Maria Savi Lopez
Leggende delle Alpi
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FOLLETTI

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FOLLETTI

Nel mondo intero si credette nell'esistenza di spiriti che possono dirsi famigliari, e parmi facile trovare una delle cause principali di questo fatto, notando che ora ancora nei popoli selvaggi, i quali hanno perduto ogni conoscenza della loro prima origine, ogni tradizione che li colleghi alla grande famiglia dei popoli civili, si ritrova come in una manifestazione inevitabile e generale del pensiero umano, la credenza in certi esseri soprannaturali, che stanno cogli uomini in tutti i casi della vita, mentre devesi usare ogni mezzo per acquistare la loro benevolenza181.

Anche sulle Alpi, come sulle altre catene di monti, in mezzo agli ultimi baluardi, fra i quali dureranno più a lungo le leggende, si credette generalmente, e credesi ancora in qualche regione, nell'esistenza di spiriti che prendono parte ai lavori ed alla vita dei montanari, e fanno in certo modo parte della grande famiglia degli elfi, specialmente nota ai popoli del Nord.

Secondo le vecchie leggende tedesche, questi spiriti sarebbero angeli caduti dal paradiso e non accolti nell'inferno, i quali vagano incerti sul loro futuro destino182. Molti di essi sono detti negli antichi poemi, elfi della luce, ed hanno forse memoria più viva della patria celeste perduta. Essi sono luminosi come tanti altri spiriti delle leggende tedesche e come il Nachtvolk delle Alpi. Anche al pari delle fate alpine amano il ballo con passione e nelle notti di estate, specialmente quando splende la luna, escono dalle loro dimore per danzare sulle alte rupi delle montagne, sul musco dei boschi o nei cimiteri deserti. Quando il primo raggio di sole scende sulle loro teste, si mutano in uno sciame di moscherini o spariscono rapidamente.

Gli elfi lucenti sono al pari delle fate vestiti di candida neve dai riflessi d'argento, ma essi portano quasi tutti un cappello adorno con fiori rossi. Gli elfi delle leggende irlandesi sono pur vestiti splendidamente, e qualche volta quelli delle leggende tedesche, si mutano in bianche fanciulle, visibili ai mortali, finchè la luce del sole splende intorno ad esse.

Tutti i popoli della parte settentrionale di Europa, credettero anche nell'esistenza delle elfinnen, spose degli elfi, di una bellezza così affascinante che nessuna parola umana poteva darne idea a chi non le avesse vedute.

Non di rado gli uomini che per mala ventura trovavansi di notte travolti nel pazzo turbinìo della danza in mezzo agli elfi, erano affascinati dalla raggiante bellezza di quelle elfinnen; e se chinavansi verso di esse per dare un bacio alle loro fronti candide, o alle bionde anella di capelli ch'esse portavano disciolte sulle spalle, in un attimo vedevano sparire tutti gli allegri spiriti, e quasi sempre una violenta infermità o la morte colpiva gl'infelici, che forse più non sapevano dimenticare la bellezza meravigliosa delle loro ballerine183.

Non tutti però lasciavansi affascinare dagli elfi, perchè era nota in gran parte di Europa la loro cattiveria, nelle ore che davano alla danza; ed una leggenda danese narra di un cacciatore il quale erasi addormentato sulla collina degli elfi. Verso la mezzanotte due splendidi elfinnen lo destarono e con mille arti volevano indurlo a ballare, mentre gli elfi suonavano una musica soavissima, come essi usano sulle montagne e nei boschi. Ma il cacciatore sapeva che mettesi in pericolo di morte chi ascolta le ingannevoli parole delle elfinnen, e non rispose alle due possenti ammaliatrici.

Esse la durarono ancora nel desiderio d'indurlo a ballare, e gli promisero di dargli un potere soprannaturale, sol ch'egli prendesse parte alla danza notturna. Era pur cosa da nulla compiacerle, e ballare sul musco, per avere a compenso della sua cortesia la facoltà di vincere gli orsi ed i cinghiali, e d'incatenare un drago messo a custodia di grandi tesori. Mentre le danzatrici facevano queste promesse al cacciatore, esse intrecciavano il ballo accanto a lui, belle come gli spiriti della luce e rapide nelle movenze come gli elfi della terra, che si compiacciono nella caccia selvaggia; ma il cacciatore non rispondeva mai; poggiato sull'elsa della forte spada rimaneva immobile, lottando contro il potere malefico di quegli spiriti maledetti, e forse pensando alla sposa lontana.

