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SCENA II MADAMA BARTOLINA, poi TROFONIO dalla grotta.
SCENA VI ARTEMIDORO, ed EUFELIA con l'istesso libro in mano, e DETTI.
SCENA VII TROFONIO in forma di Piastrone, e Detti.
SCENA VIII TROFONIO scrivendo, poi RUBINETTA.
SCENA IX DON GASPERONE, ARTEMIDORO, DORI ed EUFELIA, indi DON PIASTRONE.
SCENA X DON PIASTRONE, poi RUBINETTA.
SCENA XI DON GASPERONE parlando al suo SERVITORE, e DON PIASTRONE.
SCENA XII (Bosco con grotta come sopra.) TROFONIO in propria forma, poi DORI ed EUFELIA.
SCENA XIV DON GASPERONE, EUFELIA, poi ARTEMIDORO.
SCENA XVI DORI, poi EUFELIA, indi ARTEMIDORO.
SCENA XVII (Bosco con grotta.) TROFONIO, DON PIASTRONE, DON GASPERONE.
SCENA XVIII TROFONIO da mago, e Detti.
SCENA XIX EUFELIA, DORI e Detti.
I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
(Bosco con grotta come nell'atto primo.)
MADAMA BARTOLINA, DON PIASTRONE e RUBINETTA, poi ARTEMIDORO in disparte.
Sior Piastrone, non deve Gasperone
Esser non può, perchè don Gasperone
Va di conformità colla mia Dori.
In gatto pardo mi trasmigreria.
Oh bello! Ed io frattanto,
che cosa me ne fo senza marito?
Vieni in casa ancor tu.
Oh il rimbambito!
Gli piace di scherzar con le figliuole.
E pur rider mi fan le tue parole.
Batti ben col martelletto,
Che la mia filosofia
Oh! il mio caro pupazzetto
Son qua io, che mi diletto
TUTTI.
Ho timor che ai mattarelli
MADAMA BARTOLINA, poi TROFONIO dalla grotta.
(Or guarda quel Piastron, come mi stringe
Le spalle al muro, acciò gli schiacci il naso!
E ancor per qua s'aggira
Dite un poco
Saprebbe questa vostra
Filosofia pensare una vendetta
Che tradendo mi sta?
Tutto mi è noto.
E non mi curo poi che non sia mio.
Così farò.
Ma come?
Si trattiene girando intorno all'antro
Per desio di vedermi. Io di lui prendo
L'immago e le sembianze: anderò in casa
A sovvertir il tutto, a ingarbugliare
Che al giunger suo dovranno suscitarsi
Sconvolgimenti assurdi, ire e contrasti
Fida in me, son Trofonio, e ciò ti basti.
Fate la mia vendetta, ed aspettate
Il premio al ben servir, se il meritate.
Non son io qual mi credete
Quanto mai si può pensar.
(Ben lo scorgo al suo parlar.)
Per lo più son con gli amanti;
(Qua ci è molto da pensar.)
Se farete a modo mio
Con scherzetti e con balletti
Io vi voglio consolar.
(Parte.)
Per verità la salsa d'una moglie
All'asprezza di mia filosofia.
Convien che da Piastron vada a mutarmi,
Acciò poss'io con lei merito farmi.
(Camera come nell'atto Primo.)
EUFELIA leggendo con gravità, poi DON GASPERONE che sopraggiunge.
Lei mi vuole ascoltare?
Chi mi desta.
Dal soave letargo de' miei studi?...
E se ne viene
L'ha con voi, bisogna
Io l'empio ben di ossequi, parolette,
Cognata, una grazietta tu ancora.
Si, sì, non dubitate.
DORI.
Ridermi in volto, oh guarda il furfantello
Si accosta. Lo vorrei
Proprio sfregiar. Volgiamogli le spalle.)
All'ecclissata mia luna di Marzo
Viene a mostrarsi un sole in Capricorno,
Si umilia, grugnoleggia, e a voi s'inchina
Come onesta donzella modestina.
DORI.
Si, sì, si, grazie tanto.
