Maria Savi Lopez
Leggende delle Alpi
Lettura del testo

LE STREGHE DELLE ALPI

«»

Link alle concordanze:  Normali In evidenza

I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio

LE STREGHE
DELLE ALPI

Nelle credenze sparse fra gli alpigiani intorno al misterioso ed infernale potere delle streghe, come pure nelle leggende strane che si raccontano ancora in ogni villaggio a prova del terrore ch'esse cagionarono agli alpigiani, e che mostrano come si creda sempre fermamente nella loro esistenza, non trovansi più le divinità gentili e benefiche degli avi nostri; le dee delle nevi, le fanciulle del musco, i nani allegri e cortesi, e le schiere dei cacciatori selvaggi, secondo il concetto più bello e poetico delle antiche mitologie o delle leggende medioevali; e se per caso appariscono vicino alle tristi figure delle streghe, le rivediamo solo nella loro trasformazione in demoni minacciosi.

Così nella inevitabile confusione di leggende e di credenze popolari antiche con altre più recenti, vedonsi con frequenza le streghe medioevali, unite a qualche diabolico seguito delle dee Holda e Bercht. Altre volte si mostrano pure nelle leggendarie processioni malefiche dei morti, e par che abbiano sulle Alpi la missione speciale di danneggiare il gregge, di far piombare le valanghe e le frane nelle valli, o di rubare i fanciulli.

Nelle leggende delle regioni alpine svizzere ed italiane, par che si dilettino anche in modo speciale nel far scoppiare i temporali; e mentre, come pur dissi, credevasi che il suono delle campane del temporale potesse rendere vane le loro arti diaboliche, gli uomini cercarono anche altri mezzi per sottrarsi al loro malefico impero. In un villaggio delle Alpi svizzere si adoperavano pure le armi contro di esse, perchè usavasi di legare le falci vicino ad ogni casa, quando eravi minaccia di temporale; nella speranza che mentre passavano le streghe, trovassero un grave impedimento o si ferissero. Altre volte ancora gli alpigiani ebbero il costume di mettersi sul petto, prima di addormentarsi, un coltello colla lama volta nell'alto, onde ferire la strega che al pari dello Schrattlige alpino andasse a sedersi sul loro corpo per ucciderli.

Ma se a causa dell'ambiente, le streghe delle Alpi possono avere alcuni caratteri speciali, esse si assomigliano assai ai tipi conosciuti quasi in tutta Europa; ed è pur forza notare che a loro rispetto le superstizioni più assurde non ebbero, per così dire, origine quasi spontanea nella mente degli alpigiani; ma furono ad essi come imposte dalle grandi città, che pure avean fama di essere colte e gentili. E di certo non di rado andarono pure dalle città, nei borghi e nei villaggi delle Alpi, gli uomini che per forza di legge intentavano ad esse processi e le condannavano al rogo, che veniva acceso con frequenza fra la solenne pace delle montagne, ed in mezzo alla bellezza indescrivibile di molte valli.

Debbo però notare che in certe regioni alpine è possibile vedere paurose figure di donne, che si adattano in modo mirabile al concetto che ci siamo fatto delle streghe, udendo strani racconti, o leggendo pagine splendide, in cui da sommi scrittori ci vennero descritte; e dirò dell'impressione indimenticabile provata, quando io giungeva d'estate in certi villaggi delle Alpi. In quell'epoca gli uomini, le giovani donne, i fanciulli erano andati nelle case sparse sulla montagna o in altri villaggi fabbricati a molta altezza, che sono abitati solo per alcuni mesi dell'anno. Essi trovavansi vicino ai pascoli smaglianti, ai campicelli di segala distesi al sole come tappeti d'oro, ed alla canapa fiorita vicino alla neve, e dopo la loro partenza erano spariti dai neri villaggi della valle l'amore, la giovanezza, la beltà e l'allegria.