Finalmente le elfinnen dai lunghi capelli, sdegnate e con voce minacciosa gli dissero che se non si lasciava travolgere nella danza notturna, sentirebbe prima dell'alba un pugnale entrargli nel cuore, ma il gallo cantò mentre parlavano ed esse sparirono. Il cacciatore della leggenda raccomanda ai viaggiatori di non fermarsi in cerca di riposo sulla collina degli elfi184.

Secondo altre leggende la bellezza degli elfi lucenti è solo un'ingannevole apparenza; essi sono in realtà piccolissimi nani, con folti capelli bianchi, fra le anella dei quali spiccano i loro spaventevoli occhi rossi. Però secondo la credenza popolare gli elfi delle tenebre sono tutti uniformemente bigi e piccoli. Essi dimorano quasi sempre sotto terra, nelle caverne e anche nelle pietre, e se lasciansi sorprendere dalla luce del sole, prima che finiscano le danze cominciate nella notte, vengono mutati in pietre. A questa specie tenebrosa, ed anche diabolica secondo le credenze del Medioevo, appartengono gli elfi condannati all'esilio sulla terra, mentre certi elfi della luce dimorano presso il gran dio del sole Freier.

Negli elfi della terra ed in altri misteriosi nani o folletti che ad essi rassomigliano, troveremo più facilmente gli spiriti che secondo le leggende prendono parte alla vita degli uomini, conservando in alcune regioni il nome di elfi e perdendolo in molte altre. Essi trovansi in gran numero, come vuole la credenza popolare, in vicinanza degli uomini, e benchè siano invisibili, ascoltano quando dicesi specialmente cosa che li riguardi; per questo motivo è invalso l'uso di chiamarli: il buon popolo, gli amici, perchè a dispetto della loro apparenza così delicata, che spesso ballano sulle goccie di rugiada sparse sui fiori, senza farle cadere, essi hanno forza portentosa e possono recare grave danno a chi li offenda.

Si credette, ed in certe regioni si crede ancora, che sonovi famiglie in mezzo alle quali vive un elfo, che le aiuta in tutte le faccende domestiche. Si vendica però delle offese, ma colma d'infiniti benefizii chi lo rispetta e mostrasi riconoscente. Questo spirito famigliare cambia nome nei diversi paesi, quando è servo di un uomo, di un'amata fanciulla, o di una famiglia intera. Egli chiamasi Brownie in Iscozia, Cluricaune in Irlanda, Alte in Hause in Isvezia, Nisse god Dreng in Danimarca ed in Norvegia, Duende, Trasgo in Ispagna, Hobgoblin in Inghilterra, Jean la Bolieta in certe regioni delle Alpi svizzere185, Unghüer in altre186 e Folletto in Italia. Lutin in Francia, ove i folletti delle stalle si chiamano pure Petit Jean o Jeannot. Faudoux o Faudeurs diconsi quelli che vivono nei granai. I Goublins o Goblins stanno a guardia dei tesori ed assumono volentieri aspetto di animali bianchi187.

Dicesi che tutti questi esseri misteriosi, rappresentanti di miti antichi, abbiano subìto nel Medioevo strane trasformazioni, per forza delle nuove credenze religiose; essendo necessario che per fare cessare il culto rimasto ancora, fra le genti più ignoranti e superstiziose, verso tante figure mitologiche, anche appartenenti a divinità inferiori, si mostrasse in esse una potenza diabolica e malefica. Ma non parmi che ciò sarebbe stato sufficiente per rendere così popolari certe credenze che passarono da gente a gente in mezzo al fascino di tante leggende, se i poeti non avessero intorno a molte fantastiche figure messo uno splendore ammaliante di forma. Ritrovandole, come avvenne, nella grandiosa poesia nordica dell'Edda e nei Nibelunghi, sentendone ripetere i casi strani nelle ballate e nelle canzoni popolari, i loro nomi furono ripetuti da ogni parte. I poeti eransi ispirati ricordando le mitiche figure popolari, intorno alle quali potevansi tessere meravigliosi racconti, ed il popolo si appassionò per le creazioni poetiche, le quali pur conservavano memoria del mito, che divenne sempre più noto all'intera nazione. Così parlando solo dei popoli raccolti fra il polo e le ultime regioni alpine, donde scorgesi la bellezza della terra italiana, appariranno fra essi le stesse figure soprannaturali, che furono cantate dagli scaldi della Scandinavia, dai minnesinger e dai bardi, che dimorarono in tanta parte d'Europa, come precursori ispirati dei troveri e dei trovatori.

