in Val di Genova, ed assume anche altre forme innanzi alla fantasia degli alpigiani, prendeva aspetto di serpente alato o di orribile mostro. Fu anche ritenuto qual padre di mostri nemici degli uomini, che il Lacroix dice discesi in linea retta dai giganti, dai pigmei, dai ciclopi, dai satiri della mitologia greca.

La credenza nei draghi durò così a lungo anche nel popolo delle città, che nel 1559, in occasione delle feste che vi furono in Lione per la pace tra Francia e Spagna; essendo apparso di sera un gran drago di fuoco che volava verso il Delfinato, ed era una specie di pallone o di fuoco d'artificio, il popolo fu colto da grande spavento credendo che fosse un drago vero; mentre cadeva dalla sua bocca una pioggia di fuoco, e, nell'oscurità della notte, pareva che avesse gli occhi ardenti97.

Io non trovai che un ricordo solo delle credenze medioevali nell'esistenza di mostruosi serpenti, in una delle Valli di Lanzo, fra le Alpi Graie, a poca distanza da Chialamberto; ove mi si narrò di un serpente che abitava in una tomba in camposanto, donde usciva solo per le sue gesta tenebrose. Anzi il terrore superstizioso per le serpi è cessato a segno in quella regione, che un alpigiano dalla parola franca e dal cuore gentile, mi diceva fra le pericolose creste del Calcante, in val di Viù, come fosse cosa salutare per lui mangiare il cuore delle vipere che uccideva sulle montagne; ed un viperaioPin del Ciuc – mi mostrò l'avanzo della vipera cotta, della quale avea mangiato una parte a pranzo. Però l'uso di mangiare il cuore delle vipere, rimasto presso qualche alpigiano, può anche riannodarsi ad antichissime credenze, poichè nei canti di Gudruna e di Humder, che appartengono alle tradizioni eroiche dell'Edda Scandinava, trovasi l'eroe Sigurdo, che uccide il fortissimo serpente Fafner, e mangiandone il cuore impara ad intendere il linguaggio degli uccelli.

Sulle Alpi della Svizzera tedesca si ritrova ancora vivissima memoria di orribili serpi e di animali fantastici; e per rendere più durevole questa credenza negli alpigiani, non bastò la reminiscenza delle leggende antichissime o medioevali; ma servì ancora a farla più persistente nella coscienza popolare, l'aver ritrovato in molte parti della Svizzera gli avanzi di rettili mostruosi, i quali sparirono nell'epoca delle ultime trasformazioni geologiche. Ora ancora sarebbe assai difficile far persuasi certi alpigiani di quelle regioni, ch'essi s'ingannano credendo nell'esistenza di lunghissimi serpenti, i quali hanno sul capo una corona; e parmi che debba questa credenza strana aver in parte la sua origine nel Medioevo, epoca in cui molti cavalieri portarono sugli scudi, sulle insegne e sugli elmi le serpi incoronate.

Anche su parecchi suggelli delle corporazioni dei fabbri del Medioevo trovasi, vicino alle tanaglie ed ai martelli, la serpe incoronata. Uno di questi suggelli vedesi sopra un documento del 1327. Sui suggelli dei fabbri di alcune città tedesche le serpi hanno pure una corona con tre punte, sulle quali poggiansi delle palle adorne con foglie e fiori. Sopra un altro suggello vedesi una serpe con una stella sul capo, e vuolsi trovare in esso il ricordo di antiche leggende; una delle quali narra di Witlich Rusting che aveva sullo scudo bianco, vicino al martello, le tanaglie dipinte in rosso, in memoria di suo padre che era un fabbro; mentre sull'insegna avea tre gemme preziose della real casa di sua madre. Egli portava un elmo del più forte acciaio, adorno con chiodi d'oro, e su di esso era pure incisa una serpe. In memoria del forte cavaliere par che i fabbri mettessero sui suggelli le serpi incoronate, che ritroviamo ora ancora nei ricordi popolari98.