Io mi sono umiliato
Sino a terra parlando con creanza.
E lei, poter di un anno!
Non fa una riverenza, e non s'inchina?
DORI.
Lo speri invan, non siamo ballerina.
Ah, ah, la bambinella!
DORI.
Domestica io non son, nè son scuffìara.
(Passandogli avanti.)
(E si passa.) Volete
Che io farò da monsieur pulito e netto?
DORI.
Per quella che di voi fu prima amante.
E che prima! la prima
La prima, la seconda, quarta e quinta
Non è ver donn'Eufelia? (Dacci adesso
Sofocle è questo;
Se volete studiar; Plauto è costui...
Ammazzato sia questo, lei, e lui.
Come! ohimè! che ardir, che orrore!
In sentirli il cor si affanna!
Per gli Elisi in liete schiere,
Mi ha fatto adesso la filosofia;
Ed io soffro per te, carina mia.
DORI.
(Mi fa pietà.)
Ed ecco si è voltata
DORI.
Ma la ballerina...
Oh sposiamoci noi, che dopo poi
Quella la farem cotta colli risi.
DORI.
Ed io
Voglio crederti.
Ed io
Or stringere ti voglio una manina.
Fuora grugni, considera, carina,
Che devo far l'erede, e s'a te piace...
DORI.
Ben; mi fido di te, staremo in pace.
ARTEMIDORO, ed EUFELIA con l'istesso libro in mano, e DETTI.
Lasciatemi un po' star.
Lo so. Non mi seccate in carità.
E qui fanno all'amore.
DORI.
Chi viene?
DORI.
Il genitore.
TROFONIO in forma di Piastrone, e Detti.
Si ritiri ciascun da questa stanza,
Che cosa deggio farvi d'importanza.
DORI.
Da scrivere.
DORI.
(Perché così turbato!)
(Che, avrà Piastrone?)
(Chi l'avrà guastato?)
Io sdegnato
Son del vostro procedere, non oso
Per pulitezza dire apertamente
Ciò che sinistramente ha meco oprato
Ciascun di voi. Entrate
Lì dentro; ed al suonar del campanello
Ritornate, che sopra
Di questo tavolin vi sarà scritto
Chiaramente in un foglio
Ciò che posso in mia casa, e ciò che voglio.
(Temo di me.)
M'ha visto amoreggiare
Con la figlia, e perciò si è, fatto brutto.
(Che sarà?)
DORI.
TROFONIO scrivendo, poi RUBINETTA.
Già tremano di me, con poche righe
Tutti porrò in angustia, e questo sia
Il più arguto trofeo di mia magia.
E assai prima di me siete arrivato?
Ben, siamo in casa,
Qual intenzione avete?
Ci sposeremo, o no?
Sì; mi piacete.
Giuratemi un pochin di fedeltà,
E poi vi crederò.
Ecco vi giuro
Sull'onor di Piastron, che mia sarete.
Ma dimmi
Ti vai accomodando
Ma che ho da far! bisogna accomodarmi.
Vicino a te già sento
Nel core un certo che.
Ah! già arrossisco in volto,
E tu puoi veder.
(Parte.)
Ecco entra Piastrone in nuove brighe.
Ho vergati caratteri qui ad arte,
Simili a quelli di Piastron, si suoni
Adesso il campanello, accioché appena
Avranno di Piastron gli ordini letti
Se gli sveglino al cor contrarii affetti.
DON GASPERONE, ARTEMIDORO, DORI ed EUFELIA, indi DON PIASTRONE.
Il tintinnare?
DORI.
Ma che cosa sarà?
Per quanto disse
Io pavento di molto.
A me, che leggo bene l'alfabeto.
Ma io son curioso...
DORI.
Son curiosa anch'io...
Ma quante liti!
Si sodisfi ciascun, leggiamo uniti.
DORI.
«Adesso presto e subito
DON GASPERONE, EUFELIA, DORI, a tre.
O me!
Appresso: «E voglio ancora
DORI.
Di chi?
«D'Artemidoro...