Sulle Alpi di Vaud si credette in modo speciale nell'esistenza di questi spiriti famigliari, che furono chiamati servants dai montanari. Molte leggende ripetonsi ancora intorno ad essi e non pare che la coscienza popolare li abbia interamente esclusi dalle sue credenze superstiziose. Al pari dell'Hausgeist tedesco, dell'Unghüer della Svizzera tedesca e di tanti altri folletti hanno carattere gaio. Come certi elfi del nord hanno qualche cosa della spensierata allegria dei fanciulli e dell'agilità delle scimmie. Saltano sui tetti, fra i rami intrecciati degli alberi, ed hanno cura speciale delle vacche più belle. Spesso aiutano nel lavoro giornaliero le belle alpigiane, e mostrano un'abilità eccezionale nel compiere tutti i lavori che occorrono nei casolari e negli alp disseminati sulle montagne.

In riconoscenza della cortesia di quei folletti mettevasi in altri tempi, sopra ogni tetto, una scodella di minestra, ch'essi mangiavano mutandosi spesso in gatti! ma come tutti i loro fantastici fratelli avean pur troppo una potenza malefica e diabolica, ed al pari dei nani grigi e degli elfi della terra così temuti anche nell'Islanda lontana, vendicavansi spietatamente delle offese ricevute. Una delle più strane leggende, in cui parlasi delle loro vendette, narra che nei casolari neri, costrutti vicino all'incantevole lago di Lioson, sulle Alpi di Vaud, si aggirava un servant che usava infinite cortesie agli alpigiani, essendo sempre pronto, benchè fosse invisibile, ad aiutarli nei lavori più faticosi; ed essi portavangli mattina e sera una scodella piena di latte fresco e profumato, mostrandosi riconoscenti per l'infinita sua bontà.

Un giorno in assenza del padrone di quei casolari, i servi non vollero portare il latte al folletto, aspettando curiosamente la sua vendetta, e forse non credendolo capace di risentirsi dell'offesa. Nulla avvenne però di spaventevole per alcune ore ancora, vicino all'acqua tranquilla del lago alpino, e dopo il tramonto vedevansi scintillare le stelle sulla serenità del cielo. Poi si levò il vento mite e piacevole che mise un fremito nei boschi e curvò appena sull'erba folta dei pascoli i delicati fiori alpini, passando pure con un lieve mormorio sull'acqua scura del lago. Ma la calma non durò a lungo ed il vento si fece impetuoso; sibilando nelle gole flagellava le rocce, schiantava i rami degli abeti, e da ogni parte sulla montagna udironsi gemiti, ululati, o fischi acuti. La tormenta furiosa, terribile, passava nei suoi pazzi turbinii sul lago, sui casolari, sui pascoli, ma nessuno sapeva che in quel momento l'offeso servant si vendicava. Solo nel giorno seguente, all'alba, gli alpigiani sgomentati, videro le stalle vuote, i pascoli deserti e colla disperazione nell'anima seguirono sull'erba, sui nevai, in mezzo ai rododendri, le tracce lasciate dalle vacche in una corsa pazza, mentre eran fuggite fra l'imperversar della tormenta e i terrori della notte. Finalmente le trovarono tutte, morte o moribonde, in un burrone in cui erano precipitate. Il servant avea saputo vendicarsi188.

La credenza in questi spiriti era penetrata così addentro nell'animo degli abitanti di quelle regioni, che nell'archivio della città di Vevey trovasi memoria di un famoso servant, chiamato Tschauteret, che diede nel 1551 tante noie agli abitanti di quella città, che i magistrati si occuparono seriamente di punirlo. Pare che abitasse in una torre detta Boillet, ove facea un chiasso spaventevole, ed i consiglieri comunali dovettero ordinare al maestro capo dei muratori, di murare ogni finestra ed ogni apertura della torre, per impedire al Tschauteret di uscirne, o anche di tornarvi se si fosse trovato in giro nella città.

Nel cantone di Neuchâtel il servant chiamasi Folaton, verso Berna dicesi Foulta, Coqzwergi nel Vallese, Bergmœnli nei Grisoni e si avvicina pur di molto nel concetto popolare al Robin Goodfellow ed al Puck delle leggende inglesi189.

In tempi non lontani, gli abitanti dell'alta Vallemaggia credevano anche nell'esistenza degli spiriti folletti, e si potrebbe trovare ancora chi non ha perduto la fede in quella stranissima creazione della fantasia popolare.

Vi è però una differenza fra questi folletti e quelli delle regioni tedesche. Essi non possono direttamente far male alle persone, ma dispongono a loro talento degli animali e delle proprietà. Però se il padrone delle bestie maltrattate, o della roba che ha sofferto danno per opera del folletto, mostra indifferenza e non si adira, presto avviene che egli mette riparo a quanto ha fatto di male. Ma invece, se il padrone si lamenta quando egli s'impadronisce delle vacche, delle capre o di qualche oggetto, non solo il danno non vien riparato, ma il folletto schernisce l'infelice ridendo sgangheratamente alle sue spalle, ed anche in questo caso rimane invisibile.