Nelle Alpi di Vaud si rinviene pure la credenza nell'esistenza di enormi serpi incoronate che sono chiamate Vouivres. Di una grossezza e di una lunghezza che mettono spavento, sono alate come i draghi e portano sul capo la corona scintillante; esse hanno un occhio solo, specie di fulgido brillante che splende nella notte sulle montagne, come una palla di fuoco o una stella, quando volano da cima a cima. Dalla bocca gittano fasci di scintille e fiamme, che mettono sopra le loro ale gigantesche un fulgore meraviglioso. Vanno volentieri a bagnarsi nei laghi e nei torrenti, ma prima d'immergersi nell'acqua, lasciano sulla sponda l'occhio di fuoco che le illumina nel viaggio notturno; e dicesi che gli alpigiani, allettati dall'immenso valore di quei brillanti, si adoperavano onde poterli involare quando le serpi scendevano nell'acqua.

A Vouvry nel Vallese raccontasi che essendosi un uomo nascosto, mentre una Vouivre bagnavasi nelle acque del Rodano, gli riuscì di prendere non solo il brillante preziosissimo, ma anche la terribile serpe; ed avendola portata nel villaggio natìo, questo prese il nome che gli è rimasto sempre.

Al pari di tutto il misterioso popolo fantastico e notturno delle Alpi, le Vouivres si riunivano pel ballo in certe valli deserte; e difficilmente la più fervida fantasia riesce ad immaginare il quadro formato da quei draghi colossali; tra il fulgore delle gemme ch'essi portavano, mentre mandavano fasci di scintille fra l'ombre della notte, in mezzo alle nude rupi delle Alpi o sui campi di neve scintillante. Dicesi che una Vouivre, che sarebbe stata l'ultima della sua specie, fu vista ancora nel 1790, mentre fuggiva verso il Grand Murevan99.

Il Wagner nella sua storia naturale della Svizzera100, oltre a raccontare le stranissime gesta dei draghi, li classifica seriamente in draghi alati, draghi senza zampe e draghi colle zampe, e dice in quali parti della Svizzera furono uccisi parecchi di questi temuti animali, dei quali descrive le forme bizzarre.

Secondo la credenza popolare, in moltissime valli e nelle gole più orride delle Alpi vivevano in tempi lontani altre specie di rettili spaventevoli, che divoravano gli alpigiani, distruggevano intere greggie, e potevano solo essere vinti dalla sovrumana potenza dei santi o dal valore d'animosi guerrieri. In questo caso ancora gli alpigiani inventarono favolosi racconti, ricordando però sempre le credenze tramandate da secolo a secolo, e la loro fantasia fu al pari di quella dei marinai potente nel vedere strane cose. Le serpi favolose che si nascondono nei tristi boschi di larici, o stringonsi al tronco enorme dei faggi, aspettando i pastori, che saranno affascinati dall'infernale splendore che esse hanno negli occhi; i draghi che passano sui ghiacciai e sulle alte cime come a sfida delle aquile, o posano sulle rupi e piegano le ale gigantesche; mentre irradiano, colle gemme preziosissime che hanno sulla fronte, le pareti nere delle montagne, si adattano mirabilmente alla selvaggia e paurosa bellezza di tanti paesaggi alpini. Essi possono essere i signori della montagna, i soli esseri viventi che osino, colla forza diabolica, sfidare i pericoli della tormenta.

Con eguale audacia i draghi ed i serpenti degli oceani sfidano le onde furiose, le navi fortissime e il coraggio dei marinai. Uno di quei tremendi animali che più si assomigli, secondo il concetto popolare, a certi draghi alpini, vive sulle spiaggie della Norvegia; ha la lunghezza di 200 piedi e nascondesi in una grotta profonda, vicino a Bergen, dalla quale esce solo per divorare sulle montagne vitelli e pecore. Ha lunghissima criniera e manda fiamme dagli occhi. Quando lascia la montagna o la sabbia della spiaggia, immergesi nel mare per andare a muover guerra alle navi; e se ne trova una sulla sua via, si alza sulle onde, dritto come un albero maestro, poi abbassa rapidamente la testa orribile, afferra un marinaio e sparisce portando la nuova preda nell'acqua101.

