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Fra queste leggende è degna di essere ricordata quella della campana di Sant'Eusebio, nella Valle di Varaita. Pare che intorno al 1200 una spaventevole valanga seguita dal rovinio di una parte del monte detto la Guyetta, fermò il corso della Varaita, che nell'espandersi rapidamente, dopo che ebbe superato l'impedimento innanzi al quale eransi per qualche tempo fermate le sue acque, cagionò infinito danno alla valle; ma la Villa di Sant'Eusebio ebbe a soffrire maggiormente perchè fu rovinata, ad eccezione della chiesa, riparata da un'alta rupe. Il campanile ebbe però la sorte medesima delle povere case, e la campana fu travolta dalle acque furiose della Varaita.
Dicesi che il padrino e la madrina della campana, vedendola mentre pareva che andasse a rompersi contro enormi sassi, gridavano senza posa Fiola tente, o figlioccia tieniti su. Mentre risuonavano quelle parole, la campana, rimase come sorretta da una misteriosa forza galleggiando sull'acqua, ma vi fu un momento in cui venne meno la voce a coloro che la volevano salvare, ed essa affondò nella Varaita.
Mi sarebbe assai difficile spiegare come avvenne che trovandosi sepolta sotto l'acqua, suonasse a distesa quando eravi minaccia di nuove valanghe, ed avvertisse i valligiani dell'imminente pericolo. Il misterioso avviso faceva sì che essi potevano mettersi in salvo, e la campana sepolta era venerata generalmente; ma questo avveniva nel tempo in cui la gente era credula e buona, e la posta non portava le gazzette anche nei villaggi alpini. Ora non vi è più chi senta l'avviso pietoso, quando la neve è alta, e la valanga minaccia la valle, benchè la campana conosca sempre con precisione in qual momento il terribile rovinìo della neve distruggerà i villaggi ed i casolari disseminati.
Nelle Alte Alpi narrasi che quando i Saraceni in una delle loro audaci escursioni entrarono nella città di Embrun mercè l'aiuto di traditori, essi andarono predando in ogni casa o uccidendo ferocemente gran parte della popolazione, facendola precipitare da certe alte rupi. La porta dalla quale entrarono fu, a ricordo di tanta sventura, chiamata la porta dei Saraceni, e ricordasi ancora per tradizione che costoro portarono via le grosse campane di argento che secondo la credenza popolare Carlomagno avea dato alla città165.
Una strana leggenda delle Alpi Svizzere, dice che una grossa campana trovavasi in Grossdietwil, al posto ove è ora collocata un'altra campana che vien detta della Madre di Dio. Mentre ferveva la guerra a causa della Riforma, la maggior parte degli abitanti di Dietwil furono uccisi in battaglia, ed i soldati appartenenti alla religione riformata essendo giunti sulle sue vie deserte, presero la campana, come usavano in simil caso e la portarono via, ma essa parlò e si coprì di sangue mentre chiese: «Dovrò diventare anch'io luterana?» Quei di Berna sgomentati la lasciarono subito.
Un'altra campana ha importanza quasi leggendaria nella nostra valle di Andorno, ed è quella che vedevasi sul campanile vicino all'ospizio di San Giovanni d'Andorno, sulle prealpi biellesi, in posizione incantevole. Essa serviva nei casi importanti, quando era forza chiamare alle armi gli abitanti della valle, e forse la sonarono a distesa nel tempo delle contese fra quei della valle d'Andorno e di Biella; o quando il marchese di Parella si ritirò nella valle, fidando sull'affetto e sulla fedeltà dei suoi abitanti. Ora è stata sostituita nel campanile da altra campana, ma non ha perduto nella valle la sua fama secolare.
Anche in certe leggende del mare trovansi nominate le campane che fanno sentire i loro mesti o allegri rintocchi, insieme alla voce furente dell'acqua nell'ora della tempesta, o al mormorìo delle onde nei giorni di calma; ed in una leggenda del Nord di Europa si fa pur cenno di una campana dicendo che una bella fanciulla chiamata Agneti, era divenuta sposa di un Trollo, specie di divinità appartenente ad un ordine inferiore. Essa era felice vicino allo sposo ed ai figli, e viveva sulla spiaggia del mare, quando sentì una sera i lenti rintocchi di una campana e fu vinta dal desiderio di andare a pregare in una chiesa.