Forse una reminiscenza della credenza nella corsa dei cacciatori selvaggi, ed un alto concetto del potere dei folletti, fanno sì che in quella valle credesi ch'essi possano far correre il gregge, di notte, all'impazzata. Sulle nostre Alpi Graie un grande frastuono annunzia, come già vedemmo, secondo la credenza degli alpigiani, la corsa delle fate; nella Vallemaggia invece, se il rumore assordante odesi prima dell'alba, si può essere certi che, incitati da un folletto, capre, pecore e vacche insieme ai maiali, corrono senza posa sulle montagne; senza però essere a quanto pare, trasportate in alto volando, come si crede in certe regioni tedesche.

Grave sventura avviene al gregge se in quel momento gli alpigiani si mostrano dolenti, ma se invece nulla dicono, appena suona l'Ave Maria, il folletto fugge, ed i poveri animali ritrovano la pace.

A poca distanza dal paesello di Mensonio vedonsi vicino al fiume Maggia gli avanzi di un molino, che appartenne ad un buon vecchio chiamato Chap, il quale era tormentato in modo speciale da un folletto. Bastava ch'egli si allontanasse dal molino, per avere al suo ritorno la prova che il folletto erasi divertito alle sue spalle. Non poche volte trovava sabbia al posto della segala o foglie di faggi nei sacchi della farina. Avveniva pure che il folletto trasportasse qualche volta il molino intero, o una parte di esso in mezzo al fiume, ed il vecchio rideva tollerando ogni cosa, senz'adirarsi mai: dopo brevissimo tempo, il folletto essendo soddisfatto nel vedere la pazienza ch'egli usava, rimetteva ogni cosa a posto.

Anche nei folletti del mare trovasi una mescolanza di bene e di male, che li rende assai somiglianti agli elfi nordici ed ai folletti delle Alpi; e questo era inevitabile, perchè i marinai portarono sempre sugli oceani tutte le credente rimaste fin dall'infanzia nei loro ricordi. In mezzo alla calma solenne, o nell'imperversar delle burrasche dovettero vedersi intorno gli esseri fantastici nei quali credevasi sulle loro terre lontane; e specialmente su quelle ove il sole splende appena fra la densa nebbia, che deve opprimere le giovani fronti e mettere qualche volta un affanno profondo nel cuore. Così i folletti vivono allegramente sulle navi, e secondo molte leggende aiutano i marinai, essendo invisibili in mezzo ad essi. Sono quasi sempre miti e buoni, ma non così mostransi i folletti o Braillards che trovansi su certe spiagge della Francia. Essi gemono a lungo di notte, quando il mare è in burrasca; ed i marinai credendo di udir le voci di poveri naufraghi, escono dalle miserabili case per soccorrere i loro fratelli. Se gittansi nell'acqua onde potersi avvicinare ad essi e salvarli, i perfidi Braillards li travolgono nell'abisso, poi ritornano sulle creste delle onde e, ballando pazzamente, coprono col suono delle risate sonore la gran voce del mare190.

Pare che alla famiglia dei folletti appartengano altri gruppi di spiriti, che vengono detti in certi villaggi alpini Schrättlige, ed in altri ancora Trude. Questi folletti secondo la credenza degli alpigiani entrano nelle camere da letto, e si posano sul petto delle persone addormentate che sentono un peso enorme, del quale non riescono a liberarsi, mentre sognano cose spaventevoli e sono affannate in modo inenarrabile191.

Questa credenza degli alpigiani fu al pari di tante altre sparsa nell'Europa intera192 ed anche nei poeti del Medioevo ritrovasi memoria di uno spirito maligno che tormenta le persone addormentate. Esso ha il nome che in antiche leggende e canzoni viene pur dato agli elfi e chiamasi Alp o anche Elbischer, e si rinviene ancora traccia della credenza nella sua potenza nella Svezia e nella Danimarca. Chiamasi Mare nelle isole Faröer o Marra. In Inghilterra dicesi Nightmare, in Olanda Nachtmaer, ed in un vecchio poema trovasi memoria del re svedese Vauland che lamentavasi di essere stato nel sonno oppresso dalla Mara. Questa leggendaria e strana figura può ritrovarsi in qualche modo nella Phuka irlandese che opera di notte i suoi maleficii, ed ha innanzi alla fantasia popolare una figura indeterminata. Qualche volta mostrasi in forma di pipistrello193.

