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Era bambina e la testina bruna
Quella sera vegliava...
E tra le siepi il raggio della luna
Un sogno mite all'ombra ricamava.
«Mamma», disse, d'un tratto,
dolcemente:
«Che cosa è dunque il mondo?
Perchè s'allarga e s'agita la mente
E il cuor diventa sempre più profondo?».
Ella rispose, cuore contro cuore:
«Per amare, piccina.
Non senti attorno attorno quanto amore
S'alza e divampa e l'anima trascina?»
Più tardi, adolescente, ella
sentiva
Nel collegio remoto,
Mentre dal Tronto un alito saliva
E della vita l'affannava il vuoto,
Balzar, d'un tratto, la domanda
antica:
«Che cosa è dunque il mondo?
Perchè si lotta invano e si fatica
E il vuoto si fa sempre più profondo,
E l'essere si frange e s'avventura
Ne le trame fiorite
E l'anima s'angoscia e s'impaura
E serba aperte tutte le ferite?».
«Perchè vita è l'amore e tu,
purezza,
Apri la mente al sole,
Di canti adorna intatta giovinezza,
Da' campi strappa fasci di viole».
Ma quando alla ribalta ella si fece
Della scena sognata,
E della gioia e dell'amore invece
Sentì l'assillo d'anima affannata,
E vide reggie mäestose, altere,
Nei tramonti dorati,
Sognanti baci delle pure sere
Sopra giardini vasti e imbalsamati,
E soffitte poi vide ed il tormento
D'antri luridi, impuri,
Miseria, fame e sibilo di vento
E fonde piaghe di martirî oscuri,
E gemme, argento e seriche
vestaglie
E schiamazzi di feste,
E cenci, angoscie e lacrime e gramaglie
E serti d'oro su le bionde teste,
Questa, disse, è la vita e noi si
vive
Per vederci soffrire:
Questa è, dunque, la vita e noi si vive
Per puntellare i troni e poi morire.
Schiavi e vigliacchi noi, che
assecondiamo
D'essere cenci e strame,
Bruti ammansati noi, che l'accettiamo
Il nodo acerbo di catene infame.
E verso il sole alzò la pura fronte
E disse: «Alla riscossa»
Gettò dal mare, a la pianura, al monte
La sfida calda di giornata rossa.