Una delle più belle leggende intorno ai draghi malefici delle Alpi è quella del Basilisco da Mess Todesc che narrasi nel Trentino. La tana del Basilisco, nera e paurosa, vedesi sopra il santuario di San Gottardo, come sopra altre montagne vedonsiLe trou du dragon ed anche le trou de Pilatedimore di favolosi serpenti. Secondo la leggenda, la tana del Basilisco fu abitata per molti anni dal perfido animale, il quale, come certi draghi medioevali, aveva forma di biscia; ma era pure fornito di due ale e di una cresta. Aveva gli occhi sfavillanti al pari di quelli dei draghi delle Alpi di Vaud; e forse per una certa somiglianza cogli splendidi fantasmi notturni delle leggende germaniche, il suo corpo riluceva di notte, e tracciava una striscia luminosa, quando si levava a volo sulle montagne.

Quella bestia infernale non divorava, come i favolosi serpenti delle Alpi svizzere, alpigiani e greggie, ed in modo assai diverso recava danno agli uomini; perchè lo splendore che aveva sul corpo si alimentava in un veleno potente, il quale, mentre il Basilisco volava, cadeva sulla terra in forma di goccie che parevan di fuoco; ed era causa di violentissimi incendii, che nessuna forza umana poteva domare. Forse per alcuni secoli il Basilisco fu il terrore degli alpigiani, finchè un giovane conte della casa Firmiani, il quale tornava dalla guerra ed era valoroso oltre ogni dire, volle liberare il suo paese da tanto danno.

Armato di lancia, coll'elmo sul capo e chiuso nell'armatura, salì fino alla tana del Basilisco, e avendo saputo con arte farlo uscire di , l'uccise dopo un breve combattimento. Poi, innanzi agli abitanti plaudenti di Mezzacorona, sollevò sulla forte lancia la bestia infernale, come in segno di trionfo; ma il potere malefico di quella specie di drago non era cessato interamente, come avviene nei racconti in cui i vincitori nelle aspre lotte sono santi uomini; e benchè fosse vinto, doveva compiere l'ultimo suo malefizio a danno del giovane conte; perchè, mentre penzolava sulla lancia, cadde ancora dal suo corpo una di quelle goccie infocate, che erano il terrore degli alpigiani, e potevano incendiare foreste e villaggi. Essa penetrò fra le maglie di ferro del guanto portato dal valoroso guerriero, ed in un baleno egli fu incenerito.

Una vecchia pittura in Val d'Ala ricorda la leggenda del cacciatore e del diabolico camoscio. In un'altra che trovasi nell'antico convento della Novalesa, in Val di Susa, vedesi Sant'Eldrado che vince i serpenti, ed innumerevoli sono anche in altri paesi i dipinti che rappresentano le vittorie dei santi sui mostri e sui serpenti. Ora è San Giorgio che vince il drago102. Ora San Michele e San Germano combattono colla croce contro le serpi alate, ora è Santa Marta che mena incatenata la leggendaria Tarasca, ora è San Romano che lega colla stola la Gargouille di Rouen103, e si vuole che pure sulla facciata d'una chiesa ora distrutta in Mezzacorona, una pittura ricordasse la leggenda del Basilisco; e che un bassorilievo, il quale trovasi nel Museo di Trento, raffiguri la stessa bestia leggendaria104.

Nei racconti così popolari nel Medioevo sui combattimenti degli angioli e dei santi contro le serpi, che sono spiriti infernali, le figure che rappresentano il principio del bene hanno una grandezza epica, la quale può ritrovarsi nel Milton; ma viene anche resa colla maestria del verso e la potenza dell'immagine dal nostro Torquato, quando egli descrive l'arcangelo che scende sulla Terra Santa; per disperdere gli spiriti diabolici, intenti a rendere più vivo il furore dei pagani contro i cristiani. Ritroviamo tutta la poesia del concetto popolare, che mette tanta gloria intorno all'arcangelo Michele, che vediamo con molta frequenza pronto alla lotta o vincitore, anche sugli antichi dipinti delle cappelle disseminate sulle Alpi, quando il poeta ci dice ch'egli

Venia scotendo con l'eterne piume
La caligine densa e i cupi orrori.
S'indorava la notte al divin lume
Che spargea scintillando il volto fuori.
Tale il sol nelle nubi ha per costume
Spiegar dopo la pioggia i bei colori.
Tal suol fendendo il liquido sereno,
Stella cader della gran madre in seno105.