Essa si avviò verso il sito donde veniva la gran voce della campana, e trovò la chiesa, ma non le fu possibile entrarvi perchè era sposa di un Trollo che doveva avere in sè qualche cosa d'infernale. Allora vinta da infinito affanno volle tornare nella sua casa lontana, ma prima di giungervi sedette affranta sulla via e morì, mentre forse veniva ancora fino a lei il suono della campana.
Una leggenda delle Alpi Carniche ricorda anche il suono delle campane, ed essa dice che un cramaro166 di Palazzo, trovavasi in Baviera pei suoi negozi, quando una sera pensò che nel giorno seguente si celebrerebbe una festa nella Sagra di San Giuliano, nel suo paese, ed egli disse ad alta voce quanto si stimerebbe felice, se gli fosse dato di andarvi e di passare quel lieto giorno colla famiglia; ma non era possibile sperare che ciò avvenisse, poichè trovavasi così lungi dal suo borgo natio.
Nel giorno seguente quando uscì dalla propria camera, vide una servetta dell'albergo che gli chiese se non sarebbe disposto a fare un bel regalo a chi sapesse condurlo subito a casa sua. Egli, ridendo, rispose che l'avrebbe fatto; allora la fanciulla gli disse che aveva facoltà di menarlo rapidamente ove meglio a lui piacesse, ma che voleva in dono una pettorina di seta. Il cramaro credette ch'ella scherzasse, pure aprì una delle casse ove teneva la sua mercanzia e le diede quanto desiderava. In quel momento apparve un caprone sul quale egli salì e che si mise a correre con rapidità vertiginosa, giungendo in un baleno fino alla frontiera, poi con un salto furono nel Tirolo e di là con un terzo salto si avvicinarono al paese del cramaro, il quale esclamò allegramente, mentre il caprone si riposava per un istante sul monte Tenchia: «Sento distintamente le campane di San Giuliano!»
Il caprone invece non si rallegrò nell'udire quel suono, ma parve stranamente inquieto, e dopo un momento sparì, in maniera che il cramaro dovette percorrere a piedi la strada che lo separava ancora dal suo paese167.
Altra leggenda della Valle Grande di Lanzo, dice che la campana del piccolo comune di Groscavallo fu rubata dagli alpigiani di Bonzo e di Ceresole, che finirono col disputarla ai loro nemici in un feroce combattimento, sull'altipiano che fu poi detto: Il Pian dei morti. Quei di Groscavallo essendo rimasti vincitori riportarono la campana nel loro villaggio168.
In molti villaggi alpini, come pure avvenne in altre regioni, credevasi che quando il suono delle campane chiamava alla preghiera i cristiani per evitare i danni dei temporali che minacciavano le valli, avesse pur facoltà d'impedire alle streghe di usare i soliti malefizii, che avevano per conseguenza l'imperversare di violenti temporali; e dicesi nella Svizzera che il suono della campana di San Lorenzo presso Dallenwil rese inutili tutti i sortilegi di una strega che aveva preparato un violento temporale, il quale non potè recare nessun danno a quella regione, mentre la potenza della donna maledetta fu domata.
Altra leggenda svizzera dice di un piccolissimo villaggio, formato da povere case di pastori, il quale trovavasi in alta regione alpina a qualche distanza da una cappella, ove nei giorni di festa essi si raccoglievano per assistere alle funzioni religiose; ma la cappella era senza campana, e per tema di andarvi con ritardo, i pastori salivano prestissimo lassù ed aspettando che avesse principio la Messa, pregavano insieme divotamente. Una mattina mentre andavano, come era loro costume, verso la cappella, incontrarono per via un signore dall'aspetto imponente, il quale senza mostrare ombra di superbia, cominciò a discorrere piacevolmente e finì col prometter ai buoni alpigiani che nel venturo anno sarebbe tornato per vederli, portando un bel regalo.
