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I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
I.
Ad uno, ad uno, macerati, i forti
Cadon nei lacci de le trame oscure.
Or de l'autunno i rivoltosi insorti
Scolora il sogno di perdute alture.
E sulle vie ricanta la mitraglia,
Sgombra le piazze e le agguerrite arene,
E sospinta, ripassa la canaglia,
Ove già vinse, in ferri ed in catene.
Ed altra folla avanza, urla, si
allaccia;
Ma dai balconi dei palazzi aviti
Si spara, si ferisce e si minaccia.
Fugge la plebe e i giovanetti
arditi,
Col petto rosso e con le tronche braccia
Giaccion nel sonno... dal gran sogno uniti.
II.
E da Bologna parte un grido: A noi!
Per soffocare i pallidi ribelli
Passan, cantando, i salariati eroi
Fra i gagliardetti fulvi ed i coltelli.
Ed improvvisa snodasi una fiamma:
S'alza, si avvolge, turbina, trascina.
Là... dove un sogno v'era o un orifiamma,
Guizza, scintilla, crèpita, rovina.
Cadon le mura e crollano le Sedi
E inceneriti son drappi e bandiere.
Freme l'incendio, avvampa, arde, divora,
E di sangue si spruzza e si colora,
Fulge sinistro ne le fosche sere
E i cuori vince e le tremanti fedi.
III.
L'un dopo l'altro vengono i più
buoni
Pugnalati alle spalle e denudati.
Tra i gavazzar di bacchiche canzoni
Agonizzano, affranti, i giustiziati.
E sui trafitti cadono le madri
Rivoltellate sopra il cor dei figli...
E gli assoldati ai paltonieri, ai ladri,
Scrivono bandi e impongono gli esigli.
Madre, ritrova una più grande vita!
Porgi la bocca cupa e insanguinata,
E questa folla a la rivolta incita,
Or che, dolente, è irrisa e
abbandonata
Da chi la volle rivoltosa e ardita,
Da chi la trasse, dal dolor, sdegnata.
IV.
Udite, udite, o miei compagni, a
Siena
Città dolce e gentil romba il cannone.
Sessanta petti han fatto una catena
E d'ansia è la difesa e di passione.
Ma la bocca di fuoco arde sui volti
E s'apre un varco ne la Casa rossa:
Escono, i vinti, màdidi e sconvolti
E cadon, muti, su la terra smossa.
E mentre il sangue bùlica nel mondo
Il truce vecchio, perfido, sorride
Per la grandezza de la sua vittoria!
Di quanto sangue, o vile, è la tua
gloria,
Di quale strazio la corona incide,
Pallido vecchio, minaccioso e immondo!
Lieto sui colli imbalsamati splende
Il sol d'autunno tepido e soave...
Palpita Roma e bella si protende
Come gran vela d'una azzurra nave.
Egli guarda e s'oblia... egli
rammenta
La giovinezza sua dolce e canora
Or che la vita sferza e lo tormenta
E non v'è sole a lumeggiar l'aurora.
Ma un branco di ribaldi lo
minaccia:
Scopriti il capo, passa il tricolore...
… Pel tricolore ho dato ambe le braccia,
Egli risponde... e ardente è il suo
valore.
Ma il condottiere lo percuote in faccia
Ed urla vile al generoso core.
VI.
Ei getta allor le braccia
artificiali
Contro l'insulto di spavaldi... eroi...
Son questi i sogni, i canti e gli ideali
Con cui l'Italia immortalate voi?
Eccomi fango e cencio, ombra
servile,
E frale carne pallida e sparuta!...
Oh! patria, essi ti fanno abbietta e vile...
E mordi, allora, e insulta, e addenta e sputa.
Ma generosa si rivolta Roma.
Freme, si avventa, al turbine trascina,
I ribaldi sconfigge e sperde e doma.
Fugge la sana gioventù latina
Dai polsi forti e da la folta chioma...
Fermenta l'Augusteo fatto latrina.
VII.
Or cupi e muti vanno i moribondi
– Lugubre schiera – a chiedere del pane.
Hanno la bocca amara e gli occhi fondi,
Vuoti i polmoni e le pupille insane.
Passano stanchi... ed i sanguigni
sputi
Marciti fiori infestano il selciato.
Sui tetri volti lividi e sparuti
Come ferita è il labbro insanguinato.
Ma dal vetusto luogo del convegno
L'arma d'Italia guata... e li colpisce.
Urlano i petti affaticati e tristi,
Ed i grumi, di pianto e sangue
misti,
Sputan le bocche, contro chi ferisce...
E di tal sangue si ringemma il regno.
VIII.
Fremono i rivi e gemono le fonti
Attorno ai cimiteri aspri e montani.
Un morto hanno scavato, oggi, fra i monti
Gracchiando, i corvi, nei silenzi arcani.
E ravvolto di alloro e di bandiere,
Tra crisantemi e amor passa l'ignoto...
Le tristi donne, mèmori e severe
Tra fitti pianti avvolgono l'immoto.
IX.
Ecco, Fante, la patria immensa e
grande,
E l'avvenire e i fulgidi ideali...
Ad ogni passo si discopre un morto
Dal cor strappato e livido e
contorto,
E sopra il teschio ghignano i pugnali
Che vi piantan, passando, armate bande.
Ecco, Fante, la patria altera e
forte
Ed il valore e l'epiche passioni!
Stridon, sinistri, i ferri e le ritorte
E grondan sangue vivo le prigioni.
Ed or ritenta l'emigrante il
mare...
E ne l'angoscia, tacito riprova,
Senza riposo, l'àncora a levare...
E cerca attorno una speranza nuova.
Alzati, Fante, e sfolgorante al
sole,
Rovescia il forte che ti preme il cuore,
Mentre il tuo volto màcero guardiamo...
E riscuoti la folla al tuo
richiamo,
Che senza pace e senza onore muore...
Ed il suo canto rigermogli al sole.
X.
Ed ogni donna il suo dolore porti
E ridistenda il suo funesto lutto.
Poi, sulle braccia, risollevi i morti
Per rifare l'ordito ampio distrutto.
Vibri la folla e al ciel levi la
fronte
E la febbre risenta del cammino...
Chè su l'azzurro e insormontato monte
S'impenna, ancora, il vìndice destino.
E voli, e voli, e voli, ala
possente,
Il suo gran canto, dai raccolti steli,
E pulsi, fiera, libera e fremente,
Assorba, il sangue, dai corruschi
cieli,
Ricada, in fior, su l'aspettante gente
E i cuor ravvolga di pietosi veli.