Si credette pure che per sola forza di volontà, mosso dall'odio, un uomo potesse mandare lo spirito dei sogni cattivi in forma di farfalla sul petto delle persone addormentate.

Nello Schratte o Schratlein, le vecchie leggende tedesche mostrarono un piccolissimo nano avvezzo a vivere sotto terra, ma gli Schrättlige delle Alpi sono, al pari di tanti elfi, invisibili, hanno però facoltà di mutarsi in gatti o in farfalle194, e sotto questa ultima forma vengono ricordati da certe leggende alpine che ci narrano dell'alp o spirito maligno, il quale si unisce pure alle diaboliche processioni delle streghe o dei demoni.

Sulle Alpi di Vaud, vedevansi pure in questi spiriti maligni i nemici dei bambini, e gli alpigiani usavano prima di andare a dormire di ripetere certe misteriose parole, nel desiderio di non essere oppressi di notte da un folletto malefico, il quale parmi somigliante in parte al Calcarot della Valle di Genova nel Trentino, che è ritenuto quale demonio dei sogni cattivi.

Gli studii nuovi sulla oscurissima mitologia slava provano che gli Slavi del Sud, convertiti prima degli altri al cristianesimo, dovettero fin da tempi lontani perdere un ricordo chiaro delle antiche loro divinità e confondere le superstizioni del passato colle nuove credenze195. Secondo la loro antica mitologia essi credevano che l'anima avesse la sua sede nel petto delle creature umane, e col movimento del respiro provasse la sua esistenza. Questa credenza dovette anche essere estesa fra popoli appartenenti ad altre razze e forse gli Schrättlige che siedono sul petto degli alpigiani, altro non sono che la reminiscenza di qualche mito antico, mutatosi in un demonio intento ad opprimere l'anima umana. Ma non trattandosi in questo caso di una splendida figura poetica, atta specialmente ad essere vagheggiata dalla fantasia popolare, è il caso di domandare per quale strana e misteriosa diffusione di certe leggende assurde, si può ritrovare codesta bizzarra creazione non solo sulle Alpi ed in tutta l'Europa settentrionale, ma anche nelle terre dell'Italia meridionale, poichè ricordo come in un sogno di aver sentito parlare laggiù del monaciello, specie di folletto che al pari dello Schrättlige e di altri spiriti nordici tormenta le persone addormentate.

Dicesi che le fiabe vadano volando da popolo a popolo, e che le leggende invece passino lentamente da una nazione all'altra. In questa diffusione sicura, benchè lenta si può trovare la causa dell'espandersi di certe credenze che non appartengono al gruppo principale di miti, rimasto nel ricordo di tutte le genti pagane; ma parmi che questa ragione, la reminiscenza di certe antichissime superstizioni avrebbero anche ai nostri tempi lasciato un ricordo così vivo nella coscienza popolare, se non fosse avvenuto che mentre le misteriose arti della magia erano note a tanti popoli diversi, e specialmente quando le scienze occulte si diffusero in Europa fra le genti ignoranti, e fra gli scienziati creduli e superstiziosi, si trovarono, fra tanti gruppi di spiriti diversamente classificati, certi tipi conosciuti in maniera più generale, e dei quali rimase memoria più viva nelle leggende di molte nazioni.

Vicino agli Schrättlige, invisibili come già dissi, se non prendono aspetto di gatti o di farfalle, si può collocare un altro spirito alpino detto il Doggi196, il quale ha, secondo la credenza popolare, aspetto di mostro, con figura umana e corpo di animale, e forse assomigliasi a alcuni spiriti strani che la fantasia popolare vedeva in altri tempi sulle montagne della Groenlandia. Essi erano in parte uomini ed in parte cani, e potevano a lor talento prendere altra forma, mutandosi in nani o in giganti. Quando erano divenuti vecchi, salivano sopra un'alta rupe e gittavansi in un burrone, donde uscivano giovani e forti. In questo modo potevano cinque volte ricominciare, per così dire, la vita, dopo il sesto salto, veramente mortale, non uscivano più dal burrone197.

Ignoro se il Doggi alpino abbia simile facoltà, ma dicesi che sia una specie di vampiro che tormenta di notte gli abitanti di certe regioni, e ritroviamo nella sua strana figura un'altra reminiscenza di antiche credenze e di vecchi errori della scienza; ma specialmente di una delle convinzioni più antiche dei popoli slavi, che temevano la malefica potenza del Valkodlaky o vampiro. Dai Bulgari questa credenza passò anche fra gli Albanesi, i Rumeni ed i Greci moderni198.