A custodia delle povere case erano rimaste le vecchie inabili a salire sugli erti fianchi delle Alpi; e queste donne dalle facce abbronzate, dai capelli bianchi, spesso arruffati e disciolti sul collo bruno, consumate dalla tremenda fatica, alla quale erano state costrette per anni, portando pesi enormi sulle montagne, avevano lo stesso aspetto col quale appariscono alla nostra fantasia le streghe ideate da Shakespeare, quando scrisse il Machbeth, o quelle viste da Fausto nella notte di Valburga.

L'ambiente che circondava quelle alpigiane, rendeva più spaventevoli e truci le loro figure. Esse vedevansi con frequenza, mentre filavano vicino ai neri tugurii, e le loro teste bianche spiccavano innanzi ad un vano buio, che era l'entrata di una stalla oscura e bassa; ma che si adattava pure al concetto che noi cittadini potremmo avere dell'infernale dimora di una strega; ed io finiva guardando una di quelle strane creature, col provare un senso di sgomento. Avrei voluto per un istante solo vedere un roseo volto di bambino, una testa bionda di fanciulla, o udire una voce lieta, una risata sonora; invece guardando intorno, altre figure sinistre di vecchie vedevansi in qualche stradicciuola tortuosa e scura, che poteva anche volgere verso una segreta porta dell'Inferno.

Altre facce brune e tristi si mostravano in alto sui balconi cadenti, ove sotto le nerissime sporgenze dei vecchi tetti, erano distesi pochi cenci, e allora io volgeva con desiderio il pensiero ai fiori delle Alpi, alle cascate scintillanti, alle farfalle innamorate che scherzavano sulle rupi, ed affrettavo il passo per lasciare indietro, lontano sulla via, il villaggio abitato da quelle paurose figure di donne. Ora avviene ancora che se nel brio della città io oda chi nomini le streghe, o rilegga qualche pagina, in cui appariscano le loro figure, il mio pensiero torna in un baleno sulle Alpi fra le case nere, ove forse in quell'ora i bimbi festosi sono raccolti intorno alle vecchie nonne sorridenti; ma non mi è possibile pensare ad altro che al villaggio così triste nell'estate, al villaggio delle streghe.

Parmi che una delle più energiche descrizioni della strega, secondo il concetto che ne ebbero tutti gli avi nostri, si trovi in una bizzarra poesia del Ronsard, in cui egli mostra l'indomabile odio che prova contro una strega chiamata Denise, e che si aggirava, a quanto pare, in modo speciale sulle montagne. In quella poesia egli ci fa assistere ad una di quelle scene tremende che avvenivano con tanta frequenza, anche nelle città illustri e dotte, mentre pubblicamente castigavansi le streghe. L'infelice Denise è già stata in balìa dei carnefici, e fra le tante invettive contro la sua perfidia, Ronsard, il poeta delle regine e delle duchesse, avvezzo alla cortesia ed alla gentilezza della corte di Francia, ricorda il supplizio all'infelice, mentre le dice:

Vieille sorcièce des hontée

Que les bourreaux ont fouettée
Te découpant de coups.

Tirant après toy une presse

D'hommes et de femmes espesse.

Eppure secondo il giudizio del poeta cortese, è stato troppo lieve il castigo ch'ella ha sofferto, mentre cogli abiti laceri, colle spalle nude ed insanguinate passava sotto i colpi violenti, in mezzo alle maledizioni della gente assiepata; ed egli va enumerando i delitti che dovevano farla condannare a morte, poichè:

Nulle herbe soit-elle aux montagnes

Ou soit veneneuse aux campagnes
Tes yeux sorciers ne fuit.

Que tu as mille fois coupée

D'une serpe d'airain courbée
Béant contre la nuit.

Le soir quand la lune fouette

Ses chevaux par la nuict muette
Pleine de rage alors

Voilant ta furieuse teste

De la peau d'une estrange beste
Tu t'élance déhors.

Au seul souffler de ton haleine

Les chiens effrayés par la plaine
Aiguisent leurs abois,

Les fleuves contremont reculent,

Les loups effroyablement hurlent,
Après toi par les bois.

. . . . . . . . . . . . . . . . . .

Tu es la frayeur du village

Chacun craignant ton sorcelage
Te ferme sa maison;

Tremble de peur que tu ne taches

Ses boeufs, ses moutons et ses vaches
Du jus de ta poison.