Un anno passò ed i pastori delle Alpi erano di nuovo sugli alti pascoli, quando gli abitanti del villaggio, videro apparire il ricco signore, che mantenendo la sua promessa, regalò a quella buona gente una campana per la cappella. Si può intendere quale fu la gioia dei pastori nel sentirne i rintocchi, e per mostrare al cortese signore la loro riconoscenza lo colmarono di doni, portandogli latte, burro, formaggio e capretti; ma egli non volle accettare quanto venivagli offerto, dicendo che bastavagli avere l'affetto dei pastori.
Nel giorno seguente gli abitanti del villaggio si avviarono verso la cappella portando la campana con ogni cura per collocarla nel campanile. Era in loro compagnia un buon vecchio il quale aveva fama di santità, quando incontrarono di nuovo l'incognito e benefico signore che si trovava sulla strada. Il vecchio nel vederlo gli fece molte lodi per la sua generosità, ringraziandolo del dono, poi avendo finalmente indovinato chi era colui gli disse: «Ti conosco; sei lo spirito del male. Ora dimmi perchè ci hai fatto dono della campana».
Il diavolo costretto da una forza soprannaturale a dare pronta risposta al buon vecchio, disse subito la verità, confessando che avea portato la campana perchè gli alpigiani nell'aspettare che sonasse per chiamarli alle funzioni religiose, non si sarebbero avviati così presto come prima facevano verso la cappella ed avrebbero pregato meno. Quando ebbe detto quelle parole egli sparì, ma la campana rimase ai buoni alpigiani che la collocarono nel piccolo campanile, e di certo continuarono ad avere il pio costume di pregare a lungo, onde rendere inutili le male arti ed i perfidi desideri del diavolo.
In una leggenda tirolese si trova anche la memoria di una campana, unita dalla fantasia popolare al ricordo del Paradiso terrestre e della Torre di Babele, e dicesi che sopra una montagna altissima delle Alpi si trovava la città di Tannen-Eh! Vicino alle sue mura vedevasi il Paradiso terrestre, ma pare che non vi fosse fra i cittadini una paradisiaca uguaglianza, ed avvenne che i ricchi signori di Tannen-Eh! opprimevano in ogni modo i poveri. Per dominare più sicuramente gl'infelici e dar loro una prova della propria grandezza, i ricchi elevarono una torre colossale, sulla quale misero una campana enorme, che sonava a distesa per annunziare ai popoli i loro gaudii, o dare a tutti avviso di qualche sventura che li colpisse. Invece nulla essa annunziava pei poveri, i quali vivevano tristamente vicino ai superbi e possenti signori, finchè Iddio si sdegnò contro l'orgoglio e la crudeltà dei ricchi, e mutò in rigido inverno la primavera eterna che regnava su quella montagna.
La città fu sepolta sotto la neve ed ora non v'è più chi veda Tannen-Eh! La sua torre rivestita di ghiaccio in-nalzasi però ancora maestosamente fra le Alpi, ed essa ha sulla cima una guglia d'argento che pur si eleva verso il cielo azzurro, dal quale venne il tremendo castigo169; ma gli uomini non odono più il suono della campana di Tannen-Eh! Forse i suoi lugubri rintocchi risuonano solo tristamente sulla città sepolta, quando la tormenta passa sulle nevi eterne e le solleva nei rapidi turbinii, e quel suono confondesi colla gran voce del vento e colle grida furiose dei cacciatori selvaggi. Forse ancora, a mezzanotte, con un suono cupo che nessun essere vivente può udire, chiama dalle tombe gli abitanti di Tannen-Eh! ricchi e poveri, uniti nella morte da una triste eguaglianza, ed essi vanno errando in processione da valle a valle e da montagna a montagna sulla terra tirolese.