Nella valle di Varaita raccontasi una strana leggenda intorno al misterioso e malefico potere dei folletti. In quella regione come in tante altre delle Alpi, gli uomini lasciano nell'inverno i villaggi natii per andare a trovare lavoro nelle città. Nelle povere case esposte ai pericoli delle valanghe, fra la tristezza inenarrabile dei paesaggi alpini, restano i vecchi, i bimbi e le donne. Queste aspettano di certo con animo commosso il ritorno degli sposi e dei fratelli, e tutte desiderano che torni anche l'allegria dei raggi di sole sui campicelli di segala ed i fiori alpini. Ma in quella valle le giovani spose non debbono essere lasciate sole a lungo nel primo anno del loro matrimonio, e gli sposi debbono tornare prima degli altri alpigiani, se non vogliono che esse siano esposte ad un pericolo mortale; poichè nella loro assenza un folletto malefico scende vicino al focolare, si annida fra le pentole accanto alla cenere, e quando le giovani spose sono raccolte nelle povere case, mentre la neve copre ogni sentiero, le guarda senza posa ed ha negli occhi un fascino tremendo.

Sia che esse passino il tempo filando rapidamente, sia che facciano correre la spola sul telaio, pensando all'uomo amato, il folletto non cessa dall'opera sua malefica, e guardandole con tanta insistenza mette loro una tristezza mortale nell'anima. Se nulla si oppone alla loro potenza, se gli sposi non tornano vicino alle povere giovani innamorate, esse intisichiscono e muoiono. Le suocere, le madri che sanno per prova quale sia la potenza del folletto, lasciano di rado le giovani spose nell'assenza dei mariti, e facendole discorrere sperano che esse non sentano in modo così potente la malìa degli occhi diabolici del folletto.

Di certo sarebbe inutile in questa nostra cara credenza italiana cercare il ricordo di qualche mito antico, e parmi che prima ad immaginarla furono le giovani alpigiane innamorate; ciò non toglie che ora ancora si creda fermamente in quella valle nell'esistenza dei folletti nemici delle spose.

Qualche volta un folletto nella stessa valle prende ad amare ed a favorire una persona o una bestia, e sa rendere felice e sana l'una o l'altra; ma disprezza e come per gelosia, fa divenire magro e sofferente un altro essere che sia compagno di quello specialmente amato. Pare ancora che abbiano buon gusto, laggiù i folletti, perchè preferiscono sempre le belle ragazze alle brutte.

Fra le molte leggende che si narrano in quella regione sui folletti, va notata in modo particolare quella che dice di una madre, la quale avendo lasciato solo un suo figliuoletto per pochi momenti, questi fu rapito da un folletto, che mise a suo posto nella culla il proprio figlio, brutto e coperto di peli. La buona donna profondamente addolorata, e non volendo tenere come cosa sua quel piccolo mostro, che doveva pure avere in qualche cosa di diabolico, chiese a persone dotte qual modo doveva usare per liberarsene e riavere il suo.

Le fu detto di mettersi sotto una grondaia appena piovesse dirottamente, e di pungere con uno spillo le mani del piccolo folletto, per costringerlo a piangere. Essa eseguì quanto le era stato detto e mentre la pioggia cadeva sulla testa del folletto, ed egli sentiva la punta dello spillo entrargli nelle carni, piangeva disperatamente, finchè suo padre l'udì, ed apparve tenendo il bambino rapito che diede alla donna; e nel riprendere il suo le rimproverò la sua crudeltà dicendole; «l'hai pa fait del te come te las fait del me» e sparve, si lasciò mai più vedere. Ritroveremo una leggenda quasi somigliante a questa fra quelle di origine storica.

In una leggenda del Biellese che mi venne detta nel ridente comune di Netro, si accenna a certi folletti, i quali in modo strano somigliano agli elfi dell'acqua e ad altri spiriti delle leggende tedesche. Par che vennero da lontani paesi sulle montagne del Biellese, e sembravano forestieri miti e buoni, mentre insegnarono agli alpigiani molte cose utili per l'agricoltura e l'arte di fare i formaggi. In questi esseri misteriosi e leggendarii, trovasi pur molta somiglianza cogli uomini sapienti o selvaggi, dei quali dicesi nella valle di Andorno, in quella di Aosta ed in altre regioni alpine italiane, e che seppero tutti insegnare utili cose agli alpigiani; ma furono costretti per qualche scortesia ricevuta a sparire per sempre, ed anche a far dispetti a coloro che avevano prima beneficati.

