Maria Savi Lopez
Leggende delle Alpi
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LEGGENDE SUL PARADISO TERRESTRE

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LEGGENDE
SUL
PARADISO TERRESTRE

Nelle antichissime tradizioni di popoli diversi notasi la traccia profonda ed incancellabile di una credenza generale, in uno stato primitivo d'innocenza e di felicità, nel quale si trovò il genere umano. In Babilonia, nell'India e nella China, questa credenza fu nota alle genti, ed essa rimase e rimarrà nella coscienza dei popoli come ricordo indimenticabile.

Non è qui il caso di riannodare al racconto biblico quelle credenze diverse nella forma, benchè abbiano unità di concetto; ma dirò che oltre al ricordo dell'albero della vita, o di quello che può dare la conoscenza del bene e del male, oltre alla credenza nell'esistenza di paurosi draghi o serpenti, nati a danno mortale degli uomini, trovasi con frequenza nelle diverse mitologie la convinzione che il Paradiso terrestre era sopra un monte o fra le montagne. Tra i miti persiani vi è quello della montagna del Paradiso, dalla quale scaturiscono quattro grandi fiumi, ed ove si vede l'albero dell'immortalità. Una leggenda Chinese dice che sopra una montagna vedesi un gran giardino, ove il vento muove le foglie dell'albero della vita. I Persiani chiamano il monte del Paradiso terrestre Albordsch; i Chinesi mettono il monte bellissimo nel Tian Schan; gl'Indiani invece fra i loro monti dell'Imalaia, e la valle di Kaschmir fu per lungo tempo creduta l'antico Paradiso.

Lo stesso Paradiso coll'albero della vita ritroviamo ancora fra i Celti e gli abitanti della Nuova Zelanda, fra gli Egiziani e gli abitanti dell'America del Nord ed altri popoli della terra; ma benchè si credesse che in parecchi siti di Europa fosse in origine il Paradiso terrestre, una credenza che fu ed è ancora estesa, vuole che si trovasse unicamente sulle Alpi, e forse nel Tirolo.

Il Wormstall in un suo scritto eruditissimo, ma forse audace che vien citato dal Freitag260, vuole che la terra chiamata nella mitologia greca il giardino delle Esperidi, si trovasse sulle Alpi e propriamente nella regione che dal Po va fino all'Adriatico. In ogni modo non essendo qui il caso di esporre i racconti degli antichi intorno al sito ove fu il Paradiso terrestre261 o le minute e pazienti ricerche della scienza moderna, che raccoglie le credenze intorno alla sede felicissima della prima dimora degli avi nostri, dirò che mentre di continuo nel Medioevo si formarono nuove ed innumerevoli leggende intorno al Paradiso terrestre, molte ne vennero create anche sulle Alpi dalla fantasia popolare, e si trovano ancora specialmente fra gli alpigiani della Svizzera e del Tirolo.

Non mi è stato possibile rinvenire traccia di queste leggende sulle nostre Alpi italiane, ma sono certa che nelle lunghe veglie dell'inverno, quando nessun alpinista o altro abitante importuno della città trovasi nelle stalle anguste e nere di tanti villaggi alpini, i nostri buoni montanari narrano anche strane cose, dicendo quale sia la bellezza del Paradiso terrestre; che forse vedranno colla fantasia accesa, dimenticando la neve che si accumula sulle case, nelle valli profonde, e forse in quelle notti minaccia i villaggi, che possono da un'ora all'altra essere sepolti sotto le valanghe.

Fra le più strane leggende del Medioevo che ricordano le antichissime credenze sul Paradiso terrestre, vi sono quelle in cui la felice dimora dei nostri primi genitori vien confusa coll'incantato giardino degli elfi, ed in cui Sigfredo e Teodorico appariscono, e vedonsi giganti paurosi o nani raccolti nel regno di Laurino, il quale è il re del Rosengarten o giardino di rose; come venne chiamata spesso dalle popolazioni germaniche la terra bellissima del Paradiso terrestre.

In quelle antiche leggende dicesi con frequenza di un Rosengarten, il quale è sopra un'isoletta del Reno, circondata da corde in seta, ed il nocchiero Norprecht che fa passare gli eroi sopra uno dei fiumi che scorrono nel giardino, domanda a ciascuno di essi come prezzo del passaggio, il piede destro e la mano sinistra. Quel grande Rosengarten è il paradiso perduto, il fiume è una specie di Acheronte e si potrebbe nel nocchiero trovare una lontana memoria di Caronte262, questa strana confusione medioevale deve stupirci, perchè spesso avviene anche nei miti greci che si confonda la reminiscenza del Paradiso perduto colla credenza nell'Eliso dei morti.