«Se pur la locandiera,
«Ciò gli permetterà...
Che inciampo è questo qua!
A QUATTRO.
Chi mai può penetrar?
«Se questo far non vonno,
Qua rimbombò per me!
Ma mi fan le ritrosette!
Ma scappate dal mio braccio...
Maritarvi se volete,
O impazziti siete tutti,
O mi state a corbellar.
ARTEMIDORO, accenna il foglio.
Qui che hai detto?
Cosa ho detto?
Qua che hai scritto?
Nulla ho scritto …
Zitto almeno...
DORI, EUFELIA, DON GASPERONE, ARTEMIDORO, a quattro.
«Voglio...
«Voglio sì, e commando
«Voglio sì, comando ed ordino...
DORI.
«Che il signor don Gasperone...»
DON GASPERONE, DORI, ARTEMIDORO, EUFELIA, a quattro.
Ecco subito il pretesto;
Non si vuol capacitar.
(Resta solo Piastrone considerando il foglio.)
Di qual scritto mi parlano quei pazzi?
Ma che diavolo è questo? Io quando mai
Miei caratteri son! Dunque gli scrissi.
Ma quando? dove? e come? Oh desolata
La mia filosofia!
Son ritornata
Sposarmi. Il giuramento
Poc'anzi me ne daste in questo loco:
Tu ch'altro m'affastelli?
O vuoi anche mandarmi ai mattarelli?
Come? Vi ricordate,
Che stavate scrivendo?
E dagli. Io quando
Ah! vecchietto infedele, e nieghi ancora
Torno ad Artemidoro a tuo dispetto.
Tanto adesso la rabbia mi consiglia;
Così per sposo non l'avrà tua figlia.
DON GASPERONE parlando al suo SERVITORE, e DON PIASTRONE.
Come mi viene avanti don Piastrone
Gli ficco un stocco in petto. E che, burliamo?
Un ecclisse invisibile. Diana!
Starei per bestennniar in lingua strana.
Ma qual figlia?
Dori la voglio,
Con un'altra se occorre.
E Dori è tua.
Le due
Figlie tue, Dori ed Eufelia, disperate
Se ne sono fuggite dalla casa.
Ohimè! tu mi scompagini!
Andiamo in traccia loro. Ah! quest'imbroglio
In casa mia chi sa come sia nato!
Andiam; senz'acqua se l'ha pasteggiato.
(Bosco con grotta come sopra.)
TROFONIO in propria forma, poi DORI ed EUFELIA.
È l'efficacia dell'incanto mio.
Vengono Eufelia e Dori, vo' provarmi
se l'elevata mia virtù stupenda
Anche sul sesso femminil si estenda.
DORI.
Non cangia di pensier, non ho desio
E l'istess'io
Farò. Basta: troviam chi ci accompagna.
Torneremo all'albergo di città.
DORI.
Per fin che il genitor si cheterà.
Andiamo avanti dunque... Ohimè!
DORI.
Di nuovo
Non temete,
Fanciulle. Io vi considero; comprendo
Che una scorta cercate per portarvi
In casa di città. Se non vi spiace
Il trattenervi dentro a questo speco,
Io la procurerò... Animo: entrate,
Non temete di me.
DORI.
Ma non avreste
Appetito di noi?
Dentro quell'antro, e fra gli studi involto
De' malvagi il consorzio abborro e fuggo,
Arno l'umanità, non la distruggo.
Entriam, sorella, i filosofi sono
DORI.
Se stasse a lor ci renderian felici.
DON GASPERONE e DON PIASTRONE, che escono cercando le Donne Suddette; TROFONIO di dentro, poi EUFELIA e DORI che escono dall'opposta bocca della grotta.
Piastron, qui non ci sono.
Le donne se volete,
Aspettate un momento, che dal cieco
Calle ritorneran di quello speco.
È orco,
O pur porco selvatico che parla?
La mia sposa,
Perchè ingrottata nella grotta ombrosa?
Come andrà?
Non comprendo.
Ma mi pare.
E l'altra appresso.
Che vi è successo?