I sapienti forestieri dei quali mi si parlò in Netro, mentre il sole irradiava lo splendido paesaggio e la lontana pianura lombarda, avevano infinita passione pel ballo, ed essi invitavano anche gli alpigiani a prendere parte alle loro danze, senza mai recare ad essi danno alcuno. Avvenne però che certa gente curiosa vedendo come erano sempre quei forestieri coperti con abiti così lunghi, che non mostravan mai i piedi, neppure fra i giri vorticosi del ballo, vollero ad ogni costo vederli, e scopersero che i loro benefattori avevano piedi di anitre. I forestieri furono così umiliati nel sapere che ad altri era nota la loro infermità, che sparirono per sempre dal Biellese.

Una leggenda simile in parte a questa italiana trovasi sulle Alpi della Svizzera. Essa dice che certi nani coperti con lunghi mantelli non lasciavano mai vedere i loro piedi; un alpigiano sparse molta cenere nel sito ove essi danzavano e dalle tracce lasciate si conobbe che avevano piedi di anitre. Anche gli elfi irlandesi non lasciano vedere i piedi. Strane leggende senz'alcun significato apparente che possa mettere intorno ad esse un po' di luce, se non si risale fino alle loro origini lontane, ritrovando forse in esse ricordo delle poetiche figure nordiche degli elfi dell'acqua, che danzavano sui laghi ed in mezzo alle rapide correnti dei fiumi199 e dei quali dura la memoria, poichè la credenza nelle diverse specie di folletti è così profonda ancora in certe regioni della Germania, che mentre l'illustre Mannhardt, mancato da pochi anni alla scienza, era ancora giovanetto, e nel tempo delle vacanze, andava cercando con infinita passione nelle campagne e nei villaggi le leggende e le credenze popolari, essendo egli di piccola statura e deforme, e portando sul capo un berretto rosso, fu creduto un giorno dai contadini superstiziosi uno dei folletti delle campagne200.

Infinite leggende narransi pure nella Svizzera tedesca, dicendo le meravigliose imprese degli spiriti famigliari chiamati Unghür, ma esse si assomigliano in molta parte a quelle delle Alpi di Vaud, vi è però da notare una cosa strana, ed è che si credettero in certi casi gli Unghür, spiriti essenzialmente religiosi e buoni, ed essi svegliavano a tempo gli alpigiani, perchè potessero andare alla prima Messa.

Se i folletti si curavano in modo speciale dei lavori domestici negli alp, erano pure con molta frequenza ladri temuti e possiamo essere certi che prendevano forma di gatti per le loro tristi imprese; di questa loro trasformazione non fa però cenno l'Heine quando dice nei Reisebilder:

Di folletti un popolino
A noi ruba il lardo e il pane,
Son la sera nell'armadio
Nulla più si trova a mane.

Fin la panna via dal latte
Bee quel popolo molesto
E scoperto lascia il vaso
E la gatta beve il resto201.

Parmi che una delle credenze più bizzarre degli alpigiani sia quella nella corsa notturna delle vacche sulle montagne, la quale avviene secondo certe leggende per opera dei folletti. Qualche cosa di simile trovasi in una credenza della Vallemaggia, della quale già feci cenno, e Tschudi nel suo libro stupendo202 narra come sia generale fra i montanari della Svizzera. Egli dice pure che essi non ne parlano facilmente innanzi ai forestieri, ma sono persuasi che in certe notti, delle braccia fortissime di spiriti invisibili tolgono le vacche dalle stalle e le trasportano sulle montagne in una corsa vertiginosa. Gli alpigiani che si affannassero in quelle notti per cercare le vacche, si metterebbero a rischio di soffrire gravi danni, e veramente non è il caso di darsi gran pensiero di quel loro notturno viaggio, perchè non ne risentono nessun male, e nel mattino seguente vedonsi sane e belle sui pascoli.

In tempi non lontani usavasi ancora, in certe abitazioni degli alpigiani svizzeri, di ripetere la sera un'antica orazione o certe parole misteriose, che dovevano evitare quel ratto delle vacche detto Alpenruken. In questa credenza Tschudi vuol ritrovare ancora memoria della caccia selvaggia, ma parmi che al pari di certe leggende intorno alle misteriose donne prigioniere, la credenza nella corsa notturna delle vacche si riannodi anche ai miti dei popoli arii, che credevano nell'esistenza delle vacche-nubi in corsa nell'aria. È però forza dire che questa credenza, la quale perde la forma di volgare superstizione moderna, se pensasi alla sua lontana origine, non si avvicina però in nessun modo alla forma poetica di tante leggende delle Alpi, e non può essere messa a confronto colle belle leggende che ci narrano la corsa delle fate sulle nostre Alpi Graie, quella della bionda dea e del suo seguito su quasi tutta l'estesa catena, ed anche la vertiginosa corsa dei cavalieri selvaggi.