Ma se le leggende intorno al grande Rosengarten hanno importanza somma, fra tutte le leggende medioevali sul Paradiso terrestre, formatesi fra le genti e raccolte da rozzi poeti, maggior valore ha pel nostro argomento la leggenda del piccolo Rosengarten, nella quale si fa specialmente parola delle Alpi, e mettesi nel Tirolo il giardino, ove crescono in tanta abbondanza le rose eterne.

Sonovi altre leggende svizzere e tirolesi, note ancora adesso fra gli alpigiani, le quali provano come essi credano che il Paradiso terrestre si trovi nell'interno delle montagne, o mostrano alcune valli spaventevoli o certi ghiacciai che furono in altri tempi Blumlisalp, o Alpi fiorite, ove prima trovavasi il celeste giardino, che aveva le strade selciate col formaggio e coperte di burro263; ma ripeto che più di tutte è degna di essere notata la leggenda che mette il paradiso o piccolo giardino di rose nel Tirolo. Essa dovette anche formarsi al pari di quella sul grande Rosengarten nel secolo XIII, ma pare che si sparse di molto fra i popoli nel XIV secolo, ed in essa il poeta che la scrisse, togliendo di certo l'argomento da qualche leggenda popolare, ha dato larga parte nel racconto a Teodorico, mostrandolo in rapporto con Laurino, re del piccolo Rosengarten e dei nani tirolesi. Ma ritroviamo in quella leggenda Teodorico solo nel tempo della sua giovanezza, quando altre leggende lo mostrano, come già vedemmo, quale nemico dei draghi, dei serpenti o dei giganti, contro i quali combatte ferocemente.

Così il poeta del piccolo Rosengarten, non si occupa delle maggiori azioni del gran Teodorico, specialmente caro agli scrittori tedeschi del Medioevo, i quali secondo quanto avviene spesso nelle leggende, seguivano il costume di accrescere la gloria di un eroe, confondendo la sua persona con altre, e facendolo figurare come avendo compìto azioni gloriose delle quali s'addiceva realmente il vanto ad altri.

I versi tedeschi a gloria del Rosengarten delle Alpi, ci dipingono il piccolo re dei nani Laurino, il quale si assomiglia, a quanto parmi, all'Oberon francese nella bellezza del volto, senza essere al pari di lui deforme. Egli si presenta innanzi agli eroi, fra i quali trovasi Teodorico, mentre vogliono entrare nel suo giardino, ed è montato sopra un cavallo grosso come un capretto. Vitige uno degli eroi, dice che egli ha aspetto così imponente e tale bellezza sul volto, che pare un angelo o San Michele.

Intanto gli eroi hanno spezzato i lacci di seta che circondavano sulle Alpi il Paradiso terrestre, al pari di quelli che cingevano il grande Rosengarten del Reno, e vengono ad un combattimento con Laurino, che vuole ad essi vietare l'ingresso nel suo regno incantato. Come tutti gli elfi o i nani delle leggende tedesche, i quali hanno forza sovrumana, Laurino a dispetto della sua piccola statura si batte con valore ed è forte come dodici uomini; Teodorico non può vincerlo, perchè egli ha accanto ad aiutarlo Giacobbe con un angelo, ma per mediazione di un certo Dietleib si viene alla pace, e tutti gli eroi cavalcano verso la montagna di Laurino ove trovasi il vero Paradiso, del quale il giardino di rose che essi avean veduto, non dava loro che una debole idea.

Il poeta descrive le meraviglie del Paradiso alpino ove trovansi fiori ed uccelli bellissimi, ed anche fiere che scherzano insieme piacevolmente. A quella vista è forza lasciare ogni memoria dolorosa, perchè è impossibile piangere e soffrire in quel sito; ma gli eroi debbono presto pentirsi di aver provato pel giardino di Laurino quell'ammirazione che li ha distolti da ogni altra cura, perchè sono tratti in inganno dal re dei nani che li fa prigionieri. Teodorico dopo un combattimento coi nani ed i giganti che sono sotto il comando di Laurino, giunge a liberare i compagni.