Anche sulle Alpi svizzere trovansi innumerevoli leggende sui combattimenti contro le serpi malefiche, ed una di quelle che mi sembrano più strane ricorda i due conti di Rore, i quali però dimoravano in un castello verso i monti del Giura; ma possedevano gran parte della terra svizzera fino alle regioni alpestri in vicinanza di Lucerna. Quei possenti signori erano fratelli; essi chiamavansi Guntrame e Beltrame, e nei loro immensi possedimenti trovavansi, specialmente sui monti del Giura e sulle Alpi, vastissimi boschi, ove vivevano innumerevoli bestie feroci. Non però gli orsi, i cinghiali, i lupi recavano il maggior danno ai loro vassalli; ma l'animale che atterriva i pastori era un drago enorme, il quale faceva ogni male agli uomini; potendo volare a suo talento da una cima all'altra delle montagne, piombare sugli armenti raccolti al pascolo o incendiare case e foreste.

I due animosi cavalieri decisero, al pari del conte Firmiani della leggenda trentina, di uccidere la bestia malefica, liberando così i vassalli da quel triste nemico; ed armati completamente, colle forti spade accanto e le visiere abbassate sui volti giovanili, andarono alla ricerca del drago. Finalmente loro avvenne di ritrovarlo non lungi dal castello di Burgdorf, ed essendosi Beltrame mosso con violenza insieme al fratello per assalirlo, egli fu ucciso dalla bestia maledetta. Ma Guntrame, più fortunato o più forte, potè con un colpo violento spezzarle la testa. Mentre il drago caduto, essendo ferito a morte, perdeva tutto il sangue, Beltrame ritornava in vita, e potè insieme al fratello dare ai vassalli la notizia della portentosa vittoria. Nel sito ove avvenne il combattimento, i conti di Rore fecero costruire una cappella dedicata a Santa Margherita, ed un'iscrizione fu pure messa a memoria della vittoria; mentre per lungo tempo videsi in uno dei loro castelli un quadro sul quale era dipinto l'epico combattimento106.

Non poche volte fra le molte leggende tedesche in cui appare la figura di Teodorico, egli ha aspetto di tremendo nemico dei giganti, dei nani, delle serpi e dei draghi; ed anche sulle Alpi tirolesi fa pompa della sua forza soprannaturale, a quanto dicesi in una specie di canto eroico tedesco, che ritroveremo fra le leggende sul Paradiso terrestre. Non solo nelle leggende italiane, Teodorico è ritenuto come appartenente al diavolo, perchè nemico della Chiesa; ma egli ha eguale parvenza in certe leggende tedesche, le quali debbono però essere di origine cristiana, mentre altri racconti lo mostrano in aspetto diverso, come se la coscienza popolare, secondo le proprie convinzioni, vedesse in lui opposte nature; la diabolica e la divina. La specie di divinità di Teodorico è sublimata nelle poesie della metà del secolo XIII, che hanno relazione col Tirolo. Esse dicono che le ferite ch'egli faceva, parevano opera del fulmine, nessuna spada era forte come la sua, perchè essa avea ricevuto dal cielo la potenza della folgore, e quando battevasi contro le serpi pareva che scoppiasse il fulmine e che i lampi balenassero nell'alto. Non eravi, dicevano i poeti, luce conosciuta dai mortali che fosse pari a quella che partivasi da lui; e non si poteva immaginare splendore pari a quello che mandavano le selve intorno alla sua persona.

I suoi combattimenti contro i draghi acquatici che cagionavano i temporali erano terribili; spesso egli comandava alle tempeste di non desolare la terra, ed era quasi pari a Wuothan, dio della luce e del vento. In Teodorico, il quale uccide draghi e serpenti, si vuole trovare una certa affinità col gigante alpino leggendario dei tirolesi chiamato Haymon, che pure uccise, secondo la credenza popolare, un grandissimo numero di giganti e di draghi.

