Virgilia D'Andrea
Tormento
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INTRODUZIONE

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INTRODUZIONE

C'è bisogno forse di dirlo?

La Virgilia d'Andrea è stata una delle più belle figure anarchiche che mi ha sempre appassionato ed affascinato fin da quando lessi due sue conferenze riunite in opuscolo dagli anarchici dell'«Adunata dei Refrattari». M'innamorai del lirismo, della parola, dei sentimenti della Virgilia che così profondamente avevano nutrito il suo pensiero. Poi lessi «Richiamo all'anarchia», lo trovai un libro superbo, di valore eccezionale.

Ma vorrei precisare che questi elogi non sono adulazione, come anarchico è qualcosa che esula dalla prassi del mio comportamento. È la verità, dunque, il riconoscere quella sincerità della D'Andrea, quell'amore generoso e spontaneo della nostra Virgilia, l'infaticabile e ardente assertrice delle nostre idealità anarchiche.

Giova forse ricordare l'immensa e completa dedizione alla causa degli sfruttati di tutto il mondo, che Virgilia sempre manifestò in conferenze, in scritti e in liriche in Italia e all'estero dove il fascismo costrinse a vivere questa fiera ed orgogliosa avversaria.

Virgilia D'Andrea era nata nel forte e generoso Abruzzo. Sulmona fu la sua città natale. «Un padre giovane e forte, che esce di casa empiendo l'aria di canti, e che alla sera gli amici te lo riportano sulle braccia, con gli occhi spenti e con il petto insanguinato» (cfr. «Torce nella notte» New York 1933, pag. 53). Una mano omicida e impunita le distrusse la famiglia. Fu messa a studiare in un collegio di suore.

Era il tempo in cui l'anarchismo, perseguitato con feroce accanimento e crudeltà, balzava alla cronaca per via degli attentati e della «propaganda del fatto». E appunto la sera del 29 luglio 1900 Gaetano Bresci, anarchico, giustiziò re Umberto I responsabile d'aver fatto mitragliare migliaia di gente, responsabile dei domicilii coatti che i magistrati d'Italia spargevano a piene mani ai ribelli anarchici sol perchè rei di amare profondamente e sinceramente la libertà per tutti.

All'atto di Bresci seguì un'ondata di implorazioni, una continua e feroce richiesta di pene maggiori per gli anarchici. Nei collegi si pregava esacrando Bresci.

Virgilia era in un collegio. Anche lei pregò per l'anima del re macellatore e maledì Bresci e gli anarchici, che le erano stati descritti come mostri, belve sanguinarie.

Non fu paga della preghiera. Era orfana... aveva capito qualcosa nel pianto nel dolore e nella sofferenza. Sapeva che chi uccide, uccide sempre per una ragione. Volle capire la ragione di Bresci.

La capì grazie ad una lirica di Ada Negri, entrata clandestinamente nelle mure del collegio. Parlava di Bresci. Allora capì che alla base dell'atto di Bresci c'era un desiderio di giustizia.

Corse dalla direttrice e le spiegò la simpatia che stava provando per Bresci, e la rimproverò per averla fatta pregare per l'anima di un assassino, quale era il re.

Uscì dal collegio, con un diploma da maestra. Insegnò, ebbe modo di contattare un mondo di miseria e di sofferenza l'esile ma coraggiosa maestrina. Di stessa ha scritto a proposito della sua adolescenza: «La mia era una di quelle adolescenze precoci, turbinose e tempestose, piene di sogni e di fantasie che si scuotono in singhiozzi e in canti ad un semplice suono; che parlano nelle voci della notte e nelle incantate sere lunari; che danno vita ed occhi a tutte le cose morte; che sentono venir parole e bisbigli da tutti i cespiti di fiori» (cfr. «Torce nella notte» pag. 58).

Nel libro «Torce nella notte», ch'è pure mia intenzione ripubblicare, descrive alcuni momenti della sua vita e della sua purissima, superba, meravigliosa passione per l'Anarchia.

Il fascismo la costrinse a percorrere le vie dell'esilio. Raminga per il mondo; Parigi, Berlino, New York dovunque porta la sua parola calda d'affetto e di ribellione. Un compagno mi ricordò che le andò incontro appena arrivò a Parigi in una notte piovosa nella grande metropoli francese. Virgilia! Gli era davanti aveva con delle valigie piene di libri. La bufera reazionaria l'aveva sospinta, l'aveva cacciata a Parigi.

