Virgilia D'Andrea
Tormento
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PREFAZIONE

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PREFAZIONE

Tu troverai, o lettore, qui appresso condensata in pochi poemetti, la storia di un'anima gentile e fiera che si affaccia alla vita piena di un sogno d'amore e della vita esperimenta tutti i dolori, tutti i disinganni, tutti i disgusti.

Ella vede la gente umana dolorante e con essa soffre e freme; vede l'ingiustizia trionfante, la boria e l'insensibilità dei padroni, l'abbiezione e la viltà dei servi.

Ma non si accascia sotto il peso del suo sogno infranto, e si ribella e lotta perchè il sogno si realizzi un giorno; e, pronta a tutti i sacrifizii, continua a lottare e lotterà fino al trionfo auspicato, o fino alla morte.

Qui troverai, o lettore, la storia di questi ultimi anni quale fu sentita e vissuta da chi nelle alterne vicende di vittorie e di sconfitte, di fulgide speranze e di disinganni amari conservò fede nell'ideale di fratellanza umana, di giustizia, di benessere, di pace e di progresso per tutti. Vi troverai rievocata, in episodi truci e pietosi, tutta l'infamia della guerra; vi ritroverai, dipinta in tratti rapidi e vivi, la riscossa operaia che seguì la guerra, e la gioia che allargava i nostri cuori quando sembrava che l'ora della vittoria fosse per giungere, ed il cupo dolore che ci colpì quando le speranze crollarono e sopravvenne la bieca e feroce reazione. Ma soprattutto vi troverai la fede che non muore con la sconfitta ed il proposito fermo e la speranza sicura.

Non è vacua letteratura quella che qui troverai, o lettore; non è spasso di persona ristucca, non è virtuosità di verseggiatore che si compiace di mettere in rima una tesi o una situazione qualsiasi.

Virgilia d'Andrea, poetessa dell'anarchia, degna di prendere il posto che lasciò vuoto il nostro Pietro Gori, scrive e canta perchè sente e vuole, e perciò riesce più vera e più efficace di tanti poeti maggiori. Ella si serve della letteratura come di un'arma; e nel folto della battaglia, in mezzo alla folla ed in faccia al nemico, o da una tetra cella di prigione, o da un rifugio amico che alla prigione la sottrae, lancia i suoi versi come una sfida ai prepotenti, uno sprone agli ignavi, un incoraggiamento ai compagni di lotta.

Io, fiero di poter premettere queste mie povere parole ai versi di Virgilia d'Andrea, riconosco e saluto in lei una sorella.

Roma - Aprile 1922.

ERRICO MALATESTA.


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