Anche nelle leggende del ciclo bretone, narrasi che il volto del re Artù sfolgorava nelle battaglie, e che egli andò pure in terre diverse, uccidendo giganti e draghi, colla famosa e magica spadaCalibourne – che era dono delle fate. Ma più bizzarra ancora fu la credenza popolare raccolta in certi romanzi che parlano di Alessandro, ed in cui fra le tenebre del Medioevo una imperfetta cognizione dell'antichità fece avvenire strana confusione di persone e di tempi, poichè narrasi che Alessandro avendo vinto la terra volle costringere gli angioli a pagargli un tributo, e mentre passava nelle pianure ardenti dell'Asia si trovò in mezzo a draghi ed altri mostri in punizione della sua superbia107.

Con frequenza altre leggende delle Alpi italiane e della Svizzera tedesca, che ricordano i fantastici draghi, li fanno vedere come feroci custodi d'immense ricchezze; ma quasi sempre, in questo caso, hanno a compagna una donna bellissima e malefica.

In un sito alto assai e selvaggio delle Alpi svizzere, vedesi una grotta chiamata Vikeloch, che nessuno ha mai osato visitare interamente, perchè è dimora di una donna maledetta, dalla bellezza affascinante e che è guardata da un drago. Entrambi stanno a custodia di un tesoro, ma se riuscisse ad un giovane ardimentoso di uccidere il drago e di vincere l'amore della donna, egli sarebbe padrone d'immense ricchezze. Altri draghi vivevano, secondo la credenza popolare, in un bosco foltissimo delle Alpi; nell'estate verso il tramonto passavano con una spada di fuoco stretta fra i lunghi artigli, e volando rapidamente andavano dal monte Pilato presso Lucerna fino al Righi. La loro apparizione era triste presagio di sventure, poichè dicevasi in certe regioni alpine che i draghi uscivano al volo per annunziare guerre o incendii. Se bagnavansi nei laghi e nei fiumi davano annunzio di prossime inondazioni, e vuolsi che un drago predicesse la distruzione di un villaggio delle Alpi svizzere108.

Secondo certe credenze sparse fra gli alpigiani del Tirolo, le serpi hanno il loro impero e le loro leggi, e si uniscono in molto numero per la comune difesa. La loro regina sta anche a custodia di tesori ed è quasi sempre, come in altre leggende dello stesso genere, la trasformazione di una perfida donna. Già vedemmo che le Vouivres delle Alpi di Vaud, lasciavano sulle sponde dei laghi o su quelle del Rodano la loro gemma meravigliosa, prima di tuffarsi nell'acqua; invece le regine delle serpi depongono prima di andare al bagno la corona d'oro che portano a testimonianza dell'alto grado; esse lasciano anche il veleno, ma lo mettono sulle rupi inaccessibili, perchè morirebbero subito se gli uomini lo prendessero. Chi può impossessarsi della loro corona deve stimarsi felice oltre ogni dire.

In qualche leggenda delle Alpi, si può anche trovare memoria di una credenza che fu quasi generale nel Medioevo, ed anche più tardi, quando dicevasi che le streghe e gli stregoni potevano percorrere rapidamente immense distanze, essendo trasportati dalle serpi alate o dai fantastici draghi; non mi è però avvenuto di sapere se questi temevano il rimbombo del tuono, che impauriva, secondo la credenza popolare, i draghi del mare a segno, che se gli stregoni volevano domarli, facevano per arte magica un rumore assordante vicino alle grotte ove essi dimoravano, e vedendoli umili e tremanti, salivano sopra i loro corpi scintillanti ed attraversavano i mari109.