DORI.
DORI.
Del più e del meno.
Alla tua carnagion.
DORI.
Nacqui, e tra' boschi da me vissi e crebbi,
E per padre un tal uom giammai non ebbi.
Siete musico ancor?
Non le son padre!
Ed io
Supposto me l'avea più d'una volta,
Paternità costei.
Il labbro... ah! che io son cinto
Quest'altra ancor. Signora, che parlate
Sola, e tanti strambottoli mi fate,
Si potrebbe pregar...
Se vi bramate
Ritrattar, son con voi. Se mai volete
Seneca diventar, col mio pennello
Or vi posso svenar. Se Giulio Cesare
Volete comparir, coi miei colori
Di pugnalate. Se Attilio Regolo
Esser volete, coi miei chiari oscuri
Gli occhi vi ciecherò. Se Catone,
L'alma vi passerò d'una stoccata.
Mal abbia il punto, che non sei scannata.
DORI.
Come? non leggeste
Ancor per i foglietti,
Detta la Spaccascene?
Da ridere mi viene, un po' sentite
Chi son, cosa ho da essere, e stupite.
Si voi saper chi sono?
Chi sono or si saprà.
Talvolta son di Plauto
Talvolta Euridice
Son pastorella amante,
Sconquasso, abbatto e fulmino;
Nessun mi può frenar.
Questa son io, temetemi,
DON GASPERONE, EUFELIA, poi ARTEMIDORO.
(Eufelia e Gasperone, ora mi viene
In acconcio qui presto farli sposi,
Pria che cambi Piastron di opinione.)
(Ma il vostro parmi un ramo di pazzia,
Io voglio ritrattarvi, e non volete.)
Se io tengo un ramo di pazzia, tu n'hai
Una metà, e più assai.
Accorrete, che questi
Non vuol farsi dipingere.
(Non parla
Da filosofa più? approfittiamoci.)
Che son questi rumori?
Prenditi la tua moglie, e vanne via.
Mia moglie! È moglie tua, la sposa mia
Piastron aveva
Tanto che poco dopo si disdisse.
Se si disdisse lui, non disdich'io.
Oh buona! e tu chi sei?
Un che qua a forza
A forza?
A forza.
Fo saltarti quel cranio in grembo a Giove.
Dipingere anche a guazzo. (Ah! che nel ventre,
Ci ho due cani arrabbiati.)
In posizione
Com'è in posizione?
A noi sbrighiamo.
Ma pennello non ho, non ho colori.
Bene a voi.
Devo, e star zitto con la rabbia in petto.)
Se manchi al tuo dover qui è lo stiletto.
Lei l'ebbe per disprezzo,
Soffrir così mi fa!)
Ritorno all'equilibrio,
Non dico niente affatto...
Mi arrabbio in corpo, e fremo,
Lo vo' precipitar.)
(Si getta su Arternidoro, che sta discorrendo con Eufelia, e gli toglie lo stile.)
E di vita anche a te voglio
Una botte me ne voglio
(Parte.)
Or chi dipingerò? in casa corro
A pennellar sollecita all'istante
Qualunque oggetto mi verrà davante.
(Camera in casa di don Piastrone.)
DON PIASTRONE pensieroso, poi DON GASPERONE, indi TROFONIO da vecchio pastore.
Padre son io; ma dove son le figlie?
Quanti garbugli ohimè! che meraviglie!
Piastron, Piastron, Piastrone.
Da me che mai si brama?
Io sono un vecchio,
Che il futuro antivedo. I mali tuoi
Sempre più cresceranno. Di Trofonio,
Gran filosofo e mago che dimora
Consolarti potrà la gran dottrina.
Da un pezzo il sento nominar: ma ancora
Non ho cognizion di un tal Trofonio.
Eh zitto. Or batto ben l'antichità.
Andiam, vieni ancor tu.
Di podagre.
Ti prego.
Vieni, bestia.
A me bestia! la barba oggi non manca,
E gliela spennerò come pollanca.
DORI, poi EUFELIA, indi ARTEMIDORO.