Non indietreggiò. Patì. Sofferse. Lottò.

Era una donna affascinante nell'aspetto e nel parlare. Attraeva, conquistava, faceva capire che l'Anarchia è la più nobile delle concezioni politiche ed umane.

L'11 maggio 1933, a New York, la morte feroce le sottraeva la vita. A meno di un anno dalla morte di Errico Malatesta, la morte sceglieva ancora nel movimento anarchico. Fu una perdita dolorosa per il movimento anarchico, ma la lotta continuò.

Mi sembra significativo ricordare che mentre esalava l'ultimo respiro, mentre il suo nobile e puro cuore accelerava i battiti, altri compagni le stavano ultimando il suo volume «Torce nella notte». Morì, dunque, sulla barricata la nostra Virgilia lasciandoci delle pagine sublimi di pensiero, di filosofia e di lirismo.

Le giovani generazioni, quelle come me, ignorano la Virgilia.

È giusto dunque offrire a loro queste pagine. Non solo. Il mio vuole anche essere un tributo ed un omaggio di stima nei confronti di Virgilia, d'un amore postumo che io le porto.

I suoi libri sono una fonte perenne ed inestinguibile. Ella rinasce con la pubblicazione delle sue opere, ritorna anche nel popolo, che ella tanto amò, con le sue parole ancora nuove, con la fiamma delle nostre idee che ancora hanno la forza di riaccendere nuove speranze.

Le sue opere sono rare introvabili. Abbiamo bisogno di abbeverarci alle sue pagine, non perchè è nostro costume fossilizzarci sui pensieri di altri, ma per quell'umano bisogno di contatto che ci lega ai nostri morti, che ce li fa sentire ancora vivi e palpitanti nei loro pensieri.

La Virgilia fu anche poetessa. Non descrive paesaggi, ma nelle sue liriche v'è riflessa la rivolta contro un mondo ingiusto che sempre animò la sua vita. Sono odi alla ribellione, versi che dovrebbero spronare all'azione e al pensiero, pervasi da un lirismo di valore.

Leggendo le liriche della D'Andrea «forti di fede e grandi d'anarchia» viene spontaneo il ricordo d'una frase di Victor Hugo: «Poeti, animi dolci e splendidi, fascinanti d'ombra e d'azzurro, che le donne, i fanciulli, gli amanti ascoltano trasalendo e che, camminano davanti a tutti, rischiarando la via agl'incerti e ai dubbiosi». E la poesia autentica e genuina della nostra Virgilia non ha altro scopo se non quello d'illuminare la via agl'incerti e ai dubbiosi. Versi magnifici che vanno meditati nella loro sfida rivoluzionaria.

Errico Malatesta, che prefasse la prima edizione uscita a Milano nel 1922, descrive meglio di me la poeticità dell'animo della D'Andrea, poetessa dell'Anarchia degna di occupare il posto che lasciò vuoto Pietro Gori, il cavaliere errante, anche lui rapito al nostro affetto nel pieno vigore dei suoi anni interamente spesi per la causa dell'Anarchia.

TORMENTO è la testimonianza viva e sofferta quotidianamente e ad ogni rigo d'un'anima gentile e fiera che vede «la gente umana dolorante e con essa soffre e freme; vede l'ingiustizia trionfante, la boria e l'insensibilità dei padroni, l'abbiezione e la viltà dei servi». Ma non si lasciò abbattere e – come continua Malatestac'è la «fede che non muore con la sconfitta ed il proposito fermo e la speranza sicura».

Versi di sfida quelli della Virgilia che hanno conservato intatta ed immutata la sfida di allora ai tracotanti della terra, ma anche versi di sprone a chi giace nella schiavitù.

L'edizione che offro è quella uscita a Parigi nel 1929 per conto della «Fraternelle» – II Edizione: Dal V al VIII migliaio – a cui aggiungo la foto dell'autrice presa da «Torce nella notte».

Casalvelino Scalo (Sa) 30 marzo 1975

GIUSEPPE GALZERANO

VIRGILIA D'ANDREA

TORMENTO

con prefazione di
ERRICO MALATESTA

II Edizione: dal V al VIII migliaio

PARIS

«La Fraternelle»

1929


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