Non però tutti i draghi e le serpi incoronate delle leggende alpine, sono rettili malefici, o hanno spaventevole aspetto. Invece dicesi che sulle Alpi di Vaud, nel lago di Chavonnes, viveva un drago bianco dall'aspetto imponente110. Faceva tremenda guerra agli uccelli, ma se una bella fanciulla avvicinavasi al lago, la guardava con occhi appassionati, mostrando infinita gioia nel vederla, e prendeva con piacere il cibo che gli venisse offerto dalla bella creatura. Non vedeva forse la fantasia popolare, nel bianco drago del lago alpino, uno dei soliti principi leggendarii, i quali sotto forma bizzarra o paurosa aspettavano dall'amore la magica parola, che doveva rendere ad essi la forma umana e farli beati sulla terra? Non parmi però che il drago bianco di Chavonnes, così mite e bello, potesse uguagliare nello splendore dell'aspetto i draghi ai quali accenna un canto popolare bulgaro, dicendo ch'essi passano sulle foreste e senza che vi sia soffio di vento, piegansi come riverenti le altissime cime degli alberi fra le quali ondeggiano le loro criniere bianche. Hanno allato le spose bellissime sedute su carri d'oro, ed anche i figli stanno accanto ad essi, nelle culle d'oro sfolgoranti111.

In Klagenfurt, capitale della Carinzia, a piè delle Alpi austriache, si vede sulla Piazza Grande la fontana del drago e vuolsi che nei tempi lontani un drago devastasse quelle terre, quando la Glanfurt non formava che un'immensa palude. Il monumento che rappresenta la strana bestia in mezzo alla fontana, è della fine del secolo XVI; il drago massiccio e colla bocca spalancata ha due ale che non si adattano alla grossezza del corpo, essendo troppo piccole.

Una serpe incoronata dell'Oberland era amica di una bambina che le portava ogni giorno una parte del pane e del latte che la mamma le dava, per la colezione. Il padre della fanciulla nel vedere ch'essa non fermavasi mai per mangiare vicino alla famiglia, ma se ne andava in un cantuccio vicino all'alp, la seguì e fu oltre ogni dire meravigliato, quando s'avvide ch'essa discorreva con una serpe che le stava allato. L'amicizia tra la fanciulla e la serpe durò a lungo e quando l'alpigiana essendo divenuta alta e forte, sposò il giovane ch'essa amava, nel giorno delle nozze, mentre tutta la famiglia era riunita nell'alp, la serpe entrò e regalò alla fanciulla la sua bella corona d'oro112.

Non solo nelle leggende alpine, come in tante altre note generalmente nel Medioevo, le serpi discorrono come esseri umani, ma esse hanno al pari dei draghi occhi malefici, che mandano faville e risplendono nella notte. Questo carattere speciale delle leggende intorno alle serpi, note sulle Alpi, è prova della loro origine lontana. Come parvenze di spiriti diabolici, i draghi ed i serpenti debbono avere lo sguardo sfavillante, che nelle antiche mitologie vien dato in egual modo al principio del male. Il drago vinto da Traitana avea sul capo sette raggi sfolgoranti, e i draghi ed i serpenti leggendarii dell'India e della Persia, al pari di quelli di altre mitologie, hanno anche lo sguardo fiammeggiante. Quando il lampo solcava le nubi, dicevasi dai Persiani: «Ecco la serpe che guarda il cielo,» ed il perfido Arimane poteva essere raffigurato nella serpe dallo sguardo scintillante113.

Pare che nella poesia popolare e negli epici canti, gli arcangeli, i santi, gli eroi cari alle genti, debbano sempre avere fra la gloria che li circonda il vanto di avere atterrati draghi e giganti o vinti spiriti infernali e malefici che abbiano diverse parvenze. Forse per questo motivo le leggende narrano tanti epici combattimenti che ebbero luogo nel passato; ma venendo ad epoche più recenti, come se non dovesse mai cessare il portentoso lavorìo dell'immaginazione popolare, dirò che si crede nel Nord della Germania che il Gran Federico abbia esiliato i nani oltre le spiaggie del Mar Nero, ed in altre regioni si ritiene che Napoleone I abbia discacciato egualmente gli stregoni ed i fantasmi che le infestavano114.