J'ay vu souvent ton œil senestre

Trois fois regardant de loin paistre
La guide du troupeau,

L'ensorceler de telle sorte

Que tost après je la vy morte
Et les vers sur la peau.

Ed il poeta che nella sua giovanezza era stato incaricato di accompagnare in Iscozia la poetica e bella regina Maddalena, per ricordarle in quel paese selvaggio la cortesia, la gentilezza di costumi, la dolce poesia della Francia, finisce col chiedere agli Dei che la povera strega muoia.

Et ses oz diffamez

Privez d'honneur de sépulture

Soient des corbeaux goulus pature
Et des chiens affamez252.

Innumerevoli sono sulle Alpi i siti indicati come ritrovi favoriti delle streghe. Sul Piano d'Usseglio esse si raccolgono, secondo la credenza popolare, sopra una rupe dietro una borgata e dicesi che vi portano le galline che hanno prese a Chieri253. Altro piano delle streghe vedesi all'estremità della valle d'Andorno, ove essa chiudesi ed ha aspetto selvaggio ma imponente, dietro il grazioso comune di Piedicavallo, ultimo della valle, in quell'estrema parte d'Italia. Dalle vicinanze di Piedicavallo, se guardasi nell'alto verso quel Piano delle streghe, quando il vento soffia con violenza, vedesi la nebbia o la neve passar lassù fra i pazzi turbinii, e si può immaginare che le fate vadano al ballo e le streghe si riuniscano per la ridda. Invece fra le Alpi della Savoia, nella ricca valle di Thônes elevasi il castello di Marest colla sua vecchia torre, e vuolsi che fra le sue mura si raccolgano le streghe sotto la presidenza del diavolo. Molte leggende corrono in quelle regioni intorno alle malefiche abitanti del castello.

Le streghe della Carnia hanno in certi siti costume diverso da quello delle altre, perchè dicesi che fanno di giovedì la treggenda e non di sabato. Esse conservano un unguento prezioso, del quale si ungono tutta la persona, quando vogliono andare ai loro colpevoli convegni, o compiere misteriosamente qualche azione malvagia; e quell'unguento ha virtù di renderle invisibili e leggiere a segno che possono andarsene via di casa, passando dalla finestra o per la canna del camino. Esse fanno scendere la grandine sui campi, recano infinito danno alle bestie o ai cristiani, che spesso condannano a morire consunti per opera di malefizii. Il loro potere è però limitato a certi giorni, nei quali, sia che ne abbiano desiderio o no, debbono per forza ammaliare qualche persona anche della loro famiglia. Spesso il diavolo si diverte a trasformarle in gatti o in biscie, e se per caso avviene di ammazzare uno di quei gatti, o una biscia che sia realmente una strega, si uccide una delle donne che hanno preso quella parvenza.

Questa credenza si trova spesso anche nelle leggende delle Alpi svizzere e del Tirolo. Una di esse tratta della regina dei gatti, e ripetesi con parecchie varianti in diversi paesi, dicendosi che un giovane pastore tirolese era sulla montagna a custodia del gregge, e forse pensava alla sua bionda alpigiana, quando vide molti gatti riuniti per la danza, ed in mezzo ad essi una gatta più grossa e bella pareva la regina di quel bizzarro gruppo di ballerini. Egli si avvicinò a quegli animali e diede alla gatta un colpo violento di bastone. Essa, ferita, a quanto pareva, miagolò forte e sparì in un baleno insieme a tutti i suoi compagni. Nel sito, ove si trovavano, il pastore raccolse con sua somma meraviglia un dito, adorno da un anello ch'egli riconobbe subito, perchè l'avea sempre visto portare dalla moglie del suo padrone.