In altri canti eroici tedeschi vedesi ancora apparire la figura di Laurino, ed in una cronaca del secolo XVI, si trova memoria di un Laurino, antico re del Tirolo; narrasi pure di un certo conte Lorenzo del Tirolo264 e la sua figura leggendaria è rimasta popolare fra gli alpigiani tirolesi, mentre dicesi che nell'interno delle montagne si trova il suo palazzo di cristallo, nel quale egli dimora. Alcune volte Laurino appare di nuovo nelle leggende come custode dei tesori o dei morti, ed il suo trono, nell'interno delle montagne, è coperto di gemme scintillanti265. Una di queste leggende dice che egli era grigio o bianco, buono e mite, ed aveva una figlia bella come una fata o una Selige. La fanciulla desiderava un giardino, ed il padre che tanto l'amava fece crescere innumerevoli rose sopra una montagna, mentr'egli viveva nel suo palazzo, il quale stava nell'interno di un monte che portava alteramente sulla cima il maggior castello del Tirolo. Il Rosengarten della bella fanciulla era incantato, e pieno di tali meraviglie, che se un passeggiero lo vedeva egli finiva col perdere ogni memoria dei dolori sofferti nella vita. Anche questo giardino leggendario era circondato dai soliti lacci di seta, nei quali il Freitag vuole vedere il divieto fatto ai nostri primi genitori. La leggenda non sa dirci come finì il regno di Laurino.

Anche nella leggenda svizzera del Klaridenalp, trovasi ricordo del Paradiso terrestre, ma il racconto si è adattato pure in questo caso all'ambiente, e dice che non lungi dalla Lintthal, presso le sorgenti della Reuss, ove si ha la vista di un paesaggio bellissimo, si trovava in tempi lontani una terra benedetta. L'erba cresceva in quel sito profumata e folta, il latte scorreva formando fiumi, e tre volte al giorno si potevano mungere le vacche, le quali davano una quantità straordinaria di latte. In quel paradiso alpino viveva un pastore, da alcuni chiamato Otmar, in altre leggende detto Jorg; il suo cane chiamavasi Paris, la sua vacca prediletta Brändi, la sua compagna aveva nome Kathri ed egli l'amava sopra ogni altra cosa.

La via che dalla sua capanna volgeva ad una cappella, era coperta di formaggio e di burro; ma il pastore buono e generoso con tutti, faceva mancare del necessario sua madre e la maltrattava spietatamente, finchè giunse per lui l'ora del castigo, ed insieme alla sua compagna egli precipitò in una voragine. Dopo la sua morte il Paradiso ove dimorava si mutò in uno spaventevole deserto alpino, coperto di pietre, sul quale passano qualche volta ancora Paris, Brändi ed anche Kathri, la donna maledetta. Se un uomo dal cuore onesto e buono potesse ancora prendere la bella vacca, tutto il ghiaccio sparirebbe dalla montagna, e sarebbe finito ogni male.

La leggenda del Klaridenalp ha una certa somiglianza con quella del Blumlisalp, che dice essere stata coperta di neve e di ghiaccio la valle del Paradiso presso Rothstock. Nel venerdì santo, quando nella chiesa vicina si legge l'Ufficio, la vacca leggendaria, che ritrovasi pure in questo racconto, lasciasi vedere, secondo la credenza popolare.

In altre regioni si ripetono ancora sulle Alpi, come già notai, leggende ove accennasi al Blumlisalp, ed una di esse dice di un alp ricchissimo che aveva intorno pascoli estesi e sentieri coperti di burro e di formaggio; ma i suoi abitanti erano così malvagi che Dio li punì, ed essi furono coperti dal ghiaccio che si andò accumulando in quel sito. Con qualche variante ritroviamo ancora nell'Oberland bernese la stessa leggenda, che è una delle più note e sparse nella Svizzera266.

Nella Valle di Fassa ritrovasi anche il leggendario Laurino, ma egli ha carattere diabolico. Teodorico vi fa pure la sua apparizione ma sotto altra luce, e si trova anche una bizzarra confusione del paradiso col regno dei morti. Questo paradiso appare qualche volta, al pari dei fulgidi tesori alpini, nella Settimana Santa, ed anche nella notte di San Giovanni, intorno alla quale già notai che la fantasia popolare immaginò tanti racconti bizzarri.

Altra leggenda delle Alpi narra di una bellissima principessa che possedeva nella Passeirthal un giardino di rose di meravigliosa bellezza; ma essa non era paga della felicità che la circondava nel suo piccolo regno e sentiva come cosa intollerabile la solitudine del cuore, finchè si accese d'amore per un gentil cavaliere; ma forse la montagna che l'avea allietata con tutto l'incanto della sua bellezza, fu gelosa di questo nuovo affetto, ed in un baleno una frana piombò sul giardino che sparve per sempre.