La potenza data agli eroi ed ai santi è tale che nelle leggende alpine non si narrano solo i loro combattimenti contro i serpenti, ma esse dicono che questi sparirono da alcune valli, e da certi versanti di montagne, al solo comando che ne ebbero da eroi e da venerandi vescovi ed eremiti.

La leggenda del Saint Théodule, non si limita a mostrarci il vescovo di Sion come vincitore del diavolo, mentre recavasi a visitare i suoi fratelli in Val d'Aosta; ma narra ancora che avendo ricevuto cortese accoglienza da una famiglia di alpigiani, che erano addolorati assai, perchè una serpe aveva morsicato un fanciullo ad essi carissimo, volle compensarli della loro bontà, e non solo guarì il bimbo, ma comandò a tutte le serpi di ritirarsi in altra parte delle Alpi, ed esse obbedirono prontamente.

La leggenda di San Verano sulle Alpi Cozie del versante francese, dice che questo santo vescovo avea discacciato un drago dalla poetica fontana di Valchiusa, cara alle anime innamorate, ed essendo la triste bestia morta sopra una montagna delle Alpi, il santo fece fabbricare in quel sito una cappella, non lungi di certo dal borgo che porta il suo nome nella Valle di Molines.

Sant'Eldrado vescovo della Novalesa nel nono secolo e signore di Bardonecchia, discaccia anche le serpi da una valle sulle Alpi Cozie, ove egli vuole fabbricare un nuovo convento, e le costringe a rintanarsi per sempre in una grotta115. Questa leggenda è più antica ancora della canzone di gesta detta le Moniage Guillaume, che per mezzo dei giullari dovette diffondersi anche nelle valli italiane, e che ci mostra Guglielmo d'Orange, prima ch'egli vincesse il diavolo, come vedemmo nel precedente capitolo, quando stanco della vita passata sui campi di battaglia cerca una terra solitaria ove possa prendere stabile dimora.

Egli giunge finalmente in un boscogranz et ramez – nelle vicinanze di Mompellieri e trova il sito selvaggio ch'egli desidera, e che viene descritto nella canzone dalla frase energica, mentre il fortissimo guerriero:

Vit les rochers et les vauz encombrez
Les granz dirubes qui moult font a douter,
Vit les granz èves et les detroiz de mer
Soz ciel n'a home n'en fust espoentez,
Desor une èves a un tertre esgarde:
La désertine fet moult à redouter
Quar des serpenz i ot a grant planté,
Boz et cou leuvres et serpenteaus crestez
Laisardes grans et grans crapoz enflés.

Le preghiere che il santo uomo volge a Dio, al pari di Sant'Eldrado, costringono le serpi, i rospi ed i colubri a lasciare quel sito ed a precipitare nell'acqua, la qual cosa essi fanno con tale rumore,

Que le marquis en fu tot effraé116.

Le leggende savoiarde danno invece gran potere sugli animali a San Francesco di Sales, l'apostolo del Chiablese: egli però non doma draghi e serpenti, ma altri animali selvaggi; e narrasi che essendo costretto a ripararsi dalle insidie dei suoi nemici ed a combatterli coll'efficacia della santa parola, doveva attraversare foreste assai folte, ove i lupi, gli orsi ed i cinghiali si trovavano ad ogni passo.

Ma San Francesco non solo convertiva i protestanti che inginocchiavansi innanzi a lui, egli comandava pure col fascino della persona, alle belve che si accovacciavano quando egli avvicinavasi alle loro alpestri dimore, ed umiliate come se avessero perduto la ferocia ed il vigore, restavano immobili finchè egli era passato.

Se i santi vincono facilmente al pari degli eroi draghi e serpenti, questa buona fortuna non tocca sempre agli stregoni. Nelle vicinanze di Frossasco vedesi un'antica torre detta di Baldissero, e narrasi che fra le sue mura si trovano raccolti serpenti, fate e maghi. Un giorno giunse in Frossasco uno stregone, il quale disse che aveva il potere di attrarre tutte quelle serpi, mandando acuti fischi; ma che la sua forza negl'incantesimi non era tale da domare un grosso serpente, che dimorava anche nella torre.