Non sapendo come fosse avvenuto il caso strano, ma immaginando tristi cose, perchè conosceva in qual modo si possono trasformare le streghe, raccolse il gregge e si avviò mestamente verso i casolari, ove ritiravansi a sera i pastori. Quando fu a poca distanza dall'alp, ove dimorava il suo padrone, altri pastori gli dissero che la padrona era ammalata gravemente, e che voleva vederlo. Sempre maggiormente inquieto egli andò vicino all'inferma, ed essa accennando forse a quanto era avvenuto e volendo riavere l'anello, che doveva essere fatato, gli promise di dargli tutto l'oro che poteva desiderare, sol che le restituisse quello che avea trovato.

Il giovane pastore capì chiaramente che la padrona era una strega, e non volle restituirle l'anello, ma disse ogni cosa al padrone, e la regina dei gatti morì, come meritava, in mezzo al fuoco. Quante volte col mezzo di racconti poco diversi da questo, si dovettero compiere opere nefande di vendetta e mandare infelici donne alla morte!

Heine che pur nelle sue poesie raccoglie tanti ricordi di leggende strane, accenna nei Reisebilder alla trasformazione possibile della strega in gatto dicendo:

E la gatta l'è una strega
Che furtiva a notte scura
Va sul monte degli spiriti
Del castel fra l'atre mura254.

Nelle vicinanze di Lemie in val di Viù trovai la stessa credenza nella trasformazione delle streghe, e dicesi che se avviene ad una persona di vedere un gatto di notte, in quella parte della valle così selvaggia e paurosa, nelle vicinanze della Cappella degli Olmetti, ove si riuniscono i morti a mezzanotte, non ha incontrato altro che una strega.

Questa credenza si ritrova anche fra gli abitanti delle pianure a piè delle Alpi ed in altre regioni. Essa diede molto pensiero alle genti del Medioevo, e si scrissero volumi per provare che le streghe, i fattucchieri, i maghi si compiacevano nel mutarsi in gatti; anzi verso la metà del secolo scorso, mentre pur fra i dotti si conservavano infinite superstizioni, avvenne che nella città di Metz, quando facevansi le fiammate in onore di San Giovanni, si bruciavano gatti chiusi in gabbie di legno e forse credevasi di aver vinta ogni arte di magìa.

Nella valle di Susa ritroviamo in una leggenda, che un enorme gatto nero viveva pacificamente in mezzo ad una famiglia di pastori, ed era da tutti amato ed accarezzato. Una sera, mentre la famiglia era raccolta vicino alla legna accesa nel focolare e si discorreva lietamente, una voce disse in maniera da essere udita da tutti: – Ruin l'è mort. – Per un caso meraviglioso, mentre non riuscì a nessuna persona d'intendere il significato di quelle parole, il gatto, che dormiva, balzò come se avesse sentita una scossa elettrica, e fra la gente stupita disse ad alta voce, mostrandosi meravigliato profondamente: – Ruin l'è mort! a tocca a mi – e sparve lasciando capire che era uno stregone, e che essendo morto uno dei capi della schiera maledetta, a lui toccava di occuparne il posto.

Nella valle Anzasca invece credesi che le streghe escano dai cadaveri in forma di mosconi. Esse di notte si mettono in cammino portando una pignatta, in cui vi sarà di certo il grasso, col quale si ungono al pari di quelle della valle di Varaita e della Carnia. Esse partono dalle cappe dei camini, ed il sito, ove si raccolgono, sarebbe vicino a Borgone, sulla strada per andare al Monte Rosa. Vien detto quel sito: il Piano delle streghe.

Invece nella Vallemaggia sono scomparse quasi tutte le antiche credenze sulle streghe; si ritiene però ancora che nel corpo degli animali notturni ed in quelli di alcuni gatti selvatici si trovi spesso albergato lo spirito di qualche strega, e cotesta credenza toglie che i cacciatori uccidano questi animali, perchè temono che tirando contro di essi si spezzi il fucile o avvenga per qualche altro motivo che restino uccisi o feriti. Quei buoni valligiani vogliono che siano già avvenute disgrazie di quel genere.