DORI.
Chi vien la Spaccascene a pettinare?
Deggio tutti imitare i varii oggetti.
Per vendicarmi. Avesse
Nissun di voi Gasperon qui visto?
DORI.
Sta fermo alquanto, vo' pittarti il naso.
Una matta tu sei, tu parli a caso.
TROFONIO, DON PIASTRONE, DON GASPERONE.
Ecco l'antro. Trofonio invocherete
Ei vi disbrigherà da un tanto affare.
Vi lascio, più con voi non ho che fare.
Ascoltami tu.
CORO DI SPIRITI dentro la grotta.
Di questo dirupo
Io palpito e agghiaccio!
Fra queste tremende...
Grottaglie ben vecchie...
Fra streghe e fattecchie...
Qui restaci tu.
Non ve' che propenso
Trofonio ci fu?
In questo minuto
Venuto è in tuo aiuto
Che ha sopra il demonio
Trofonio, sei tu.
Sta zitto un po' tu.
Sconvolto han del tutto
Del mio matrimonio
Risanale tu.
Può solo Trofonio,
Che per testimonio
È d'ogni demonio
Possente assai più.
Ti lascio, Piastronio,
Che don Gasperonio
Vuol fare filonio
Nel suo popolonio,
E del matrimonio
Parlar non vuol più.
(Fugge.)
Giura alla locandiera dar la mano,
E son pronto a svelarti il grande arcano.
La sposerò, non dubiti. Svelate
L'arcano.
Un magico vapor, s'entra per l'una,
E poi per l'altra porta torna fuore,
Cangiasi tosto d'indole e d'umore,
Dunque là entrar le figlie e i loro sposi?
Or comprendo gli effetti portentosi.
Ma ricovra il suo umor nell'antro istesso
Chi viene e riede poi per l'altro ingresso.
Dunque le figlie teco
Entrino, ed escan fuor dal nero speco.
DORI.
Non vive chi si attrista ne' pensieri,
Vive chi allegro sta ne' suoi piaceri.
Venite ad osservare
Cose in quell'antro portentose e rare.
DORI.
Non ci entro.
E nemmen io.
Andate ad osservar i bei lavori.
DORI.
Allegra vo a calcar la strada oscura.
Riflessiva entro anch'io. Oh gran pittura!
(Entrano.)
ARTEMIDORO, DON GASPERONE e Detti.
Ma facesti l'error, amico caro.
Ho torto, non lo niego, errando imparo.
Ma Piastrone dov'è?
Qua lo lasciai.
Eccolo.
Cosa è stato?
Cari generi miei, tutto è aggiustato.
Ma come?
Vi dirò...
RUBINETTA, MADAMA BARTOLINA e Detti, poi TROFONIO, DORI ed EUFELIA che escono dalla grotta.
Siete ancor ostinato
Gasperon, questa man m'hai da baciare.
Madama, in carità non mi seccare.
Ai vostri sposi, al genitor venite.
Dori; si sa che il genitor lo scrisse.
E non ti vuoi serbare
Cotesta bocca per i bei bocconi?
Nulla ne sa, io la sua forma presi,
E artatamente di mia man l'estesi.
Oimè! quanto sa far!
Dunque adempite
Ciò che comando. Mia
Eufelia, impalma tu la locandiera.
Tu sposa Dori, e subito; altrimenti
Io vi fo diventar tanti giumenti.
Ma a matrimonii di cotanti impegni
Luoghi questi, o signor, non sono degni.
Questa spelonca omai reggia diventi.
(Ad una scossa della verga che darà Trofonio sparisce la grotta, e si trova nel suo luogo una deliziosa reggia, e lui in un tratto spogliato dell'abito di filosofo, e vestito di nobilissimo abito greco.)
DORI.
Che delizie!
Che contenti!
Che prodigi!
Che portenti!
Che piacere!
Che allegria.
TUTTI.
Zeffiretti ed arboscelli!
Cosa resta di più a far?
Nella reggia a festeggiar.
FINE DELL'ATTO SECONDO ED ULTIMO