Innanzi al popolo intento a vedere il caso portentoso, diede il possente stregone prova del suo coraggio e della sua valentia; e mentre egli fischiava uscivano le serpi dalla torre, strisciavano fra le pietre, passavano sull'erba vicino alle siepi, affascinate, vinte da una forza soprannaturale, poi finivano col rimanergli innanzi ai piedi immobili e stanche; ma il temuto serpente, il re di tutto quel triste e malefico popolo uscì finalmente dalla sua dimora, e cogli occhi sfavillanti affascinò a sua volta lo stregone; il quale nell'impossibilità di resistere ad una forza maggiore della sua, si ribellò inutilmente in cuor suo contro il potere del suo nemico; ma rimanendo fermo nel posto ove trovavasi, fu raggiunto dal serpente che l'avvolse fra le sue spire e l'uccise.

Nelle valli di Ceresole non troviamo qualche stregone e neppure un santo dal nome conosciuto, il quale metta in fuga le serpi, che, secondo la credenza popolare, erano in tanto numero sul versante di una montagna; ma dicesi che un misterioso monaco disceso da uno dei varchi alpini, seppe farle ubbidire ai suoi comandi. In questa valle deve però essere rimasta nella coscienza popolare traccia profonda delle antiche e superstiziose credenze intorno alle serpi, perchè vi è fra quegli alpigiani chi crede di avere un amuleto potente contro ogni sventura, portando sulla persona un pezzetto della pelle di una serpe.

Strane tradizioni e leggende intorno al Paradiso terrestre furono generalmente note ai popoli del Medioevo, e vedremo che se ne trova ancora traccia sulle Alpi. Esse ripetono mille favole intorno a certi serpenti bizzarri, i quali però hanno intelligenza e spesso parlano le lingue usate dagli uomini mentre hanno malefica potenza, al pari dei draghi più spaventevoli di altre leggende alpine, ed anche di essi dicesi con frequenza in certi poveri casolari delle Alpi austriache.





96 Charles Louandre, Épopée des animaux, cycle chevaleresque, p. 316.



97 Guillalme Paradin, Mémoires de l'histoire de Lyon. Lyon, 1573, pag. 320. Bibl. di S. M. in Torino.



98 Grimm, Kleinere Schriften, Witege mit dem Slangen, recensione di un libro di Moriz Haupt, nel quale trovansi preziose notizie sui suggelli del Medioevo. Nel volume «Bibliografia dei romanzi e poemi cavallereschi italiani. Milano, Tosi, 1838» ritrovai anche la serpe o drago incoronato sulle imprese di antichi stampatori italiani. Stranissime sono quelle di Ser Pacini da Pescia e di Sebastiano Grifio.



99 Alfred Céresole, Op. cit.



100 Secolo XVII.



101 Revue Britannique, 1835.



102 Anche nelle vicinanze di Lemie in Val di Viù, vidi sopra un affresco prezioso del 1500 San Giorgio che vince un drago, dalla forma più strana che si possa immaginare.



103 Nella cattedrale di Rouen, l'orribile Gargouille vedesi dipinta su vetro nella cappella di San Romano.



104 In un Annuario degli alpinisti tridentini trovasi la leggenda del Basilisco.



105 Gerusalemme liberata.



106 Rochholz, Schweizersagen aus dem Aargau, Aarau, 1856.



107 Ozanam, Les sources poétiques de la Divine Comédie.



108 Rochholz, Op. cit.



109 Mélusine, Revue de Mythologie. – Les monstres de la mer.



110 Alfred Céresole, Op. cit.



111 De Gubernatis, Mythologie des plantes.



112 Questa leggenda ritrovasi pure con alcune varianti nel II volume dell'opera «Grimm's household tales. Translated from the german by Margaret Hunt». London, 1884, p. 76. Stories about snakes.



113 Mélusine, La fascination dans l'histoire. – Article par Tuchmann.



114 Mélusine, Formation des Mythes dans les temps modernes.



115 Des Ambrois, Notice sur Bardonèche.



116 Jonckbloet, Guillaume d'Orange, Chansons de geste.



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