In mezzo all'anfiteatro di roccie che circonda il Lago Nero di Bringhetz a Brusson, ed anche sulle alture del monte Tournalin in valle d'Aosta, non hanno i diavoli una loro dimora, ma stanno le streghe, e spesso in quei siti si riuniscono a consiglio. Nerissime nubi vedonsi con frequenza su quelle regioni alpine, che sono di tanto in tanto lasciate dalle streghe, che vanno sulle terre coltivate delle valli traendosi dietro grandine, pioggia o violenti temporali. Qualche volta le segue uno strano messaggiero il quale altro non è che un piccolo maiale, che riceve da quelle megere, secondo la credenza popolare, l'incarico di precedere e quasi dirigere sui terreni coltivati, il corso delle acque che vanno cagionando agli alpigiani immensi danni.

Una bizzarra descrizione del mutamento di una strega in serpe, secondo una credenza pur comune fra gli alpigiani, trovasi in un volume del Durandi, il quale avrebbe potuto lasciarci notizie preziose sulle leggende e le credenze popolari della valle di Susa, che eragli tanto cara, se avesse dimenticato sempre il mondo convenzionale dell'Arcadia nel descriverci i pastori delle Alpi. In una sera d'inverno egli ci fa vedere in una capanna molti alpigiani, mentre si affollano per ascoltare un vecchio pastore, che incomincia:

Le sue strane a ridir novelle vaghe
Di fantasmi, di maghe.

Tutti, curiosi ed a bocca aperta, si stupiscono nel sentirgli narrare come sapesse sventare gl'incanti della gran fata Elvira, la quale però in questo racconto ha più aspetto di strega, a quanto parmi, che di fata, ed egli dice ai pastori sgomentati:

Com'ella in serpe si trasforma e move
Rote di fiamme intorno agli occhi e zufola.
Con molli spire, e pigri e vari modi;
Si stende, o attorce in replicati nodi.
Altra vestendo spoglia
Cambia forme a sua voglia
E all'empie sue terribili parole
Copronsi gli astri, impallidisce il sole,
E neppure osa dal percosso speco
Rimandarne i tremendi accenti l'eco.
Smania ella, si contorce, il crine arruffa,
Trema, sbuffa, la verga e 'l dito scote
Se mormora più arcane oscure note;
Tanto han poter che in ogni tomba e fossa,
Sentesi un fremer d'ossa, orrido appare
Un agitarsi d'ombre, e redivivi
Sorger rosi cadaveri protervi,
Osso annodarsi ad osso e nervi a nervi;
Rigiran quinti insidiose e truci
Per le case la notte e per le strade.
Il lor fiato alle biade
Funesto, e agli animai suscita e desta
I rei per l'aria spiritelli erranti
Che poi soffiano i turbi e le tempeste.

Triste missione, a quanto pare, dei folletti della valle di Susa, e che pur li rende somiglianti, sotto questo aspetto, a quelli di altre estese regioni d'Europa, e di tutta la catena delle Alpi.

In questa leggenda troviamo pure che, secondo il solito, le nefande opere di magia si compiono ad un cenno di una magica bacchetta. Quest'arma potente delle fate e delle streghe, che si trova in tante leggende, vien anche ricordata in Saint-Véran sulle Alpi dell'Alto Delfinato, ove nacque l'8 settembre 1662 un certo Giacomo Aymar, che fu il primo a adoperare la magica bacchetta di Giacobbe, che serviva mirabilmente per trovare sorgenti, tesori e preziosi minerali. Quell'alpigiano affermava che potevasi anche per virtù della bacchetta scoprire gli uomini che avessero commesso un delitto. Vuole la leggenda che nel 1692 egli inseguì un assassino percorrendo 45 leghe sulla terra e 30 sul mare255.

La bacchetta detta di Giacobbe aveva forma speciale; potevasi fare con rami di alberi diversi, e veramente nessuna importanza avrebbero gli assurdi racconti, in cui vien nominata, se non fosse avvenuto che molto si scrisse e molti discorsi si fecero a questo proposito. La gente se ne dava gran pensiero alla fine del secolo XVII; si continuò a parlarne nel XVIII, poi la Rivoluzione passò sulla Francia come uno spaventevole uragano, e il Ladoucette che amò tanto le Alte Alpi, e non poche volte ottenne da Napoleone I speciali favori pei loro abitanti, dice colla indifferenza di chi essendo avvezzo a vedere i drammi più terribili che possano atterrire i popoli, ed a sorridere innanzi alle meschine superstizioni degli uomini, che nel secolo XIX quando sentesi parlare ancora della magica bacchetta di Giacobbe «on ne damne point, on se contente de plaisanter ceux qui cherchent à abuser ainsi de la crédulité».