Il Grimm fa anche cenno di un paradiso degli animali che si troverebbe fra le rupi inaccessibili e le nevi del Mattenberg. In quel sito vedesi un circuito in mezzo al quale si trovano bellissimi camosci e stambecchi, con molti animali meravigliosi. Ogni venti anni, secondo la leggenda, è permesso ad un uomo di penetrare in quella regione, ove può uccidere venti camosci. Altre leggende ancora delle Alpi accennano ad un re dei nani che regnava sopra un giardino incantato, coperto di rosai fioriti, ed egli venne ucciso dai giganti. Ma, come vedemmo, le leggende della Svizzera e quelle del Tirolo, non si accordano nell'indicare in quale valle o su quale montagna si vedeva il Paradiso terrestre delle Alpi. Alcune varianti delle leggende popolari dicono però che si trovava sulla cima del monte Rosengarten, il quale è arido e nudo in tal maniera da non meritare il nome gentile267; ma sembrami ancora che la sua aridità si accordi con certe leggende, che dicono essere il Paradiso terrestre delle Alpi, divenuto un triste deserto.

Non dobbiamo neppure meravigliarci nel trovare con tanta frequenza nelle leggende popolari tedesche, nominato il Paradiso terrestre quale giardino di rose, perchè lasciando da parte la bellezza delle rose, sappiamo che erano fiori consacrati a possenti divinità. Già dissi trattando delle leggende sui fiori delle Alpi, come una rosa adornasse l'insegna d'Irminsul, e come il dio Thor fosse anche, secondo la credenza popolare, amante delle rose. Esse vengono nominate con frequenza nelle canzoni tedesche, e dicevasi che gli eroi si trovavano dopo la morte in mezzo alle rose.

Dal cuore degli eroi morti potevano anche nascere rose meravigliose al pari dei gigli che fiorirono, come già notai, nel sito ove fu ucciso il duca Leopoldo di Austria, ed i poeti delle rozze genti germaniche paragonarono le ferite alle rose di maggio. Le rose rosse amate da Thor, erano anche i fiori della vita, mentre le rose bianche erano i fiori della morte. Come dono meraviglioso un nano di una leggenda tedesca ad un cavaliere che lo ha beneficato una rosa d'oro. I fiori bellissimi dei rododendri tanto amati dagli alpigiani, sono per essi, come vedemmo, le rose delle Alpi, ed era giusto che innanzi alla loro fantasia fosse il Paradiso terrestre adorno con quei fiori, forse sacri pei loro avi, e divenuti più belli ancora fra l'incantevole e soprannaturale aspetto di quella celeste dimora.

Il professore Graf nel suo eruditissimo studio sulle leggende del Paradiso terrestre, dice come avveniva che nel mentre si sfasciava l'impero di Roma, e generazioni intere di barbari si davano a nuove conquiste; ogni gentilezza spariva nella ferità nuova dei costumi, ed i poeti e gli animi accesi dall'amore per ogni cosa bella, dovevano rifuggire in un mondo beato e sereno, cercando colla fantasia la pace e la gentilezza della vita e dei costumi che non si trovavano più sulla terra. Per questo motivo si tornava nel passato, si volevano avere notizie esatte sulla dimora paradisiaca dei nostri primi genitori, e fantastici racconti, o nuove credenze si univano al semplice racconto biblico; e parmi che fra le leggende medioevali sul Paradiso terrestre, create fra questo lavorìo intellettuale, vadano specialmente notate quelle del grande e del piccolo Rosengarten, in cui scompare quasi il racconto biblico ed impera la poesia popolare tedesca, coi suoi nani, i suoi eroi, i suoi giganti e le rose eterne.

Strano racconto medioevale è quello del Rosengarten del Reno, in cui già vedemmo che si trova il fiume tristissimo col nocchiero dei morti, il quale non chiede l'obolo, ma adattandosi ai feroci costumi dell'epoca, domanda agli eroi un piede e una mano per trasportarli sull'altra sponda, od appariscono fra gli eroi il Sigfredo ed il Teodorico dei Nibelunghi. Però vicino a questa leggenda vanno anche notate per la loro importanza le altre sul Paradiso terrestre, che si trovano sulle Alpi, perchè hanno potuto conservare a lungo la impronta medioevale, essendo così tenace fra gli alpigiani la memoria delle passate credenze.

La critica moderna ci prova come le opere letterarie non siano sempre creazione per così dire spontanea, del pensiero di un uomo, ma diano spesso forma immortale alle credenze popolari, agli epici canti, alle leggende, alle fiabe che si trovano forse da secoli fra popoli diversi, e passano da generazione a generazione. Questo fatto ci può rendere quasi certi che il canto poetico ove trattasi del Rosengarten tirolese, non fu invenzione d'un poeta tedesco, ma semplicemente una leggenda popolare che venne ricordata in rozzi versi, ed essa ci è nuova prova della confusione stranissima che era avvenuta nella coscienza popolare in certe alte regioni di Europa.