Pare che i monti, intorno ai quali si raccontano in maggior numero le leggende intorno ai folletti, siano il Pilato ed il Righi, sui quali dicesi che si trovano in grande quantità. Quei del monte Pilato non si mostrano però sempre buoni e pii, ma ve ne sono in aspetto di nani che hanno molta perfidia. Se i pastori dimenticano di sera all'Ave Maria, di chiamare le benedizioni del cielo sull'alpe, uno spettro appare, specie di nano dalla lunga barba, con un sacco sulle spalle ed un bastone in mano, e finisce col trasportare le vacche in corsa sulle montagne.

Credesi pure sulle Alpi che certi folletti siano custodi fedeli dei camosci e li accompagnino al pascolo, mentre altri hanno facoltà di cambiare le foglie degli alberi in oro. Questi ultimi, i quali hanno pure aspetto di nani, debbono fare parte, secondo la credenza popolare, degli spiriti addetti alla custodia dei tesori e delle miniere, nell'esistenza dei quali credesi pure sulle Alpi, ed in modo speciale, a quanto pare, nella Svizzera francese. Vuolsi anche in certe credenze tedesche che gli elfi sotterranei abbiano le loro dimore piene d'oro e di argento.

Sulle Alpi del Tirolo credesi che un piccolo nano apparisca agli alpigiani, quando essi vanno seminando, e si mostri cortese e benefico nel dare loro ottimi consigli.

Fra tanti stranissimi tipi di nani e di folletti che ci appariscono nelle leggende delle Alpi, ed in modo speciale nella Svizzera tedesca e sulle Alpi austriache, benchè si discorra pure, come vedemmo, della loro misteriosa potenza e dei loro capricci sulle nostre Alpi italiane, mi è avvenuto di trovare cenno di un re dei folletti alpini, chiamato Laurino, nelle Alpi tirolesi; e dai tanti libri che si scrissero sugli elfi, come sulle leggende di molte nazioni di Europa, si può conoscere che secondo la credenza popolare, avevano anche una regina potente gli elfi dell'Irlanda e dell'Inghilterra. Sui monti della Norvegia viveva pure un re degli elfi, nell'esistenza del quale credevasi anche nel paese di Galles.

Il tipo più celebre di nano che ci abbia lasciato nei suoi canti il Medioevo, è quello di Alberico, specie di elfo che vien ricordato anche nel poema dei Nibelunghi, in cui vedesi il leggendario Sigfredo possessore della sua magica cappa. In molte leggende tedesche Alberico ha sul capo una corona ed è re di un gran regno. Altro nano leggendario, fra gli antenati più popolari dei nani e dei folletti che vivono ancora sulle Alpi, vicino ai camosci o alle belle fanciulle, è l'Oberon francese, del quale dicesi nei racconti medioevali, ch'egli avea solo tre piedi di altezza, era deforme, ma aveva un volto d'angiolo e non eravi chi guardandolo non rimanesse innamorato della sua bellezza singolare203. In altro capitolo discorrendo delle antiche credenze degli alpigiani intorno al paradiso terrestre ritroveremo ancora Laurino, il re dei nani del Tirolo, e vedremo che la sua figura, apparsa alla fervida fantasia dei montanari, non era di certo inferiore per la bellezza a quelle di Alberico e di Oberon, immortalati dai nostri avi.





181 Il Rowley nel suo lavoro sulla religione degli africani accenna pure a questo fatto.



182 Wilhelm Grimm, Kleinere Schriften. Recensione del libro Fairy legends and traditions of the South of Ireland. By John Murray, 1825.



183 Grimm, Op. cit.



184 Sébastien Rhéal, Les divines féeries de l'Orient et du Nord.



185 Grimm, Op. cit.



186 Lutolf, Sagen, Bräuche, Legenden.



187 Scheffler, Op. cit.



188 Alfred Céresole, Op. cit.



189 Alpine journal.



190 lusine, Les monstres de la mer.



191 Berlepsch, Die Alpen.



192 Il Grimm prova la credenza dell'antichità pagana in questi spiriti che secondo la superstizione generale cagionavano i sogni cattivi.



193 Grimm, Op. cit.



194 Berlepsch, Die Alpen.



195 Jierececk, Op. cit.



196 Berlepsch, Op. cit.



197 Henry Rink, Tales and traditions of the Eskimo.



198 Jierececk, Op. cit.



199 Grimm, Op. cit.



200 Mélusine, Revue de Mythologie.



201 Traduzione del Suardo.



202 Die Alpenwelt.



203 Grimm, Op. cit.



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