Nelle leggende delle Alpi come in tante altre note a diverse nazioni, le streghe si dilettano assai nella compagnia dei demoni ed in quella dei dannati; così le troviamo pure nel Trentino, nella leggendaria valle di Genova, e come già dissi, è credenza comune ai montanari della Rendena, che il Concilio di Trento le abbia relegate per sempre laggiù. Sui bassi pendii dei monti, vedonsi certi massi lucenti oltre le sponde del Sarca, essi sono chiamati gli specchi delle streghe che vanno a riunirsi sui così detti piani di Genova, per le orgie del sabbato256.

È fama che in una specie di bacino fra le Alpi Carniche, vicino al bel Monte Tenchia, che appare in forma piramidale ed imponente a chi s'interna nella Valle di San Pietro, si trovi pure uno dei soliti piani delle streghe, sul quale esse fanno la ridda257. Su quel piano vedesi uno spazio circolare sul quale l'erba cresce folta e rigogliosa, non essendo mai toccata dalla falce. Essa segna il sito ove si raccolgono tutte le streghe coll'inevitabile seguito di stregoni, di gatti e di caproni; e dicesi che se vi fu chi osò toccare l'erba cara alle diaboliche donne, egli fu punito inesorabilmente, in maniera che da tutti essa viene guardata con un misterioso terrore.

Un altro piano leggendario delle streghe trovasi sulla Piazza d'armi del Monte Bo, nella valle di Andorno. Vedesi quella Piazza sulla via che volge alla cima, che si eleva maestosamente a dominare la valle. Intorno ad una misteriosa regina del Bo, che vien chiamata la Donna, si raccolgono le streghe della valle. Esse hanno sedili e tavole di pietra sulla montagna, e minacciano grave sventura a chi le disturbi nella ridda notturna. Un giorno prese a dimorare sul Monte Bo un biondo pastore bergamasco; egli non volle ascoltare i consigli di una giovane alpigiana che dicevagli di non passare la notte sulla Piazza d'armi, e fu trovato colla fronte aperta, essendo stato ucciso dalle streghe maledette. Le guide additano ancora lassù agli alpinisti la Roccia del Bergamasco, e forse di notte mentre il Cervo va per la sua via nella bellissima Valle di Andorno, le streghe e la misteriosa Donna del Monte Bo, non cessano di riunirsi per la ridda sulla Piazza d'armi, ove morì il bel pastore biondo258.

Nella Valle di Varaita, come in tante altre, la gente più ignorante e superstiziosa crede pure nel malefico potere delle streghe, e narrasi che un uomo di Chianale venendo da Sampeyre, alquanto sopra les Confines, abbia visto nei prati che si trovano dal lato opposto della Varaita un gran fuoco, intorno al quale molte persone giravano ballando. La curiosità lo vinse ed essendosi avvicinato a quella folla di ballerini notturni, vide con molta sua meraviglia, che avevano per loro divertimento un povero bambino, che era gittato dagli uni agli altri, facendogli attraversare le fiamme che si elevavano verso il cielo.

Il buono alpigiano volle salvare da tanto strazio quell'infelice creatura ed usò astuzia per liberarla. Egli si unì alla folla delle streghe e degli stregoni, e quando fu gittata dalla sua parte quella specie di palla umana, tese le braccia e la prese; ma non gittò di nuovo il povero bimbo, lo nascose invece accuratamente sotto il suo mantello, e fuggì. Mentre andava innanzi per tornare a casa e parevagli di non essere più in pericolo, perchè le streghe ed i loro compagni non lo seguivano, volle veder il bambino e riconobbe che era un suo nipotino. Quando finalmente giunse in casa sua, vide la mamma del piccino che impastava il pane, ed egli le chiese notizie del bambino. La buona donna rispose tranquillamente, che era addormentato nella culla e che da due ore non si era più fatto sentire; allora il nonno togliendosi il mantello le fece vedere il meschino che era stato tanto maltrattato, e si può immaginare come, dopo la prima impressione di dolore e di meraviglia provata, fu grande la gioia della povera madre nel vedere il bimbo salvato da morte sicura.