Fra gli alpigiani pagani, come fra gli altri popoli della terra, doveva essere rimasta una reminiscenza indelebile della prima patria beata dell'uomo, del Paradiso terrestre. Colle nuove credenze cristiane che si mescolarono in parte con altre nella coscienza popolare, il Paradiso terrestre appariva ancora con forma più chiara e delineata; ma se in tutte le popolazioni divenute cristiane pur rimaneva un ricordo tenace delle antiche divinità, questo doveva per la natura stessa degli alpigiani essere in loro più durevole ancora; e così vediamo nel loro paradiso i nani o elfi, spiriti che nella loro trasformazione medioevale stanno incerti fra il bene ed il male, ed essendo scacciati dal paradiso non sono accolti nell'inferno. Il Laurino del Paradiso terrestre delle Alpi, è al pari dell'Alberico dei Nibelunghi, padrone di un gran regno e re dei nani. Teodorico, l'eroe leggendario, rompe i lacci di seta che cingono il Paradiso; ma non intendesi perchè debba combattere nel regno incantato, nani e giganti268.

È forse da vedersi in lui, secondo la fantasia popolare, l'uomo che anela a riconquistare il suo Paradiso perduto? o si trova in questo fatto della leggenda, stranamente velata la credenza medioevale, che riteneva il Paradiso terrestre come dimora dei giusti e degli eroi, fino al giorno del Giudizio universale?

Nelle leggende delle Alpi le avventure amorose narrate dai giullari si uniscono pure al concetto antico del paradiso, che diviene la dimora di una regina innamorata, o secondo certe credenze medioevali si vuole dagli alpigiani, che fosse nell'interno delle montagne. Ma la leggenda si adatta in modo meraviglioso all'ambiente quando narrasi sulle Alpi che il Paradiso terrestre si è trovato in siti che ora sono desolati, in certe valli tristissime ove si accumula la neve, o nei deserti che sono coperti di massi enormi, sui quali cadono di continuo altre rupi ed altre frane.

In questo caso sembra che l'immaginazione accesa degli alpigiani non sappia intendere la cagione dell'aspetto così desolato di certe regioni alpine, ove fra i massi spezzati par che sia avvenuta qualche lotta tremenda fra le divinità del cielo ed i giganti, i Trolli ed i nani delle Alpi. Ma vicino a quella tristezza appare una breve distesa rosea, fresca e smagliante, di rododendri fioriti, e vedendoli si fa più lieve lo sgomento che provavasi nell'anima. Il Rosengarten, l'incantato giardino delle rose, trovasi ancora sulle Alpi; forse in tempi lontani, la valle intera ne era coperta ed esse crescevano vicino agli alp distrutti da qualche terribile rovinìo delle montagne. In quel giardino di rose si dovevano compiacere le divinità possenti e vi dimoravano col gregge di camosci e di stambecchi. L'uomo pure doveva essere felice lassù come nei primi tempi dell'età dell'oro; ma solo una colpa imperdonabile ha potuto essere punita collo sconvolgimento pauroso delle montagne, ed il Rosengarten è sparito. Gl'incanti delle Alpi non rallegrano più in quelle tristi regioni gli sguardi degli uomini, il ghiaccio si è accumulato sul ghiaccio, e come solo ricordo della felicità, del Paradiso perduto, resta ancora qualche rosa delle Alpi fra le rovine e la desolazione.





260 D.r Freitag, Die Paradiessage in den Alpen. – Zeitschrift des Deutschen und Oesterreichischen Alpenvereins, 1879.



261 Il professore Graf in una conferenza fatta nella R. Università di Torino e pubblicata nel 1878, Loescher, parlò dottamente su questo argomento.



262 Freytag, Op. cit.



263 Lutolf, Op. cit.



264 Zingerle, Alpenburg mythen.



265 Mannhardt, Op. cit.



266 Lutolf, Op. cit.



267 Annuario degli Alpinisti tridentini.



268 Parmi che il nano tirolese Laurino, a causa della sua bellezza, appartenga alla strana famiglia germanica degli Elfi della luce, o Liôsâlfar, ai quali il Raina nel suo dottissimo lavoro sulle Origini dell'Epopea francese (pag. 430), vuole che sia pur legato strettamente l'Oberon o Auberon francese.



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