Anche sui versanti italiani delle Alpi, come nella Svizzera ed in altre regioni, si credette che il suono delle campane avesse facoltà di rendere inutili i malefizii delle streghe e dei maghi, i quali erano causa dei temporali; ed ora ancora dicesi in Frossasco, verso le Alpi Cozie, che le campane della parrocchia di San Donato, abbiano invincibile potenza. Narrasi che furono benedette da un santo e che un contadino incontrò sul monte Freidour un uomo il quale dall'aspetto strano lasciava indovinare che era esperto assai nelle arti di magia. Costui fece al contadino molte lodi della campana, dicendogli che dovevano averne cura nel suo paese, perchè mentre alcuni giorni prima egli faceva misteriosi segni colla bacchetta magica, alle nubi che passavano sopra Frossasco, volendo che lasciassero cadere grandine, le campane sonavano senza posa e le nubi minacciose non ubbidirono al suo comando, ma si ritrassero verso le montagne; e finchè durò il suono delle campane, più non gli riuscì di scendere liberamente verso la valle, ma ad ogni passo che faceva, gli avveniva di cadere, restandone tutto malconcio nella persona. Quando egli ebbe detto al contadino il triste caso avvenutogli, sparì. Ora dura ancora in Frossasco, come in tanti altri comuni delle Alpi e delle pianure, il costume di sonare le campane quando vi è minaccia di temporale, e se il sagrestano non le sonasse, secondo il solito, avverrebbe che nell'autunno quando egli va intorno per la questua chiedendo vino, nessuno gliene darebbe.
Anche nel biellese trovai una strana credenza rispetto alle campane del venerato Santuario d'Oropa, e dicesi che se ne può udire il suono a traverso l'acqua del lago del Mucrone verso i 2000 metri di altezza; ma parmi che sia di molto più bizzarra una credenza che trovasi in Val di Susa, ove odesi proprio il suono delle campane di Roma. Sulla salita del colle di Biene vedesi una specie di apertura o di caverna nella montagna, ed ascoltando in quel sito attentamente odesi una specie di mormorìo lontano, la qual cosa avviene spesso anche in altre regioni alpine, specialmente vicino ai così detti Trous de vent. Ma pei buoni alpigiani quel suono vien proprio dalla città eterna ed in certe epoche, forse a Pasqua ed a Natale, odesi più distintamente. Innanzi a questa credenza è forza chiedere se le fate e le streghe della valle di Susa, non sono state le prime ad usare il telefono, mettendone i fili nel loro regno sotterraneo, o se le famose campane le quali, secondo una credenza del Medioevo, erano nel leggendario palazzo di cristallo e d'oro del Campidoglio, attaccate al collo di tante statue quante erano le provincie dell'impero170, più non essendo viste dagli uomini abbiano ancora tale forza da essere udite per vie sotterranee in Val di Susa.
Nella Valle di Aosta troviamo un'altra misteriosa campana leggendaria, ed è quella del famoso borgo di Thora, distrutto dal rovinìo del monte Becca Francia. Ora ancora, nelle vicinanze di Becca Francia e proprio nei villaggi di Belun, Verrogne e Vermian, si dice che in tutte le domeniche, sulle rovine di Thora odesi il suono di una campana, come se vi fosse sottoterra chi annunzi la celebrazione delle funzioni religiose. V'è nella valle chi narra che verso il 1837 nella vigilia dell'Assunta un certo Giovanni Battista Pliod di Brissogne discendeva dalle montagne di Sarre. Mentre verso il tramonto egli passò accanto alle rovine di Thora, sentì fra queste la gran voce così chiara e vicina, di campane che suonavano a distesa, ch'egli provò indicibile spavento, ed affrettando il passo continuò la via per giungere nella propria casa, ma non potè dimenticare la triste impressione provata, ed una malattia incurabile lo trasse a morte171.
In Savoia non manca neppure la campana leggendaria ed è quella di un eremitaggio chiamato San Ruph, costrutto sul territorio che si estende da Albertville a Talloire, non lungi da celebri abbazie. La stretta gola di San Ruph è quasi sempre coperta di neve, e le nude rupi che si elevano a chiuderla, alternate cogli abeti continuamente sferzati dal vento, le danno aspetto assai triste e selvaggio. Fra quella solitudine si ritirò il santo che diede il suo nome all'eremitaggio, e la sorgente che fornivagli l'acqua necessaria acquistò, secondo la credenza popolare, virtù meravigliose; ma la sua rinomanza è pochissima cosa, se vien messa a confronto con quella della campana dell'eremitaggio. Basta il suono di questa, quando vi è minaccia di temporale, per farlo allontanare senza che rechi danni in quelle vicinanze; e non è questa la sola virtù portentosa della campana di San Ruph, poichè, suonandola, si possono ritrovare i fanciulli che si fossero smarriti sulla montagna, e si riesce anche a far tornare sulla retta via coloro che sonosi dati in balìa dell'ozio e dei vizii.