Ma fra tante leggende che ritrovansi ancora nelle nostre valli italiane intorno alle streghe, parmi che una delle più strane sia la seguente che pur mi venne narrata da un cortese, che raccolse con molta cura per questo volume le leggende della Valle Anzasca. Vuolsi che sul lago di Omegna, in tutte le notti, si raccolga una squadra di streghe che sale sopra una barca. Di esse vanno assai lontano, nei paesi caldi e come credesi in America; ma par che siano streghe gentili, e forse ritroviamo in esse una delle strane confusioni che la fantasia popolare fece fra le streghe e le fate, poichè non vanno in viaggio per compiere malefizii; ma essendo attratte dalla passione dei fiori ne raccolgono laggiù in molta quantità, e li portano nella stessa notte sulle Alpi, ove quella flora tropicale deve in modo potente contrastare colla delicata flora alpina, che nella vivezza delle tinte può essere forse superata appena da quella dei paesi boreali.

La parte più strana di questa leggenda si è che le fate o streghe portano pure quanto hanno raccolto in chiesa. Un giovane sagrestano il quale non sapeva intendere donde venissero quei fiori così belli e strani, ch'egli non avea mai visti sulle sue montagne, volle di notte spiare per conoscere coloro che li portavano. Dicesi pure che essendo disteso nel fondo della barca, aspettò le streghe per seguirle nel loro misterioso viaggio, ed esse vi discesero veramente. Prima di partire, fecero una specie di appello, ed essendo tredici, la loro condottiera disse: vada per tredici, ma a quelle parole la barca non si mosse, allora essa soggiunse ancora: vada per quanti siamo, e la barca prese a andare sul lago. Egli potè raccogliere al pari delle streghe i bei fiori tropicali, e ritornò, senza essere visto e molestato dalle sue compagne. Ma in Omegna dovette buttar via i fiori perchè minacciato dagli amici, i quali credevano che fossero stregati259.

Dalla fantasia degli alpigiani, avvezzi a vivere fra la neve ed i fiori delle Alpi, poteva essere immaginata anche una leggenda gentile intorno alle streghe, e non altro dirò su questo argomento, quasi sempre triste, perchè ci ricorda dolori o assurde superstizioni di esseri umani; ma desidero solo che nel ricordare le streghe delle nostre montagne, i cortesi lettori non le vedano sempre maltrattate e ferite, al pari della povera Denise, odiata dal poeta Ronsard, ma sorridenti in mezzo ai fasci di fiori tropicali, vicino ai rododendri ed agli edelweiss delle Alpi.





252 Les odes de Ronsard... au roy Henry II de ce nom, 1567. Biblioteca nazionale in Torino.



253 Cibrario, Descrizione di Usseglio.



254 Traduzione del Suardo.



255 Ladoucette, Histoire des Hautes Alpes, pag. 63, dice che per errore l'Enciclopedia vuole che sia nato costui nel territorio di Lione.



256 Annuario degli Alpinisti tridentini.



257 G. Gorlier, Bozzetti alpini.



258 Debbo questa leggenda alla cortesia del sig. Domenico Vallino.



259 Burckhardt (op. cit., vol. II, pag. 317) dice che nel tempo della maggior persecuzione contro le streghe, molte di esse presero a dimorare in certe tristi valli delle Alpi, e specialmente nella Val Camonica. Non mi è riuscito di poter sapere se trovansi ancora intorno ad esse strane leggende in tutta questa valle, che vien pur citata nell'Orlandino, cap. I, 12, come patria leggendaria delle streghe.



«»

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on touch / multitouch device
IntraText® (VA2) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2011. Content in this page is licensed under a Creative Commons License